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Da cosa sono composte le acque reflue?
Le acque reflue sono composte da 2 componenti
- sostante disciolte in acqua / composti presenti in forma colloidale (che
tendono a precipitare facilmente)
- sostanze in sospensione che in funzione delle dimensioni possono essere
classificate in:
Sedimentabili (sabbia, pietrisco)
o Non sedimentabili (pulviscolo, PM10 particolato atmosferico…)
o
Parametri caratterizzanti le acque reflue
I parametri che caratterizzano le acque reflue sono di tipo chimico-biochimico
basati sulla richiesta di ossigeno.
I più importanti sono il BOD e il COD
BOD (Biological Oxygen Demand o Richiesta Biologica o Biochimica di Ossigeno)
Esprime la quantità di ossigeno disciolto necessaria per l’ossidazione biologica
(mg di ossigeno/L) da parte di una popolazione microbica dei componenti
presenti in un refluo.
(in aerobiosi, in un definito intervallo di tempo (generalmente 5 giorni), ad una
definita temperatura (20°C)). Un BOD alto indicherà un refluo difficilmente
© Aldo Rigoni
biodegradabile, diversamente un BOD basso indicherà che un refluo è
facilmente biodegradabile.
E’ indice del potere autodepurante di un'acqua
COD (Chemical Oxygen Demand o Richiesta Chimica di Ossigeno)
Esprime la quantità di ossigeno necessaria per l’ossidazione chimica della
sostanza organica (mg di ossigeno/L) in condizioni standard.
Per ossidazione chimica si intende una degradazione di composte che i
microrganismi non riescono a biodegradare. Un COD alto indicherà un carico
inquinante (non ossidabile dalla popolazione microbica) alto e difficilmente
biodegradabile, diversamente un COD basso indicherà che un refluo poco
inquinante e facilmente biodegradabile.
Il rapporto BOD/COD è indice della biodegradabilità di un effluente
Nella tabella a lato possiamo
osservare dei valori di BOD.
Le acque domestiche ha
generalmente un BOD non
molto alto (acqua facilmente
depurabile). Le acque derivanti
dalla microbiologia industriale
presentano un BOD più
consistente ma comunque
biodegradabili.
Diversamente le acque
derivanti dalle industrie sono
difficilmente biodegradabili,
esse presentano dei BOD
elevatissimi.
Smaltimento delle acque reflue: depurazione biologica
Un processo di depurazione di un refluo ha lo scopo di allontanare tutte le
sostanze dall’acqua… tutto ciò che può sedimentare e ciò che i microrganismi
possono utilizzare come nutrimento.
Il processo di trattamento biologico delle acque reflue consente di trasformare
la sostanza organica disciolta (quindi non separabile) in biomassa
(separabile).
L’efficienza di un sistema di depurazione biologica dipende da:
- velocità delle reazioni metaboliche
- tempo di contatto acque reflue-sistema biologico
- tipologia e concentrazione della popolazione responsabile
dell’ossidazione
Gli effluenti (le acque reflue) possono essere sottoposti a trattamenti:
- fisici
- chimici
- biologici © Aldo Rigoni
I trattamenti fisici sono delle
operazioni (di tipo meccanico)
che i reflui subiscono appena
arrivati nell’impianto di
depurazione.
Il fluido ottenuto in seguito a
queste operazioni viene
messo contatto con una
popolazione microbica. La
biomassa (fango) si nutre di
questi composti disciolti
aumentando di volume. Una
volta ottenuto il liquido depurato dei composti disciolti e le cellule microbiche è
necessaria una separazione.
L’acqua giunta a questo punto subisce dei trattamenti chimici prima di essere
reimmessa nell’impianto idrico. Ma vediamo nel dettaglio il
processo…
Le acque reflue urbane entrano
nell’impianto di depurazione.
Il primo step che subisce l’acqua
è un passaggio attraverso una
serie di griglie (dalle dimensioni
decrescenti) che trattengono
tutto ciò che il fluido può
trascinare con se. L’acqua passa
ad una velocità di circa 0,7 m/s.
Il materiale trattenuto è in
seguito smaltito.
Il secondo step consiste nella
dissabbiatura, l’acqua viene
fatta passare in una serie di
vasche di forma parallelepipeda con un flusso laminare (molto lento), in tali
condizioni la sabbia e tutte le particelle silice si depositano lungo il percorso.
In contemporanea alla dissabbiatura nella stessa struttura parallelepipeda si
effettua l’operazione di disoleatura, le particelle oleose tendono ad aggregarsi
e a galleggiare in superficie vengono dunque eliminate (da una struttura
chiamata carro ponte).
In alternativa al processo sopra citato la sabbia può essere separata in una
vasca a fondo conico nella quale le particelle vengono asportate con sistemi
idropneumatici.
Alla fine dei trattamenti fisici l’acqua viene trasferita in delle vasche dalla
forma tronco conica nelle quali si effettua una sedimentazione primaria
dove si cerca di separare le sostanze presenti in forma colloidale (quei
composti ad alto peso molecolare che sono solubilizzati in acqua ma se lasciati
sedimentare tendono ad andare sul fondo).
Le sostanze che vengono a depositarsi prendono il nome di fanghi primari.
Dopo la sosta che può durare circa 1-6 ore, l’acqua viene recuperata dalla parte
superiore della vasca.
A questo punto avviene il contatto con la popolazione microbica, grazie ai
microrganismi siamo in grado di trasformare una sostanza organica solubile in
© Aldo Rigoni
un materiale solido separabile (la biomassa). Il microrganismo si accresce a
spese della sostanza organica, il nostro refluo svolge dunque la funzione di
terreno di coltura.
Questo contatto fra il refluo e il microrganismo può avvenire impiegando due
tipi di impianti diversi:
- Filtri Percolatori
- Vasche a fanghi attivi
In entrambi i casi è necessario un adeguato apporto di ossigeno.
Filtri Percolatori
Sono dei bioreattori a sezione generalmente cilindrica contenenti materiale
inerte di riempimento (pietrisco, coke, clinker, materiale plastico ..), questo
metodo è simile alla fermentazione lenta utilizzato per la produzione di aceto.
L’effluente (dalla sedimentazione primaria) è distribuito a pioggia (mediante
dei bracci) nella parte alta del reattore in modo che possa percolare attraverso
il materiale di riempimento (che supporta la popolazione microbica), senza
sommergerlo si ha una naturale aerazione. L’effluente esce dalla parte
inferiore, viene ricircolato e ripompato nella parte superiore. In questo modo si
ha un contatto ottimale fra i MO che aumentano di volume, si staccano dai
supporti e cadono nel refluo.
Vasche a fanghi attivi
Sono dei bioreattori a cielo aperto uniformemente aerati tramite sparger. I
microrganismi sono inseriti come se fossero una coltura, vengono quindi
dispersi omogeneamente all’interno del refluo. L’agitazione è ottenuta per
effetto secondario dell’aerazione. Parte della biomassa (fango) può essere
riciclata. L’aspetto negativo di tali bioreattori è dovuto alla turbolenza che
hanno in superficie consiste nell’emissione di odori sgradevoli, per tale motivo
la superficie viene ricoperta da una serie di palline.
La popolazione presente all’interno di questi bioreattori è mista.
Predominano i batteri saprofiti, e secondariamente alghe, funghi.
All’interno dei sistemi di depurazione è presente anche una microfauna
costituita prevalentemente da protozoi (ciliati, flagellati e amebe che
contribuiscono alla diminuzione della torbidità dell’effluente depurato) e da
alcuni metazoi (nematodi, rotiferi, gastrotrichi, oligicheti, fardigradi). Si crea
dunque un equilibrio nel sistema di depurazione dovuto alla diretta
conseguenza dei rapporti che si istaurano tra i microrganismi.
La composizione di tale popolazione viene monitorata periodicamente in modo
da verificare che i rapporti tra i vari componenti rimangano costanti.
Ona volta terminata l’ossidazione della sostanza organica il refluo entra in una
fase di sedimentazione secondaria dalla durata di 2-4 ore, in tale fase
vengono sedimentare le popolazioni microbiche. Le vasche sono simili a quelle
utilizzate nella sedimentazione primaria.
L’acqua che a questo punto è stata trattata passa in vasche dove si ha un
controllo “naturale” che viene monitorato attraverso la presenza di piante
acquatiche e di pesce.
Se tale controllo dà esito positivo l’acqua subisce dei processi di natura chimica
(clorazione, denitrificazione…) per poi essere riemessa in circolo.
© Aldo Rigoni