vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI
Prof.ssa Emanuela C. Del Re
Modulo 3 Definizione di Cultura (Parte II)
Grande rilievo nella storia dell'idea di cultura ha avuto con la contrapposizione, lungo un altro asse, tra le concezioni che accentuano l'aspetto evolutivo di contro a quelle che postulano una ciclicità ricorrente di tutti i fenomeni culturali. Sono peraltro numerose anche le definizioni che, accogliendo l'equazione che per lungo tempo, dalla seconda metà dell'800 in poi, fu data per scontata - evoluzione = progresso - si collocano su queste dimensioni e in punti vicini. Progressiva, ma non evolutiva, è la concezione di Comte (nel corso di filosofia positiva, 1830-1842), il quale ritiene inarrestabile e irreversibile il cammino dell'umanità dallo stadio inferiore della cultura teologica a quello intermedio della cultura metafisica, per giungere infine al superiore stadio della cultura positiva e scientifica; evolutiva, ma non propriamente
La concezione di Spencer (nei principi di sociologia, 1877-96) è progressiva, in quanto analizza per la prima volta in dettaglio i fenomeni di differenziazione strutturale e funzionale delle istituzioni e degli organi del corpo sociale. Tuttavia, le definizioni contemporanee, sebbene conservino qualche accento evoluzionistico cauto, sottolineano principalmente che nessuna cultura, che appartenga ad una "società complessa" o ad una "società primitiva", può essere considerata come uno stadio più avanzato di progresso rispetto a qualsiasi altra. Di conseguenza, viene virtualmente respinta l'idea di civiltà. Questa negazione dell'idea di progresso applicata alla
cultura è respinta, quasi unico tra i moderni, dal Kroeber, per il quale è legittimo parlare di progresso della cultura quando si consideri l'espansione quantitativa del contenuto totale della cultura umana; il declino o la atrofia delle pratiche e delle credenze magiche fondate su stati psicopatologici dei soggetti attivi (stregoni, sciamani) o passivi di esse; il declino della "ossessione infantile" per i caratteri e gli eventi fisiologici della vita umana, quale si esprime nei sacrifici di uomini e animali, nella segregazione delle donne mestruanti, nei riti della pubertà, ecc.; infine la persistente tendenza della tecnologia e dalla scienza a crescere in modo cumulativo. A parte il fatto che alcune di queste tendenze, come il declino delle pratiche e credenze magiche, ed il loro rapporto con stati psicopatologici, non sono affatto comprovate da un'adeguata evidenza empirica, è peraltro ovvio che a tali indicatori di progresso se ne possonocontrapporre altri, spesso in campo artistico e religioso, che non provano affatto l'esistenza di una linea di progresso. A siffatte concezioni che implicano un movimento ascensionale della cultura valutato più o meno positivamente, si contrappongono quelle che individuano nella cultura solamente un gruppo ristretto di configurazioni o dei suoi principali elementi (il costume, la filosofia, l'arte, la religione, il diritto, ecc.), ciascuno dei quali si afferma in una data epoca, per poi declinare, essere sostituito per un certo periodo più o meno lungo da un altro e ripresentarsi in un'epoca successiva, in un'alternanza senza fine, senza che ciò implichi peraltro una identità o costanza di contenuti. Tra i precursori del pensiero sociologico la più nota concezione che incorpori l'idea di ciclicità ricorrente di tutte le forme della cultura è forse quella di Giambattista Vico (La scienza nuova seconda, 1744), perlaquale ogni nazione traversa e riattraversa nel suo corso tempi divini, eroici e umani, cui corrispondono tre specie di nature, di costumi, di diritti naturali, di governi, di autorità...". Tra i moderni, la più elaborata e certa quella di Sorokin, che con più di un'assonanza vichiana individua tre sole forme che tutti i sistemi culturali possono assumere, in un perenne fluttuare tra due tipi puri di super sistemi, improntati dai loro superiori principi ontologici: il sensista e l'ideazionale (si potrebbe dire metafisico), e uno intermedio, l'idealistico, benché i contenuti o elementi concreti di ciascun tipo non siano di volta in volta mai gli stessi. Sorokin condivide con Thurnwald l'idea di organicità o totalità organica della natura. Ogni sistema culturale ascende verso qualche forma di integrazione fra tutte le sue componenti; raggiunge per un breve periodo la completa armonia interna; poi declina o decade verso uno.parole. La concezione di organicità si riferisce piuttosto alla presenza di interrelazioni sistemiche tra gli elementi di una cultura, che possono essere più o meno armoniose. Inoltre, una cultura non è necessariamente un sistema completo e chiuso, ma può essere influenzata da fattori esterni e subire cambiamenti nel corso del tempo. La scuola di Boas e il suo approccio ideografico alla ricerca storica delle varianti culturali tra le diverse società sottolineano l'importanza delle contingenze storiche nel determinare l'aggregazione di tratti o elementi all'interno di una società.componenti e alla società: dalle istituzioni e alle arti, dal diritto alla tecnica, dalle classi sociali ai piccoli gruppi, sino alla mentalità individuale. Esistono anche culture scarsamente integrate, conflittuali, accanto ad altre armoniosamente integrate. La concezione "totalitaria" della cultura è propria semmai di alcune correnti della sociologia storica al confine fra scienza e filosofia della storia. La constatazione che in tutte le società esistono forme di elaborazione artistica, religiosa, letteraria, rituale, aventi struttura e dignità paragonabili, tra le quali è pertanto impossibile o ingiustificabile stabilire un qualsiasi ordine di rango o di gerarchia; e al tempo stesso forme di elaborazione scientifica, tecnica, organizzativa, tra le quali si danno palesi differenze di grado di sviluppo, di efficacia, di complessità tali da situarsi, anche nella coscienza collettiva, in una scala diinferiorità-superiorità ha condotto a dividere in due grandi classi i prodotti del lavoro e dell'interazione sociale. Da un lato quegli che non paiono ordinabili in alcuna scala di qualità o progresso, e che sono capaci di ripresentarsi come forme tipiche sia nella stessa società dopo un certo periodo, o in diverse società allo stesso momento, e ai quali dovrebbe essere ristretto il termine cultura; dall'altro, i prodotti che sono manifestamente ordinabili in una scala, tendono a svilupparsi in senso ascensionale, sono cumulabili e perfettibili, e tali appaiono in tutte le società: ad essi dovrebbe essere riservato il termine di civiltà. Questa distinzione tra cultura e civiltà di Weber ha peraltro avuto scarsa diffusione nella sociologia contemporanea non tedesca, che ha recepito piuttosto le accezioni onnicomprensive di cultura - con varianti soprattutto per quanto attiene alla cultura materiale - mediate.
dall'antropologia inglese e nordamericana. Dalla storia del concetto di cultura si desume che la sua funzione precipua sta nel designare e specificare un piano della realtà sociale che, per quanto sia strettamente intrecciato con il sistema sociale - cioè con il piano dei rapporti e delle relazioni interindividuali e intercollettive e cioè il piano degli elementi e delle relazioni che formano la personalità - appare distinto da essi nella coscienza sociale, e deve esserne distinto da essi nella coscienza sociale, deve esserne distinto ai fini dell'analisi scientifica. Tuttavia si incontrano anche definizioni che estendono la delimitazione del concetto di cultura sino ad includervi pure i comportamenti istituzionali, e anche le collettività - gruppi a nazione - che manifestano una data cultura. Lo stesso Sorokin, vicino su questa dimensione a molti etnologi tedeschi, include nella cultura non soltanto le idee, i significati, le credenze, i simboli, i riti.Le leggi, insieme con i veicoli che li materializzano e li trasmettono nella ma pure leazioni e le reazioni chiaramente definite, prescritte, sanzionate, dai correlativi elementi ideali - ciò che altri chiamerebbero comportamenti istituzionali. Ogni fenomeno di cultura, individuale o di gruppo, comprende così una cultura ideologica, una cultura materiale e una cultura comportamentale. Non agevolmente collocabile nel reticolo polidimensionale che abbiamo tracciato è il concetto di cultura di Marx e Engels, nell'opera dei quali - dove pure non è mai definito esplicitamente - essa svolge un ruolo essenziale. Secondo questi autori la distinzione tra il piano dei rapporti sociali, ovvero del sistema sociale - detto struttura o infrastruttura nel linguaggio marxiano - e il piano dei prodotti dell'attività razionale, creativa, espressiva, valutativa, ludica, degli esseri umani - detto