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Le grandezze lineari. Dal corso di fisica si dovrebbe già conoscere il metro e il millimetro; al di
sotto del millimetro, le scale vanno di mille in mille, le microscale. In istologia è molto importante il
millesimo di millimetro, il micrometro il cui simbolo è µm (mi greca), chiamato “volgarmente”
micron. Le cellule normalmente misurano intorno ai 10 micron, e si possono vedere al microscopio
ottico, che riesce a distinguere oggetti tanto piccoli quanto 0,2 micron. Questa è la misura più
piccola che il microscopio ottico può distinguere. Questo si chiama potere di risoluzione. Oggetti
vicini, più piccoli di 0,2 µm il microscopio non li distingue, li vede come un unico punto. Ad occhio
nudo, la misura più piccola che si riesce a distinguere è di circa di un decimo di millimetro (poi
dipende da persona a persona). Quindi il microscopio ottimo, da un decimo di mm a due decimi di
µm, è 500 volte più potente dell’occhio umano, cioè può risolvere oggetti 500 volte più piccoli di
quelli che vede l’occhio. Esistono due tipi di microscopio elettronico, invece, uno a scansione e
uno a trasmissione, che comunque hanno circa lo stesso rapporto: sono 500 volte più potenti del
microscopio ottico. Quindi con il microscopio elettronico si possono vedere oggetti dell’ordine di
nanometri (nm) , il millesimo del micron. Certi microscopi elettronici possono andare nell’ordine
teorico al di sotto del nanometro.
Un aspetto importante che chi si affaccia a questa disciplina spesso non avverte è che il
microscopio elettronico ha un potere di risoluzione enorme, mentre il microscopio ottico minore;
ma svolgono due ruoli ben diversi. Ed esempio, il riconoscimento di un tessuto non potrà mai
essere fatto con il microscopio elettronico perché riesce a distinguere oggetti molto piccoli
(dell’ordine di nm), però ha un campo visivo che è al massimo una o poche cellule
contemporaneamente, quindi non ci si può rendere conto di quale tessuto è nella sua complessità.
Quello che il microscopio elettronico vede è una porzione molto piccola, di pochi micron, quindi
non può essere usato per certe cose. Il microscopio ottico, che ha, invece, una risoluzione molto
minore, ha, però, un campo visivo molto grande. L’informazione quindi non viene soltanto dal
potere di risoluzione, ma anche dal contesto. Noi ci possiamo rendere conto delle diverse parti di
un tessuto, ed esempio distinguere le diverse parti dell’osso (midollo, periostio) solo al microscopio
ottico, perché muovendo il vetrino ci spostiamo già di millimetri. Con il microscopio elettronico,
invece, ci possiamo spostare di mezzo micron alla volta, tramite i giri di una rotellina. Tral’altro i
preparati per il microscopio elettronico sono frammenti di un millimetro quadrato, quindi sono molto
piccoli, quindi non consentono al preparato stesso di avere quella grandezza tipica del tessuto.
Lo studio della citologia, dell’istologia, della microscopia in genere, si fa su sezioni. Le sezioni sono
necessarie perché la luce (al microscopio ottico) o gli elettroni (al microscopio elettronico) devono
attraversare il preparato, che deve essere molto sottile. Non solo perché deve essere attraversato,
ma anche perché se fosse grosso noi potremmo anche sparare un fascio di luce capace di
attraversare un tessuto spesso, ma ne uscirebbe un ‘immagine estremamente confusa. Quindi la
sezione è necessaria sia per facilitare il passaggio della luce (o degli elettroni) sia per vedere
nitidamente gli oggetti (se la sezione è grossa gli oggetti si sovrappongono e ne viene fuori
un’immagine molto confusa).
Prima di fare la sezione bisogna stabilizzare il tessuto. In termini tecnici la stabilizzazione si
chiama fissazione. La fissazione è il primo passaggio obbligato. La fissazione rende il tessuto
stabile anche per mesi e anni, quindi le sostanze organiche non sono soggette a quei processi di
deterioramento spontaneo. La fissazione deve essere sempre un compromesso, perché comporta
sempre un’alterazione delle strutture, però è un compromesso necessario, quindi bisogna
scegliere un processo di fissazione che abbia il minimo artefatto. Per l’istologia il fissativo più
utilizzato è la formalina al 4% tamponata. Per certi scopi particolari, si possono utilizzare altri tipi di
fissativi, ed esempio per lo striscio di sangue non si una sa la formalina ma l’alcol etilico. Dopo la
fissazione il tessuto deve essere incluso, per essere sezionato. Incluso vuol dire inglobato
all’interno di una sostanza che poi solidifica e la sostanza è la paraffina. La paraffina si scalda,
diventa liquida (ad una temperatura che non sia eccessiva senno il tessuto rischia la cottura). Ci
sono paraffine che fondono a temperature relativamente basse. Quando solidifica (il tessuto si
presenterà come una macchia all’interno della paraffina) si può sezionare. Esiste una macchina,
molto simili alle affettatrici di salumeria, chiamata microtòmo. Le fette usate per i preparati istologici
dono dell’ordine di 7 micron. Per fare sezioni più piccole (fino ad un micron) è necessario utilizzare
un altro mezzo di inclusione. Dopo aver fatto la sezione, il preparato va colorato. Prima bisogna
togliere la paraffina, e la sezione viene colorata. La colorazione è necessaria perché la sezione di
pochi micron di tessuto, è completamente trasparente, diafana, al microscopio non di vedrebbe
niente. Quindi bisogna evidenziarne i componenti. I coloranti più utilizzati sono due soluzioni
acquose, l’eosina e l’ematossilina. L’eosina colora prevalentemente i gruppi basici, mentre
l’ematossilina colora i gruppi acidi. Nella cellula,tutti gli acidi nucleici, quindi il nucleo e i ribosomi
(se sono molto abbondanti) vengono colorati dall’ematossilina, invece le proteine, che in genere
hanno, prevalenza di gruppi –NH2 sono colorati dell’eosina. Si vedranno nella cellula delle
sfumature viola e delle sfumature rosa che ci consentono di distinguere nuclei, citoplasma e
consentono di vederli abbastanza bene. [fa vedere un’immagine che mostra delle cellule colorate
con la sola ematossilina, in cui si vedono molto bene i nuclei; una in cui le cellule sono colorate
solo con l’eosina; e infine un gruppo di cellule con entrambi i coloranti (sono immagini di cellule
diverse, comunque)]. Quando due coloranti sono assieme di può distinguere il citoplasma in rosa
e i nuclei in viola scuro. Oltre ai nuclei si vedono delle zone violette che indicano le zone di
citoplasma in cui sono presenti molti ribosomi. Tutto ciò si è scoperto solo negli anni ’50, quando si
è potuto vedere che queste zone contenevano i ribosomi, sconosciuti prima dell’utilizzo del
microscopio elettronico. Questo tipo di colorazione è la più usata in tutto il mondo, anche se non è
molto specifica, perché potrebbero esserci nella cellula sostanza di natura acida che non sono
necessariamente ribosomi. Ma va bene per la maggior parte dei casi. Quando ci sono necessità
diverse, si usano altre tecniche che si chiamano tecniche istochimiche in cui si possono mettere in
evidenza dei lipidi, o proteine o degli zuccheri (una qualsiasi molecola in particolare). Ogni
molecola è una colorazione istochimica propria. Da circa trent’anni è stata sviluppata una tecnica
ancora più specifica, che è l’immunofluorescenza (o immunoistochimica). Con questa tecnica si
usano degli anti-corpi, altamente specifici, appositamente creati contro la sostanza da mettere in
evidenza. Prima, però, bisogna legare all’anticorpo un rivelatore, una sostanza fluorescente
oppure una sostanza colorata. Questo è un metodo che non ha limiti alla sua applicabilità ed è
altamente specifico. Il microscopio a fluorescenza ha solitamente un fondo scuro, perché la luce
colpisce il preparato e viene riflessa,e un filtro taglia la lunghezza d’onda della luce che illumina il
preparato. Ciò fa in modo che solo i corpi con attaccati una sostanza fluorescente possano essere
visti, perché la sostanza fluorescente emette una luce con lunghezza d’onda maggiore (ad
esempio, illuminando di blu emetterà una luce gialla o arancione, o verde o rossa; illuminata con
luce gialla potrà emettere una luce rossa, più lunga). In questo modo si può anche battere il limite
di risoluzione del microscopio, perché permette di vedere oggetti più piccoli, perché legati ad una
grandissima quantità di anticorpi che emanano una luce fluorescente che consente di vederli
comunque. Non si vede l’oggetto reale, ma vediamo qualcosa che segue l’oggetto che lo decora.
In questo modo si possono vedere oggetti come i microtubuli o le vescicole che hanno il diametro
di poche decine di nanometri. Un ‘altra cosa interessante delle tecniche di sezione è la possibilità
di giocare con le sezioni. [qui ci sono dei continui riferimenti ad un immagine di un arancia
sezionata in diversi punti che mostra come ad una sezione diversa corrisponda un tipo di
immagine visibile al microscopio diversa]. Si possono avere solo sezioni periferiche, o che
comprendono tutte le parti del tessuto. In istologia si indica con stroma l’architettura portante
dell’organo, con capsula la parete delimitante e con parenchima la “polpa” dell’organo, formato
dalle cellule specifiche dell’organo. Ad esempio il fegato ha un capsula praticamente inesistente,
uno stroma sottilissimo e una grandissima quantità di parenchima, al contrario la milza ha una
capsula molto spessa, uno stroma molto imponente fibroso e il parenchima specifico della milza. Il
tutti gli organi quindi hanno una componente strutturale non specifica, diversa con architetture
differenti a cui si da il nome di stroma e una componente specifica che adempie le funzioni che si
chiama parenchima. Le sezioni presentano un altro problema. Immaginiamo un salsiccia arrotolata
per il barbecue, tagliandola longitudinalmente, ne facciamo la sezione e troviamo tanti oggetti
circolari. Molto spesso nelle sezioni troviamo molti oggetti circolari, che sembrano separati ma in
realtà sono sezioni di un oggetto tubulare, ad esempio, continuo, di un lungo filamento avvolto su
se stesso (ad esempio alcuni organelli come i mitocondri o gli endosomi precoci, possono
sembrare piccoli organelli sferici ma in realtà sono parti di una struttura più grande). Per la
microscopia elettronica i concetti solo gli stessi, c’è una fissazione, un’inclusione (fatta in una
resina), sezione e colorazione. Il microscopio elettronico non utilizza però il fascio di luce, ma un
fascio di elettroni, quindi non esistono i colori al microscopio elettronico (quelli che s