vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
PARODONTOPATIE
I tessuti parodontali presentano, in condizioni normali, determinate
caratteristiche morfologiche che vengono considerate come indice di uno stato
di salute: ogni alterazione che allontani i tessuti dalla normalità, oltre a quelle
provocate da un invecchiamento fisiologico, può essere considerata segno di
patologia.
Quando si visita un paziente è fondamentale prendere in considerazione la
gengiva, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, la posizione dei
denti ed i lloro rapporto in occlusione, se sono presenti dei danni iatrogeni da
correggere. Inoltre, deve essere eseguito un esame radiografico quale l’OPT o,
ancora meglio, uno status endorale per valutare la struttura dell’osso alveolare.
È pure di fondamentale importanza il sondaggio parodontale, cioè la
valutazione della perdita di attacco, effettuato tramite una sonda graduata.
Per quanto riguarda la gengiva bisogna considerare il biotipo gengivale, che
può essere di due tipi: sottile e festonato (che ha la tendenza a formare
recessioni gengivali) oppure spesso ed uniforme (maggiormente predisposto
alla formazione di tasche infraossee).
La gengiva, quando si verifica uno stato infiammatorio, può variare in:
Colore: in condizioni di salute, la gengiva ha un colorito rosa corallo;
con l’infiammazione aumenta la vasodilatazione capillare e la maggior
vascolarizzazione provoca, anche attraverso un’aumentata
desquamazione, l’assottigliamento dell’epitelio; traspare, quindi, un
colorito più rosso e sono più facili i fenomeni emorragici sia provocati
(es. spazzolamento, sondaggio) che spontanei
Consistenza: può diminuire e rendere il tessuto simil-spugnoso, più
comprimibile (per es. al sondaggio) e friabile, oppure aumentare fino
ad una consistenza fibrosa
Architettura: ha un aspetto tipicamente festonato che segue
l’andamento ondulato della linea amelo-cementizia dei denti, con
picchi in cui si ergono le papille interprossimali alternati ad
avvallamenti nei settori vestibolari e linguo-palatali; la gengiva può
aumentare di volume ed andare incontro ad ipertrofie con formazione
di pseudo tasche oppure retrarsi e creare delle recessioni
Tessitura: la presenza di edema fa scomparire quell’aspetto
caratteristico di punteggiatura superficiale definito a buccia d’arancia
Le variazioni infiammatorie della gengiva sono dovute prevalentemente al
depositarsi sulla superficie dei denti di uno strato di placca batterica che può,
se non rimosso, calcificare e formare il tartaro.
La placca dentale è un accumulo di cellule batteriche fortemente adese alla
3
superficie dei denti, immerse in una matrice organica: in 1 mm di placca (circa
8
1 mg) ci sono 10 batteri, per oltre 400 specie diverse di microrganismi. È stato
dimostrato che se si accumula placca sui denti, s’instaura una gengivite,
mentre rimuovendola si ottiene la guarigione. Molti sono i batteri endogeni che
sono presenti come saprofiti nel cavo orale senza causare danni o patologie:
tuttavia, se cambiano le condizioni locali, vale a dire se aumenta il loro numero
o la loro virulenza, o se diminuiscono le difese dell’ospite, si possono verificare
delle infezioni opportunistiche.
La placca batterica si può accumulare al di sopra della gengiva o anche al di
sotto del margine gengivale, per cui a seconda della localizzazione si parla di
placca sopra o sottogengivale. Inizialmente, essa tende ad accumularsi nelle
zone dove è minore l’effetto dell’autodetersione o dove vi sono le condizioni
per cui l’igiene orale risulta meno efficace.
15-30 minuti dopo aver deterso la superficie dentaria, i fluidi orali depongono
su di essa la cosiddetta pellicola acquisita, un film contenente glicoproteine
salivari ed anticorpi. Immediatamente dopo, si depositano sulla pellicola anche
dei batteri con un legame che, inizialmente è debole e reversibile, per divenire
poi tenace ed irreversibile.
La placca batterica aumenta di volume per deposito di ulteriori batteri presenti
nel cavo orale e per moltiplicazione e crescita di quelli già aderenti alla pellicola
acquisita.
La placca sopragengivale è formata da acqua (80%) e da una parte solida
costituita a sua volta da batteri (80%) e da una sostanza intercellulare detta
matrice, formata da carboidrati e proteine (70%), lipidi (15%) e altre sostanze
minori. Inoltre, è presente una componente inorganica rappresentata da calcio
e fosforo con piccole quantità di magnesio, sodio e potassio.
La placca sottogengivale, per le caratteristiche ambientali, è rappresentata da
Gram-, mobili, anaerobi. Esiste una componente aderente alla superficie
dentaria ed una non aderente che si spinge apicalmente interagendo con
l’epitelio giunzionale (fronte di placca). La proliferazione dei batteri cambia le
condizioni del film mano a mano che questo viene colonizzato, col gradiente di
ossigeno che diminuisce verso gli strati più profondi. I detriti alimentari sono
una fonte importante di sostanze nutritive per i microrganismi. Negli strati più
profondi però il metabolismo della placca batterica viene assicurato dal sangue
e dai tessuti parodontali: i batteri in queste zone producono enzimi idrolitici che
se rilasciati nell’ambiente extracapsulare provocano danni ai tessuti
parodontali. Vista la complessità della placca, spesso gli agenti antimicrobici
non hanno efficacia per cui bisogna rimuoverla strumentalmente.
Il tartaro è la placca batterica calcificata, e dipende dalla quantità di placca
ma anche dalla secrezione delle ghiandole salivari: pertanto, lo si riscontra
maggiormente dove vi è lo sbocco dei dotti escretori delle ghiandole salivari
maggiori (parotidi, sottomandibolari, sottolinguali). Come per la placca, si
distingue in sopra e sottogengivale.
Il tartaro sopragengivale ha un colorito bianco-giallastro ed una consistenza
gessosa, friabile, e presenta una componente organica (polisaccaridi, proteine,
cellule epiteliali desquamate, leucociti e batteri) ed una inorganica (per la
maggior parte, 75%, fosfato di calcio, ma anche carbonato di calcio e fosfato di
magnesio). Il tartaro maturo è formato principalmente da 4 tipi differenti di
cristalli di calcio che si depositano a strati: idrossiapatite, bruscite, whitelockite
ed octofosfato.
Il tartaro sottogengivale è più tenacemente adeso alla superficie del dente,
presenta un colore bruno-nerastro dovuto alla sua derivazione siero-ematica,
che a volte traspare attraverso il margine gengivale. È localizzabile mediante il
sondaggio o osservabile insufflando aria nel solco gengivale.
I meccanismi di calcificazione della placca iniziano già dopo un paio di ore e
dopo 2 settimane può raggiungere l’80% del materiale inorganico del tartaro
maturo: il tartaro di per sé non causa malattia parodontale, ma è nocivo in
quanto trattiene la placca e può impedire le corrette manovre di igiene orale.
La patogenesi della gengivite e della parodontite è legata prevalentemente
all’infiammazione ed al tipo di risposta immunitaria dell’ospite nei confronti
della placca batterica: la complessità della malattia è dovuta al fatto che vi
sono implicate circa 400 differenti specie batteriche più o meno patogene,
alcune commensali, altre che si virulentano durante l’infezione e altre ancora
che hanno provocato l’inizio dell’infezione ma tornano ad essere innocue. La
malattia parodontale non ha un andamento costante, ma presenta dei periodi
di quiescenza e dei periodi di esacerbazione.
La gengivite è un processo infiammatorio della gengiva propria: si instaura
dopo 10-20 giorni di accumulo di placca batterica. A seconda del grado di
infiammazione può essere acuta, subacuta o cronica. In base alla sua
localizzazione, può essere marginale, papillare o diffusa all’intera gengiva
propria. Inoltre, in base all’estensione, può essere circoscritta ad uno o due
elementi dentari o più denti o generalizzata.
Altri segni da prendere in considerazione sono:
Sanguinamento: può essere provocato (es. spazzolamento, sondaggio)
o o spontaneo e si verifica per la dilatazione dei vasi, per l’aumento
della permeabilità capillare, per la degenerazione dell’epitelio con la
formazione di ulcere ed il conseguente passaggio di essudato
Aumento del fluido crevicolare: in realtà, è il sintomo più precoce di
o gengivite, ma il meno evidente; la quantità di fluido aumenta
proporzionalmente alla gravità dell’infiammazione
Dolore: assente o lieve nelle forme croniche, è più vivo nelle fasi
o acute; particolarmente rilevante è il dolore nella gengivite
ulcero-necrotica, tanto da richiedere talvolta una diagnosi differenziale
con la pulpite
A seconda della progressione della malattia, viene suddivisa in 4 differenti fasi
(le prime due rappresentano uno stadio di gengivite acuta, le ultime due quello
di gengivite cronica):
⇒ Lesione iniziale (0-4 giorni): in seguito alla colonizzazione
batterica, si verifica uno stato infiammatorio di tipo acuto a livello del
solco gengivale; i vasi apicali e laterali all’epitelio giunzionale
presentano una vasculite con alterazioni di parete che permettono la
fuoriuscita di sostanze sieriche ed elementi corpuscolati che si
evidenzia con un aumento del fluido crevicolare; negli spazi
extravasali si viene a raccogliere un essudato infiammatorio dovuto
anche alla liberazione di mediatori chimici dell’infiammazione quali
istamina, chinine, peptidi e prostaglandine: si verifica a questo punto
una notevole migrazione di neutrofili dai tessuti nel solco gengivale
promossa da fattori chemio tattici di origine batterica, che vengono a
porsi a contatto con il fronte della placca arginandone la propagazione
apicale (in condizioni normali, la risposta dell’organismo contiene
l’azione dei microrganismi)
⇒ Lesione precoce (4-21 giorni): continua l’infiltrazione dei tessuti
dovuta alla migrazione di linfociti (70%), macrofagi e plasmacellule; si
verifica una perdita di collagene anche a livello delle fibre circolari e
dentogengivali che sostengono la gengiva marginale; l’epitelio
giunzionale si ulcera e tende a migrare apicalmente; fino a questo
stadio, le lesioni sono totalmente reversibili ma col perdurare di tali
condizioni, l’infiammazione si può cronicizzare
⇒ Lesione stabilizzata: corrisponde ad un’infiammazione cronica ed è
di frequente riscontro; i linfociti B e le plasmacellule si ritrovano non
più confinati nella zona contigua all’attacco epiteliale, ma anche lungo
il decorso dei vasi e tra le fibre collagene; le endotossine batteriche
sono gli attivat