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La pena secondo Beccaria

Secondo Beccaria l'unica caratteristica che deve interessare la pena è la sua lacircostanza che vuole passi il minor lasso di tempo possibile tra la commissione del delitto e lacomminazione della pena. La certezza del diritto, la consapevolezza che ad una determinata causaconsegue un certo, determinato effetto rassicura, in un certo senso l'uomo (anche secolpevole), poiché più gravoso è per questi vivere nell'incertezza del reato e della sua punizione. Sipensi alla misura cautelativa del carcere, che viene imposto al soggetto sospettato reo al fine diimpedirgli la fuga, ovvero l'inquinamento delle prove a suo carico: tale misura cautelativa deveessere quanto più breve possibile, poiché la stessa incide pesantemente nella vita e nella libertàdell'uomo che vi è sottoposto. Essere certi sulla colpevolezza del soggetto incriminato, avere proveplausibili di tale reità ed applicare nell'immediato la

pena conseguenza del reato, significa ridurre grandemente i tempi del processo, e con questi anche la detenzione cautelare in carcere. Inoltre, la prontezza della pena risponde ad una funzione di deterrenza dal reato, nei confronti della collettività, che alcuno altro strumento potrebbe mai raggiungere: quanto più gli uomini sono posti nella condizione di verificare lo strettissimo nesso causale e temporale tra la commissione del reato e la comminazione della pena, tanto più nel loro immaginario si radica l'idea che delitto e pena sono strettamente connessi, e che l'uno non può impunemente verificarsi senza che ne consegua l'altra. È altresì necessario che ogni pena sia concepita in modo tale da essere quanto più rispondente al tipo di reato commesso, in modo tale che l'uomo, se spinto verso la realizzazione di un reato grave, avverta la corrispondenza di una sofferenza di pari gravità, e non si verifichi invece, che il

soggetto, pur rendendosi autore di un reato grave, possa vivere nella certezza che lo stesso sarà punito con una pena meno grave. L'Autore passa poi a distinguere due categorie di reati: da un lato, è possibile commettere reati contro la persona; dall'altro lato, ne è possibile commettere alcuni contro i beni della persona. La gravità differente degli uni e degli altri è ovviamente perfettamente concepibile: ecco perché, nel punire i reati contro la persona, è assolutamente necessario corrispondere pene detentive, che incidono sulla libertà personale dei soggetti che ne sono autori; non si può concepire una pena pecuniaria per la punizione di tali delitti, non si può permettere che il reo che gode di maggiori sostanze economiche "comperi" la vita di un altro uomo, e pur avendo inciso pesantemente su questa possa patire un minore sofferenza di quella inflitta, mediante il mero pagamento di una somma di.

danaro (circostanza che per il soggetto danaroso non ha alcun peso). Inoltre, non si può permettere che un uomo, solo perché più ricco patisca una pena di minore entità rispetto a chi, pur dovendo pagare una somma di danaro, avverte in maniera più gravosa tale sanzione data la precaria situazione economica in cui versa. Dunque, ci si chiede: quali dovranno essere le pene inflitte ai nobili che si rendano autori di illeciti penali? È ovvio che l'Autore non può rispondere a questo quesito trascurando di considerare la circostanza per la quale coloro che sono ritenuti nobili godono di privilegi e benefici maggiori nella società; ma ciò non giustifica una eventuale loro impunità, o comunque la comminazione di pene di minore valore rispetto a quelle conferite ai plebei. Si potrebbe obiettare (e lo si è fatto) che la pena medesima, conferita al nobile ed al plebeo, pur se sostanzialmente identica è nei fatti

diseguale: il nobile, per una diversa educazione e sensibilità, avverte quella pena in modo diverso che non il plebeo. Tale concezione non può essere ammissibile, poiché non è mediante il ricorso alla maggiore o minore sensibilità d'animo del reo che può misurarsi la gravità della pena; essa deve commisurarsi alla gravità del danno prodotto, che è sicuramente più grave qualora venga commesso da un soggetto che gode della piena fiducia e considerazione da parte della società. Detto ciò si conclude affermando che il nobile deve aspettarsi benefici morali dalla posizione che riveste, la quale lo rende più apprezzato agli occhi del popolo, ma non deve attendersi di essere meno esposto alla sanzione penale ed al disprezzo collettivo conseguente al reato (essendolo, anzi, forse molto di più).

Beccaria passa ora all'analisi delle singole figure di reato, più rilevanti sul piano sociale:

furto:

Il furto dovrebbe sempre essere punito con la pena detentiva, poiché è giusto che colui che abbia voluto arrecare danno alla società, sottraendo ai suoi cittadini i propri beni, sottoponga se stesso e la sua opera alle dipendenze della stessa società che ha offeso, per un certo periodo di tempo, in modo da ripagarla con la sua opera (ovviamente gratuita e doverosa) della mancanza che vi ha prodotto, sottraendole utilità.

Eppure, il furto può essere realizzato senza ricorrere ad alcun ulteriore atto di violenza, nel qual caso sarebbe anche sufficiente ricorrere alla comminazione della sola pena pecuniaria, realizzando così l'impoverimento nelle sostanze di chi si sia voluto arricchire frodando il prossimo; ovvero, può essere realizzato con ricorso alla violenza, nel qual caso sarebbe opportuno mischiare entrambe le pene (la pecuniaria e la detentiva) data la maggiore gravità di un furto, aggravato dal ricorso alla violenza; infamia.

parlando dell'onore, si è detto che ogni uomo avverte l'esigenza di essere riconosciuto, apprezzato e stimato dalla collettività; ingiurie ed opinioni personali negative espresse nei confronti di un soggetto, possono far sì che questa considerazione dovuta venga meno. Quando, però, le ingiurie le opinioni personali negative non abbiano un fondo di verità, ma sono espresse con il solo gusto di degradare il prossimo, lo stesso calunniatore deve essere punito, venendo tacciato della stessa infamia (e dunque della riprovazione nei suoi confronti della società) che voleva ricadesse sul soggetto da lui accusato. Le pene di infamia devono essere inflitte con un certa parsimonia, e devono altresì riguardare un numero ristretto di soggetti: non devono essere troppo frequenti, poiché l'usanza delle stesse indebolisce l'idea medesima di "infamia" e sminuisce il suo disvalore penale e morale; non devono essere inflitte ad.

Un numero molto alto di persone, perché se tutti (o la maggior parte) possono essere considerati infami, nessuno più proverà riprovazione per chi lo è (infatti, un atteggiamento che tutti adottano è più facilmente giustificabile di un atteggiamento che solo alcuni fanno proprio, e che lo pone al giudizio altrui);

ozio: 3) sono da considerarsi oziosi coloro che non agiscono in alcun modo nella società, non realizzando per essa alcun bene, né alcun male. Posto che chi agisce per il male deve necessariamente essere sottoposto ad una pena, poiché ha realizzato un danno per la società; non si vede come possa essere sottoposto a pena colui che, certamente non ha realizzato utilità sociali, ma neppure si è reso autore di danneggiamenti alla stessa. Dovrà essere solo ed esclusivamente il legislatore a decidere chi ed in che misura possa essere sottoposta a pena, per il fatto di essere un ozioso dal punto di vista

politico;bando e confisca:4) il bando determina l'allontanamento del soggetto,reputato reo,dalla società: egli perde così ogni suffragio,ogni supporto del vivere sociale,ogni privilegio del quale godesse nella società. Ci si chiede: colui che abbia già subito la pena del bando (e sia stato perciò allontanato dalla società) deve altresì perdere tutti i suoi beni,mediante la pena della confisca? La risposta non può che articolarsi in tal modo: la perdita dei beni è sicuramente più gravosa che non il mero allontanamento dalla società; vi devono perciò essere casi in cui al soggetto venga imposto solo il bando dalla società,e casi in cui lo stesso venga altresì privato,in tutto o in parte,dei suoi beni (specie quando il reo venga privato di ogni rapporto con la società,a seguito del bando). La pena della confisca non è pertanto ingiusta in sé,quanto inutile,poiché

inutile è la sofferenza che essa procura a chi la subisce: colui che versi già in condizioni economiche gravose, a seguito della confisca dei suoi beni, sarà costretto a commettere ulteriori reati, spintovi dalla fame e dalla disperazione. Famiglie, piuttosto uomini; Per troppo tempo la società e la repubblica si è fondata sulle che sugli si è voluta dare importanza alla realtà di una "microsocietà" nella società stessa, poiché la famiglia (quale ristretta cerchia di persone) vive sulla base di proprie leggi autonome e valutabili nella loro considerazione solo in quanto siano leggi che attengono alla sfera familiare. Esse predicano la sottomissione dei figli al padre, per tutto il tempo della sua vita, e solo a seguito della di lui morte, questi possono vivere alle dipendenze delle proprie sole leggi; nella repubblica di uomini, invece, dove non esistono realtà sociali autonome, e dove non vi è differenza tra

L'uno e l'altro individuo, tutti vivono sulla base di ciò che considerano giusto (dunque nel rispetto delle leggi del vivere sociale), nutrendo sentimenti di solidarietà e di aiuto reciproco, realizzando la propria felicità e il proprio benessere senza offendere le leggi che tale benessere garantisce loro.

Eppure, il continuo accrescersi del numero dei cittadini necessità in un certo senso di un'organizzazione interna alla società che persegua la realizzazione del maggior utile per un maggior numero di soggetti: non si esclude perciò la costituzione di una realtà federativa all'interno del tessuto sociale, questo però senza adottare quelle regole che caratterizzano la famiglia, e che si è avuto modo di criticare.

Non si deve ritenere che le pene, per essere efficaci, debbano necessariamente essere crudeli; anzi, la dolcezza di una pena, accompagnata alla certezza della sua applicazione è molto più utile.

he non sia sufficiente a garantire che una persona non commetta nuovamente un reato. Pertanto, è necessario utilizzare misure di deterrenza che siano efficaci nel prevenire il comportamento criminale. Una delle misure di deterrenza più comuni è l'imposizione di una multa. Questa può essere una somma di denaro che la persona condannata deve pagare come conseguenza del suo comportamento illegale. La multa ha lo scopo di punire il reo e di dissuadere sia lui che gli altri potenziali delinquenti dal commettere reati simili. Un'altra misura di deterrenza è la reclusione. Quando una persona viene condannata a scontare una pena detentiva, viene privata della sua libertà e rinchiusa in un carcere. Questa forma di punizione ha lo scopo di isolare il reo dalla società e di impedirgli di commettere ulteriori reati durante il periodo di detenzione. Oltre alla multa e alla reclusione, esistono anche altre misure di deterrenza, come ad esempio la sospensione della patente di guida, il ritiro di licenze professionali o l'obbligo di svolgere lavori socialmente utili. Queste misure hanno lo scopo di colpire il reo nel suo campo di interesse e di limitare la sua capacità di commettere reati. In conclusione, per raggiungere l'obiettivo di deterrenza, è necessario utilizzare misure di punizione che siano efficaci nel prevenire il comportamento criminale. La multa, la reclusione e altre misure di deterrenza sono strumenti utilizzati per raggiungere questo scopo.
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Publisher
A.A. 2012-2013
14 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vipviper di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano o del prof Mucciarelli Francesco.