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Estratto del documento

LE PAROLE CHE SIGNIFICANO SEGNI.

7. Segni che significano anche se stessi: ‘segno’, ‘parola’, ‘nome’.

Quindi ci sono tre casi: cose che sono segni che possono essere mostrati con dei segni / cose che

non sono segni, che si possono mostrare facendole, se si possono fare / o si possono indicare con

segni.

8. Nome.

Quando la parola è scritta si ha un segno per la vista, tramite il quale viene in mente ciò che

riguarda l’udito. Le parole scritte sono segni dei segni che proferiamo con la voce.

Es. il termine ‘nome’ è un segno che indica altri segni, come Romolo, Roma, fiume, virtù, i quali a

loro volta sono segni di cose.

9. Parola e nome.

Tutti i segni proferiti mediante la voce articolata e con significato sono parole, quindi anche ‘nome’

è una parola, quindi ‘parola’ è segno di ‘nome’; ma che differenza c’è tra ‘nome’ (segno del segno

di qualcosa che non significa altri segni) e ‘parola’ (segno del segno di qualcosa che significa altri

segni)? La differenza è che tutti i nomi sono parola, ma non tutte le parole sono nomi ! (così come

per cavallo e animale: tutti i cavalli sono animali, ma non tutti gli animali sono cavalli)

Così come ogni parola è un segno, ma non tutti i segni sono parole, poiché esistono anche segni non

verbali ! → Segni che si significano a vicenda ma con valore non equivalente.

10. Segni che indicano altri segni e se stessi.

Quando diciamo ‘ segno’, la parola non significa solo tutti gli altri segni ma anche se stessa, perché

è una parola e le parole sono segni.

La stessa cosa per ‘parola’: ‘parola’ significa tutto ciò che è pronunciato mediante la voce articolata

con un significato e anche ‘parola’ lo è.

Anche ‘nome’: ‘nome’ significa nomi di tutti i generi e ‘nomen’ è un nome neutro.

Diversamente per ‘congiunzione’ poiché non è una congiunzione ma un nome.

11. Segni che si significano a vicenda con valore equivalente: ‘nome’ e ‘parola’.

Cerca di dimostrare ad Ad. che tutte le parole sono nomi.

12.

Tutto ciò che esce dalla bocca mediante la voce articolata e con un significato colpisce l’udito, per

essere percepito, ed è trasmesso alla memoria, per poter essere conosciuto. Quindi le parole (verba)

prendono il proprio nome dal colpire (verberando) e i nomi (nomina) dal conoscere (noscendo) così

da derivare il modo di essere denominati l’uno dall’udito, l’altro dall’animo.

13.

Il Pronome sostituisce il nome, significa la stessa come ma con minor pienezza.

Ag. chiede ad Ad. di elencare delle congiunzioni, e poi dice: ‘tutte queste (pronome!) non ti

sembrano essere nomi?’ → Avendo detto ‘Tutte queste’ in riferimento alle congiunzioni ha usato un

pronome, il quale può sostituire solo un nome ! In questo modo Ag. sostantivizza le parole affinchè

possano essere dei nomi, e quindi confonde il LO ed il ML !

14.

Linguaggio Oggetto → Linguaggio usato normalmente (1° livello)

Metalinguaggio → Linguaggio che parla del linguaggio (2° livello)

‘Est in illo erat’: non vuol dire che il Cristo erano presenti le tre lettere da cui è formato est ma,

piuttosto, ciò che da quelle tre lettere è significato. Quindi equivarrebbe a dire ‘Si chiama si ciò che

c’era in lui’. Ma dire ‘si chiama si’ e ‘si denomina si’ è la stessa cosa ed è il nome ciò con cui si

denominano le cose ! → Quindi siamo portati ad ammettere, pur in modo forzato come ammette lo

stesso Ad., che est è un nome (perché ciò che era presente in Cristo si denomina est) anche se era un

verbo.

Ag. cerca di allargare semanticamente il nome, identificandolo come ciò che può denominare

qualcosa: in questo modo est diventa un nome perché denomina qualcosa che c’è in Cristo anche se

è un verbo.

Tutte le parole, così, anche i non nomi grammaticalmente possono assumere valore di significato

paragonabile a quello del nome (denominare qualcosa): secondo il LO est è un verbo / secondo il

ML est è un nome!

(Allarga il valore di nome e gioca tra il LO ed il ML: nel ML tutti i termini possono essere usati per

denominare qualcosa ma comunque non è vero che ogni parola è un nome!)

15.

Ag. capovolge la tesi dei capitoli precedenti ‘Le parti del discorso sono chiamate nomi perché

possono denominare’, dicendo invece ‘Tutte le parti del discorso se sono chiamate si denominano e

se si denominano, si denominano sicuramente con un nome!’ (Come denominano i Greci ciò che

noi denominiamo ‘chi’? etc. Il ‘chi’ o il ‘tis’ greco sarebbero dei nomi per quella parte di discorso.

Usa dei sinonimi, motivo per cui poco prima aveva lui stesso sgridato Ad).

16.

Nelle Tusculanae Disputationes Cicerone dice che un enunciato è composto da nome e verbo, come

nell’esempio ‘l’uomo corre’, in cui uomo è il nome e corre è il verbo. Ma se al posto del soggetto

uomo dicessimo ‘il ‘se’ piace’ ed ‘il ‘poiché’ dispiace’, le due congiunzioni ‘se’ e ‘poiché’

diventerebbero dei nomi ! → Anche qui Ag. fa confusione con LO e ML: nel primo esempio

‘l’uomo corre’ si parla in maniera normale con un LO; nel secondo caso si parla sul linguaggio,

perché si parla a proposito di due congiunzioni ‘ il se piace’ e quindi si usa il ML !

17. Segni che si significano a vicenda con il medesimo valore e con una differenza solo nel

suono. (≠ valore equivalente, cap. 7)

18.

Nome significa se stesso insieme alle altre cose che significa, perché è una parte del discorso che

indica tutte le altre parti, avendo dimostrato che sono nomi, ed inoltre è un nome esso stesso.

Nome e ονομα significano la stessa identica cosa e si differenziano solamente nel suono ! → Segni

che significano se stessi, sono significati a vicenda l’uno dall’altro e si differenziano tra loro solo

per il suono !

RIEPILOGO.

19. Riassunto della discussione ed esposizione dei risultati raggiunti.

Riassunto (da scrivere) cap. 1-6

20.

Riassunti (da scrivere) cap. 7-18.

21. Scopo ed utilità della discussione.

Nascondiglio segreto: la conoscenza delle arti liberali alberga nelle profondità dell’animo.

La lunga e difficile discussione che si è condotta fino ad adesso, pur apparendo un gioco infantile

non lo è. E’ un allenamento, una preparazione per un sapere più alto, quello della vita felice.

Ag. chiede ad Ad. di perdonarlo per essere partito dai segni e non dalle cose stesse.

Riferimento alla vita felice: indica il passaggio ad un livello successivo. Ogni dialogo termina con il

tema della vita felice.

(L’istruzione alle arti liberali, se condotta con moderazione e sobrietà, rende più pronti nei confronti

della verità. Ma l’introduzione metodologica alle arti liberali da sola non basta: per giungere alla

verità bisogna rivolgersi al trascendentale. La verità non basta cercarla, deve manifestarsi da se !

(cap. 32-46))

Svolta significativa: dal cap. 22 decide di rivolgersi non più ai segni ma alle cose !

LE PAROLE CHE SIGNIFICANO ‘SIGNIFICABILI’, OSSIA COSE DIVERSE DAI SEGNI.

22. L’attenzione si porta normalmente alle cose significate, non ai segni.

Ag. chiede se l’uomo è l’uomo. Ad. non comprende il significato di tale domanda e Ag. chiede se

Ad. è le due sillabe uo e mo unite, ovviamente no e quindi non sarebbe uomo. Ma Ag. con ‘uomo’

si riferisce al termine oppure a ciò che il termine significa? Ad. allora risponde in tutti e due i sensi:

L’uomo è uomo poiché le due sillabe non sono altro che queste due sillabe, e ciò che significano

non è altro che ciò che è.

Non si può conversare se, una volta udite le parole, la mente non si porta a ciò di cui esse sono

segni.

23.

Dalle due sillabe uo e mo deriva uomo? No perché dato un segno si fa attenzione a ciò che è

significato. Ma le due sillabe pronunciate separatamente, poiché risuonano senza nessun significato,

valgono soltanto per il suono.

Es. di un tale che aveva chiesto se le cose di cui si parla escono dalla nostra bocca ottenendo una

risposta affermativa: una volta riuscito a far dire all’interlocutore la parola leone, lo prese in giro

perché, secondo la risposta di prima, dalla sua bocca era uscito un leone.

Ad. risponde che: noi esprimiamo con dei segni le cose di cui parliamo. Dalla bocca di chi parla non

esce la cosa che è significata, ma il segno con cui è significata, a meno che siano significati dei

segni stessi.

24.

Uomo è nome? O animale? E’ nome dal punto di vista del segno, è animale dal punto di vista della

cosa che significa.

Se viene chiesto se uomo è nome si deve rispondere di si perché è chiaro che lo si chiede dal punto

di vista del segno. Se viene chiesto se è animale, lo stesso. Se invece viene chiesto semplicemente

che cosa è l’uomo la mente corre a ciò che è significato da quelle sillabe, e si direbbe che è un

animale.

Una volta uditi i segni l’attenzione si porta alle cose che sono significate !

25. La conoscenza delle cose significate vale più dei segni.

Si devono stimare di più le cose significate che i segni? No, perché quando diciamo la parola

‘melma’ (coenum) il nome è molto più nobile della cosa che significa. Ma il linguaggio serve per

insegnare o ricordare ed è per questo che si sono attribuiti dei nomi alle cose, quindi la conoscenza

delle cose ottenuta dai segni è di maggior valore rispetto al segno, ma non la cosa stessa ! Proprio

perché il segno è in funzione della conoscenza, e tutto ciò che è in funzione di qualcos’altro è

inferiore (Il fine, insegnare o ricordare, vale più del mezzo, il segno. La dictio è più importante della

immaterialità, il segno).

26.

Es. Si mangia per vivere, non si vive per mangiare!

Quindi le parole sono da considerarsi inferiori a ciò per cui le usiamo, poiché lo stesso uso della

parole è già da preferire alle parole stesse: le parole esistono affinché le usiamo e noi le usiamo

proprio per insegnare. Quanto è migliore insegnare rispetto a parlare, tanto il linguaggio è mig

Dettagli
A.A. 2011-2012
22 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher DellaFilosofia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Classico della filosofia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Corbini Amos.