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METODI DI CONSOLIDAMENTO
Classifichiamo su come agiscono le modifiche, occorre capire se con questi metodi otteniamo il consolidamento e se
è efficace in funzione dell’obiettivo.
A) MODIFICHE MECCANICHE
Interventi superficiali: terra utilizzata come materiale da costruzione COSTIPAMENTO, COMPATTAZIONE
SUPERFICIALE (per tutti i tipi di terreno, tipicamente parzialmente saturi). Per esempio, per realizzare un
rilevato andrà fatto per strati, ogni strato viene steso e compattato in funzione delle caratteristiche volute.
Interventi in profondità, sui depositi in sito: su materiali granulari, saturi o meno, addensamento mediante
azione meccanica: VIBROCOMPATTAZIONE (VIBROFLOTTAZIONE), HEAVY TAMPING, ESPLOSIVI, ecc.
B) MODIFICHE IDRAULICHE
Interventi sull’acqua interstiziale, riduzione delle pressioni interstiziali e conseguente aumento delle
tensioni efficaci
Terreni a grana grossa, drenanti con alta permeabilità: pozzi (sistemi well-point), trincee o gallerie
drenanti, ecc. A gravità ovvero per sollevamento. Dewatering come intervento di stabilizzazione dei versanti
Terreni a grana fine: bassa permeabilità, tempi di filtrazione molto lunghi. Metodi indiretti: rilevati di
precarico (metodo più antico), con/senza sovraccarico, tipicamente insieme ai dreni verticali (per accelerare i
tempi di consolidazione); elettro-osmosi (applicazione di un campo elettrico); altri…
C) MODIFICHE FISICHE/CHIMICHE
Modifica dello stato fisico del terreno, a seguito di variazioni di temperatura: cottura (delle argille),
congelamento (per tutti i terreni saturi)
Modifica della composizione del terreno mediante l’aggiunta di composti di natura chimica
Interventi superficiali: sul terreno utilizzato come materiale da costruzione; stabilizzazione/miglioramento
mediante additivi chimici (calce, cemento, altri)
Interventi in profondità: sui depositi in sito, mediante interventi colonnari, con diverse modalità
(miscelamento deep mixing ovvero per iniezioni, jet-grouting)
D) RINFORZO (PER INCLUSIONE)
Inserimento di materiali dotati di migliori caratteristiche meccaniche rispetto al terreno (resistenza alla
trazione): metallici, geosintetici, ecc. Terre armate e/o rinforzate
Colonne di ghiaia (in depositi di terreno a grana fine)
Inserimento di tiranti, chiodi (soil nailing), … 24
Appunti non ufficiali, presi a lezione – Laura P. Lez. 28/03/2022
STABILITÀ DEI VERSANTI
CLASSIFICAZIONE DELLE FRANE (CRUDEN e VARDEN)
File: 01_Classificazione Frane_2019
FRANA: movimento di una massa di roccia, terra o detrito lungo un versante. (Cruden 1991) il movimento può
essere visibile oppure no, ma ogni qualvolta ci sia un movimento è causa di instabilità del versante naturale o
artificiale.
Per descrivere un movimento franoso occorre fare riferimento a Cruden e Varnes 1978:
1. CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE
2. DIMENSIONI
3. STATO DI ATTIVITÀ
4. DISTRIBUZIONE DI ATTIVITÀ
5. STILE DI ATTIVITÀ
6. TIPO DI FRANA
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE
In alto si vede la planimetria della frana, mentre sotto abbiamo
una sezione della frana e servono per introdurre il GLOSSARIO
INTERNAZIONALE delle frane. (File: Glossario frane_RIG)
1) Coronamento: parte alta stabile dalla quale si stacca la frana
rispetto ad una superficie che rimane stabile. La massa
instabile avrà una lunghezza (1-8) e una larghezza (19).
7) Piede
8) Unghia
10) Superficie di rottura: definisce la massa stabile e quella
instabile che si muove, è la superficie di scorrimento lungo la
quale si muove la frana.
14) Zona di alimentazione
15) Zona di accumulo
16) Scarpata principale: si distingue dalla scarpata secondaria,
non sempre è semplice distinguerle. La principale è quella che si
distacca dalla massa stabile.
20) Superficie originaria del versante
Bisogna sempre ricordare che il movimento della frana è sempre tridimensionale anche se noi considereremo spesso
le sezioni.
La formazione del pendio è data dalla resistenza al taglio, grazie all’attrito che cerca di contrastare la forza di gravità
che è quella che genera il crollo dell’ammasso. Se la resistenza al taglio viene superata, per vari motivi, si ha il
movimento e di conseguenza della frana. Per questo motivo si ha una zona di alimentazione e una di accumulo.
DIMENSIONI E CARATTERISTICHE GEOMETRICHE DEL
CORPO FRANA
1) Larghezza della frana W : solitamente si fa riferimento alla
D
larghezza massima.
2) Lunghezza superficie di rottura W R
3) Lunghezza del materiale franato L : occorre sempre
D
precisare se ci si riferisce alla lunghezza del materiale franato
o del suo stato originale.
4) Lunghezza della superficie di rottura L R 25
Appunti non ufficiali, presi a lezione – Laura P.
5) Spessore della massa franata D D
La larghezza, lunghezza e spessore della frana servono per determinare il volume franato che servirà anche a
comprendere la pericolosità della frana.
STATO DI ATTIVITÀ
È quello che ci individua se la frana è ancora in movimento o se è stata in movimento in passato e ora può essere in
equilibrio.
1) Frana ATTIVA: attualmente in movimento. Si può muovere lentamente o perché si possono verificare crolli
improvvisi. Sono quelle più pericolose ed indicate in rosso nelle mappe.
2) Frana SOSPESA: è una frana che si è mossa nell’ultimo ciclo stagionale, ma attualmente non attiva. La
stabilità può tipicamente peggiorare in inverso a causa dell’apporto di acqua o neve. (Principio tensioni
efficaci e importanza dell’acqua che da stagionalità ai movimenti).
3) Frana RIATTIVATA: attiva dopo un periodo di inattività.
4) Frana INATTIVA: si è mossa l’ultima volta prima dell’ultimo ciclo stagionale:
a. QUIESCENTE (5): frana inattiva che può essere riattivata dalle sue cause originarie. Se tornassero le
condizioni che si sono verificate in passato potrebbe essere che si possa muovere nuovamente.
b. NATURALMENTE STABILIZZATA (6): frana inattiva che è stata protetta dalle sue cause originarie senza
interventi antropici. Non ci sono più le condizioni per un eventuale evento franoso.
c. ARTIFICIALMENTE STABILIZZATA (7): frana inattiva che è stata protetta dalle sue cause originarie da
apposite misure di stabilizzazione.
d. RELITTA (8): frana inattiva che si è sviluppata in condizioni geomorfologiche o climatiche
considerevolmente diverse da quelle attuali.
Si prende sempre a riferimento un ciclo stagionale, quindi un anno per definire lo stato di attività della frana che è
un compito dei geologi.
Dietro questa classificazione c’è un EFFETTO TEMPO!
DISTRIBUZIONE DI ATTIVITÀ
1) Frana in AVANZAMENTO: la superficie di rottura si
estende nella direzione del movimento. Avanza
verso valle
2) Frana RETROGRASSIVA: la superficie di rottura si
estende in senso opposto a quello del movimento
del materiale spostato. È quella che si verifica più
frequentemente, il materiale scende verso valle ma
26
Appunti non ufficiali, presi a lezione – Laura P.
il versante e la superficie di rottura si spostano verso monte.
3) Frana MULTIDIREZIONALE: la superficie di rottura si sposta in più direzioni.
4) Frana DIMINUZIONE
5) Frana CONFINATA
6) Frana COSTANTE
7) Frana in ALLARGAMENTO
STILE DI ATTIVITÀ
1) Frana COMPLESSA: combinazione, in sequenza temporale, di due tipi o più di movimento. Es: ci sono dei
massi di roccia che si staccano, il materiale poi crea sovraccarico nel terreno che si muove.
2) Frana COMPOSTA: combinazione di due o più tipi di movimento, simultaneamente in parti diverse dalla
massa spostata.
3) Frana SUCCESSIVA: movimento dello stesso tipo di quello di un fenomeno precedente adiacente, e se le
masse spostate e le superfici di rottura si mantengono ben distinte.
4) Frana SINGOLA: caratterizzata da un singolo movimento del materiale spostato
5) Frana MULTIPLA: molteplice ripetizione dello stesso tipo di movimento
TIPO DI FRANA
Prima occorre classificare la tipologia di movimento che sono 6, poi il tipo di materiale:
Ammasso roccioso
Terreno grossolano: è la nostra definizione di detrito, quindi materiali di granulometria molto variabile
Terreno fine: noi lo identifichiamo come terreno
TIPOLOGIA DI MOVIMENTO: 27
Appunti non ufficiali, presi a lezione – Laura P.
Il fenomeno comprende la caduta
libera, movimento a salti e
rimbalzi, rotolamento di
frammenti di roccia. Movimento
CROLLO molto rapido e spesso associato
all’ammasso roccioso, che
essendo molto pesante e quindi
cade molto velocemente.
Movimento dovuto a forze che
causano un movimento ribaltante
attorno ad un punto di rotazione
RIBALTAMENTO situato al di sotto del baricentro
della massa interessata.
La velocità aumenta passando
dalla rotazione al crollo.
Anziché un ammasso roccioso si
ha un detrito, ma il fenomeno è
lo stesso.
RIBALTAMENTO È un fenomeno che per esempio
IN DETRITO si verifica nelle coste vicino al
mare che scalza il terreno al
piede e poi si ha il ribaltamento
lento e il distacco veloce.
Movimento che avviene in
prevalenza lungo una superficie
più o meno piana. La divisione tra
due strati rocciosi si chiama
giunto che ha una sua debolezza.
Hanno una loro inclinazione che
dipende da come si è formato ed
evoluto l’ammasso. Il piano di
debolezza della roccia
SCORRIMENTO corrisponde proprio con il giunto
TRASLATIVO dove la resistenza disponibile è
molto limitata.
Se i giunti sono più inclinati del
pendio è più probabile che
avvengo lo scorrimento
(franapoggio), mentre se si ha che
la stratificazione è opposta al
versante allora è improbabile che
frani (reggipoggio).
La superficie di scorrimento è
SCORRIMENTO curvilinea, il centro di rotazione è
ROTAZIONALE più alto rispetto al baricentro
della massa di scorrimento.
Il terreno si fessura verticalmente
che sta però su un terreno
ESPANSIONE sottostante poco resistente, si ha
LATERALE una tendenza all’espansione
laterale. 28
Appunti non ufficiali, presi a lezione – Laura P.
In funzione della granulometria la
COLAMENTI velocità cambia. Può essere di
detrito o di terra.
Si hanno dei blocchi superficiali
resistenti appoggiati su un
materiale meno resistente che
ESPANSIONE tende a muoversi e spostare, a
LATERALE causa di ciò i blocchi di roccia
sovrastanti si rompono e il
materiale tende a spostarsi
lateralmente.
La diff