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Le ammine negli alimenti
Le più abbondanti negli alimenti sono istamina, che deriva dall'istidina, tirammina che deriva dalla tirosina, putrescina che deriva dall'ornitina e cadeverina che deriva dalla lisina. Il gruppo alfa-carbossilico viene rimosso dall'amminoacido e per questo si deve avere una amminoacido-decarbossilasi e si devono avere condizioni favorevoli all'attività. I fattori che influenzano l'attività sono pH, concentrazione di zucchero e fonte di carbonio e temperatura. I geni che sono coinvolti e codificano per queste dacarbossilasi possono trovarsi su elementi genetici mobili e quindi possono essere ceduti da un microrganismo produttore a un non produttore con un trasferimento genico orizzontale. Il problema delle ammine è di causare mal di testa, diarrea e possono anche determinare lo shock anafilattico. Proprio per il fatto che non ci sono in tutti i microrganismi, anche in questo caso è fondamentale la selezione a livello di ceppo per
Una coltura microbica non produttrice. Le fasi di un processo che possono influenzare la produzione di ammine biogene sono: la proteolisi può indurre l'attività delle decarbossilasi perché aumenta la disponibilità di amminoacidi liberi e inoltre il pH acido induce l'attività delle decarbossilasi che hanno un optimum intorno a 5 e si hanno due tipi di induzione a livello trascrizionale, quindi si ha una maggiore trascrizione degli enzimi, e anche una maggiore attività. Le basse temperature prevengono l'attività e anche l'aggiunta di NaCl, quindi spesso si ha un processo di salatura per prevenire la produzione di ammine biogene. Affinché avvenga la sintesi di un' ammina biogena è necessaria la decarbossilasi e un sistema di trasporto dell'amminoacido perché l'attività è intracellulare e poi l'ammina prodotta viene secreta. Ci sono anche enzimi ammino-ossidasi.
Le ammine biogene sono catalizzatori che causano la deamminazione ossidativa delle ammine biogene con la produzione di ammoniaca, perossidodi idrogeno e la corrispettiva aldeide dell'amminoacido. Si cercano consorzi dove si hanno starter produttori di ammina biogena ma che vengono inoculati con un microrganismo che ossida l'ammina biogena; quelli in grado sono Stafilococcus, L. plantarum e Pediococccus acidilattici. Si producono ammine biogene perché è un'attività indotta a pH acidi e si ha il consumo di H+ in modo da aumentare la resistenza a pH acido a livello intracellulare. Per sapere se un microrganismo è produttore si fanno prove fenotipiche ma anche con l'analisi del genoma si possono cercare le decarbossilasi perché sono geni molto conservati. Altri composti tossici sono le micotossine, in particolare quelle prodotte da muffe; queste micotossine sono dei metaboliti secondari, quindi non sono essenziali e non sono necessari per la propagazione e la vita del fungo.
Alcune micotossine sono indesiderate negli alimenti come le aflatossine ma altri metaboliti sono desiderati per la produzione di antibiotici. Il ruolo delle micotossine è di conferire un vantaggio ecologico alla muffa produttrice perché consente di essere più competitiva nei confronti di microrganismi che sono più rapidi a dividersi e riprodursi. P. roqueforti ha un gene che codifica per la tossina ed è il sistema genetico più semplice rispetto ad altre micotossine; il gene Ari 1 viene impiegato come target per la quantificazione di P. roqueforti nello sviluppo in formaggi. La produzione di micotossine dà un vantaggio ecologico e questo giustifica il fatto che le muffe hanno cluster genici complessi. Ciò che modula la produzione nel formaggio è dato da fattori biotici e abiotici: tra quelli biotici si ha la capacità intrinseca del ceppo che deve avere ciò che serve per la sintesi, lo stato fisiologico ma anche ilcontatto con altri microrganismi che si trovano nella stessa matrice; tra i fattori abiotici invece ci sono la temperatura, l'umidità, il tempo di maturazione in quanto la composizione del formaggio cambia, ovvero cambiano le caratteristiche chimico-fisiche tra cui la concentrazione di carbonio, di azoto e il rapporto C/N. Quando il C/N è alto viene indotta la sintesi di polidrossibutirrato. Vengono prodotte quando si sente di più la competizione (quorum sensis).
I fattori di virulenza sono un altro tratto indesiderato e non devono essere presenti nelle colture microbiche e quindi è previsto uno specifico risk assessment a livello di ceppo. Gli enterococchi sono una coltura microbica importante, è un genere che include molte specie e a volte possono essere patogene per l'uomo; non si trovano nella lista QPS e nell'inventario IDF sono presenti 3 specie: fecalis, fecium e durans. È un genere controverso che può essere
considerato patogeno opportunista, starter nei formaggi di malga e probiotico. Sono dei gram-positivi, sono cocchi singoli che non formano spore e sono catalasi e ossidasinegativi, anaerobi facoltativi, ossigeno tolleranti. Sono dei batteri lattici e il genere Enterococcus comprende 37 specie dove le più importanti sono fecalis e fecium. Da un punto di vista biochimico e fisiologico sono mesofili tra 10 e 45°C con un optimum a 30°C e hanno elevata tolleranza nei confronti del pH in quanto crescono in un ampio range da 4,4 a 9,6 e anche in presenza di elevate concentrazioni di sale fino al 6,5%. Prima che fossero chiamati enterococchi si trovavano all'interno del genere Streptococcus ma si differenziano da questi perché possono crescere in presenza di Sali di bile ed idrolizzano l'esculina. Si trovano nel suolo, piante, sono commensali del microbiota intestinale dell'uomo e animale, in particolare fecalis dell'uomo e fecium di animali. Negli alimenti,sono usati in diversi prodotti fermentati perché sono un genere che ha una spiccata attività proteolitica, lipolitica e hanno il metabolismo del citrato che è correlato con la produzione di acetoino e diacetile, quindi per la produzione di aromi. Si ha anche la produzione di bacteriocin; le più caratterizzate sono la cito-lisina di E. fecalis e l'enterocina ciclica AS-48 di E. fecalis. Lo spettro di azione sono sempre i gram-positivi tra cui Listeria monocytogenes, Bacillus cereus e stafilococchi e hanno come target primario la membrana dove formano dei pori annullando il potenziale di membrana, il gradiente di pH. Sono spesso isolati in ospedale, a livello lisosomiale e spesso vengono associati a endocarditi, infezioni delle vie urinarie in soggetti immunodepressi e circa l'80% degli isolati di un'infezione è E. fecalis; i tratti che sono implicati nella patogenicità sono la presenza di alcuni fattori di virulenza e la presenza diGeni correlati all'antibiotico-resistenza, in particolare alla vancomicina. I fattori di virulenza sono le molecole implicate nella capacità del microrganismo di dare infezione e tra questi si hanno sostanze di aggregazione, ovvero proteine di superficie per l'aggregazione e l'adesione del microrganismo alle cellule epiteliali per favorire lo stato infiammatorio; poi si hanno gelatinasi che sono endopeptidasi extracellulari in grado di idrolizzare substrati come collagene ed emoglobina danneggiando il tessuto dell'ospite favorendo la traslocazione delle cellule batteriche e una maggiore diffusione dell'infezione. Poi si hanno anche pili che sono un tratto negativo in quanto favoriscono l'infezione. Di tutti questi fattori, si trovano in una parte del genoma detta isole di patogenicità, ovvero regioni molto grandi di circa 150 mila bp cromosomali ricche di sequenze di inserzione che sono degli elementi genetici mobili che possono spostarsi nel genoma.
virulenza. Inoltre, gli enterococchi possono causare infezioni nosocomiali, come infezioni del tratto urinario e infezioni del sangue, soprattutto in pazienti immunocompromessi. Pertanto, è importante monitorare e controllare la diffusione degli enterococchi resistenti agli antibiotici negli ospedali e nelle strutture sanitarie.La virulenza. L'antibiotico resistenza è un altro tratto indesiderato delle colture microbiche; gli antibiotici sono un'arma molto importante che hanno indotto un miglioramento della qualità della vita. L'abuso e il non corretto uso hanno portato all'antibiotico resistenza che è un problema pubblico diffuso in tutto il mondo. Gli alimenti possono diventare un vettore per il trasferimento dell'antibiotico-resistenza e quindi bisogna selezionare colture che non hanno questo tipo di problematica. La resistenza agli antimicrobici è la capacità di un microrganismo di resistere all'attività battericida o batteriostatica oltre la normale suscettibilità dei ceppi appartenenti a una determinata specie. Un batteriostatico va a inibire la duplicazione del microrganismo, impedisce la replicazione e quindi la crescita, mentre un battericida determina la morte della cellula. La sensibilità varia da specie a specie e da
genere a genere. Gli antimicrobici sono molecole che hanno attività battericida o batteriostatica e si dividono in antibiotici e biocidi; gli antibiotici vengono usati per trattare infezioni batteriche nell'uomo e nell'animale, mentre i biocidi vengono impiegati per la disinfezione degli ambienti ma non solo. Un microrganismo può acquisire la resistenza a un antimicrobico a cui prima era sensibile e quindi l'antimicrobico non inibisce/uccide le cellule alle stesse concentrazioni. Si può avere una resistenza microbiologica che è una ridotta suscettibilità di un isolato/alcuni isolati di una determinata specie a un antimicrobico e la concentrazione normale non è in grado di inibire; si determina in vitro. Si ha poi la resistenza in vivo clinica che si ha quando in caso di infezione del microrganismo non può essere curata. Ci sono due pathway biologici coinvolti nell'evoluzione dell'antibiotico resistenza: puòessere mediata dal fenotipo presente in una popolazione batterica naturale perché durante il processo evolutivo ci sono errori genetici a carico di geni cromosomali o plasmidici che quindi subiscono mutazioni, anche puntiformi, e dove la mutazione avviene a carico di un gene particolare, può portare all'insorgenza dell'