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Estratto del documento

Il discorso pubblico risulta così distorto, in due sensi:

- il preconfezionemento cui i messaggi politici vanno soggetti; la comunicazione politica, infatti,

non necessità più della compresenza fisica e temporale dell'oratore e dell'uditorio. Un messaggio

può essere registrato, elaborato attraverso la tecnologia e trasmesso più volte, in momenti differenti,

per catturare l'attenzione volatile dei destinatari, che però al momento della fruizione risultano

condizionati e suggestionati.

- l'impatto generale della televisione; questo strumento basa la sua capacità comunicativa sulle

immagini e solo secondariamente sui suoni. Il politico, quando appare sullo schermo, non è (o è

solo in parte) percepito per quello che dice, ma per un effetto di presentazione. Sulla sua figura,

infatti, veicola un'immagine personalizzata di sé, con cui lo spettatore è portato ad identificarsi. Alla

persuasione, che si basa su un'adesione della mente a dei contenuti linguistici, si sostituisce dunque

l'identificazione, che si basa su un apprezzamento emotivo di una qualità che lo spettatore

riconosce nell'immagine del politico. L'uditorio si trasforma così in pubblico, non più portato a

preferire una scelta politica in virtù dei fatti, ma costretto a scegliere tra due stereotipi che non

fanno che un blando riferimento ai temi politici.

Nelle trasmissioni televisive, gli elementi verbali sono compressi, piegati alle esigenze di

immagine: non è pensabile un'argomentazione complessa e completa davanti alle telecamere; la

forma ed i contenuti sono sottoposti ad una costrizione formidabile, che nel caso estremo porta a

preferiste spot e slogan.

Il discorso oratorio non dispiega più una forza atta a persuadere/informare, ma si riduce ad una

stilizzazione di simboli che evocano l'identità dei gruppi sociali di riferimento.

In conclusione, Corcoran oppone al modello illuministico e liberale, che vede nel discorso pubblico

una fonte di conoscenza e di razionalità per individui attivi e partecipanti, la comunicazione

elettronica, che propende per un tipo di comunicazione pubblica il cui scopo non è la stimolazione

del pensiero ma la sua inibizione, non la comunicazione di informazione, ma il suo occultamento e

banalizzazione.

Le analisi di Tacito e Hume convergono nell'associare l'oratoria deliberativa ad una determinata

forma di politica, il pluralismo competitivo con assemblee deliberanti, sull'assunto che è questa

forma a rendere necessaria l'attività oratoria. I due regimi (regime repubblicano a Roma e governo

popolare in Inghilterra) hanno qualcosa in comune: una lotta tra detentori di poteri concorrenti,

l’esistenza di organi collegiali che prendono le decisioni, l’esistenza di elezioni. Si tratta di sistemi

che Dahl chiamerebbe “Oligarchia competitiva”, la cui oratoria tipica è quella deliberativa.

Divergono invece su un altro punto: Tacito interpreta il declino come un annullamento funzionale

che l'oratoria subisce in seguito all'avvento di un regime autocratico, Hume interpreta il declino

come una differenza di stile che l'oratoria contemporanea presenta se messa a confronto con

l'oratoria del passato. Per lui, una cosa era lo stile sublime e appassionato dei dicorsi nelle

assemblee della polis ateniese e della Roma repubblicana, un’altra è lo stile argomentativo-razionale

dell’oratoria parlamentale inglese. La differenza è giustificabile in base ai diversi contesti storici

che gli autori si trovano ad affrontare: mentre il pluralismo competitivo per Tacito è solo uno

sbiadito ricordo del passato, per Hume è una realtà attuale.

Quindi, interpretando Hume, la complessità delle leggi qualifica l’oggetto della decisione, e il buon

senso il modo di trattare l’oggetto nel dibattimento. Lo stile razionale e pacato, non quello sublime,

permette il discernimento dei molti ragionamenti che servono in materie complicate, come quelle

che l’organo collegiale, immerso nella modernità, deve affrontare.

Venendo a Corcoran, si sposta l’oggetto dell’analisi su una dimensione detta “circuito dell’elezione

e dell’opinione pubblica”. I tempi moderni hanno esteso tale circuito, il che singifica la

moltiplicazione dei fori della discussione sulle candidature e sulle politiche pubbliche,

l’accrescimento della possibilità dei cittadini di contribuire a tale discussione, l’aumento del volume

dell’incidenza dei messaggi elettorali destinati ora a un pubblico di massa. Rispetto a Hume, quindi,

riferisce l’emotivismo all’immagine posta all’elettore o comunque all’appello rivolto a un pubblico

generale al fine di stimolarne il voto come espressione di sostegno. E quindi vede le emozioni in

termini di psicologia di massa.

Concludendo, il nesso tra Tacito e Hume è esplicativo, poiché ci fa capire perché un certo tipo di

oratoria si sviluppa in un contesto politico e non negli altri. Da questo punto di partenza, si possono

indagare i rapporti tra oratoria e politica in stretta connessione con i tipi di regime e con

particolare attenzione alle regole del gioco che strutturano il processo decisionale. Per i Greci, la

discussione assembleare e la conseguente azione deliberativa esaurivano l'esperienza politica,

invece pare più corretto sottolineare che l’oratoria deliberativa è solo una funzione che l’oratoria

può o non può svolgere in rapporto all’esistenza o meno di determinate condizioni politiche. Gli

stili dell’oratoria rispondono non solo alla scelte degli oratori, quanto a certe logiche interne

all’espletamento di ruoli politici. Può sussistere quindi un rapporto significativo tra le esigenze

funzionali di un organo collegiale e lo stile dell’oratoria che in esso si sviluppa.

Con l'avvento della Rivoluzione francese, il ruolo dell'oratoria politica torna ad essere di primo

piano, dopo secoli di abbandono. A questo, si ricollega l'invenzione dei siège oraux: particolari

strutture, fisse e mobili, atte ad amplificare la voce degli oratori (riflettendole). Queste strutture

sono significative perché esaltano il concetto illuministico dell'applicazione della scienza in vista

del perfezionamento dell'attività umana, ma soprattutto perché intrinsecamente veicolano l'idea che

l'oratoria di genere politico sia talmente importante da meritare una razionalizzazione. Nell'ancien

régime, infatti, l'oratoria politica non aveva alcuna ragione di essere, perché era il sovrano con il suo

entourage a prendere ogni decisione nell'ambito della vita pubblica.

La crisi rivoluzionaria modifica però la situazione di potere, aprendo la politica alla massa ed istituendo un

organo collegiale dotato di potere. In questa situazione, l'uso orale del linguaggio di fronte ad un uditorio

diventa una risorsa fondamentale per il raggiungimento del potere: da un lato, infatti, l'azione della folla deve

essere suscitata attraverso gli appelli che le élites fanno alle masse, nonché attraverso l'agitazione come

forma di discorso; dall'altro, è proprio attraverso la discussione che l'assemblea, votando, giunge alle sue

decisioni. La Rivoluzione francese determina così le condizioni favorevoli al fiorire dell'oratoria politica,

che diventa un'attività pubblica e vitale.

Sull’oratoria rivoluzionaria si sono versati fiumi d’inchiostro. Ci sono due tradizioni di pensiero sulla

Rivoluzione francese; una è incentrata su quello che Starobinski ha definito il “mito oratorio”, ossia una

concezione che glorifica l’eloquenza francese del periodo. Poi, opposta, vi è una sorta di “retorica

dell’antiretorica”, che usa tutti i mezzi dell’eloquenza per svalorizzare il linguaggio rivoluzionario definito in

termini di fanatismo e demagogia.

L'analisi oggettiva dell'oratoria politica nel decennio rivoluzionario ha portato a fissarne alcune

caratteristiche fondamentali:

- la discussione in assemblea é importante, poiché il voto dei deputati non dipende da vincoli particolari,

ma dalle loro opinioni personali, che possono mutare in seguito alle discussioni

- i discorsi sono scritti in anticipo e risultano in parte slegati dal dibattito

- i discorsi risentono del pensiero politico dottrinale e sono spesso incentrati su questioni di principio

- le sedute dell'assemblea sono pubbliche e la presenza del vociferare della folla fa spesso propendere gli

oratori per argomenti suscettibili di acclamazione

- i discorsi sono scritti in conformità ai moduli dell'oratoria classica

- le fazioni si contendono simbolicamente il diritto di essere vere depositarie della volontà popolare

- lo stile è enfatico e magniloquento, incentrato su schemi astratti da imporre alla realtà e simboli di

identificazione emotiva

La storiografia, inoltre, tramanda come le aule dell'assemblea avessero una pessima acustica; questo fattore

risulta determinante per la fama oratoria dei deputati: coloro che sono dotati di una voce potente e

chiaramente udibile sono enormemente avvantaggiati, tanto da costringere quelli svantaggiati a ricorrere a

dei declamatori. In conclusione, va detto che è probabule che quei progetti siano rimasti sulla carta, questo

alla luce di alcune considerazioni tecniche. Per esempio: l’attore ode l’eco della propria voce, e ne è

disturbato, ed è inoltre obbligato a rimanere immobile perché il minimo spostamento della bocca dal fuoco

del riflettore causa la diminuzione del volume del suono riflesso.

Nel regime parlamentare il capo del governo, in occasione della formazione di un nuovo esecutivo,

proferisce un discorso innanzi alle camere. Enuncia il programma e richiede o presuppone la fiducia

del parlamento. Il discorso del governo è anche un mezzo per ottenere conoscenza di certi

andamenti dell’istituzione che, riflessi nel linguaggio, il linguaggio rivela.

FORMAZIONE DEI GOVERNI

Italia: la costituzione pone due regole sostanziali:

- il presidente della repubblica nomina il presidente del consiglio e i ministri

- il governo deve ottenere la fiducia delle camere

Prima della nomina il capo dello stato inizia le consultazioni coi rappresentanti dei partiti. Poi

conferisce l’incarico a una personalità politica, che dà il via a piccole consultazioni. Quindi c’è la

nomina del presidente del consiglio e dei ministro, che prestano giuramento. A seguire ecco il

discorso alle camere e il voto di fiducia.

Germania Federale: il capo dello stato, dopo aver consultato i leader dei partiti rappresentati alla

camera propone un candidato cancelliere. Quindi si vota a maggioranza, senza dibattito. Il neoeletto

viene n

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Publisher
A.A. 2008-2009
18 pagine
9 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Emanuel6985 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Comunicazione politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pavia o del prof Chiapponi Flavio.