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VERTICALE

Il raggio d’azione: risorse e vantaggio competitivo

Un ovvio criterio in base al quale determinare se un’azienda debba svolgere

internamente un’attività o debba operare in un business è domandarsi se essa

possiede o no le risorse in grado di assicurarle un vantaggio competitivo in quelle

attività o in quel business. Lo stesso vale anche per la scelta del grado di integrazione

verticale.

Il raggio d’azione: mercato o gerarchia

Indipendentemente dal fatto che esista o meno un legame economico tra diversi

business o attività, un interrogativo rimane aperto: perché l’impresa dovrebbe

svolgere una determinata attività o operare in un particolare business? Nel caso della

diversificazione, l’azienda deve dimostrate che il miglior modo di creare valore a

partire dalle propri risorse è fare ingresso direttamente in nuovi business anziché

vendere le risorse o cederne l’utilizzo a terzi. Problemi analoghi si pongono anche

rispetto alle altre due dimensioni del raggio d’azione aziendale: l’integrazione verticale

e l’ampiezza geografica. In entrambi i casi si tratta di scegliere tra due archetipi di

base di organizzazione economica: il mercato e la gerarchia. Nel primo, il sistema dei

prezzi serve per coordinare il flusso di beni e servizi tra entità distinte. Nel secondo,

invece, i beni e i servizi vengono prodotti e scambiati entri i confini dell’azienda

stessa. Secondo i principi della teoria dell’organizzazione economica un’attività

dovrebbe essere svolta nell’impresa, e non acquisita nel mercato, quando è più

efficiente gestire l’attività all’interno della gerarchia aziendale piuttosto che attraverso

scambi di mercato. La gerarchia aziendale è efficiente quando è possibile dimostrare

che è la soluzione organizzativa in grado di minimizzare la somma tra i costi di

produzione e di governo. I costi di produzione sono i costi diretti che si sostengono per

la produzione fisica e per lo scambio del prodotto oggetto della transazione. I costi di

governo includono i costi derivanti dalla negoziazione, dall’elaborazione dei

documenti, dal controllo, e dal far rispettare i termini dell’accordo. Di norma, i costi e i

benefici del mercato e della gerarchia vengono presi in considerazione nell’ambito

dell’integrazione verticale; tuttavia, anche nel caso della diversificazione e

dell’espansione geografica è possibile fare un’analoga valutazione di quelli che sono i

costi e i benefici delle diverse soluzioni organizzative.

Il mercato

I benefici del mercato

La teoria secondo la quale il mercato sarebbe il meccanismo ideale per

l’organizzazione della produzione è da ricondursi ad Adam Smith.

Il primo beneficio offerto dal mercato è che il processo di elaborazione delle

informazioni risulta più efficace di quanto non sia nel caso della gerarchia. Più in

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generale, si può parlare di un vantaggio del mercato nei confronti dell’economia

pianificata a livello centrale. Per avere una pianificazione centrale efficiente ci

vorrebbero un sacco di grano, info, burocrazia, know-how… invece il mercato fa tutto

efficientemente attraverso i prezzi presenti su di esso.

Il secondo beneficio dell’organizzazione della produzione basata sul mercato riguarda

gli incentivi. Quando la produzione viene gestita da proprietari indipendenti, ciascuno

può disporre pienamente dei profitti che derivano dal proprio lavoro ed è quindi

incentivato a essere il più produttivo ed efficiente possibile. In questo senso il

perseguimento di un interesse personale non fa altro che migliorare l’efficienza

dell’organizzazione della produzione basata sul mercato. Diversa è la situazione

nell’ambito della gerarchia aziendale, dove i singoli individui, non potendo disporre

interamente dei profitti che producono, non sono stimolati ad adoperarsi per

massimizzare i profitti aziendali, ma sono piuttosto incentivati alla tutela dei propri

interessi. Ne consegue che i livelli di abilità, impegno e investimenti tenderanno a

essere inferiori in una grande azienda rispetto a un’impresa individuale. Un livello

inferiore di abilità, impegno e investimenti, quindi, fa si che la gerarchia sia

caratterizzata da costi di produzione più elevati.

costi del mercato: costi di transazione e fallimento del mercato

Nel suo lavoro, che è stato uno dei primi studi sul raggio d’azione e che ha dato

origine alla teoria dei costi di transazione, Coase metteva in evidenza i vantaggi

intrinseci del mercato, ma allo stesso tempo cercava di portare alla luce i costi delle

transazioni che avvenivano all’interno del mercato. In altre parole, i suoi sforzi erano

tesi a individuare le condizioni che facevano del mercato un metodo di organizzazione

delle transazioni molto costoso o, nei casi più estremi, tanto costoso da rivelarsi

fallimentare. Solo in quest’ultimo caso, secondo la teoria dei costi di transazione, è

opportuno preferire la gerarchia aziendale come forma organizzativa.

In generale, le relazioni di mercato falliscono quando sono soggette a:

1. Opportunismo. La teoria dei costi di transazione parte dal presupposto che,

poiché il singolo individuo tende ad agire sulla base dell’interesse personale,

laddove il mercato lo consenta le parti interessate si comporteranno con

opportunismo, cioè cercheranno di ottenere un vantaggio anche a spese

dell’avversario. Un comportamento di questo genere è la causa primaria del

fallimento di mercato, le altre tre condizioni che citeremo contribuiscono a

creare le premesse per il comportamento opportunistico di un’azienda

2. Specificità delle risorse (piccoli numeri). Ovvero il possesso di risorse che sono

adatte solo a un determinato utilizzo. In questo caso, data l’impossibilità di

impiegare diversamente le proprie risorse, l’azienda che vi ha investito può

essere facilmente oggetto di sfruttamento da parte di terzi. La specificità delle

risorse può riguardare la localizzazione (quando acquirenti e venditori collocano

gli impianti nella stessa zona per minimizzare i costi di trasporto e di

magazzinaggio), le risorse fisiche (una o entrambe le parti di una transazione

investono in attrezzature adatte a un utilizzo specifico e limitato), il capitale

umano (i dipendenti di un’azienda sviluppano abilità che possono essere

impiegate esclusivamente in una particolare relazione o nell’ambito di una data

organizzazione. Si crea quindi in questi casi un problema di contrattazione

connesso ai “piccoli numeri”. Dopo aver fatto un simile investimento, infatti,

l’acquirente non è più in grado di contrattare liberamente alla parti con altri

potenziali fornitori così come era possibile fare prima; al contrario, l’azienda si

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vede costretta a rivolgersi a un numero limitato di fornitori, e spesso a uno solo.

In questo modo aumenta il potere contrattuale del fornitore, che è quindi libero

di agire in maniera opportunistica, e la conseguenza ultima è il fallimento del

mercato.

3. Incertezza. Una soluzione ai problemi che sorgono quando una parte agisce in

maniera opportunistica sarebbe quella di redigere un contratto, della sterra

durata delle attività, tale da prevenire un comportamento di questo tipo.

Maggiori sono le incertezze sugli sviluppi futuri, maggiore sarà la difficoltà nel

redigere un contratto che preveda ogni eventualità e, di conseguenza, maggiori

saranno le probabilità di fallimento del mercato.

4. Alta frequenza delle transazioni. Se infatti un’azienda è impegnata in frequenti

operazioni di transazione, sarà anche più esposta a intoppi e dovrà spesso

effettuare contrattazioni e negoziazioni. Per ovviare ai costi che ne derivano e

ridurre le probabilità di fallimento del mercato è spesso necessario ricorrere

all’integrazione verticale. Se, al contrario, si tratta di una contrattazione

occasionale, come nel caso di un progetto di edilizia pubblica, allora

l’integrazione verticale è meno frequente.

In conclusione possiamo dire che la teoria dei costi di transazione individua nella

specificità delle risorse, nell’incertezza e nell’alta frequenza delle transazioni le cause

primarie del fallimento del mercato. Nel caso in cui lo scambio di mercato avente

come oggetto la vendita (o l’acquisto) di un bene o di un servizio “fallisce”, l’impresa

tenderà a stabilire una qualche forma di controllo gerarchico sulla transazione.

Ulteriori cause di fallimento del mercato

Oltre agli investimenti specifici, che sono il fulcro della teoria dei costi di transazione,

esistono altre cause di fallimento del mercato. Una di queste è l’inseparabilità, ovvero

l’impossibilità di separare una risorsa specifica dall’insieme delle risorse di cui dispone

un’azienda. Un’ulteriore causa di fallimento può verificarsi nel “mercato” delle

informazioni. Anche se le informazioni possono essere facilmente cedute a terzi, al

momento della vendita si verifica un paradosso: il potenziale acquirente non vuole

pagare un’informazione senza prima sapere di cosa si tratti, ma allo stesso tempo

colui che ne è in possesso non è disposto a fare alcuna anticipazione prima della

vendita. Ne consegue che quando un soggetto o un’azienda è in possesso di

un’informazione preziosa, per esempio l’ubicazione in cui verrà costruita una nuova

autostrada, difficilmente la vende e tende invece quasi sempre a farne un utilizzo

personale. Inoltre si può verificare una situazione di fallimento del mercato anche

quando è materialmente impossibile trasferire determinate informazioni. È questo il

caso delle conoscenze tacite, ovvero di quelle conoscenze che non possono essere

tradotte né in un’equazione matematica né in una serie di regole. Infine, esiste

un’ultima causa di fallimento del mercato, non dovuta come nei casi precedenti a

considerazioni di efficienza, ma all’esercizio del potere di mercato. In questo caso si

assiste al fallimento del mercato quando un’azienda riesce a creare una situazione di

esclusione verticale a danno dei concorrenti. Per definizione, ciò si verifica solo nel

caso di settori ad alta concentrazione o dove vi siano concorrenti che hanno il dominio

del mercato.

L’esistenza e il raggio d’azione di un’impresa possono essere spiegati grazie alla teoria

sul fallimento del mercato. Riconoscendo l’importanza del mercato per quanto

riguarda l’elaborazione delle informazioni e gli incentivi a esso collegati, si giunge alla

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Publisher
A.A. 2013-2014
76 pagine
41 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/10 Organizzazione aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AleBucc di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Corporate Strategy e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano o del prof Invernizzi Giorgio.