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Se fin dall'inizio di una terapia è possibile comprendere quale sia il piano del paziente, se interventi

congruenti con questo piano (pro-plan) permettono al paziente di stare meglio, di essere meno

ansioso e più coraggioso, il progredire verso i suoi obiettivi e il rientrare in contatto ed elaborare i

propri traumi, mentre interventi non congruente al piano (anti-plan) tendono ad avere l'effetto

opposto, allora e legittimo ipotizzare che il paziente abbia degli obiettivi abbastanza precisi, per

quanto inconsci, rispetto a ciò che vuole che il terapeuta faccia e gli dia.

Formulare il piano dei nostri pazienti

Ogni paziente inizia la terapia con un piano, più o meno dettagliato, in genere inconscio: vuole

realizzare obiettivi sani e piacevoli, disconfermare le credenze patogene che lo ostacolano in questo

compito e lo fanno soffrire, modulare i sensi di colpa che sostengono queste credenze e

comprendere la propria storia da una prospettiva diversa, più ampia e meno colpevolizzante.

Parte del piano di un paziente sono anche i modi in cui mette alla prova le sue credenze patogene in

terapia (test) e il tipo di risposte che spera di ricevere dal clinico.

Infine il piano di un paziente, più o meno flessibile e adattabile alle peculiarità del clinico e del suo

approccio, stabilisce anche un ordine di massima delle credenze che verranno messe alla prova.

All'inizio di una terapia il paziente cerca di dare al clinico tutte le informazioni necessarie a fargli

capire ciò di cui hai bisogno per stare bene, solo dopo inizierà a metterlo alla prova in modo più

deciso. Il piano di un paziente va formulato pensando a lui in termini familiari e quotidiani,

servendosi un linguaggio semplice e usando tutte le informazioni a nostra disposizione: i problemi e

sintomi che hanno motivato la richiesta di terapia, quello che il paziente racconta di sé e della sua

storia, in modo in cui si rapporta con il clinico, le reazioni affettive dal terapeuta e le reazioni del

paziente agli interventi e agli atteggiamenti del clinico. Nella formulazione del piano del paziente

non va mai trascurata la sua cultura di appartenenza.

Possiamo ritenerci soddisfatti della formulazione del piano di un paziente solo se essa ci permette di

comprendere tutto ciò che sappiamo di lui o almeno la maggior parte delle informazioni che ci ha

fornito all'interno di una cornice coerente.

Elementi costitutivi del piano del paziente sono:

- Gli obiettivi che il paziente desidera raggiungere

- Gli ostacoli che gli hanno impedito di raggiungere degli obiettivi ovvero credenze patogene e

sensi di colpa

- I traumi che hanno contribuito alla formazione degli ostacoli

- I test che il paziente farà al terapeuta

- Insight che potrebbero essergli di aiuto.

Identificare gli obiettivi

A volte gli obiettivi di un paziente sono abbastanza facilmente desumibili dalle sue affermazioni e

dai suoi comportamenti, altre volte invece nel corso dei primi colloqui i pazienti sembrano non

avere obiettivi da perseguire o dichiarano di voler perseguire obiettivi che non sembrano piacevoli,

sani e realistici. In questi casi la mancanza di obiettivi espliciti e una natura problematica degli

obiettivi che i pazienti sembrano porsi possono essere una preziosa fonte di informazioni per

comprendere le loro credenze patogene.

Diverso è il caso in cui un paziente è in conflitto tra il rivelare i suoi veri obiettivi e la paura di

farlo. Vorrebbe farlo ma teme che il terapeuta possa condividere le credenze patogene che gli

impediscono di articolarli e perseguirli.

Individuare le credenze patogene e i sensi di colpa che ostacolano i pazienti

In generale le credenze patogene di un paziente sono inconsce, soprattutto all'inizio di un percorso

terapeutico. Sono state sviluppate per adattarsi alle relazioni con caregiver e fratelli in conseguenza

di traumi da shock o da stress interpretati con gli occhi di un bambino.

Sono espressioni del bisogno di attaccamento e cura dei caregiver. Spesso le credenze patogene

alimentano o sono sostenute da potenti sensi di colpa. [Se...allora...]

Individuare i traumi e le loro conseguenze

Le credenze patogene e i sensi di colpa disadattivi sono conseguenze di traumi da shock o da stress

interpretati in ottica infantile. Raccogliere informazioni sugli eventi immediatamente precedenti

l'insorgere di un sintomo o il manifestarsi di un comportamento disfunzionale e sugli eventi di vita

rilevanti del paziente sulla loro storia evolutiva, è dunque molto importante per formulare il loro

piano. Data la centralità delle relazioni primarie nella formazione delle credenze patogene, per

identificare i traumi dei pazienti è importante indagare il rapporto che il paziente ha avuto nella

coppia di genitori, con ognuno dei caregiver da solo e con i fratelli nelle varie fasi della sua vita, il

rapporto dei caregiver tra loro e con ognuno dei fratelli e quello dei fratelli tra loro.

E' inoltre utile ricordare che più di un trauma può essere alla base di una stessa credenza patogena e

più di una credenza patogena con nascere da un unico trauma.

Capire ciò che è utile che il paziente comprenda: insight

Per ipotizzare quali siano gli insight che il paziente vuole raggiungere dobbiamo mettere insieme i

suoi obiettivi, le sue credenze patogene, i suoi sensi di colpa e il trauma.

Una struttura generale astratta per formulare gli insight potrebbe essere questa: il paziente deve

comprendere che non riesce a fare A (obiettivo) perché crede che B (credenza patogena) e lo crede

perché nella sua vita è successo C (trauma).

Gli insight implicano dunque una messa in discussione delle credenze patogene del paziente, un

sostegno alla realizzazione dei suoi obiettivi, una migliore elaborazione dei suoi traumi del passato

e una modulazione dei suoi sensi di colpa.

Formulare interpretazioni che sostengono il piano dei pazienti

Azioni terapeuticamente efficaci

Dal punto di vista della CMT le comunicazioni terapeuticamente efficaci sono quelle che

sostengono il piano del paziente (proplan).

Sono terapeutiche quelle comunicazioni del clinico che:

Demistificano e normalizzano i problemi del paziente. + Aiutano il paziente a diventare più

consapevole dei propri obiettivi sani e piacevoli. + Lo fanno sentire al sicuro, legittimato e

sostenuto nel perseguire questi obiettivi. + Lo rendono più chiaramente consapevole delle sue

credenze patogene e dei sensi di colpa inconsci e li disconfermano. + Gli permettono di

comprendere sulla base di quali traumi ha sviluppato le sue credenze patogene. + Gli permettono di

comprendere come queste credenze siano state sviluppate per ragioni adattive ma poi si siano

rivelate disadattive. + Aiutano a ricostruire e padroneggiare in modo più completo le esperienze

traumatiche. + Gli mostrano come le sue credenze patogene siano espressione dell'amore infantile

per i familiari. + Gli fanno capire che il clinico sta superando i suoi test. + Gli permettono di

memorizzare e generalizzare ciò che comprende di se in terapia in forma verbale ed esplicita, di

focalizzare e usare meglio i suoi insight e quindi di lavorare meglio anche da solo per disconfermare

le sue credenze patogene. + Favoriscono le interiorizzazioni della funzione terapeutica.

La CMT è una teoria essenzialmente relazionale che postula che alla base della patologia vi siano

situazioni relazionali traumatiche e che alla base della guarigione vi siano esperienze relazionali che

disconfermano le credenze patogene del paziente.

In questa cornice teorica è molto importante aiutare il paziente a comprendere quali eventi del suo

passato hanno dato vita alle sue credenze, quali processi motivazionali, cognitivi e affettivi hanno

plasmato il suo modo di vivere con gli eventi e in che modo il paziente stesso ha contribuito e

contribuisce, senza volerlo, a confermare la fondatezza di quelle credenze per tutto il resto della sua

vita.

Scegliere il giusto atteggiamento

Secondo la CMT la psicoterapia è essenzialmente un esperienza emotiva, correttiva, trasformativa

per il paziente nella misura in cui lo aiuta a disconfermare le sue credenze patogene e i suoi sensi di

colpa inconsci. Nella relazione di cura il terapeuta dispone di diversi strumenti attraverso cui può

aiutare il paziente: Le sue comunicazioni, il modo in cui risponde ai test dei pazienti e il tipo di

relazione che gli offre, relazione che è terapeutica nella misura in cui è diversa da quelle

traumatiche vissute dal paziente nel corso della sua vita. L'atteggiamento del clinico inteso come il

suo modo complessivo di essere in seduta è il suo modo di rapportarsi al paziente è già in sé uno

strumento terapeutico, e può supportare e rafforzare o viceversa indebolire o annullare l'effetto delle

sue comunicazioni o il modo in cui il terapeuta risponde ai test.

La CMT sottolinea che i pazienti sono fortemente motivati a scoprire consciamente o

inconsciamente quale sia l'atteggiamento del loro terapeuta rispetto agli obiettivi che vorrebbero

perseguire e alle loro credenze patogene, lo saggiano agendo con lui in seduta, facendogli test o

domande esplicite oppure osservando le sue reazioni. Ciò implica anche che il paziente leggerà

l'atteggiamento del clinico in funzione dei suoi obiettivi, delle sue credenze e dei suoi sensi di

colpa. Non lo percepirà mai in modo obiettivo, ma interpreterà ciò che gli dice e il modo in cui

glielo dice alla luce degli elementi del suo piano.

Il trattamento attraverso gli atteggiamenti

Ci sono situazioni cliniche in cui l'atteggiamento del terapeuta si rivela poi l'unico strumento

terapeutico a disposizione. Queste terapie si differenziano dalle altre perché l'atteggiamento del

terapeuta diventa lo strumento esclusivo di lavoro, l'unica manifestazione della soggettività del

terapeuta che il paziente riesce a tollerare. Questo può accadere con alcuni tipi di pazienti come

quelli con grandi fragilità narcisistiche che hanno alle spalle storie di umiliazioni continue subito

nel rapporto con genitori ed esperienze e rifiuto costanti e violente. In questi casi è difficile far

arrivare al paziente un messaggio nuovo perché questi alla luce delle sue credenze patogene sente e

legge gli interventi del terapeuta come ulteriori critiche, messi in discussione, sottolineature della

sua problematicità o del suo essere difettoso.

Seguire i suggerimenti dei pazienti: il coaching

Nel contesto della CMT con l'espressione coaching si fa riferimento a tutte quelle comunicazioni,

atteggiamenti e comportamenti, più o meno diretti ed espliciti, che i pazienti mettono in atto nel

corso di una terapia per fornire al clinico le informazioni utili a comprendere ciò di cui hanno

bisogno, cioè gli elementi centrali del loro piano inconscio. Lo scopo del coaching dei pazienti e

quindi favorire attivamente la costruzione di

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
13 pagine
6 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/07 Psicologia dinamica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AliceDP97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dinamica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Gazzillo Francesco.