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Riassunto esame Cultura giapponese I, prof. Sica, libro consigliato Spiritualità ed Etica nella Letteratura del Giappone Premoderno, Maurizi Pag. 1 Riassunto esame Cultura giapponese I, prof. Sica, libro consigliato Spiritualità ed Etica nella Letteratura del Giappone Premoderno, Maurizi Pag. 2
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Dopo aver ricevuto i capitoli del Genji si chiude in una specie di ritiro claustrale. Una serie di episodi molto

dolorosi la costringono a fare un triste bilancio della propria esistenza costellata di dolori, a riflettere sul

significato della vita e a pentirsi di aver sprecato tanto tempo nella lettura dei monogatari invece che nella

preghiera.

La critica ai racconti di invenzione, ritenuti immorali e frivoli, è comune a tutte le epoche e culture. Autrice

paragonabile a Madame Bovary nel costruirsi una realtà virtuale e nel disprezzare la realtà circostante. Il

libro può nel complesso essere considerato uno zange monogatari, un racconto-confessione che ammonisca

il lettore sui pericoli derivanti la lettura dei monogatari: verso la metà del XI secolo quando questo libro

venne scritto l’ideologia dominante di impronta buddista condannava gli autori e i lettori di queste opere

(un’appassionata difesa venne fatta dalla stessa Murasaki Shikibu nel capitolo Hotaru del Genji: utili,

didattiche, piacevole diversivo).

La parabola della protagonista sembra un lungo viaggio spirituale in cui il pellegrino non riesce a trovare la

strada che potrebbe portarlo all’Illuminazione: frequenti richiami al buddismo, soprattutto a quello della

Terra Pura di Amida; per raggiungere la quale è sufficiente una fede sincera. Vengono fatti due pellegrinaggi

a Uzumasa: nel secondo, fatto durante l’assenza del padre, c’è una svolta determinante; mentre nel primo la

protagonista aveva solo chiesto di poter leggere tutto il Genji. Da un totale disinteresse per le pratiche

religiose si arriva ad uniformarsi alle credenze dei contemporanei e alla speranza che la fede ritrovata possa

avvicinarla alla Terra Pura nonostante il tempo sprecato in letture frivole. Non conosciamo se la donna

riuscirà ad ottenerlo alla fine del suo pellegrinaggio.

Non esiste una differenza netta tra i sogni notturni e le visioni/la meditazione: i sogni nel buddismo

rappresentano una parte del visibile. Non è una pratica passiva, esistono vari metodi per ottenere una visione.

Undici sogni vengono raccontati nel libro: può essere un segno della condotta deplorevole della protagonista,

che necessita di particolare aiuto da parte delle divinità. Il più importante viene fatto fa un monaco a cui la

madre aveva dato uno specchio da presentare come offerta a Kannon e che mostra due versioni differenti del

futuro della protagonista. La visione finale in cui compare Amida è un augurio di salvezza e un invito a

credere nelle verità rivelate dai sogni; la più importante delle quali è che la vita stessa è un effimero sogno

destinato a dileguarsi per il principio di impermanenza (mujō).

Nihon ryōiki (810)

Il Nihon ryōiki è la prima raccolta giapponese di aneddoti buddisti. Suddivisa in 3 maki, contiene 116

racconti di miracoli e prodigi avvenuti in Giappone. Dell’autore conosciamo il nome religioso, Kyōkai;

monaco. Esso introduce nel paese il genere dell’aneddotica, ed è importante non solo storicamente e

antropologicamente ma anche per la sua innegabile qualità letteraria, a lungo sottovalutata. Contenuto è una

serie di exempla che illustrano le virtù salvifiche del buddismo, e possiedono quindi un carattere didattico:

chi compie il male sarà punito, chi compie il bene sarà ripagato con vari e numerosi benefici. Le

rappresentazioni dell’inferno sono particolarmente vivide. Il buddismo giunto in Giappone prevedeva la

salvezza non solo per i santi ma anche per i laici bodhisattva: aneddoti “positivi” sono quindi i miracoli

compiuti da questi.

Due diversi registri stilistici. Nei racconti lo stile è semplice; nelle prefazioni rientra nella tradizione

letteraria classica cinese e si dice che Kyōkai intraprese la compilazione dell’opera con lo scopo di

convincere i suoi contemporanei dell’implacabilità della legge della retribuzione dei meriti: inevitabilità di

questa legge è uno dei perni della dottrina buddista, che considera transitorio tutto il mondo fenomenico.

Inoltre, si ripercorre la storia del buddismo in Giappone, introdotto si pensa intorno alla metà del VI secolo

per opera di monaci missionari provenienti dal continente. Due figure fondamentali: il principe Shōtoku e

l’imperatore Shōmu, celebrato da Kyōkai come l’incarnazione del sovrano perfetto. Pochi decenni a Nara

fioritura del buddismo, poi nei secoli successivi a tale imperatore per limitare l’influenza dei grandi

monasteri si spostò la capitale a Heiankyō e vennero emanati una serie di editti per ridimensionare e

contrastare il potere economico delle istituzioni buddiste: probabilmente Nihon ryōiki intento polemico

contro la nuova tendenza politica anticlericale.

Man’yōshū (VIII sec)

La più antica raccolta poetica giapponese, oltre 4000 poesie distribuite in venti libri risalenti ai periodi Asuka

e Nara. Non si tratta di un’antologia poetica omogenea e presenta tratti enigmatici nel sistema di scrittura, nel

linguaggio e nella compilazione. Evidenti sono le influenze della poetica cinese, sia nel linguaggio che sul

piano tematico. Gli elementi che cinesi e taoisti ebbero maggiore impatto sulla cultura giapponese non

furono però quelli più esclusivamente taoisti ma quelli della cultura cinese in senso ampio, come la

divinazione, i talismani, gli incantesimi ecc… Tabito si ricorda per i suoi tredici componimenti in elogio al

sake, per i banchetti poetici che organizzava e per l’accenno all’elisir dell’immortalità della cultura taoista e

al culto delle creature immortali. Il più sinizzato dei poeti del Man’yōshū è Okura, un immigrato coreano

naturalizzato giapponese che trascorse molto tempo in Cina: mostra una grande conoscenza degli impianti

mistici, religiosi, filosofici e scientifici cinesi. Kokinshū (905)

Prima delle ventuno antologie imperiali di waka (poesia in giapponese), compilata su ordine dell’imperatore

Daigo; termine di paragone per tutto il waka successivo. Presenza di due prefazioni che sottolineano il

primato della poesia giapponese su quella cinese e la natura autoctona dei componimenti nella raccolta; ma è

impossibile non prendere in considerazione i legami e debiti che il waka ha nei confronti della letteratura e

cultura cinese. Pensiero di fondo è di natura buddista, dominato dal senso del mujō, il “senso di

impermanenza”. Grande processo di assimilazione della terminologia buddista da parte dei poeti del

Kokinshū: corsi d’acqua, schiuma ecc… Makura no sōshi (1002)

Archetipo di uno dei generi più rappresentativi nella storia della scrittura giapponese, lo zuihitsu:

composizione “sul filo del pennello”. Più libero della saggistica moderna e della tradizione diaristica Heian,

è una sorta di bozza, in cui la presenza autoriale è estremamente discreta. Dà l’impressione di essere

l’impulso di un momento; particolari che parlano alla sensibilità dell’artista e sono messi per iscritto in una

forma veloce e immediata. Composto da oltre trecento capitoli, è un documento prezioso sulla vita di corte

Heian e sulla quotidianità più intima delle donne. Riguardo alla biografia dell’autrice i dati accertati sono

molto pochi. Sei Shōnagon entrò a far parte dell’entourage di Teishi quando costei era prima consorte

imperiale, poi venne sostituita da Shōshi, divenne seconda consorte e morì dopo pochi mesi: per qualche

mese la corte ospitò due “corti” distinte. Uno dei periodi più prolifici della storia della letteratura giapponese,

con dame dalla spiccata sensibilità estetica; anni che videro il fiorire della letteratura in kana. Fedelissima a

Teishi, Shōnagon ne ritrasse il salotto in maniera vivace e ottimista; forse con intento di propaganda politica,

anche perché il lavoro fu probabilmente su commissione. La scrittura immediata e di respiro così universale

favoriscono da sempre l’identificazione del lettore. Del Makura no sōshi esistono diversi testi; alcuni

scarsamente organizzati (più fedeli alla natura variegata del probabile testo originale) e altri più codificati per

scelte editoriali. I fogli sono riempiti in maniera casuale, e possiamo individuare due macrogruppi: impianto

aneddotico, in stile diaristico; e riflessioni su temi disparati che comprendono le cosiddette “liste”.

Il Makura no sōshi è fondato sulla percettività della sua autrice e c’è un aggettivo in particolare che ricorre

spesso e può essere considerato un vero e proprio ideale estetico: okashi; che si affianca all’aware della

Shikibu. Percezione vivace del mondo esterno: piuttosto che commossa, la dama è entusiasta, meravigliata di

fronte allo spettacolo della bellezza. Tendenza a focalizzare l’attenzione sulla realtà circostante piuttosto che

direttamente sulle proprie emozioni. Shōnagon è un talento descrittivo, Shikibu una maestra

dell’introspezione. Freschezza delle impressioni: si racconta la realtà così come gli occhi l’hanno vista, e la

scrittura produce l’impressione di uno hic et nunc permanente. Interessanti le riflessioni sulla sfera religiosa.

Tra il X e il XI secolo si registrò una fioritura del buddismo esoterico, e il calendario buddista rappresentava

la struttura temporale entro la quale si svolgeva la vita delle dame. Importante il concetto di “colpa” e

peccato nel sostrato dell’opera: da una parte la separazione tra buddismo e shintoismo era piuttosto sentita

quindi ad alcune manifestazioni della religione tradizionale venivano considerate “peccaminose”, altre volte

ci sono delle vere e proprie contravvenzioni ai precetti religiosi, raccontate con tono buffo e quasi rassegnato

contrapposto alla solennità della situazione. Per Shōnagon il legame con il terreno “mondo fluttuante” è

difficile da recidere. Kyōunshū (1480)

Nella prima metà del XV secolo il ramo Rinzai dello Zen rappresentava l’ago della bilancia del buddismo

giapponese. Scuole antagoniste Shingon e Tendai rappresentavano stati autonomi dentro lo stato, mentre lo

Zen era un punto di riferimento all’interno dello e per lo stato. Operava sul territorio attraverso il gozan dal

1341, e prendeva la forma di una serie di cenacoli culturali: era il motore propulsore della cultura in ogni

ambito. Ikkyū Sōjun nasce nel 1394 ed è diventato ad oggi una specie di leggenda nazional-popolare. Le

testimonianze biografiche vengono dal suo Kyōunshū e da “Cronache del Reverendo Ikkyū” di due suoi

allievi. La sua “Raccolta di Nuvola Pazza” viene ufficialmente completata nel 1480, quando il monaco ha 86

anni, e consta di 880 componimenti divisi in sezioni: tema dottrinario, tema secolare. Il linguaggio ci

conferma uno stile di vita a contatto con un mondo variegato e poco

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
7 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-OR/22 Lingue e letterature del giappone e della corea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher m.castel di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cultura giapponese I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Sica Virginia.