Corporate governance
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Gli azionisti possono più o meno attivamente influenzare il comportamento del management e
quindi dell’impresa, utilizzando tattiche di natura pubblica o privata.
L’attivismo pubblico, può essere esercitato attraverso la proposta di una risoluzione o
tramite lettere pubbliche e campagne mediatiche.
l’attivismo di alcuni azionisti potrebbe portare anche a delle proxy fight (battaglie per le
deleghe), con l’intento di promuovere un cambio del management o nominare un proprio
rappresentante in seno al consiglio di amministrazione. In altri casi, gli azionisti possono
promuovere la distribuzione di dividendi straordinari per evitare che il management utilizzi le
risorse in eccesso per finanziare progetti che non creano valore.
L’attivismo privato, al contrario, consiste in tutte quelle attività (telefonate, lettere,
meeting) realizzate al fine di condizionare l’operato del management evitando dibattiti
pubblici che potrebbero provocare costi reputazionali elevati.
la mancanza di trasparenza alla base dell’attivismo privato è però un’arma a doppio taglio.
Da un lato, assicura una maggiore collaborazione tra azionisti attivi e management; dall’altro
potrebbe creare problemi di asimmetrie informative con gli altri azionisti, con il rischio che le
principal-
azioni intraprese siano a beneficio esclusivo degli azionisti attivi (problema di agenzia
principal)
I MECCANISMI DI CONTROLLO ESTERNO: IL MERCATO DEL CONTROLLO
Meccanismi attraverso i quali gli azionisti trasferiscono al mercato la responsabilità della
sorveglianza del management.
Le OPA si concretizzano in un invito rivolto a tutti gli azionisti a vendere le loro quote a un
management buy-out,
determinato prezzo. A esclusione del in cui tali offerte sono proposte dal
raiders)
management dell’impresa stessa, l’uso avviene da parte di soggetti esterne ( che
desiderano conquistare il controllo dell’impresa e che, una volta ottenuta la maggioranza del
capitale aziendale, impongono la sostituzione dei consiglieri e del manager.
In questo ambito rientrano le cosiddette scalate ostili, le quali possono essere scongiurate con
le seguenti clausole:
Poison pills: hanno l’obiettivo di rendere la scalata ostile meno appetibile, e prevedono
l’emissione di nuove azioni a beneficio degli azionisti esistenti ad un prezzo
sensibilmente inferiore rispetto a quello di mercato.
l’evidenza empirica mostra tuttavia che l’utilizzo di queste pratiche determina, nella maggior
parte dei casi, una riduzione del valore di mercato dell’impresa ed è circoscritto ad aziende
nelle quali la percentuale di capitale nelle mani del management è molto bassa
Diritti di voto differenziati: consistono nell’attribuzione di voti extra a azioni
detenute per un lungo periodo di tempo. Ciò depotenzia il nuovo azionista, che pur
procedendo all’acquisto di una quota maggioritaria di capitale esercita in assemblea
un’influenza minoritaria
Politiche di terra bruciata: consistono in una riduzione volontaria del valore
dell’azienda in modo da renderla meno appetibile per lo scalatore. Si sostanziano delle
azioni di disinvestimento delle migliori divisioni.
Golden parachute: si tratta di garanzia fornite ai dirigenti circa il diritto a ricevere
take over.
sostanziose indennità di liquidazione in caso di
affianco al mercato per il controllo societario opera anche il mercato del lavoro manageriale,
il quale risulta fortemente competitivo.
Il timore di perdere il lavoro e di vedere rovinata la propria reputazione rappresenta un valido
deterrente a eventuali comportamenti opportunistici da parte dei manager.
I MECCANISMI DI GOVERNANCE NEI DIVERSI CONTESTI ISTITUZIONALI
Le differenze, tra imprese di diversi paesi, emergono chiaramente nella diversa diffusione dei
meccanismi di controllo interno e esterno di governo dell’impresa.
Nei sistemi capitalistici anglosassoni (UK, USA) si è diffuso il modello della public company
(elevato potere ai manager, limitato potere agli azionisti) dove i meccanismi di controllo esterni
sono maggiormente diffusi e efficaci, mentre quelli interni sono deboli per la diffusa
separazione tra proprietà e controllo che assicura al management il controllo dell’impresa.
All’opposto nelle imprese prevalenti nell’Europa continentale e nel sudest asiatico, dove è
diffuso il modello delle PMI (azionariato concentrato e familiare, limitato ricorso al mercato dei
capitali), il principale meccanismo di controllo è di tipo interno, mentre il mercato investe
un’influenza limitata.
L’EXECUTIVE COMPENSATION NELLA STRATEGIA DI IMPRESA
La retribuzione del vertice aziendale è comunemente ritenuta una delle principali leve
gestionali di implementazione strategica.
L’executive compensation è stato oggetto di studio delle discipline economiche e giuridiche per
lungo tempo e il quadro teorico sottostante sembrava piuttosto consolidato; tuttavia negli
ultimi anni vi è stato un profondo ripensamento generato dalla crisi economica.
tra le diverse tematiche emerse, vi è un argomento che pare aver suscitato una
particolare convergenza di opinioni: il fatto che la crisi sia stata in parte ascrivibile ai
sistemi di incentivazione troppo ricchi i quali hanno stimolato un’eccessiva assunzione
di rischio, tanto che molte delle novità normative sono andate nella direzione di
contenere tale effetto.
L’EXECUTIVE COMPENSATION E IL GOVERNO D’IMPRESA
L’executive compensation può essere considerata parte integrante e sostanziale della CG
la remunerazione degli organi gestori con responsabilità strategica è materia in vario
modo collegata ad aspetti fondamentali del funzionamento d’impresa, quali:
Rapporti tra impresa e stakeholder
Rapporti tra le varie compagini azionarie
Il funzionamento del CDA e i suoi rapporti con azionisti e manager
I cambiamenti nel quadro normativo hanno rafforzato il ruolo dell’assemblea e del CDA nel
processo decisionale in materia.
Nelle imprese di interesse pubblico (banche; assicurazioni), la progettazione e
l’implementazione della politca retributiva è diventata un processo strutturato in vari livelli
decisionali, formalizzato e esplicitato, per esigenze di visibilità e trasparenza nei confronti
degli stakeholder.
Al primo macro-livello decisionale vengono stabilite le linee guida del sistema di
compensation avendo particolare cura che queste riflettano le scelte strategiche di
business che l’impresa è tenuta a compiere
nelle quotate facciamo riferimento al comitato di remunerazione, composta da membri
del CDA non esecutivi e per la maggioranza indipendenti, al quale spetta il compito di fissare le
priorità e gli obiettivi che l’azienda intende perseguire con i sistemi di remunerazione e che
dovranno trovare coerenza con la cultura, l’org e la gestione delle risorse umane dell’azienda
nel suo complesso
Al secondo macro-livello, vengono recepite le decisioni strategiche e sia da forma a
quelle che possono essere definite politiche di remunerazione.
il direttore dell’HR implementa concretamente le politiche e le revisiona nel tempo in base
agli obiettivi
In ultimo intervengono i vari livelli di controllo, quali l’assemblea dei soci e le autorità
di vigilanza; il loro ruolo si è ampliato nel tempo, tant’è che nel ordinamento italiano
essa esprime un voto vincolante sulle politiche retributive delle società quotate.
Se torniamo ai fondamenti teorici classici che sono stati alla base della materia, distinguiamo:
1) La teoria della residualità del profitto: secondo questa teoria i soci capitalisti
sono soggetti interessati all’attività gestoria aziendale del tutto peculiari, in quanto
dotati di una notevole esposizione al rischio di fallimento, in ragione di un diritto
patrimoniale eventuale e residuale.
essi hanno diritto di nomina e controllo del CDA, ma spesso non perseguono un interesse
sociale, ma solamente individuale.
2) la teoria delle asimmetrie informative: secondo questa impostazione, ritiene che
(principal) (agent)
tra soci capitalisti e management apicale sussista un rapporto di
delega per l’attività gestoria dell’impresa, senza che essi possano annullare i rischi
ex ante ex post
di condotta erronea dei manager ed esercitare un monitoraggio
completo del loro operato. ( problema d’agenzia).
tale rischio è maggiore nelle public company, dove si può verificare il fenomeno del free-
riding ossia la tendenza del singolo azionista a delegare il compito di controllo del
management alla generalità degli altri azionisti, piuttosto che sostenere in proprio costi di
monitoraggio sullo svolgimento dell’attività degli amministarori.
per risolvere i problemi suddetti, si sono andati a sviluppare gli incentivi manageriali, che
sono diventati nel tempo parte integrante del pacchetto retributivo del vertice aziendale,
avendo la funzione di indirizzare la condotta degli amministratori e dei manager nella direzione
degli interessi degli azionisti /stakeholder (accrescimento del valore azionario).
In dottrina inoltre, ha trovato spazio un filone teorico finalizzato ad indagare gli effetti di un
supposto differenziale nel profilo di rischio ideale tra management e azionisti.
si evince che in assenza di sistemi di incentivazione che stimolano il management ad
assumere decisioni rischiose, questo avrebbe un’avversione al rischio tale da sub-ottimizzare il
rendimento dell’investimento dell’azionista.
appare chiaro quindi che nella progettazione di una strategia retributiva devono essere
considerati una serie di aspetti eterogenei fra loro e peculiari della singola impresa, cercando di
mediare interessi diversi e talvolta divergenti.
DALLA STRATEGIA ALLA DEFINIZIONE DELLA POLITICA RETRIBUTIVA
Quando si parla di executive compensation si fa generalmente riferimento alla politica
retributiva per il top management aziendale e per i membri del CDA.
per tali soggetti il compenso complessivo deve essere inteso come soluzione
retributiva complesse e articolata, composta da elementi diversi e complementari; in
particolare ci focalizzeremo sulla componente variabile della retribuzione, la quale è
direttamente connessa al conseguimento della strategia.
Anzitutto dobbiamo distinguere il compenso in:
(base salary):
componente monetaria fissa è essenziale a qualsiasi livello
organizzativo e può essere percepita come retribuzione da lavoro dipendente, come
emolumento (amministratori) o come somma delle due (amministratore delegato e
dirigente insieme).
per alcuni ruoli (amministratore non esecutivo) essa rappresenta l’unica componente della
retribuzione.
benefici addizionali, ossia tutte quelle forme non monetarie che possono essere
percepite dal manager sotto forma di assicurazioni, servizi, beni per la persona o la
famiglia (entry bonus; golden parachute):
clausole aggiuntive molto discusse perché appaiono
benefici garantiti e non giustificati, ma risultano elemento fondamentale in momenti
particolari della vita aziendale (crisi)
L’INCENTIVAZIONE MANAGERIALE
L a retribuzione variabile è una componente che può essere molto importante nel pacchetto del
vertice di un’azienda e dovrà essere progettata e implementata con particolare cura, badando
agli effetti voluti ma anche a quelli indesiderati.
lo scopo e flessibilizzare il costo per l’azienda ed allineare i guadagni dei manager con
quelli degli azionisti senza recare danno agli altri stakeholder.
La retribuzione variabile è tradizionalmente articolata in funzione dell’arco temporale di
maturazione e della forma attraverso cui vien corrisposta. Si può così parlare di:
Incentivazione variabile di breve periodo (IBT), generalmente connessa al
raggiungimento di obiettivi annuali
Incentivazione variabile di lungo periodo (ILT), legata ad orizzonti temporali ultrannuali.
gli incentivi possono ulteriormente essere classificati in basa alla natura del premio erogato:
in questo caso distinguiamo la incentivazione cash (sulla base del bilancio; di breve periodo)
dalla incentivazione erogata tramite strumenti finanziari (di lungo periodo), anche se nel
tempo ciò è stato rimesso in discussione.
L’INCENTIVAZIONE DI LUNGO TERMINE
È incentivazione che ha lo scopo di contrastare rischi e pericoli del cosiddetto “orientamento al
breve e brevissimo termine” (shortermism), rischi che potrebbero essere amplificati dai
sistemi di incentivazione con orizzonte annuale.
inoltre hanno la funzione di retention dei migliori “talenti”
i motivi del significativo dinamismo registrato sono numerosi e vanno ricercati anzitutto
nell’evoluzione di contesto, ossia quel mix di forze e fattori eso/endosocietari, che hanno
indotto le imprese a ripensare ai propri piani di lungo periodo, quali:
Mutamenti nei principi contabili internazionali e nazionali
Mutamenti nel trattamento fiscale delle diverse forme di remunerazione
Evoluzione degli strumenti e prodotti finanziari
Riforme nei sistemi di CG
Dinamiche e manifestazioni di attivismo degli azionisti
l’incentivazione ultrannuale, supera la prospettiva della ripartizione dei profitti periodali tra
base azionaria e personale direttivo per interessare più direttamente la creazione del valore,
risk adjusted.
concetto che è necessariamente prospettico, multiperiodale e
Le varie forme normative che si sono succedute hanno tutte perseguito l’allungamento
dell’orizzonte di incentivazione.
si è passati da piani chiusi, ovvero che inizia in un determinato anno e poi impiega
un certo arco temporale (3 anni) per compiersi, prima che un piano successivo possa
iniziare; alla fine del piano in base i risultati raggiunti si erogava il bonus. A paini
rolling, ossia piani in cui ogni anno avviene un’assegnazione che dà vita a un “sotto-
piano” che scorre di anno in anno; la liquidazione del premio è prevista al termine di
vesting.
ogni periodo di
DIVERSI STRUMENTI PER DIVERSI OBIETTIVI
Il criterio, più utilizzato, consiste nel differenziare gli strumenti in base ala fatto che siano o
meno a base azionaria.
La principale logica addotta da coloro che sostengono la superiorità degli strumenti azionari per
l’ILT consiste nel fatto che, tali incentivi siano i più adatti a spingere il management ad attuare
strategie di crescita sostenibili nel tempo.
il manager risulterebbe portato a realizzare gli investimenti che indipendentemente
dall’impatto sui risultati di breve periodo siano in grado di massimizzare il valore
dell’impresa nel lungo periodo.
Tuttavia negli anni il livello di complessità e sofisticazione dei piani di incentivazione
manageriale è di molto cresciuto, tanto da prevedere tutta una serie di performance che
rendono i confini tra piano azionari e monetari molto più indefiniti.
in estrema sintesi, per suddividere gli strumenti di ILT possiamo far riferimento alla
classificazione sottostante:
1) Strumenti equity based tradizionali, sono i più consolidati e utilizzati nella prassi
e sono suddivisi in:
Stock option o share option: assegnazione al dirigente del diritto ad
acquistare azioni della società ad un prezzo predeterminato, dopo un dato
lasso di tempo.
Performance stock option: soggette a duplice garanzia, condizioni di
performance e strike price per l’esercitabilità.
Restricted share: assegnazione ai dirigenti di azioni senza condizioni di
performance
Performance share: assegnazione ai manager di azioni in relazione a
obiettivi determinati
2) Strumenti equity linked-cash settled, nei quali il pay-out è collegato
all’andamento di mercato dei titoli azionari ma la cui erogazione è monetaria.
Phantom option: piani che simulano un piano di stock option andando a
premiare il differenziale nel valore dell’azione senza condizioni di
performance
Performance unit: piani di performance share utilizzando però delle azioni
virtuali
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