Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La storia e l'evoluzione della categoria di servizio pubblico ancora oggi in continua metamorfosi,
rappresentano il difficile equilibrio tra regole della concorrenza ed interessi pubblici rappresentati dalle
Amministrazioni statali e locali.
L'ordinamento europeo ha reso il tema ancora più delicato, perchè l'obiettivo di sposare servizio pubblico e
mercato finisce inevitabilmente con il coinvolgere il ruolo stesso della Pubblica Amministrazione, imponendo
una chiara e rigorosa distinzione tra servizio sociale e servizio economico e l'abbandono della tradizionale
concezione del servizio pubblico, tanto elastica e flessibile da inglobare sostanzialmente tutte le attività
riconducibili alla Pubblica Amministrazione.
Mentre da un lato il servizio pubblico o, per utilizzare i termini europei, il servizio d'interesse economico
generale ed il servizio universale, perde il requisito dell'autoritatività per divenire un'attività economica gestita
sul mercato, d'altro lato la Consulta ci impone di fondare il riparto di giurisdizione in materia di servizi pubblici
sull'attività autoritativa.
Le controversie relative a concessioni ed all’affidamento.
La metamorfosi subita dal servizio pubblico per essere equiparato all’attività economica d’interesse generale
gestita da soggetti pubblici o privati e, soprattutto, l’antitesi tra servizio pubblico e puissance publique si
riflette anche sulle modalità di gestione.
L’economia di mercato presuppone la concorrenza, dunque la libertà di circolazione delle persone, dei beni,
dei capitali, mentre il servizio pubblico/autorità disconosce la libertà d’iniziativa economica ed i meccanismi
di mercato.
Oggi entrambe le nozioni sono messe in discussione dalle regole del libero mercato: concorrenza/servizio
pubblico; contrattualizzazione/puissance publique.
Definita la concessione come provvedimento traslativo capace di trasferire poteri pubblici
dall’Amministrazione al soggetto privato, il quale, proprio in virtù dell’esercizio di potestà autoritative gestisce
attività autoritativa nei confronti dell’utenza, l’articolo 5 della legge numero 1034 del 1971 devolveva le
controversie inerenti alle concessioni di servizi pubblici alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo.
Sulla stessa linea, le Sezioni Unite con la famosa quanto criticata pronuncia numero 12.221 del 1990 sono
giunte a riconoscere la competenza del giudice amministrativo a conoscere degli atti di una gara d’appalto
posta in essere da un concessionario privato da sola costruzione di opere pubbliche.
Man mano che il servizio pubblico perde la natura di attività autoritativa per divenire semplicemente
un’attività economica, anche la concessione è costretta a subire una metamorfosi e da provvedimento
traslativo di pubbliche funzioni diviene semplicemente contratto.
Già la legge numero 142/1990 annoverava tra i differenti strumenti organizzativi a disposizione delle
Amministrazioni locali per la gestione di un servizio pubblico il consorzio, l’azienda speciale, la S.p.a. mista e
la concessione, senza introdurre alcuna specificazione in merito di trasferire le pubbliche funzioni mediante
un idoneo provvedimento amministrativo.
La procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea alla fine del 2001 ed il parere del 9 novembre
2001 sul ddl numero 669/01 A. S., hanno pesantemente contribuito alla definitiva stesura della legge numero
448/01 ed alla constatazione dell’inadeguatezza dello strumento concessorio a realizzare le finalità
comunitarie. La nuova normativa opera una netta distinzione tra servizi aventi rilevanza industriale e servizi
che ne sono privi. Con riferimento ai primi, l’articolo 113 comma 5 prevede che l’erogazione del servizio, da
svolgere in regime di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con conferimento della titolarità
del servizio a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedura ad evidenza
pubblica.
L’articolo 1 comma 4 della direttiva 2004/18/CE e l’articolo 1 comma 3 lettera B della direttiva 2004/17/CE
definiscono la concessione di servizi pubblici come un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un
appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste
unicamente nel diritto di gestire i servizi od in tale diritto accompagnato da un prezzo.
Ciò nonostante la Corte costituzionale rivaluta la distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi quale
criterio generale di riparto di giurisdizione e, soprattutto, sembra negare l’essenza stessa della giurisdizione
esclusiva, rappresentata dalla sostanziale indifferenza della situazione soggettiva del privato ai fini
dell’individuazione del giudice competente, che è tale ratione materiae.
Al di là di tale osservazione non pare che la previsione sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi possa,
nell’attuale periodo storico, assumere altro significato se non confermare la volontà della Consulta di
estendere la giurisdizione amministrativa anche a tutte le ipotesi in cui la disciplina dei rapporti tra Pubblica
Amministrazione e gestore del servizio pubblico sia disposta mediante veri e propri strumenti negoziali.
Le controversie relative a provvedimenti adottati in un
procedimento disciplinato dalla legge numero 214/1990.
Anche il riferimento a tale tipologia di controversie nell’ambito del servizio pubblico mal si concilia con la
volontà della Corte costituzionale di limitare la giurisdizione esclusiva amministrativa alle liti caratterizzate da
un esercizio autoritativo della potestà amministrativa.
L’agire procedimentalizzato ed il perseguimento di finalità di pubblico interesse costituiscono sicuramente
derivati del diritto dello Stato che hanno ormai dismesso gli stilemi dell’autoritatività per adeguarsi al mercato
unico, vestendosi, nello stesso tempo, con strumenti propri del codice civile, più flessibili e, quindi, più idonei
per le finalità del mercato unico.
È innegabile il frequente intreccio tra pubblico e privato che caratterizza i soggetti di rilevanza comunitaria e
la dilazione della nozione di Pubblica Amministrazione imposta in primo luogo dalle direttive sugli appalti
pubblici ha suggerito alla Consulta di estendere la giurisdizione amministrativa esclusiva, prima limitata ai
soli provvedimenti amministrativi in senso formale.
La stessa Carta costituzionale agli articoli 113 e 103 qualifica come amministrativi soltanto gli atti emanati da
enti pubblici od organi dello Stato.
L’attività amministrativa autoritativa, sotto aspetti sempre più numerosi, viene spogliata delle sue prerogative
tradizionali, per essere assimilata all’attività di diritto privato.
Nello stesso tempo, i profili soggetti ed oggettivo che caratterizzano l’attività amministrativa sembrano
perdere capacità definitoria per essere sostituiti da elementi estrinseci all’atto come la necessaria
procedimentalizzazione dell’attività.
Il giudice amministrativo, per esempio, nelle ipotesi di procedure dell’evidenza pubblica indette da un
organismo di diritto pubblico, si trova a conoscere provvedimenti formalmente privati dinnanzi ai quali si
stagliano posizioni soggettive di incerta qualificazione.
A quest’ultimo proposito, non si possono ignorare i numerosi segnali che provengono dal formante
giurisprudenziale.
Molto prima dell’intervento legislativo operato con la legge numero 205/2000 il Supremo Consesso
amministrativo aveva inaugurato un orientamento inteso a riconoscere la giurisdizione generale di legittimità
del giudice amministrativo anche in ipotesi di procedure poste in essere da soggetti privati, titolari di rapporto
concessorio, per il solo fatto dell’applicazione della disciplina di evidenza pubblica. Si era ritenuto che,
indipendentemente dalla posizione soggettiva vantata, ove una disposizione normativa prescriva
l’assoggettamento alle regole di evidenza pubblica, anche gli appalti indetti a soggetti formalmente privati
spettano alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Il richiamo alla legge sul procedimento amministrativo operato dalla Consulta, pertanto, potrebbe
rappresentare un utile appiglio per conciliare l’agire amministrativo autoritativo con i cambiamenti in atto.
Se il provvedimento autoritativo emanato dalla Pubblica Amministrazione ai sensi della legge numero
241/1990 rientrava sicuramente nella giurisdizione amministrativa di legittimità, infatti, non altrettanto poteva
dirsi per i provvedimenti emanati da soggetti privati nell’esercizio delle funzioni pubbliche.
Il riferimento della Consulta alla legge sul procedimento amministrativo potrebbe aver inteso accogliere una
definizione sostanziale di Pubblica Amministrazione e di atto amministrativo rispondente alle nuove
necessità concrete. Tali ipotesi rientrerebbero nella giurisdizione amministrativa perché tenute al rispetto dei
principi di cui alla legge numero 241/1990.
Nella dottrina amministrativa non pare sussistere alcuna preclusione formale alla possibilità di qualificare
come atti amministrativi gli atti posti in essere da soggetti privati quando trasferito dallo Stato nell’organo di
cui si serve abbia un fine pubblico.
La giurisprudenza non ha mancato di fornire un contributo significativo per una nuova definizione di atto
amministrativo incentrata esclusivamente sul profilo oggettivo dell’attività e delle finalità che la stessa intende
perseguire.
La Corte di Cassazione, dopo un primo periodo in cui pare ancora legata al profilo soggettivo dell’attività
amministrativa, e richiama l’istituto dell’esercizio privato di pubbliche funzioni, cambia orientamento per
affermare che, ai fini del riparto di giurisdizione, il criterio discriminante si trasferisce dal soggetto all’oggetto,
intendendo con quest’ultimo termine la materia controversa e la disciplina applicabile.
Per mano del legislatore poi le ipotesi di soggetti privati che emanano atti amministrativi sembrano dilatarsi a
dismisura. Adeguandosi alla sentenza della Corte europea, che sottolineava il rapporto di sostituzione del
soggetto privato all’ente pubblico, il legislatore ha previsto l’obbligo per i privati che intendono eseguire
direttamente le opere di urbanizzazione, il cui importo sia superiore alla soglia comunitaria, di affidare le
stesse nel rispetto delle procedure di gara previste dalla direttiva numero 93/37/CE.
L’assenza di una pretesa delimitazione della nozione di Pubblica Amministrazione potrebbe aver indotto la
Consulta ad estendere la giurisdizione amministrativa esclusiva a tutti i provvedimenti emanati da soggett