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L'ILIADE

Abbiamo già parlato dei vasi come testimonianze da leggere assieme alle fonti scritte. Partiamo da questo per parlare della figura dell'eroe. L'eroe omerico protagonista di questi poemi ha caratteristiche che lo rendono unico e modello per la letteratura a seguire. Il vaso (questo solo un dettaglio), che è una hydria, è datato al VI secolo a.C. e per il suo cromatismo (figure nere a sfondo rosso) permette di identificarlo come particolarmente arcaico rispetto a quelli con figure rosse su sfondo nero. A sinistra vediamo Priamo ed Ecuba, re e regina di Troia, una figura minacciosa con sullo scudo tre gambe associato all'idea di velocità rappresenta probabilmente Achille. La figura successiva è sempre Achille che sta guidando il carro cui è legato il corpo di Ettore. Accanto vediamo una figura alata, identità divina di nome Iris, messaggera degli dei e che Zeus invia sia ai sovrani troiani sia poi ad Achille. A quest'ultimo dice di

restituire il corpo di Ettore al padre Priamo che andrà a reclamarlo. È destino che così Ettore trovi la morte nel duello ma anche il suo corpo sia restituito alla famiglia. Sul lato dx del vaso si nota un tumulo su cui è incisa una scritta "Patroclos", amico di Achille ucciso da Ettore. È accanto a quella tomba che Achille trasporta il corpo di Ettore. L'immagine che ne risulta è di un Achille resistente nella sua ira, vendicativo, incarna tutti i valori dell'eroe arcaico e non vuole rinunciare alla sua identità eroica. Sembra completamente privo della pietas, tipica del personaggio principale dell'Eneide. La pietas è l'atteggiamento di rispetto e compassione che l'eroe è in grado di provare nei confronti degli uomini e degli dei. Achille non sembra estraneo. È una figura molto legata alla guerra, al combattimento, all'ira, alle passioni violente. L'ira di Achille.

La prima parola dell'Iliade e dunque della letteratura occidentale è proprio menis, ira. La lingua greca possiede tutta una serie di termini per indicare la passione violenta della collera. Questi vengono utilizzati a seconda della gradazione d'intensità. La menis (ira violenta) è probabilmente la forma di ira più accesa. Dal punto di vista terminologico ci indirizza in questa direzione.

Se percorriamo il filo rosso dell'ira di libro in libro potremmo individuare questo percorso:

  1. Il menis incipitario di Achille che si vede privato di Briseide;
  2. 2-18: L'ira perdura fino al libro 18. Achille non ha intenzione di perdonare Agamennone, si ritira e rinuncia al combattimento e dunque vediamo un'assenza dell'eroe sul campo;
  3. 19: l'ira si interrompe. A produrre l'interruzione dell'ira è la morte di Patroclo, l'unico amico rimasto ad Achille in questo momento. Chiede ad Achille di poter combattere con

Le sue armi in modo da incutere timore ai troiani fingendosi lui. Alla sua morte Achille scarica la propria ira, finora provata per i greci, nei confronti dei troiani, del reale nemico;– 20-22: ripresa della battaglia con Achille vero protagonista; torna a combattere come un eroe non solo imbattibile ma spietato, non disposto a risparmiare nessuno, neppure i giovani eroi troiani che lo supplicano. Il libro 22 è un libro chiave che racconta anche della morte di Ettore.→ 20.468 (libro e verso) emmemaos, contiene la stessa radice del termine menis. Anche se nel libro 19 Achille interrompe l'ira nei confronti dell'esercito greco e Agamennone, in realtà quest'idea che l'eroe agisca in preda all'ira la incontriamo in questa parola. È infatti verso i troiani che è riversata la sua ira.→ 20.490-94 similitudine: tra incendio pauroso e la furia con cui Achille si abbatte contro i suoi nemici. Scelta di immagini molto potenti ed

evocative. Ciò che notiamo è una costruzione piatta dell'ethos, del carattere e della natura dell'eroe Achille. L'eroe appare monolitico: legato alla guerra e all'azione, quando non può agire legato all'ira, quando quella finisce riprende le vesti guerriere e compie stragi. – 24: racconta dell'incontro tra Achille e Priamo, re di troia e padre di Ettore, il lettore si imbatte in un improvviso e inatteso capovolgimento riguardo l'identità di Achille: risulta meno piatto e monolitico di quanto potrebbe sembrare. Ma il lettore lo percepisce solo nell'epilogo. Achille si rende capace di un gesto di clemenza, di pietas. Priamo è impaurito dall'idea di presentarsi al cospetto di questo eroe forte e terribile, gli bacerà le mani, pasteggeranno assieme e Achille piangerà, un pianto catartico. Piange assieme a Priamo, che gli ricorda il padre Peleo che teme di non poter rivedere. Questo scambio disofferenza fa sì che l'eroe greco decida di piegarsi a questo gesto di clemenza e restituire il corpo di Ettore al padre. Quindi attenzione a fare classificazioni assolute (es: dire che non è aperto alla trasformazione). L'eroe e la gloria (kleos). Il Kleos è una parola che si trova molto spesso nel corso dell'Iliade. Vuol dire gloria, fama. L'eroe è disposto a tutto per ottenerla. In questi versi, Achille si è allontanato verso il mare, dopo il litigio furibondo con Agamennone. Si siede vicino al mare e piange. È una reazione ben poco eroica, che non ci si aspetterebbe da Achille. Il pianto è un'attitudine considerata soprattutto femminile eppure Achille a questo punto vi si abbandona, perché non riesce a contenere lo sconforto dell'essere privato del senso dell'onore dal momento che Agamennone lo ha terribilmente offeso. La madre di Achille è una divinità marina, Teti o Tetide. La madre

è divina mentre il padre è Peleo, un umano. Achille è pertanto divino.

Achille ha consapevolezza che la sua sarà una vita breve. L'eroe si lamenta del fatto che Zeus gli abbia negato la gloria, permettendo ad Agamennone di fare ciò che ha fatto.

“Atride” Agamennone. Vuol dire figlio di Atreo. Questi termini che troviamo uniti a dei nomi propri sono ipatronimici, che indicano il nome del padre del personaggio. “Pelide Achille”, figlio di Peleo. Elementi costanti nel poema omerico quanto gli epiteti, “Achille piè veloce”. Questa fissità appartiene al tessuto formulare dei poemi omerici. Forse ricordano il modo in cui gli aedi trasmettevano oralmente i poemi omerici, con questo genere di tecniche mnemoniche.

Il double-bind di Achille. Achille, si è detto, ha consapevolezza della brevità della sua vita, della sua “condanna”. Nel libro nono, nei versi 410ss. Achille sta incontrando

L'ambasciata dei greci, treesponenti dell'esercito greco scelti trai principi. Vanno a incontrarlo per convincerlo a tornare sul campo, senza riuscire nell'impresa. Nel rispondere a uno di questi... vedi immagine.

Achille è un mortale, ma il doppio legame consiste in questo, è a un bivio: optare per la vita breve morendo gloriosamente, o tornare in Tessaglia dal padre e rinunciare al kleos, pur avendo una vita lunga? Apparentemente, in questi versi, parrebbe optare per la seconda, rinunciando ai doni che Agamennone gli offre per il suo ritorno.

Dall'Odissea, libro undicesimo, versi 471ss.

Vediamo la discesa di Odisseo nell'Ade. Parte del suo viaggio di ritorno. Per problemi filologici non sappiamo se sia stato una vera e propria discesa ma da alcuni versi si deduce che questi abbia incontrato le anime di alcuni trapassati, fra cui Achille.

[Eacide → nome del nonno di Achille, variazione sul pelide dei versi precedenti. Nel libro 11, così come nel 9 e 10,

i cosiddetti apologoi, prende voce lo stesso Odisseo: Omero cede la parola al proprio personaggio. Il racconto è inserito nella cornice di un banchetto alla corte dei feaci presso cui Ulisse è giunto e li intrattiene col racconto del suo viaggio.

Per Odisseo è un incontro lieto quello con il pelide. Lo incensa e gli narra le ragioni della sua discesa.

Scende per incontrare Tiresia, un profeta, per ricevere indicazioni sul viaggio di ritorno.

Ulisse pensa che Achille sia felice di aver vissuto poco ma gloriosamente, di essere stato onorato invita e signoreggiare ora nella morte. Ma nelle parole di Achille leggiamo una certa tristezza: pare negare il principio dell'identità eroica che aveva fatto prevalere nella scelta delle due opzioni del suo double-bind. Rinnega l'idea di gloria associata a una vita breve. Preferirebbe essere una persona umile che dipende dagli altri o un diseredato pur di essere vivo perché non ha senso, per lui, essere di

tutti i defunti, non sa che farsene dell'essere morto. La figura di Achille diventa ancora più tonda, riscopriamo un eroe che riscopre il significato della vita. Per venire ad Ulisse come ideale opposizione di Achille, partiamo da un vaso. Uno stamnos, di V, a figure rosse su sfondo nero dunque più recente del precedentemente. Questo vaso riproduce un episodio famosissimo del poema omerico anche se non è ispirato direttamente da Omero. Al centro compare la figura di un eroe, con la testa sollevata, legato al palo di una nave. Anche se non lo vediamo, con le orecchie ben libere rispetto ai compagni che remano, che dovrebbero avere nelle orecchie della cera preparata da Ulisse stesso. Quelle creature, per metà donne e per metà uccelli, sono delle sirene (che anticamente erano rappresentate in questo modo). Al centro del vaso, la sirena sembra essere nell'atto di cadere verso il basso. Questa scena dovrebbe rappresentare il cosiddetto "suicidio delle sirene".

"sirene" che non incontriamo nel racconto omerico dell'Odissea. È una versione pre o post omerica. Perché il suicidio? Le sirene col loro canto attiravano i naviganti verso la riva dove stavano appollaiate e facevano in modo che le nave si schiantassero contro gli scogli che dunque erano pieni di ossa. Questa sorte non toccherà a Ulisse, il solo che si sia concesso di ascoltare il canto magnifico delle sirene, e che aveva fatto in modo che questa sorte non toccasse ai suoi compagni: non perdono il controllo della nave e la loro vita è salva. Non è omerica la vicenda delle sirene che si suicidano per aver fallito nel loro intento.

Odisseo e la conoscenza. Od. 12.184-91. Riportano quella che dovrebbe essere parte del canto ammaliatore delle sirene. [Achei, argivi... tutti modi per dire greci.] Con l'illusione di una ripartenza, cercano di attirare Odisseo. Le sirene si ritraggono come depositarie di un sapere universale, di tutto.

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
97 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher VeronicaUniud di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cultura letteraria dell'antichità classica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Battistella Chiara.