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ORDINAMENTO PENITENZIARIO:
ESECUZIONE, DISCIPLINA E TRATTAMENTO.
L’ordinamento penitenziario e nato come risposta dell’ordinamento alla violazione di un precetto dello Stato,
che volge a tutelare un determinato bene. A capo di questo c’e la sanzione penale. Ci sono due tipologie di
pene: sanzioni detentive (privazione della liberta) e sanzioni pecuniarie (prelievo utilita economica).
Ma quali sono le funzioni della sanzione penale? Retribuzione: pagamento attraverso la pena per il delitto
commesso (ineliminabile principio di giustizia). Prevenzione generale: effetto psicologico che e la
minaccia della pena, e l’esempio della sua concreta esecuzione esercita sui consociati dissuadendoli dal porre
in essere comportamenti vietati (deterrente). Prevenzione speciale: effetto intimidatorio che l’esecuzione
della pena produce sul condannato nel senso di evitarne comportamenti ripetitivi nella violazione di legge
(funzione di difesa sociale). Risocializzazione: recupero sociale del soggetto, ideologia del trattamento
(funzione primaria). Nel nostro sistema penale si fa riferimento alla teoria del doppio binario, riguardo
alle sanzioni penali, nel quale si distingue, da un lato, la pena e, dall’altro, la misura di sicurezza. Quali
sono i caratteri delle pene?
1. Afflittivita;
2. Personalita della responsabilita penale;
3. Proporzionalita;
4. Determinatezza;
5. Inderogabilita.
punto di vita costituzionale, la Costituzione, all’art. 27, sancisce che le pene afflittive non possono
Dal
consistere in trattamenti contrari al senso di umanita e devono tendere alla rieducazione del condannato
(funzione di risocializzazione). Da questo punto di vista, dunque, e essenziale comprendere la
distinzione tra condannato e internato (coloro che sono soggetti alla funzione di rieducazione stabilita dalla
Costituzione, verso la quale la sanzione «deve tendere»), e l’imputato (colui che e soggetto al processo penale
ma nei suoi confronti non vi e alcuna sentenza definitiva).
Secondo il principio stabilito dalla celebre sentenza della Corte Costituzionale n. 204/1974, relativo alla necessaria
commisurazione della durata della pena all’effettiva rieducazione del reo, il trattamento penitenziario deve, inoltre,
consentire al condannato il graduale riacquisto di spazi di liberta e autonomia in rapporto alla riscontrata,
progressiva maggiore adesione al trattamento ed ai risultati conseguiti nel percorso di risocializzazione.
Che cos’e il rapporto di esecuzione? E quella fase dove c’e l’esecuzione della sentenza di condanna
esperita dal giudice. Inizia, dunque, quando si forma il titolo esecutivo (il giudicato) e la sentenza diviene
irrevocabile (cioe che sono stati esperiti tutti i 3 gradi di giudizio o non e piu possibile esperire azioni).
L’esecuzione ha ad oggetto le pene principali, quelle accessorie e anche le misure di sicurezza. In forza di una
serie di norme, si e passati a una visione dinamica dell’esecuzione della pena: infatti il rapporto di
esecuzione ha subito rilevanti modificazioni (muta nel tempo) sia sotto il profilo della durata della pena sia in
relazione al contenuto della sanzione ed alle modalita della sua attuazione. Ed ecco qui che torna utile
l’esempio delle misure alternative.
Si puo fare una classificazione dei detenuti? La risposta e affermativa, e riprendendo il discorso
precedente riguardo la distinzione, in base alla funzione risocializzante che deve avere l’esecuzione della
pena, la si fa tra imputati e internati e condannati. Innanzitutto il concetto di detenuto e un termine
ampio e fa riferimento a tutti coloro che si trovano in carcere, o in stato di custodia cautelare
(imputati), o in stato di esecuzione penale (condannati e internati in caso di misura di sicurezza).
1) Quanto riguarda gli imputati: sono i soggetti cui e stata contestata formalmente la commissione di un
reato nella richiesta di rinvio a giudizio o in atti equipollenti (non colpevoli fino a condanna irrevocabile,
come esplicitato dalla Costituzione stessa). Essi si dividono in:
• Giudicabili (in attesa del giudizio di primo grado);
• Appellanti (in attesa del secondo grado, l’appello);
• Ricorrenti (in attesa del terzo grado, la Cassazione).
2) I condannati sono coloro che a seguito di condanna definitiva, si trovano negli istituti penitenziari per
espiare la pena inflitta (definitivi). Si distinguono, in base al tipo di pena inflitta, in:
• Arrestati (arresto: da 5 giorni a 3 anni);
• Reclusi (reclusione: da 15 giorni a 24 anni);
• Ergastolani (pena dell’ergastolo).
3) Gli internati, invece, sono i soggetti sottoposti a misura di sicurezza detentiva come la colonia agricola o
(anche se non c’e piu) la casa di lavoro, la casa di cura e custodia e l’ospedale psichiatrico giudiziario (anche
questo tipo di misura di sicurezza e stata abrogata: infatti fu rilevato che tale istituto non si atteggiasse piu
come luogo di cura, ma piu come un differente luogo di carcere [l’unico che assolveva la sua funzione era
quello di Castiglione, che dipendeva dall’USL di Mantova e dunque era gestito da questo e non dal sistema
penitenziario e di conseguenza non dalla polizia giudiziaria]).
Gli organi dell’esecuzione:
Quando si parla di organi dell’esecuzione naturalmente si fa riferimento a quegli organi che esplicano la loro
attivita nella fase esecutiva e successiva del giudicato. E sono 3: Il P.M. che e l’organo d’impulso
dell’attuazione delle sanzioni penali, promotore dell’esecuzione penale. Agisce come dominus, titolare del
procedimento di esecuzione, nella fase amministrativa. iudice dell’esecuzione (il giudice ufficio che ha
Il g
emesso il provvedimento) che e lo strumento per la verificazione della legittimita e della validita del titolo in
virtu del quale si attua la privazione o la limitazione della liberta personale. E uno strumento di garanzia
giurisdizionale del procedimento esecutivo. La magistratura di sorveglianza che si compone del
magistrato (monocratico) di sorveglianza, introdotto dall’ordinamento giudiziario del ’75, e del tribunale
(collegiale) di sorveglianza con funzioni rispettivamente amministrative e giurisdizionali. Dunque, in
particolare, il magistrato di sorveglianza e disciplinato dall’art. 69 della legge dell’ordinamento
penitenziario (o.p). Esso e un giudice monocratico e fa parte anche del tribunale di sorveglianza che invece
e collegiale. Ha diverse funzioni, che possono essere cosi sintetizzate:
• Oltre alle funzioni amministrative di cui e dotato esso ha l’obbligo di vigilanza e di controllo
delle misure applicate ai detenuti (vigila sull’organizzazione degli istituti di prevenzione e pena,
prospettando al Ministro le diverse esigenze; vigila sulla conformita dell’esecuzione della custodia
degli imputati alle leggi e ai regolamenti);
• Interventi di tipo amministrativo (sovrintende all’esecuzione delle misure di sicurezza
personali, provvede al riesame della pericolosita degli internati, all’esecuzione, trasformazione e
revoca delle misure; approva il programma di trattamento individuale e le proposte di ammissione al
lavoro esterno);
• Provvedimenti ed interventi di tipo giurisdizionale (provvede sui reclami di detenuti e
internati; provvede con decreto motivato su permessi, licenze, e sulle modifiche dell’affidamento e
della detenzione domiciliare, con ordinanza sulla liberazione anticipata e remissione del debito).
Il tribunale di sorveglianza, invece, disciplinato dall’art. 70 o.p e un organo collegiale, costituito in ciascun
distretto di corte d’appello e in ciascuna circoscrizione territoriale di sezione distaccata di corte d’appello
(sfera territoriale di competenza del tribunale), e composto da tutti i magistrati di sorveglianza in servizio nel
distretto (non ha un organico di personale ausiliario). Esso ha composizione mista (cioe che non tutti i
magistrati sono togati perche possono essere compresi anche quelli onorari) del collegio giudicante: due
magistrati di sorveglianza (uno e il presidente) e due privati esperti (scelti tra cultori di psicologia, servizio
sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica) nominati dal CSM su proposta del presidente del
Tribunale di sorveglianza. Alcuni punti di dettaglio della disciplina: Il Presidente e un magistrato di
cassazione o di appello dell’ufficio di sorveglianza (mantiene anche le funzioni di magistrato di sorveglianza);
Nel dibattimento le decisioni sono emesse con ordinanza in camera di consiglio, alla presenza del
procuratore generale, del difensore, e a sua discrezione dell’interessato. Ha una competenza esclusivamente
giurisdizionale in primo e in secondo grado. Quali sono i principali compiti?
• Concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, della detenzione domiciliare, della
semiliberta, della liberazione condizionale.
• Revoca o cessazione dei suddetti benefici;
• Rinvio obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione della pena (artt. 146-147 c.p., per soggetti affetti da
Hiv o altre gravi malattie, o per donna incinta o che ha partorito da pochi mesi);
• Appello sui ricorsi avverso i provvedimenti del magistrato di sorveglianza in tema di misure di
sicurezza, e reclamo nei confronti delle decisioni relative ai permessi.
ORGANIZZAZZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA:
L’organizzazione puo essere schematizzata in una struttura con al vertice il Ministro della Giustizia,
titolare dell’indirizzo politico-amministrativo. Esso gestisce l’organismo penitenziario e sempre lui e
responsabile sia dell’applicazione che dell’esecuzione delle misure inflitte ingiustamente. Al di sotto del
ministro, c’e il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (istituito con la legge 395 del 90): al
suo interno e preposto il capo del Dap (dipartimento dell’amministrazione penitenziaria). Il Dap, a sua
volta, e organizzato in 5 Direzioni Generali (per ciascuna un dirigente generale, una segreteria ed uffici
centrali); Invece presso l’ufficio del Capo del Dap sono istituiti 13 uffici centrali (aree di intervento:
personale, ispettorato, detenuti e trattamento, beni e servizi, studi, ricerche legislazione e automazione).
Questo complesso puo essere raggruppato nell’espressione amministrazione centrale, appunto per
distinguerla da quella periferica. L’amministrazione periferica, invece, realizza il decentramento dei
servizi penitenziari del Ministero della Giustizia attraverso, in primo luogo, i provveditorati regionali
dell’amministrazione penitenziaria (al cui vertice c’e il capo provveditore regionale) e, in secondo
luogo, dagli istituti di prevenzione e di pena (istituto penitenziario), che sono il fulcro
dell’organizzazione periferica dell’amministrazione penitenziaria. Dunque, ogni istituto penitenziario non
lavora in modo indipendente: ha si un margine di autonomia, ma comunque e coordinato con il provveditore
regionale che a sua volta e connesso con il Dap,