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La psicologia delle decisioni: un settore di ricerca interdisciplinare
Agli inizi degli anni '50 nella cultura anglosassone prese avvio un settore di ricerca volto a studiare come gli individui prendono decisioni, valutano le probabilità al fine di prevedere eventi e controllare i rischi. L'interesse che favorì lo sviluppo di questo settore fu, oltre che accademico, anche pratico. Dagli ambienti militari, economici e finanziari nasceva l'esigenza di elaborare modelli e teorie di previsioni. Il lavoro degli studiosi delle decisioni è tutt'oggi presente, ed ha investito anche il mondo della psicologia, tanto che ci si può riferire alla psicologia delle decisioni come a una branca della psicologia. Ma si tratta di un terreno interdisciplinare dove la disciplina psicologica è accompagnata dagli apporti delle scienze economiche, statistiche e dell'intelligenza artificiale. La genesi di questo settore è riscontrabile nelle discipline economico/matematiche, con la teoria dell'utilità.
La teoria della probabilità. Secondo questi sistemi teorici, la condotta umana per essere ritenuta razionale dovrebbe uniformarsi ai principi e alle leggi sui quali tali sistemi si basano. Si tratta quindi di sistemi teorici con vocazione prescrittiva. Ma i risultati delle ricerche condotte testimoniano che il comportamento degli individui si discosta sistematicamente dai modelli prescrittivi della teoria della decisione e della probabilità. In determinate circostanze, infatti, i giudizi formulati risultano imprecisi ed instabili, le scelte non sembrano riflettere l'esito. Tali errori di decisione o di giudizio non dipendono da limiti culturali o intellettivi, ma dal fatto che la gente fa ricorso sovente e naturalmente a procedure decisionali molto diverse da quelle previste dai modelli statistici ed economici. Tali risultati hanno portato a verificare se le procedure decisionali usate dagli esperti siano soggette agli stessi errori decisionali manifestati dagli individui non esperti.
In secondo luogo sembra consolidata l'idea che la differenza tra esperti e non esperti sia in massima parte di carattere qualitativo più che quantitativo.Gli studiosi di intelligenza artificiale e gli psicologi cognitivi hanno tentato di riprodurre i processi solutori e decisionali degli individui mediante programmi di computer. Ma tali tentativi non sembrano aver prodotto gli effetti sperati. Ciò che contraddistingue l'esperto è plausibilmente qualcosa di qualitativamente diverso da semplici abilità cognitive di base.
A tal proposito, sulle strategie di gioco degli scacchisti con diverso grado di abilità, dimostrò che ciò che distingueva i campioni dai giocatori meno esperti era l'abilità di riprodurre correttamente differenti disposizioni di pezzi sulla scacchiera piuttosto che effettuare una ricerca in memoria più estesa e più approfondita (de Groot fece ricorso ad analisi dei protocolli verbali, un'altra tecnica di indagine detta).
Altri studiosi hanno poi dimostrato che gli esperti sono più abili nel riprodurre solo quelle disposizioni aventi senso.
I campioni di scacchi manifestavano un'elevata abilità nell'uso delle strategie di memoria relativa al dominio specifico degli scacchi piuttosto che un'abilità mnemonica generica. Risultati come questi hanno portato all'idea che ciò che differenzia gli esperti dai non esperti non è l'uso di strategie di potenza (consistono in un aumento generalizzato di effettuare calcoli) del sistema quanto l'uso di strategie di conoscenza (migliorano l'espressione, il riconoscimento e l'uso di differenti e particolari forme di conoscenza). I solutori esperti manifestano particolari abilità nel modo di organizzare le conoscenze e di individuare e usare le procedure più adeguate. In altri termini l'expertise si qualifica sempre come abilità specifica in un dominio di conoscenza ben determinato. Un esempio significativo di quanto detto sono le ricerche condotte da Voss. Uno dei problemi analizzati riguardava la.bassa produttività del settore agricole nell'Unione Sovietica. Il modo più ovvio per risolvere un problema come questo era quello di individuare i fattori che avevano provocato la caduta della produttività del raccolto. Voss osservò che tutti i soggetti perseguivano una specifica condotta:
scomposizione del problema: implicava l'individuazione di una serie di fattori cui imputare la diminuzione di produttività
conversione del problema: che consisteva nella traduzione del problema in uno nuovo risolvibile.
La principale differenza era che gli esperti scomponevano il problema in pochi problemi generali con una serie di cause tra loro correlate, mentre i non esperti producevano soluzioni più immediatamente relate a cause individuali.
Da tale ricerca si ricavano 2 conclusioni:
- la conoscenza del problema mette l'esperto in condizione di risolverlo più facilmente
- i soggetti, quando affrontano problemi mal definiti, applicano
Questa distinzione ha effettuato un esperimento dal quale emerge che quanto più grande è la corrispondenza tra le proprietà del compito e le proprietà cognitive, tanto più accurato è il giudizio degli esperti. L'analisi del continuum analisi-intuizione consente poi di descrivere l'evoluzione dell'expertise sulla base dei processi specifici applicati in funzione del grado di organizzazione del compito. Dreyfus e Dreyfus hanno elaborato un modello a 5 stadi che descrive lo sviluppo dell'expertise medica (ogni livello si caratterizza per un certo di livello di analiticità o intuizione). Shanteau individua alcune caratteristiche fondamentali degli esperti: sviluppano in maniera sensibile le abilità percettivo-attentive; sono più abili ad utilizzare le info rilevanti; sono più abili a cogliere il cuore del problema e a semplificarlo; sono più abili ad individuare e selezionare le situazioni.
apprezzabili da un punto di vista decisionale; manifestano maggiore creatività nell