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II
D’amor no dei dire mas be.
Quar no•n ai ni petit ni re?
Quar ben leu plus no m’en cove!
Pero leumens
dona gran joi qui be•n mante
los aizimens.
III
A totz jorns m’es pres enaisi
c’anc d’aquo c’amiei no•m jauzi,
ni o farai, ni anc non o fi;
c’az essiens
fauc maintas res que•l cor me ditz:
«Tot es niens.»
IV
Per tal n’ai meins de bon saber
Quar vueill so que non puesc aver.
E si•l reprovers me ditz ver
certanamens:
«A bon coratge bon poder,
qui•s ben sufrens.» 7
V
Ja no sera nuils hom ben fis
contr’amor, si non l’es aclis,
et als estranhs et als vezis
non es consens,
et a totz sels d’aicels aizis
obediens.
VI
Obediensa deu portar
a maintas gens, qui vol amar;
e cove li que sapcha far
faitz avinens
e que•s gart en cort de parlar
vilanamens.
VII
Del vers vos dic que mais ne vau
qui be l’enten, e n’a plus lau,
que•ls motz son faitz tug per egau
comunalmens,
e•l son, et ieu meteus m’en lau,
bo•s e valens.
VIII
A Narbona, mas ieu no•i vau,
sia•l prezens
mos vers, e vueill que d’aquest lau
me sia guirens.
IX
Mon Esteve, mas ieu no•i vau,
sia•l prezens
mos vers, e vueill que d’aquest lau
me sia guirens.
Traduzione
I
Poiché vediamo di nuovo fiorire prati e rinverdire giardini, illimpidirsi fiumi e sorgenti, aure e venti, ben deve ciascuno
gioire della gioia di cui è gioioso.
II
D’amore non devo dire se non bene. Perché non ne ho né poco né molto? Forse perché non me ne tocca di più. Però
facilmente dà grande gioia a chi ne osserva bene i precetti.
III
Sempre mi è accaduto così, di non gioire mai di ciò che amavo, né lo farò, né mai lo feci; perché in fede mia faccio molte
cose che il cuore mi dice: «Tutto è niente.»
IV
Per questo ne ho meno piacere, perché voglio ciò che non posso avere. E tuttavia il proverbio mi dice sicuramente il
vero: «A buon animo buon potere, se si sa bene sopportare.»
V
Nessuno sarà veramente fedele ad amore se non gli si è sottomesso, e non è compiacente con estranei e con vicini e
obbediente a tutti quelli della cerchia. 8
VI
Obbedienza deve avere nei confronti di molte persone chi vuole amare, ed è necessario che sappia fare belle imprese e
si guardi dal parlare villanamente a corte.
VII
Del mio vers vi dico che vale di più e ne riceve più lode se lo si intende bene, perché le parole si corrispondono tutte
esattamente, e la melodia, di cui io stesso mi vanto, è bella e ben fatta.
VIII
A Narbona, perché io non ci vado, le sia dono il mio vers, e voglio che di questa lode mi sia testimone.
IX
Mio Esteve, perché io non ci vado, le sia dono il mio vers, e voglio che di questa lode mi sia testimone.
Un secondo esempio: Jaufre Rudel
Questa poesia è molto più intonata su un registro lirico dedicato alla rappresentazione
di una serie di stati d’animo, sull’io lirico, categoria elegiaca (componimenti lirici
improntati al sentimento triste/nostalgico).
Questo poeta era contemporaneo di Guglielmo IX, furono inoltre poeti in dialogo,
anch’egli importante aristocratico che deteneva il titolo di principe, era addirittura più
nobile di Guglielmo, ma meno potente.
Si trovava dunque ai vertici della società feudale. egli formula per la
Di Rudel ci rimangono solamente 6 poesie, della poesia trattata
prima volta nella poesia volgare un concetto che diverrà topos nelle generazioni
successive, una formulazione estrema dell’amore cortese, cioè “l’amore di
lontano” .
Lo schema rimico è molto semplice, si intravede già il futuro sirma, ci troviamo in una
“coblas singulars”.
Presente un elemento ritmico intenso, cioè che tutte le strofe presentano la parola
lontano con regolarità al 2 e 4 verso. Questo possiede efficacia nel sottolineare il
termine nella poesia, la ripetitività si pone in primo piano davanti al resto.
Avviene la trasformazione dell’amore da lontano ad una vera e propria categoria.
identica,
La rima lontano-lontano è una rima la poesia provenzale ha molte regole
precise sulla disposizione delle rime e tra i vari errori nei due manuali sulla poesia
provenzale è quello di utilizzare proprio le rime identiche poiché viste come poco
creative, ad eccezione che vengano usate per la parola-rima, cioè una parola come
rimante fisso in tutte le stanze in modo schematico.
Questa tecnica diverrà importante nei poeti successivi e verrà impiegata nel genere
metrico della sestina utilizzata da Dante nella poesia italiana, il quale utilizza nelle
canzoni petrose questo stratagemma.
L’amore di lontano di Rudel accentra la dimensione legata all’idealizzazione dove
irraggiungibilità,
l’amore contiene implicitamente una quantità di tradotto in senso
metaforico nell’idea della distanza.
Potrebbe essere intesa la distanza in senso proprio oppure figurato, la malinconia si
lega all’aspetto della distanza e l’impossibilità.
Si attribuisce una responsabilità quasi magica con il termine “padrino” che
impedirebbe la sua realizzazione amorosa, alcuni studiosi riconoscono al “padrino”
Guglielmo IX sulla base del fatto che i due poeti sono in dialogo l’uno con l’altro
scrivendosi in rima. Forse i due erano perfino imparentati.
Importante ricordare che fin dall’inizio questi due poeti formano una poesia
con una grande dimensione dialogica, un forte grado di intertestualità
9
(opposta alla interdiscorsività, in questa vi è un’idea condivisa, la differenza
sta che nel primo è un contatto diretto, nel secondo è meno riconoscibile
esse coesistono tra di loro, nell’intertestualità vi è interdiscorsività). Questi
due termini sono stati teorizzati da Segre, le nozioni di fonte implica il discorso di
intertestualità. gradiente di intertestualità
Viene introdotto in seguito il , se parliamo di rapporti tra
testi essi si possono realizzare da citazione esplicita totale a una sfumata allusione (in
epoca medievale il valore del testo era legato alla sua capacità di legarsi ad una
tradizione).
Le citazioni funzionano quando i lettori erano in grado di comprendere le citazioni, gli
autori citavano testi condivisi dai lettori.
Questa poesia nasce con un grado di intertestualità intenso, riguardo a poeti
precedenti, ma soprattutto i poeti tra di loro nella stessa epoca sono piccoli
dibattiti che coinvolgono altri poeti contemporanei, diverrà il genere della tenzone
(come quella di Dante).
Nella prima strofa vi è il topos dell’incipit primaverile, se osserviamo il testo troviamo
una situazione complessa, parla di lunghe giornate a maggio (Rudel non si trovava nel
calendario Gregoriano, il suo maggio corrisponde al nostro giugno). Incipit che
da lontano.
riprende il canto degli uccellini
Quando induce ad un ricordo di memoria, ragiona su una dimensione di tipo
temporale, esso apre la poesia e si pone in parallelo con lontano, in questo
gioco si inserisce un’esperienza di natura interiore, la primavera è un
pretesto.
Vi è una sensazione di disorientamento, questi primi versi affermano che quando i
giorni a maggio sono lunghi ama ascoltare gli uccellini, quando è andato via da li si
ricorda di un amore lontano, giocando su tempo e spazio non dà nessuna indicazione
reale su tempo e spazio, i luoghi sono indefiniti.
Le parole deittiche presuppongono una conoscenza nel lettore, in questa poesia, senza
precisazione, il lettore non sa ricostruire il luogo né il tempo divengono assoluti (la
infinito”).
stessa strategia fu utilizzata da Leopardi nell’”
L’amore di Rudel è descritto con informazioni/allusioni sparse nella poesia, una donna
nobile lontana, la ricerca è intesa come un pellegrinaggio.
Molti frequenti nella poesia i riferimenti al vedere declinato al negativo,
l’unica cosa che sappiamo di questa poesia è la non precisata lontananza
dalla donna e non vi è certezza di poterla mai vedere, l’astrazione
dell’esperienza amorosa è molto elevata essendo negato il contatto visivo.
In un’altra canzone egli dichiara di non aver mai visto questa donna, di nemmeno
conoscerla, sfruttando un topos reinterpretato dell’innamoramento per qualcuno di
fatto mai visto, per fama di una persona oppure per il ritratto della donna seguito
dall’incontro in Rudel però non avviene alcun incontro.
L’astrazione è tanto forte da far rimanere infine solamente l’amore stesso.
L’amore da lontano ha provocato una serie di dibattiti sul come interpretare questa
idea, ne nacquero moltissime proposte dal concreto all’astratto:
- Alcuni pensano che il poeta fosse realmente innamorato di una donna in terra
santa
- altri sostengono che queste siano canzoni religiose e la terra lontana e l’amore
rappresenterebbero la terra santa
- L’interpretazione più credibile si collega a Spitzer , il quale invita ad
, l’amore di
interpretare questa categoria in senso assoluto e non concreto
10
lontano è da interpretare come un amore della lontananza stessa,
come se l’oggetto amoroso trovasse nella figura femminile un pretesto
simbolico, mentre la lontananza costituisce la vera essenza dell’amore.
Avremmo dunque un’espressione dell’amore cortese come astratto e idealizzato
con accentuata la distanza implicita nell’esperienza amorosa, un
amore impossibile ed irraggiungibile, la distanza è dunque parte
costitutiva dell’esperienza amorosa. Per i poeti cortesi la distanza è dunque
dovuta nell’amore.
Il codice cortese come sappiamo prevede degli ostacoli, l’amore è irraggiungibile in
termini concreti, se applichiamo questa idea ai testi di Rudel troviamo
un’amplificazione dell’amore come impossibile, egli non si accontenta di amare una
donna inaccessibile e vicina, bensì la sposta simbolicamente lontana in una sorta di
luogo del desiderio, un posto desiderato da ogni cristiano e costellato di difficoltà.
Nel romanzo cortese l’idea dell’avventura costituita come ricerca, un viaggio o
pellegrinaggio visto come necessità per raggiungere l’obiettivo e la dama. Questa
impostazi