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Il mito di Agamennone e Ifigenia
Il mito, nella sua versione più diffusa, racconta che Agamennone, per aver accidentalmente ucciso durante una battuta di caccia una cerva sacra ad Artemide, aveva provocato la dea, la quale perciò impediva alla flotta achea di salpare dall'Aulide alla volta di Troia. Calcante, l'indovino al seguito dell'aspedizione, aveva decretato la necessità di offrire in sacrificio alla dea, per placarne le ire, la figlia di Agamennone, Ifigenia.
Con uno stratagemma Agamennone ingannò la moglie Clitennestra, facendole credere che Ifigenia dovesse sposare Achille, e fece giungere la figlia in Aulide. Il sacrificio non fu, però, compiuto, perché Artemide sostituì sull'altare la fanciulla con un'altra cerva, portando Ifigenia in Tauride (l'odierna Crimea) per farne una sua sacerdotessa, addetta ai sacrifici umani in suo onore.
Analisi:
- Ci troviamo in un contesto artemisio (della divinità Artemide).
- Troviamo un ruolo
importante degli animali cari ad Artemide.
La donna coinvolta è una fanciulla pronta per il matrimonio.
La fanciulla va incontro alla morte per sacrificio.
L'esito della vicenda è la sostituzione dell'animale alla fanciulla: intercambiabilità tra questo tipo di fanciulla e l'animale.
Mito di Embaro
È un mito localizzato nell'Attica, nella zona del Pireo, precisamente a Munichia, dove ha sede un tempio dedicato ad Artemide.
Il mito racconta della comparsa nel tempio di un'orsa, uccisa da alcuni ateniesi.
All'uccisione segue una violenta carestia, e l'oracolo dice che il sollievo da questa sarebbe arrivato solo se qualcuno avesse sacrificato la figlia. Solo un uomo di nome Embaro accetta, ponendo però la condizione che la sua stirpe avrebbe ottenuto il sacerdozio a vita.
Embaro acconcia la figlia per il sacrificio, ma poi la nasconde e la sostituisce con una capra travestita da fanciulla.
Analisi:
Questo
mito fa parte della spiegazione antica di un proverbio (Sei un Embaro =sei uno sciocco).
L'astuzia finale è in realtà una sciocchezza, ma questo elemento di contraffazione non ne elimina l'aspetto costitutivo, ossia l'intercambiabilità tra una fanciulla in età da marito e un animale.
Mito di Brauron:
Mito localizzato a Brauron, sulla costa dell'Attica, dove ha sede un santuario di Artemide.
Racconta di un orso feroce, che era stato addomesticato e che viveva all'interno del tempio, che un giorno, provocato da una fanciulla, la ferisce.
I fratelli della fanciulla, per vendicarla, decidono di uccidere l'orso, ma una terribile pestilenza si abbatte sulla città. L'oracolo dice che la città si sarebbe liberata dalla pestilenza solo se tutti gli abitanti avessero fatto eseguire il rituale dell'orso alle fanciulle prima del matrimonio.
Analisi generale:
È presente in tutti e tre i miti un insieme di
Rimandi tra Artemide, un animale a lei caro e una fanciulla. Questi miti, secondo uno studioso di folklore, Van Gennep, sono collegati ai cosiddetti "rituali di passaggio" che le fanciulle dovevano svolgere prima di potersi sposare. Con questo termine Van Gennep identificava una struttura rituale fondamentale che serviva a celebrare il passaggio ad un'età diversa della vita. Queste fasi erano evidentemente così cruciali per le popolazioni antiche che dovevano essere gestite socialmente attraverso dei rituali. Il rito, che voleva enfatizzare il mutamento di condizione di queste fanciulle, era diviso in tre fasi: quella dell'abbandono della condizione precedente, quella dell'allontanamento e quella dell'acquisizione della nuova condizione sociale. Nello specifico, il rituale dell'orsa era un rituale di passaggio tra una fase infantile e una di maturità sessuale, sottolineata mettendo in campo la nozione della morte della fanciulla e la
nascita della sposa. Le fanciulle, per mimetismo fisico, dovevano travestirsi da orse e passare alcuni giorni all'interno del tempio, dove erano sottoposte ad una selezione di tipo onorifico. I rituali prematrimoniali come quello dell'orsa sono quindi dei rituali di passaggio da una situazione artemisia, selvaggia, ad uno stato adulto. Il rapporto tra mito e rito va interpretato: è necessario comprendere separatamente i due tipi diversi di linguaggio e individuare corrispondenze e differenze tra ciò che racconta il mito e ciò che prevedeva il rituale. Legge di Bremmer: il mito ingigantisce ed estremizza la realtà, mentre il rito la rappresenta simbolicamente.
Riassunto del libro di Fritz Graf "Il mito in Grecia" pagg. 1-42
La prima parte del capitolo primo fa riferimento alla situazione europea del '600 e '700, sottolineando in particolar modo la figura di dello studioso Christian Gottlob Heyne, all'origine degli studi
Classici in Germania intorno al XVII secolo. Secondo Heyne il mito aveva avuto origine in età arcaica ed era nato secondo natura e dietro necessità, appena quegli uomini, colti da meraviglia o da angoscia di fronte alla natura, cercarono spiegazioni, o non appena vollero descrivere e lodare le grandi imprese di uomini eccezionali. La reazione degli uomini al loro ambiente naturale, che provoca il mito, ebbe per conseguenza il culto di pietre, di alberi e di astri; così pure la reazione alle imprese dei grandi uomini ebbe per conseguenza il culto di eroi e dei: perciò il mito accompagna il rituale come espressione parallela, avendo entrambi un punto di partenza comune nel concetto di divino.
Nel 1724 appare un'opera molto importante per la storia della mitologia: si tratta de "I costumi dei selvaggi americani comparati ai costumi dei tempi remoti", di Francois Joseph Lafitau, un gesuita missionario presso gli indiani d'America del versante atlantico.
In questo libro Lafitau raccoglie una quantità di dati relativi alle tribù indiane e li confronta con i costumi e la mitologia del mondo classico. Il confronto con gli indiani, presi come esempio di popolo primitivo, serve a dimostrare che i miti classici hanno caratteristiche primitive. Nella Germania romantica del primo '800 si ebbe un grande sviluppo della cultura classica e della mitologia, grazie ad un clima favorevole dovuto ad una serie di scoperte di quegli anni, tra cui le traduzioni di antichi testi della cultura indiana e iranica. Si definiscono a questo punto diverse posizioni: Friedrich Creuzer, un filologo classico e studioso di mitologia greca, si caratterizza per una posizione molto marcata, che vedeva la religione e la mitologia indiana alla base di tutto quanto. La mitologia greca sarebbe nata da un'errata interpretazione degli insegnamenti indiani e della loro simbolistica. L'interpretazione simbolista di Creuzer, che riteneva che la mitologiaavesse un proprio linguaggio che andava compreso inquanto tale, è un passo avanti rispetto all'interpretazione naturalista, inaccettabile scientificamente, che vedeva la mitologia come lo specchio del rapporto trauomo e natura.
L'interpretazione di Creuzer viene criticata da uno studioso di antichità, Karl Otfried Müller, che gli rimprovera di aver creduto troppo nella capacità di diffusione della cultura indiana in Occidente. Nel suo libro "Prolegomena ad una mitologia scientifica" del 1825 propone un'interpretazione storicistica in cui le grandi epoche della storia umana danno luogo a forme diverse di mitologia.
Secondo Müller la mitologia nasce sempre in rapporto ad un luogo e ad una popolazione ben precisa.
Nel suo libro "Comparative Mythology" del 1956, Friedrich Max Müller sostiene una mitologia originaria indogermanica, in cui i miti nascono o da allegorie di fenomeni naturali o da equivoci linguistici.
Esiste poi un
insieme di interpretazioni che si fondano sull'importanza dell'agricoltura e sulla comparazione tra una mitologia classica e i dati etnologici. Johann Wilhelm Emanuel Mannhardt, ad esempio, vedeva nella tradizione popolare il fondo dal quale era nata ogni singola mitologia nazionale. La raccolta di tradizione folcloristica lo portò a concedere pari attenzione sia alle usanze e ai riti che alle saghe e ai miti, e per primo egli spiegò i rituali greci partendo dagli usi contadini del Nord Europa. Sovrappose quindi saldamente l'orizzonte interpretativo della religione greca alla cultura agricola, associando lo studio dei miti a quello dei riti. Il filologo classico di Cambridge James George Frazer, nel suo libro "Il ramo d'oro" (1890), costruì un modello generale di evoluzione a tre livelli della spiegazione umana della natura: il mito diventa qui importante soprattutto in quanto ci offre la possibilità di dare un'occhiata ad unlivello primitivo del pensiero umano. Dall'arcaica epoca magica, l'uomo sale all'epoca religiosa e infine a quella scientifica, la nostra. L'interesse particolare di Frazer si appuntava soprattutto sul primo periodo, un'epoca di falsa spiegazione magica della natura, che poggia su una falsa compressione della causalità: l'uomo crede di assicurarsi il progresso e la sopravvivenza attraverso la sua influenza magica sulle forze personificate della natura; e poiché gli uomini primitivi erano agricoltori, tutto il loro interesse si rivolgeva alla fertilità dei campi e degli animali. A queste realtà si ricollegano riti e miti: come sopravvivenze essi continuano ad esistere al livello religioso, e addirittura a quello scientifico. La separazione dalla mitologia naturale non è affatto così netta e radicale come Mannhardt e Frazer credevano: sia l'una che l'altra teoria si riferiscono ad una spiritualità primitiva,
e ha visto un cambiamento di prospettiva nella comprensione dei miti. La teoria della fertilità di Mannhardt-Frazer ha cercato di spiegare i miti come espressioni della connessione tra l'uomo e la natura, in particolare attraverso il concetto di fertilità dei campi. Tuttavia, questa teoria scientifica non può essere completamente convincente, poiché l'agricoltura è una pratica relativamente recente nella storia dell'umanità. Prima dell'ottavo secolo, per millenni, gli esseri umani e i loro predecessori erano cacciatori e raccoglitori. Pertanto, la teoria della fertilità dei campi non può spiegare completamente l'origine e il significato dei miti. Allo stesso modo, la spiegazione del mito dalla storia, che richiama vagamente K.O. Müller, ha contribuito a un cambiamento di prospettiva nella comprensione dei miti nel diciannovesimo secolo.