Chimica - struttura atomica e soluzioni
Anteprima
ESTRATTO DOCUMENTO
C I G
HH
II
M
II
CC
AA PP
EE
RR N G
EE
G N
EE
RR
II
AA EE
SS
TT
II
OO
NN
AA
LL
EE
C I G
M N G G N
H
I M
I
C A P
E R N G
E G N
E R I
A E S
T I
O N
A L
E
S - S
TT
RR
UU
TT
TT
UU
RR
AA AA
TT
OO
M
I
C A O LL
U ZZ
II
O N
II
S - S
M
I
C A O U O N
T R U T T U R A A T O M
I
C A O L
U Z I
O N
I
F o r m a z i
o n
e d
i m o l
e c
o l
e (
4 . 6 )
F o r m a z i
o n
e d
i m o l
e c
o l
e (
4 . 6 )
L’energia di legame corrisponde in modulo all’abbassamento di U che avviene quando questo si forma (ed è
opposta all’energia di dissociazione). Nel caso in cui siano presenti n atomi (n≥3), si definisce angolo di
legame, l’angolo che si forma tra due atomi consecutivi. Si trova sperimentalmente che il numero massimo di
legami che un atomo può formare è uguale al numero di orbitali semi-riempiti che l’atomo può generare
durante l’atto di formazione (scopriremo in che senso nel paragrafo 4.7).
Nella formazione di molecole pluri-atomiche, la distribuzione degli atomi sarà quella per la quale si ha il
maggior abbassamento di U. Sperimentalmente si è in grado di determinare quantità come lunghezza,
angolo e energia di legame. Analizziamo degli esempi:
Si consideri la molecola HgCl . Le configurazioni elettroniche esterne rispettive sono: Hg 6s ,
2
1 . 2
1 . Cl 3s 3p 3p 3p . Si trova che la molecola si dispone su un piano con Hg al centro, e i due atomi
2 x2 y2 z1
di Cl all’esterno, formando un angolo piatto tra loro. Infatti, poiché le configurazioni di Cl dei due
atomi di Cl sono identiche, la struttura a minor energia è quella “lineare”, cioè quella sopra descritta,
dato che in questo modo gli elettroni di valenza di Cl risentono della minor repulsione possibile. Ma
com’è possibile che gli elettroni di Hg nell’orbitale 6s e nei tre orbitali 6p formino legame? A questa,
ed a successive domande analoghe, verrà data risposta nel paragrafo 4.7.
Si consideri la molecola BF . Le configurazioni esterne sono: B 2s 2p , F 2s 2p 2p 2p .
2 x1 2 x2 y2 z1
2 . 3
2 . Sperimentalmente si trova che la molecola si dispone su un piano con B al centro, e i tre atomi di F
attorno, formanti angoli di 120° ciascuno con il consecutivo (forma trigonale
piana). Le cause di questa disposizione geometrica sono analoghe al caso
precedente.
Si consideri la molecola CH . Le configurazioni esterne sono: C 2s 2p 2p ,
2 x1 y1
3 . 4
3 . H 1s . Questa molecola presenta una struttura tetraedrica, e si dispone nello
1
spazio come in figura (con angoli di legame uguali, pari a θ=109,5°). Anche
qui sembra apparentemente scorretto che la molecola di carbonio riesca a
creare 4 legami, pur avendo un solo orbitale semi-riempito.
. Il fosforo ha la seguente configurazione
Si consideri la molecola PCl
4 . 5
4 . elettronica esterna: 3s 3p 3p 3p . La forma geometrica della molecola
2 x1 y1 z1
corrisponde ad una bipiramide trigonale, e presenta in un piano α
l’atomo di P, con tre atomi di Cl disposti ciascuno a 120° dall’altro, e
sulla retta passante per l’atomo di P e ortogonale a α, gli altri due
atomi di Cl, rispettivamente uno sopra ed uno sotto (con angoli di
legame di 90° rispetto agli altri atomi di Cl che stanno su α).
Si consideri la molecola SF . La configurazione elettronica esterna dello zolfo è:
5 . 6
5 . 3s 3p 3p 3p . Sembrerebbe, come al solito, che ci siano più legami di quanto
2 x2 y1 z1
consentiti, e che dunque lo zolfo sia in grado di formare 6 legami invece che 2,
dando vita, insieme a 6 atomi di fluoro ad una molecola a forma di bipiramide
quadrangolare (con angoli di legame tutti pari a θ=90°). Anche in questo caso
rimandiamo la spiegazione di questo fatto al paragrafo 4.7. μ
Per ogni molecola si definisce inoltre un momento di dipolo totale , il cui valore è definito dalla somma
TOT μ
di tutti i momenti di dipolo elettrico tra i vari elementi di carica opposta: = ∑μ , dove μ = qd (con q
i i i
TOT
carica elettrica dell’elettrone o di un protone equivalentemente, e d distanza tra le due cariche considerate).
Per tutte le molecole simmetriche (come ad esempio quelle degli esempi 1,2,3,4 e 5), il momento di dipolo
totale è uguale a 0, e lo stesso vale per legami omogenei tra atomi dello stesso tipo.
L ’ i
b
r i
d
a z i
o n
e (
4 . 7 )
L ’ i
b
r i
d
a z i
o n
e (
4 . 7 )
Si trova sperimentalmente che tutti i legami sopradescritti (e tutti gli altri che ne rispecchiano forma e
caratteristiche) hanno pari energia , angolo e lunghezze di legame. Questo porta alla conclusione che tutti gli
orbitali leganti debbano avere la stessa energia. Questo fenomeno è spiegato dall’ibridazione degli orbitali.
Accade infatti che nell’atto di formazione dei legami, alcuni elettroni di orbitali vengono promossi ad
nl,
orbitali di tipo generando nuovi orbitali semi-riempiti. Naturalmente questo richiede una certa
n(l+1), R S – C S
10 II
CC
CC
AA
RR
DD
OO CC
II
M
EE
CC
AA LL
AA
UU
DD
II
OO CC
II
M
EE
CC
AA
R S – C S
M M
I
C C A R D
O C I
M
E C A L
A U D I
O C I M
E C A
C I G
HH
II
M
II
CC
AA PP
EE
RR N G
EE
G N
EE
RR
II
AA EE
SS
TT
II
OO
NN
AA
LL
EE
C I G
M N G G N
H
I M
I
C A P
E R N G
E G N
E R I
A E S
T I
O N
A L
E
S - S
TT
RR
UU
TT
TT
UU
RR
AA AA
TT
OO
M
I
C A O LL
U ZZ
II
O N
II
S - S
M
I
C A O U O N
T R U T T U R A A T O M
I
C A O L
U Z I
O N
I
energia, ma ciò è irrilevante nel momento in cui il livello finale dell’energia potenziale U risulta più basso.
Analizziamo ora gli stessi esempi trattati nel paragrafo 4.6:
Nel caso di HgCl , il mercurio forma due legami. Infatti al momento della formazione del legame, la
1 . 2
1 . configurazione elettronica esterna subisce la seguente trasformazione: 6s 6s 6p sp sp .
2 1 x1 (1) (1)
dove stavolta si indicano per convenzione con (1) e (2) gli elettroni che l’orbitale ibridato contiene. In
altre parole si generano due orbitali sp di energia intermedia, e si ha la cosiddetta ibridazione sp.
Nel caso di BF , il boro forma tre legami. Si parla allora di ibridazione sp , poiché la configurazione
2
2 . 3
2 . del boro subisce la seguente trasformazione: 2s 2p 2s 2p 2p sp sp sp .
2 x1 1 x1 y1 2(1) 2(1) 2(1)
, il carbonio forma quattro legami. La trasformazione stavolta è la seguente:
Nel caso di CH
3 . 4
3 . 2s 2p 2p 2s 2p 2p 2p sp sp sp sp . È avvenuta una ibridazione sp .
2 x1 y1 1 x1 y1 z1 3(1) 3(1) 3(1) 3(1) 3
Nel caso di PCl , durante l’atto di formazione, la configurazione elettronica esterna del fosforo, che
4 . 5
4 . forma cinque legami, diventa: sp d sp d sp d sp d sp d (ibridazione sp d).
3 3 3 3 3 3
(1) (1) (1) (1) (1)
Infine, quando si forma la molecola SF , avviene quella che viene definita ibridazione sp d , e la
3 2
5 . 6
5 . configurazione del fosforo, che prima era 3s 3p 3p 3p , diventa sp d (x6), dando vita a 6 orbitali
2 x2 y1 z1 3 2(1)
semiriempiti isoenergetici, pronti a legarsi con 6 atomi di fluoro.
Nel caso di orbitali ibridi si hanno legami σ. L'ibridizzazione è un fenomeno legato alla formazione della
molecola, e, a meno che non siamo in questo caso, i livelli energetici propri degli orbitali ibridati non sono
permessi. Ovviamente l'energia di un orbitale sp è più vicina a quella di p di quanto non lo sia un orbitale
2
sp e così via. Si consideri la molecola NH . Questa si dispone nello spazio con N al centro e gli atomi di H
3
attorno, dando vita ad una struttura tetraedrica (con angoli di legame di 107°). Si ha nuovamente
. Stavolta l'ibridizzazione di N avviene diversamente, e si formano 4 orbitali isoenergetici
l'ibridizzazione sp 3
ibridati del tipo: sp sp sp sp . L'angolo di legame subisce una lieve riduzione perché è presente una
3(2) 3(1) 3(1) 3(1)
coppia di elettroni appartenenti a N che non forma legame (sp ) che interagisce con le coppie leganti. Si
3(2)
hanno asimmetrie tutte le volte che sono presenti doppietti elettronici che non sono condivisi. Sembrerebbe
che non sia necessario che N si ibridizzi poiché presenta inizialmente 3 orbitali semi-riempiti isoenergetici.
Tuttavia poichè è basso, gli elettroni di valenza sono vicini tra loro e la repulsione, quando N non è
n , nonostante P abbia la stessa configurazione esterna
ibridizzato è troppo elevata. Infatti nel caso di PH
3
dell'azoto (ma con l'ibridizzazione non avviene poichè essendo del fosforo abbastanza alto, la
n=3) n
repulsione che i suoi elettroni appartenenti all'orbitale 3s esercitano su quelli appartenenti ai tre orbitali 3p è
molto bassa, perchè molto distanti tra loro. Tuttavia ciò non è sempre valido; infatti bisogna aver chiaro che i
fattori che determinano la struttura di una molecola sono più complessi. Ad esempio nel caso della molecola
PCl , avviene l'ibridazione sp degli orbitali.
3
3
L e g a m e d
a t
i
v o e a l
t
r i e s
e m p
i d
i i
b
r i
d
a z i
o n
e (
4 . 8 )
L e g a m e d
a t
i
v o e a l
t
r i e s
e m p
i d
i i
b
r i
d
a z i
o n
e (
4 . 8 )
Il legame covalente dativo è un legame di tipo covalente, con una specifica particolarità:
in questo caso un atomo mette in condivisione una sua coppia di elettroni con un
orbitale vuoto di un altro atomo. Ad esempio una molecola di NH può
3
donare i suoi due elettroni isolati ad uno ione H e formare NH .
+ 4+
Vediamo il caso di H 0. Anche questa molecola ha una struttura
2
tetraedrica. O ha configurazione elettronica esterna: 2s 2p 2p 2p . Sperimentalmente si
2 x2 y1 z1
osserva che gli angoli di legame sono di 104°. L'ossigeno in questo caso si ibridizza sp col seguente schema:
3
sp sp sp sp . La molecola si sviluppa secondo 4 direzioni, due leganti, dove si trovano
3(2) 3(2) 3(1) 3(1)
rispettivamente i due atomi di H, e due dove si trovano due doppietti elettronici dell'ossigeno (l'angolo di
, poichè vi sono due direzioni non leganti che
legame è ancora più schiacciato rispetto a quello di NH
3
provocano repulsione). Nella rappresentazione grafica di una molecola, vanno raffigurati tutti gli elettroni
del guscio di valenza. Introduciamo ora altri esempi istruttivi di ibridizzazione osservando la struttura
molecolare dell’etano, dell’etilene e dell’acetilene (o “etino”).
Nome Formula Lunghezza legami (Å) E ‒
C C (Kcal/mol)
leg
Etano C H 1.54 84.84
2 6
Etilene C H 1.34 146
2 4
Acetilene (o “etino”) C H 1.20 200
2 2
R S – C S 11
II
CC
CC
AA
RR
DD
OO CC
II
M
EE
CC
AA LL
AA
UU
DD
II
OO CC
II
M
EE
CC
AA
R S – C S
M M
I
C C A R D
O C I
M
E C A L
A U D I
O C I M
E C A
C I G
HH
II
M
II
CC
AA PP
EE
RR N G
EE
G N
EE
RR
II
AA EE
SS
TT
II
OO
NN
AA
LL
EE
C I G
M N G G N
H
I M
I
C A P
E R N G
E G N
E R I
A E S
T I
O N
A L
E
S - S
TT
RR
UU
TT
TT
UU
RR
AA AA
TT
OO
M
I
C A O LL
U ZZ
II
O N
II
S - S
M
I
C A O U O N
T R U T T U R A A T O M
I
C A O L
U Z I
O N
I
I legami tra i vari H nell’etano formano un angolo di θ≅107°, e ciascun atomo di carbonio
forma orbitali sp . Tutti i legami in gioco sono di tipo σ ibridati. Nell’etilene abbiamo un
3
angoli di legame ‒ ed ‒ di θ≅120° ed una ibridizzazione sp . Un elettrone del
2
H C H H
carbonio di uno degli orbitali p, però, non si ibridizza; in questo caso tra gli atomi di
carbonio vi sarà un doppio legame (si noti in tabella che E leg
è aumentata): uno di tipo σ, relativo ad un orbitale sp , ed
2
uno di tipo π, relativo all’orbitale p non ibridizzato. Le configurazioni dei due
atomi di carbonio subiscono allora, nella formazione dell’etilene, la seguente
2p 2p 2s 2p 2p 2p sp sp sp 2p . In C H si ha:
trasformazione:2s
2 x1 y1 1 x1 y1 z1 2(1) 2(1) 2(1) z1 2 2
2s 2p 2p 2s 2p 2p 2p sp sp 2p 2p . Un sp
2 x1 y1 1 x1 y1 z1 y1 z1
(1) (1)
si lega con H ed uno si lega con C, formando angoli di
180° e orbitali di tipo σ. I due orbitali di tipo p
rimanenti formano legame con l’altro atomo di C, dando vita a due orbitali di tipo π
ortogonali alla congiungente i due nuclei. Concludiamo con un esempio di legame
omogeneo ibridato: la molecola N . Ciascun atomo N avrà un doppietto elettronico
2
isolato ed un triplo legame con l’altro atomo. In questo caso la configurazione
esterna di ciascuno dopo l’ibridizzazione è la seguente: sp sp 2p 2p . Rispettivamente il primo orbitale
y1 z1
(2) (1)
rappresenta il doppietto isolato che si muove su un orbitale σ, il secondo forma un legame σ con N, mentre il
terzo ed il quarto formano ciascuno un legame π nuovamente con l’altro atomo. Analizziamo ora la formula
di struttura del monossido di carbonio (CO). In questo caso i due atomi sono uniti da un triplo legame, e sia
C che O hanno un doppietto elettronico non condiviso. Il carbonio assume la seguente configurazione
sp 2p 2p . Il primo orbitale rappresenta il doppietto non condiviso, il secondo
elettronica esterna: sp y1 z1
(2) (1)
forma un legame σ con O, il terzo un legame π con O, mentre il quarto è un elettrone cedutogli dall’ossigeno
con legame dativo, pertanto si ha separazione di carica con C ed O . Nonostante le numerose eccezioni, tra
- +
le quali annoveriamo quelle appena viste, si può assumere che gli orbitali ibridati seguono lo schema:
Orbitali ibridati Direzioni legame (e non) Angolo di legame Forma nello spazio
2 180° Lineare piana
sp 3 120° Trigonale piana
sp2 4 ≅109° Tetraedro
sp3 5 120°(x3) ; 90°(x2) Bipiramide trigonale
sp3d
Come è ormai chiaro, non esiste un metodo preciso per la determinazione delle strutture molecolari. Non si
faccia di queste considerazioni un metodo rigoroso per la determinazione di orbitali ibridati, ma si usino
piuttosto come linea guida.
M e s
o m e r i
a (
4 . 9 )
M e s
o m e r i
a (
4 . 9 )
Analizziamo una molecola di benzene C H .
6 6
Sperimentalmente si osserva che la lunghezza di
legame ‒ è costante (=1.39 Å) e si ha un angolo di
C C
legame pari a 120°. C ha tre direzioni di legame e
pertanto si ibridizza sp . Si ha: C sp sp sp 2p .
2 2(1) 2(1) 2(1) z1
L’orbitale 2p va sempre a formare un legame di tipo π con l’atomo di C consecutivo ove si presenti il
z
doppio legame. La molecola si dispone su un piano con al di sopra e al di sotto la nube elettronica dei doppi
legami. Essendo tutti i legami ‒ della stessa lunghezza, allora i doppi legami si considerano delocalizzati
C C
nella molecola, e dunque le formule di struttura in figura tra parentesi quadre sono entrambe corrette
(formule di Kekulé). Queste rappresentano correttamente la molecola con una esattezza del 20%. Dall’unione
delle due formule di Kekulé, si ottiene una ulteriore formule di struttura che ne rappresenta l’ibrido. In
chimica, si ha il fenomeno della risonanza ogniqualvolta una molecola può essere rappresentata da due o più
struttura che si differenziano per la sola distribuzione elettronica e presentano, pertanto, la stessa
distribuzione atomica. Le diverse formule sono dette strutture limite, e non esistono in realtà. La molecola
reale è un ibrido che “risuona” tra le strutture limite. Si dice che ogni struttura limite contribuisce all’ibrido.
Il fenomeno della risonanza è piuttosto diffuso, ma risulta significativo solo quando le diverse strutture
limite presentano all'incirca la stessa stabilità. La struttura eventualmente più stabile contribuisce in maggior
R S – C S
12 II
CC
CC
AA
RR
DD
OO CC
II
M
EE
CC
AA LL
AA
UU
DD
II
OO CC
II
M
EE
CC
AA
R S – C S
M M
I
C C A R D
O C I
M
E C A L
A U D I
O C I M
E C A
C I G
HH
II
M
II
CC
AA PP
EE
RR N G
EE
G N
EE
RR
II
AA EE
SS
TT
II
OO
NN
AA
LL
EE
C I G
M N G G N
H
I M
I
C A P
E R N G
E G N
E R I
A E S
T I
O N
A L
E
S - S
TT
RR
UU
TT
TT
UU
RR
AA AA
TT
OO
M
I
C A O LL
U ZZ
II
O N
II
S - S
M
I
C A O U O N
T R U T T U R A A T O M
I
C A O L
U Z I
O N
I
percentuale all'ibrido e l'ibrido assomiglia di più alla struttura limite più stabile. E' allora evidente che se una
delle strutture limite risulta molto più stabile di tutte le altre, l'ibrido assomiglierà a tal punto a quest'ultima
da rendere la risonanza poco evidente e si potrà pertanto accettare la struttura più stabile come una buona
approssimazione della reale struttura molecolare. Un esempio di risonanza è la formula di struttura di CO .
2
Una delle possibili rappresentazioni prevede per ciascun atomo di ossigeno due doppietti isolati e un doppio
legame con C. Questa non rappresenta al meglio la molecola reale perché, sperimentalmente la lunghezza
del legame CO non corrisponde a quella di un doppio legame, ma bensì ad un valore intermedio tra un
doppio ed un triplo. Quindi possiamo accettare una formula di struttura che prevede un atomo di O con tre
doppietti isolati e un legame singolo con C, che a sua volta forma un triplo legame con l’altro atomo di
ossigeno (questo con un solo doppietto isolato). Avremo sui due atomi di O rispettivamente un dipolo
negativo ed uno positivo.
P o n
t
e a i
d
r o g e n
o , l
e g a
m i d
i
p
o l
a r i e l
e g a m e m e t
a l
l
i c
o (
4 . 1 0 )
P o n
t
e a i
d
r o g e n
o , l
e g a
m i d
i
p
o l
a r i e l
e g a m e m e t
a l
l
i c
o (
4 . 1 0 )
Il ponte a idrogeno è un legame intermolecolare e si forma tutte le volte che H è legato ad un atomo molto
elettronegativo. Consideriamo una molecola d’acqua. La differenza di elettronegatività tra H e O fa sì
formino dipoli elettrici come in figura. Le molecole d’acqua infatti si
dispongono come rappresentato, dando vita ad un legame di tipo
elettrostatico tra i vari dipoli detto Possiamo dire che vi è una
ponte a idrogeno.
sovrapposizione tra l’orbitale 1s di H, che può considerarsi quasi vuoto, ed
uno dei due orbitali dell’ossigeno con cui forma il legame a idrogeno che
ospita un doppietto elettronico. I ponti a idrogeno sono il motivo per cui
l’acqua solida è meno densa dell’acqua liquida. Infatti, come sappiamo, quando si forma un solido, le
molecole tendono ad "impacchettarsi". Tuttavia queste devono rispettare le proprie geometrie molecolari, e
si formano molti "buchi". Quando invece la molecola si trova allo stato liquido, la temperatura è più alta, e
dunque c'è più agitazione molecolare. Questo comporta che i ponti si rompono e si ricompongono
continuamente, permettendo alle molecole di avvicinarsi maggiormente tra loro rispetto a quando si ha lo
stato solido. Anche due molecole di NH si legano allo stesso modo (tramite legame ad idrogeno), tuttavia i
3
dipoli elettrici sono meno forti, e dunque il ponte ad idrogeno risulta essere meno significativo. Quando
l'ammoniaca passa allo stato solido, prevale allora "l'impacchettamento" e dunque risulta essere più densa.
In base alle nuove conoscenze analizziamo una caratteristica delle molecole CH , NH , H 0. I PM rispettivi
4 3 2
sono rispettivamente -161°, -33°, e 100°. e le T sono invece -82°, 70° e 374°.
sono 16, 17, 18. Le T (eb) (c)
Nonostante sia simile il PM, le temperature di ebollizione e critica sono molto diverse. Nel caso dell'acqua
questo avviene a temperature molto più elevate perche le interazioni sono molto più forti (anche a T molto
alte continuano ad interagire). L'ammoniaca è un dipolo elettrico molto più debole, mentre il CH è
4
addirittura apolare, e quindi i due valori si abbassano ancor di più. I legami dipolari sono interazioni
elettrostatiche del tipo ione-dipolo, ione-dipolo indotto, dipolo-dipolo, dipolo-dipolo indotto, ed infine
dipolo indotto-dipolo indotto. Un dipolo indotto è un dipolo che viene appunto causato dalla presenza di
una perturbazione elettrica nello spazio. Ad esempio supponiamo di mettere un catione K in un recipiente
+
d'acqua (dipoli permanenti). Ovviamente il catione si circonderà di molecole d'acqua con l'ossigeno rivolto
verso K . Si dice che il catione viene solvatato. La presenza di K induce le molecole di H 0 che lo circondano
+ + 2
ad essere ancora piu polarizzate. Si innesca allora una reazione a catena che va scemando man mano che ci
allontaniamo da K+. La reazione tra K+ ed O è una reazione dipolare d tipo ione-dipolo, mentre quella tra O
ed H è del tipo dipolo-dipolo. Le forze dipolo-dipolo e dipolo-indotto si chiamano forze di van der Waals,
mentre i legami dipolo indotto-dipolo indotto, si chiamano forze di Langdon o anche forze coesive e di
dispersione. Queste ultime si hanno nelle molecole in cui non sono presenti dipoli permanenti, ma dove
istante per istante, a seconda delle mutue posizioni degli elettroni si formano dipoli istantanei. Per fare un
esempio, queste forze sono le responsabili della liquefazione per compressione. Infatti quando siamo allo
stato gassoso, queste sono quasi assenti perche le molecole sono molto distanti tra loro. Nel momento in cui
comprimiamo, e dunque avviciniamo le molecole, queste tendono ad impacchettarsi perchè le forze di
coesione cominciano a diventare considerevoli.
I metalli hanno una struttura chimica particolare, unica nel loro genere. Il modello prevede una struttura per
cui tutti i nuclei e noccioli rimangono inalterati, mentre gli elettroni di valenza vengono messi in
R S – C S 13
II
CC
CC
AA
RR
DD
OO CC
II
M
EE
CC
AA LL
AA
UU
DD
II
OO CC
II
M
EE
CC
AA
R S – C S
M M
I
C C A R D
O C I
M
E C A L
A U D I
O C I M
E C A
C I G
HH
II
M
II
CC
AA PP
EE
RR N G
EE
G N
EE
RR
II
AA EE
SS
TT
II
OO
NN
AA
LL
EE
C I G
M N G G N
H
I M
I
C A P
E R N G
E G N
E R I
A E S
T I
O N
A L
E
S - S
TT
RR
UU
TT
TT
UU
RR
AA AA
TT
OO
M
I
C A O LL
U ZZ
II
O N
II
S - S
M
I
C A O U O N
T R U T T U R A A T O M
I
C A O L
U Z I
O N
I
condivisione. Questi sono delocalizzati in tutta la struttura, e dunque i metalli sono molto stabili. Il legame
1
metallico è dunque un caso particolare di legame chimico delocalizzato e consiste in una attrazione
elettrostatica che si instaura tra gli elettroni di valenza e gli ioni
positivi metallici. Gli atomi di metallo hanno in genere pochi
elettroni di valenza che sono facilmente delocalizzabili in un
reticolo di atomi metallici caricati positivamente. Si può
visualizzare questo tipo di legame immaginando un metallo come
un reticolo di ioni positivi tenuti uniti da un' "atmosfera" di
elettroni. Come nel caso del legame ionico non esistono quindi
molecole vere e proprie ma aggregati reticolari di atomi metallici
tenuti insieme da questa forza di tipo elettrostatico. Questo
modello spiega alcune proprietà dei metalli come le loro elevate conducibilità elettrica (infatti, essendo tali
elettroni non legati a nessun atomo particolare, risultano essere estremamente mobili) e termica, la loro
malleabilità e duttilità (dato che se vengono laminati, non viene intaccata la struttura atomica e dunque non
si sgretolano). Si definisce banda di valenza un intervallo di valori di E all’interno del quale si trovano gli
stati energetici permessi agli elettroni di un atomo. Si definisce banda di conduzione la banda elettronica a
più bassa energia tra quelle non completamente occupate. I conduttori metallici hanno una banda di valenza
solo parzialmente riempita o una banda di valenza in stretta contiguità, o addirittura sovrapposta, alla
banda di conduzione: in questo modo gli elettroni risultano praticamente mobili e possono facilmente
passare da un livello di energia E ad un livello E , generando una corrente elettrica per imposizione di una
1 2
differenza di potenziale o per assorbimento di un determinato fotone (fotoelettricità). Quando il
hν band gap
supera i 400kJ/mol, il materiale in questione è un isolante. Se è minore, si parla di semiconduttori. Questi,
tramite operazioni di possono essere resi conduttori. Con questo termine si intende l'aggiunta al
drogaggio,
semiconduttore di basse percentuali di atomi non facenti parte del semiconduttore stesso per modificare le
proprietà del materiale. Il drogaggio può essere:
: l'atomo drogante ha un elettrone in più di quelli che servono per soddisfare i legami del reticolo
n
cristallino e tale elettrone acquista libertà di movimento all'interno del semiconduttore
: l'atomo drogante ha un elettrone in meno e tale mancanza o vacanza di elettrone, indicata con il nome
p
di lacuna, si comporta come una particella carica positivamente e si può spostare all'interno del
semiconduttore.
Va aggiunto che aumentando la temperatura si aumenta la conducibilità dei semiconduttori. Al contrario,
nei metalli, l’aumento di agitazione molecolare ostacola la conducibilità elettrica.
1 In chimica-fisica un elettrone delocalizzato è un elettrone di una molecola che non è associato a uno specifico atomo o ad uno
specifico legame covalente. Gli elettroni delocalizzati sono parte del sistema elettronico che si estende su molti atomi adiacenti.
π
Una delocalizzazione elettronica si verifica anche nei metalli solidi, dove l'orbitale d interferisce con l'orbitale s superiore. Essi
consistono di ioni positivi (cationi) allineati in un "mare" di elettroni delocalizzati liberi di muoversi attraverso la struttura. Nel
benzene la delocalizzazione di sei elettroni sull'intero anello è spesso indicata graficamente con un cerchio. Questo indica che le
π .
‒ Una molecola delocalizzata è più stabile, e reazioni che portano alla loro
distanze di legame sono uguali per tutti i suoi legami C C
formazione sono maggiormente favorite. R S – C S
14 II
CC
CC
AA
RR
DD
OO CC
II
M
EE
CC
AA LL
AA
UU
DD
II
OO CC
II
M
EE
CC
AA
R S – C S
M M
I
C C A R D
O C I
M
E C A L
A U D I
O C I M
E C A
C I G
HH
II
M
II
CC
AA PP
EE
RR N G
EE
G N
EE
RR
II
AA EE
SS
TT
II
OO
NN
AA
LL
EE
C I G
M N G G N
H
I M
I
C A P
E R N G
E G N
E R I
A E S
T I
O N
A L
E
S - S
TT
RR
UU
TT
TT
UU
RR
AA AA
TT
OO
M
I
C A O LL
U ZZ
II
O N
II
S - S
M
I
C A O U O N
T R U T T U R A A T O M
I
C A O L
U Z I
O N
I
L
L
E S
O
L
U Z
I O
N I
C
a p i
t o l
o 5 . E S
O
L
U Z
I O
N I
N
o z i
o n
i p
r e l
i
m i
n
a r i ( 5 . 1 )
N
o z i
o n
i p
r e l
i
m i
n
a r i ( 5 . 1 )
Le soluzioni sono dei sistemi omogenei di due o più componenti. Generalmente tratteremo un componente
disciolto in un altro e in particolare si definisce soluto il componente presente in minor quantità, solvente
l'altro. Solitamente avremo soluzioni acquose. Si dice solubilità la quantità massima (concentrazione
massima) di soluto solubile nel solvente. Una soluzione dicesi satura quando scioglie la massima quantità di
soluto. Vediamo come esempio una soluzione acquosa di NaCl. Ricordandosi che l’acqua è un dipolo
permanente, le sue molecole si dispongono all'interno del reticolo cristallino secondo la logica delle cariche.
Questo indebolisce i legami del reticolo perchè allontana le coppie ioniche Na e Cl . Il ΔH relativo a questo
+ -
fenomeno sarà uguale e opposto al ΔH (“reticolare”) associato alla formazione del sale (questo ultimo < 0
ret e Cl saranno circondati
per ogni specie perchè quando si crea si ha un abbassamento di E). Tutti gli ioni Na
+ -
dai dipoli elettrici dell'acqua (processo di solvatazione). Anche il ΔH legato a questo fenomeno sarà
solv
negativo. Infine si definisce variazione entalpica di dissociazione la seguente somma algebrica: ΔH = ΔH
diss solv
– ΔH . Conseguentemente si definisce ΔϞ = ΔH – TΔЅ . Il termine ΔЅ sarà sempre positivo poiché
ret diss diss diss diss
il passaggio in soluzione porta sempre ad un sistema più disordinato di quello che si ha in precedenza.
Dunque ΔϞ ci indica, a seconda del valore di ΔH , se la soluzione avviene attraverso processo
diss diss relativo ad un soluto A che si deve
endotermico (impacchi freddi) o esotermico (spontaneamente). Il ΔH
diss
scogliere in B dipende anche dalle interazioni A-A e A-B. Infatti se le interazioni soluto-soluto (A-A) sono
più forti di quelle soluto-solvente, si avrà ΔH > 0, e il soluto non si scioglie. Ad esempio se mettiamo in
diss
acqua un certo numero di moli di CH OH, le interazioni dell’acqua con il metanolo, molecola poco polare,
3
non sono sufficienti a spezzarne i legami. Infatti l’interazione di tipo A-B consiste in un ponte a idrogeno che
si crea tra l’ossigeno dell’acqua e la molecola di idrogeno del metanolo più polarizzata, ovvero il legame OH.
Infatti, generalizzando, si dice che “il simile scioglie il simile”. Si definisce elettrolita una sostanza che, in
soluzione, si scinde (totalmente o parzialmente) in ioni; non elettrolita altrimenti. Si definisce grado di
dissociazione α, il rapporto tra le moli dissociate e le moli iniziali di soluto: α = /n. Dunque α=1
n n n
diss diss
corrisponde ad un elettrolita totalmente dissociato (ad esempio NaCl in soluzione acquosa), mentre il valore
0 corrisponde a un non elettrolita o ad assenza di dissociazione. Si trova che le moli totali di soluto n
soluto
dopo il passaggio in soluzione sono : = [ 1+α(ν-1)], dove ν rappresenta le moli formate dalla
1 n n
soluto
dissociazione, ricavabile dai coefficienti stechiometrici (ad esempio nel caso di soluzione acquosa di una
=2, cioè una di Na ed una di Cl ).
mole di NaCl, ν=2, e dopo il passaggio in soluzione si avrà + -
n
soluto
P r o p
r i
e t
à c
o l
l
i
g a t
i
v e e l
e g g e d
i H
e n
r y (
5 . 2 )
P r o p
r i
e t
à c
o l
l
i
g a t
i
v e e l
e g g e d
i H
e n
r y (
5 . 2 )
Le proprietà colligative delle soluzioni sono delle proprietà che dipendono solamente dal numero totale di
particelle presenti in soluzione, ed in particolare sono le seguenti:
Abbassamento della tensione di vapore. Sappiamo che per una generica soluzione P = x +
P°
1 . eq solv solv
1 . x ° (vedi legge di Raoult). Ragioniamo secondo l’ipotesi che °<< , e quindi ne
P P P°
soluto soluto soluto solv
trascuriamo gli effetti. Scriviamo allora P = x = (1- x ) (P° – P )/ = x .
P° P° P°
eq solv solv soluto solv solv eq solv soluto
Ne deduciamo che l’abbassamento relativo di nella soluzione è in stretta relazione con le moli
P°
solv
di soluto disciolte.
Innalzamento ebullioscopico. Questa è la differenza osservata tra le temperature di ebollizione di un
2 .
2 . solvente puro e quella di una soluzione in cui sia presente tale solvente. Essa è proporzionale alla
molalità della soluzione, per una costante K , tipica del solvente. Si ha: ΔT = T – T =
eb eb eb(soluzione) eb(solv)
K m, con K proporzionale a (RT )/ΔH .
2eb(solv)
eb eb ev
Abbassamento crioscopico. L'abbassamento crioscopico è la differenza osservata tra le temperature
3 .
3 . di fusione di un solvente puro e di una sua soluzione. . Si ha: ΔT = T – T = K m, con K
f f(soluzione) f(solv) f f
proporzionale a (RT )/ΔH .
2f(solvente) f
1 Nel caso di una soluzione acquosa in cui un soluto B, durante il passaggio in soluzione, si scinde negli ioni C, D ed E, secondo la
reazione bB cC + dD + eE, possiamo ricavare: n = [n – n ]+ (c+d+e)n dove il primo termine “conta” le moli in soluzione
soluto diss diss
non dissociate, il secondo le altre. Poiché n = e ponendo c+d+e= si ottiene: n = n [ 1+α(ν-1)].
αn ν,
diss soluto
R S – C S 15
II
CC
CC
AA
RR
DD
OO CC
II
M
EE
CC
AA LL
AA
UU
DD
II
OO CC
II
M
EE
CC
AA
R S – C S
M M
I
C C A R D
O C I
M
E C A L
A U D I
O C I M
E C A
C I G
HH
II
M
II
CC
AA PP
EE
RR N G
EE
G N
EE
RR
II
AA EE
SS
TT
II
OO
NN
AA
LL
EE
C I G
M N G G N
H
I M
I
C A P
E R N G
E G N
E R I
A E S
T I
O N
A L
E
S - S
TT
RR
UU
TT
TT
UU
RR
AA AA
TT
OO
M
I
C A O LL
U ZZ
II
O N
II
S - S
M
I
C A O U O N
T R U T T U R A A T O M
I
C A O L
U Z I
O N
I
Pressione osmotica. Separando due soluzioni a diversa concentrazione (o una soluzione e il suo
4 .
4 . solvente) con una membrana semipermeabile, cioè permeabile solo al solvente e non al soluto, si
verifica il fenomeno dell'osmosi che consiste nel movimento netto del solvente attraverso la
membrana dalla soluzione più diluita a quella più concentrata(o dal solvente puro verso la
soluzione), fino al raggiungimento di una situazione di equilibrio. Il risultato di ciò è l'innalzamento
del livello della soluzione più concentrata rispetto a quella più diluita (o al solvente puro). La
pressione che occorre applicare sulla soluzione più concentrata per riportarla al livello di quella più
diluita è detta pressione osmotica. La pressione osmotica π di una soluzione si calcola mediante la
relazione: π = RT[C] , con [C] concentrazione del soluto. Concludendo, se due soluzioni aventi
diversa pressione osmotica sono separate da una membrana semipermeabile si ha passaggio netto di
solvente dalla soluzione ipotonica (meno concentrata) a quella ipertonica (più concentrata) fino al
raggiungimento di una condizione di equilibrio. Nel caso contrario le due soluzioni sono isotoniche.
Nei casi 2 e 3 si può ricorrere anche all’uso di molarità M. Inoltre, nel caso che si vogliano calcolare i valori
dell’abbassamento di tensione di vapore, ΔT , ΔT , o π nel caso di soluzioni di elettroliti, le moli di soluto
eb f
che si devono considerare sono quelle dopo il passaggio in soluzione, cioè: = [ 1+α(ν-1)].
n n
soluto
Quando si ha uno (o più) gas al di sopra di un liquido, questo può in parte entrare a far parte del liquido. Se
, e sopra i gas A, B e C, la frazione molare nella fase
abbiamo ad esempio un recipiente (T=cost) con A liq
=P /P° , con P pressione parziale e P° pressione di vapore
liquida dell'i-esimo gas che si scoglie è pari a x
i i i i i
(Legge Ciascun gas della miscela che sovrasta il liquido si comporterà indipendentemente dagli
di Henry).
altri gas, ma solo in relazione ai due parametri sopra stabiliti, dipendenti dalla caratteristiche proprie del gas
a quella temperatura. Salendo a temperature più elevate, la frazione molare del gas diventa sempre più
piccola, e dunque il gas sempre meno solubile. In conclusione la legge di Henry afferma che: ” Un gas che
esercita una pressione sulla superficie di un liquido, vi entra in soluzione finché avrà raggiunto in quel
liquido la stessa pressione che esercita sopra di esso”.
R S – C S
16 II
CC
CC
AA
RR
DD
OO CC
II
M
EE
CC
AA LL
AA
UU
DD
II
OO CC
II
M
EE
CC
AA
R S – C S
M M
I
C C A R D
O C I
M
E C A L
A U D I
O C I M
E C A
C I G
HH
II
M
II
CC
AA PP
EE
RR N G
EE
G N
EE
RR
II
AA EE
SS
TT
II
OO
NN
AA
LL
EE
C I G
M N G G N
H
I M
I
C A P
E R N G
E G N
E R I
A E S
T I
O N
A L
E
S - S
TT
RR
UU
TT
TT
UU
RR
AA AA
TT
OO
M
I
C A O LL
U ZZ
II
O N
II
S - S
M
I
C A O U O N
T R U T T U R A A T O M
I
C A O L
U Z I
O N
I
E
E
Q
U I L
I B
R I I
O
N I C
I
C
a p i
t o l
o 6 . Q
U I L
I B
R I I
O
N I C
I
D
e f i
n
i
z i
o n
i d
i a c
i
d
o e b
a s
e (
6 . 1 )
D
e f i
n
i
z i
o n
i d
i a c
i
d
o e b
a s
e (
6 . 1 )
Arrhenius (1887) definì un acido una specie chimica che ha tendenza a cedere ioni H in soluzione acquosa,
+
mentre base quella specie che ha tendenza a cedere ioni OH . Questa definizione è assai incompleta.
-
, poiché ha un forte campo elettrico e si lega
Innanzitutto bisogna precisare che non esiste in acqua lo ione H
+
con H O, formando lo ione idrossonio H O+ , circondato da molecole d’acqua. Inoltre non tutti gli acidi e
2 3 (aq)
basi rilasciano rispettivamente gli ioni sopra detti. Ad esempio NH e una base ma non può cedere OH . Una
-
3
definizione più rigorosa è quella di Bronsted-Lowry. Secondo questa definizione un acido è quella sostanza
ad una sostanza in grado di riceverlo, che si chiama base. 2 esempi
che ha la tendenza a donare uno ione H
+
di reazione di equilibrio ionico acido-base possono essere l’acido cloridrico e l’ammoniaca in acqua:
O = Cl + H O || NH + H O = NH + OH
HCl + H - + 4+ -
2 3 3 2
Qui HCl è dunque un acido rispetto all’acqua, ed infatti dona ioni H , che l’acqua è in grado di ricevere,
+
comportandosi da base. Cl si definisce base coniugata all’acido HCl, ed H O acido coniugato della base
- +
3
H O. Invece, quando in acqua aggiungiamo ammoniaca, H O si comporta da acido, donando ioni H
+
2 2
all’ammoniaca per formare ioni ammonio. Questa definizione è dunque basata sullo scambio di protoni, e
sulla compresenza di acido e base. Quindi una sostanza non può essere acido (risp. base) in assoluto, ma solo
in relazione ad un'altra sostanza.
C
o s
t
a n
t
i d i d
i
s s
o c
i
a z i o n
e (
6 . 2 )
C
o s
t
a n
t
i d i d
i
s s
o c
i
a z i o n
e (
6 . 2 )
Un acido è tanto più forte quanto più una reazione, come quella negli esempi precedenti, è spostata verso
destra, e lo stesso vale per la base. Dunque sorge la necessità di stabilire un parametro. In una reazione con
T=cost, la forza di un acido (risp. di una base) viene allora data da una relazione con la costante di equilibrio.
Nella reazioni che tratteremo, la soluzione sarà sempre molto diluita, e dunque [H O] sarà praticamente
2
costante. Supponiamo di avere una reazione generica HA+H O=A + H O . La costante di equilibrio, in
- +
2 3
termini di concentrazioni, relativa a questa reazione sarà data da:
κ κ κ
= ([A ] [H O ]) / ([H O][HA]) = [H O] = ([A ] [H O ]) / [HA]
- + - +
c 3 2 a c 2 3
κ
con costante di dissociazione dell’acido. Allo stesso modo, in una reazione del tipo A+H O=HA +OH , si
+ -
a 2
κ κ κ
definisce la costante di dissociazione della base: = [H O] = ([HA ][OH ]) / [A]. Dunque, come per la
+ -
b b c 2
κ , le costanti di dissociazione dipendono solo dalla temperatura, e ovviamente i loro valori vanno
c
confrontati con la stessa T, e con lo stesso solvente. I dati tabellati sulle costanti di dissociazione sono relativi
a soluzioni acquose a 25°C. Per acidi e basi molto forti, non vengono riportati in tabella. Per confrontare
acidi fortissimi, si utilizza come solvente l'acido acetico (CH COOH). Ad esempio la reazione vista prima
3 κ
con acido cloridrico sarà totalmente spostata verso destra, e se calcoliamo avremo 0 al denominatore
a
O. Infatti l’acido coniugato H O è troppo
([HCl]=0). Dunque HCl è un acido troppo forte rispetto alla base H +
2 3
debole rispetto alla base coniugata Cl , e la reazione non riesce ad andare verso sinistra. Entra in gioco,
-
infatti, quello che si definisce effetto livellante dell’acqua. Questo è il fenomeno per cui acidi o basi forti (cioè
presenti in soluzione interamente sotto forma di ioni liberi solvatati) presentano nel solvente acqua tutti
valori estremamente alti delle costanti di equilibrio, tali che ai fini pratici possono considerarsi ognuno
egualmente forte in acqua. Se consideriamo invece la reazione HCl+CH COOH=Cl +CH COOH , l’acido
- 2+
3 3 κ
coniugato CH COOH riesce a spostarla verso sinistra, e dunque sarà possibile calcolare una .
2+
3 a
D
e f i
n
i
z i
o n
e s
e c
o n
d
o L e w
i
s e p
H d
i u n
a s
o l u
z i
o n
e (
6 . 3 )
D
e f i
n
i
z i
o n
e s
e c
o n
d
o L e w
i
s e p
H d
i u n
a s
o l u
z i
o n
e (
6 . 3 )
Esiste una terza definizione di acido o di base, ed è la definizione di Lewis. Questa dice che una sostanza si
comporta da acido se è in grado di accettare un doppietto elettronico da un'altra,
che è in grado di donarla, e che si chiama base. Mentre nella seconda la reazione
acido-base era intesa come scambio di protoni, stavolta è intesa come scambio
è una base, H è un acido; HCl non
elettronico. Per esempio, secondo Lewis: NH +
3
è, invece, in questa forma un acido, ma dicesi acido secondario secondo Lewis,
perché può formare ioni H in grado di essere acidi. Il fatto che un composto si
+ R S – C S 17
II
CC
CC
AA
RR
DD
OO CC
II
M
EE
CC
AA LL
AA
UU
DD
II
OO CC
II
M
EE
CC
AA
R S – C S
M M
I
C C A R D
O C I
M
E C A L
A U D I
O C I M
E C A
C I G
HH
II
M
II
CC
AA PP
EE
RR N G
EE
G N
EE
RR
II
AA EE
SS
TT
II
OO
NN
AA
LL
EE
C I G
M N G G N
H
I M
I
C A P
E R N G
E G N
E R I
A E S
T I
O N
A L
E
S - S
TT
RR
UU
TT
TT
UU
RR
AA AA
TT
OO
M
I
C A O LL
U ZZ
II
O N
II
S - S
M
I
C A O U O N
T R U T T U R A A T O M
I
C A O L
U Z I
O N
I
comporti da acido o da base, in generale, dipende dalla sua struttura molecolare. Ad esempio, guardando la
struttura dell’acido acetico (CH COOH), si vede subito che, quando si comporta da acido, è l’H legato
3
all’ossigeno che accetterà gli elettroni perché è più polarizzato degli altri. Quando invece si comporta da
base, per esempio reagendo con l’acido cloridrico, donerà un doppietto elettronico isolato di O allo ione H
+
ceduto da HCl. Una reazione di fondamentale importanza è la seguente: H O+H O=H O +OH . L’equilibrio
+ -
2 2 3
ionico di questa reazione dicesi autoprotolisi dell’acqua. Si ha:
κ κ
= ([H O ][OH ]) /[H O] = ([H O ][OH ])
+ - 2 + -
c 3 2 water 3
κ
A 298K, = 10 (prodotto [H O ]=[OH ] = 10 M. Si definisce pH di una soluzione il
-14 + - -7
ionico dell’acqua)
water 3
= - log ([H O ]). Dunque il valore del pH in una soluzione di acqua pura è pari a 7.
valore definito da: pH +
sol 3
10
Soluzioni con pH < 7 diconsi acide. Similmente soluzioni con pH > 7 diconsi basiche.
C
a l
c
o l
o d
e l p
H
, f o r m u l
e d
i s
t
r u t
t
u
r a e n
o r m a l
i
t
à (
6 . 4 )
C
a l
c
o l
o d
e l p
H
, f o r m u l
e d
i s
t
r u t
t
u
r a e n
o r m a l
i
t
à (
6 . 4 )
Vediamo il caso di una soluzione di acido forte concentrata (≅10 M), ad esempio la reazione HCl+H O =
-1 2
H O + Cl . In questo caso [H O ] = [H O ] + [H O ] . HCl reagisce completamente e dunque il primo
+ - + + +
3 3 tot 3 HCL 3 water
termine è pari a 10 , mentre il secondo sarà un numero < 10 , poiché la reazione di autoprotolisi si sposta
-1 -7
verso sinistra. Dunque è possibile trascurarne il valore e porre [H O ] =10 . Si ha allora pH = 1 e dunque
+ -1
3 tot sol
la soluzione è molto acida. Poiché il prodotto ionico dell'acqua è sempre costante, si può ricavare:
[OH ]=10 /[H O ] =10 M. Poiché OH viene prodotto unicamente dall'acqua, deve essere [OH ] =
- -14 + -13 - -
3 tot
] . Questo giustifica a pieno le nostre scelte perché ci informa che abbiamo trascurato solo un valore
[H3O
+ water
di 10 . Si definisce anche il valore pOH = -log ([OH ]) e vale la relazione pH=14- pOH. Analizziamo ora la
-13 -
10
reazione NaOH+H O = Na + OH , dove [NaOH]≅10 M (concentrata). [OH ] =[OH ] + [OH ] . Per
+ - -2 - - -
2 tot NaOH water
analoghe considerazioni si ottengono i valori: [OH ] =10 M , pH= 14-pOH= 12 (soluzione molto basica).
- -2
tot
Vediamo ora una soluzione acquosa di HCl molto diluita (≅10 M). Stavolta non si può trascurare [H O ] .
-6 +
3 water
κ
Per trovare il pH usiamo allora il seguente sistema: { = [H O ] [OH ] ; [H O ] =[OH ]+[Cl ]} . La
+ - + - -
water 3 tot 3 tot
seconda equazione è dettata dalla Infatti bisogna considerare che la carica globale
legge di elettroneutralità.
della soluzione deve essere neutra, e dunque bisogna eguagliare la somma delle concentrazioni degli ioni
idrossonio (formati da HCl e H O) alla somma delle concentrazioni di tutti gli ioni negativi in soluzione. Dal
2 κ (κ
sistema precedente si ricava: {[OH ]= /[H O ] ; [H O ]= /[H O ] ) + [Cl ]}, da cui infine si trova
- + + + -
water 3 tot 3 water 3 tot
l’equazione quadratica in funzione della concentrazione totale di ioni idrossonio:
κ
[H O ] – [Cl ][H O ] - = 0
+ 2 - +
3 3 water
Vediamo l’esempio di un acido debole concentrato con condizioni iniziali di molarità C ≅10 M. Si consideri:
-2
0
κ
CH COOH+H O=CH COO +H O . Si ha dunque all’equilibrio: =([CH COO ][H O ])/[CH COOH]=1,8x10
- + - + -5
3 2 3 3 a 3 3 3
=[H O ] /C -[H O ] (trascurando [H O ] , vale: [H O ]=[CH COO ]). Si può dunque trovare il pH una volta
+ 2 + + + -
3 0 3 3 water 3 3 κ
ottenuta [H O ] dall’equazione quadratica che ne deriva. Inoltre, se si ha C > 10 , allora si può assumere
+ 2
3 0 a
κ κ
=[H O ] /C [H O ]=√( C . Se si ha una sostanza che si comporta, in acqua, da base debole, si possono
+ 2 +
a 3 0 3 a 0)
fare considerazioni analoghe all’esempio precedente, calcolando però il pOH dopo aver trovato [OH ].
-
Esaminiamo ora un caso particolare: HCl+NaOH=Na +Cl +H 0. Né Cl né Na reagiscono con l’acqua perché
+ - - +
2
sono rispettivamente i coniugati di acido e base forte. Il pH è allora neutro (=7) poiché [H O ] =[H O ] .
+ +
3 tot 3 water
In generale se mettiamo in acqua un sale proveniente da acido forte più base forte, il pH resta neutro.
Calcoliamo ora il pH in una reazione di idrolisi basica, ad esempio nella reazione CH COONa = CH COO
-
3 (aq) 3
+Na . Il catione in questione non reagisce con l’acqua perché il prodotto sarebbe una base troppo forte.
+
Avviene invece la reazione: CH COO +H O=CH COOH+OH , poiché CH COOH è un acido debole.
- -
3 2 3 3
κ κ
Calcoliamo allora = =([CH COOH][OH ]) /[CH COO ]. Moltiplicando e dividendo per [H O ], e
- - +
idrolisi b 3 3 3
κ κ κ κ κ
considerando che [OH ][H O ]= e che [CH COOH]/([CH COO ][H O ])= , si ottiene = / .
- + - + a-1
3 water 3 3 3 b water a
Consideriamo l’esempio di acido solforico (H SO ) in acqua (acido diprotico). I due ioni H rilasciati sono
+
2 4
acidi secondo Lewis, e in acqua reagiscono entrambi, ma differentemente. H SO +H O=HSO +H O HSO
4- + 4-
2 4 2 3
+H O=SO +H O . Risulta che HSO è, rispetto all’acqua, un acido meno forte di H SO perché è già carico
42- + 4-
2 3 2 4
negativamente, dunque si oppone a caricarsi ancor di più. Proviamo, alla luce delle nuove conoscenze, a
ricostruire la formula di struttura di H SO . Avendo entrambi i due atomi di H un comportamento acido, e
2 4
R S – C S
18 II
CC
CC
AA
RR
DD
OO CC
II
M
EE
CC
AA LL
AA
UU
DD
II
OO CC
II
M
EE
CC
AA
R S – C S
M M
I
C C A R D
O C I
M
E C A L
A U D I
O C I M
E C A
C I G
HH
II
M
II
CC
AA PP
EE
RR N G
EE
G N
EE
RR
II
AA EE
SS
TT
II
OO
NN
AA
LL
EE
C I G
M N G G N
H
I M
I
C A P
E R N G
E G N
E R I
A E S
T I
O N
A L
E
S - S
TT
RR
UU
TT
TT
UU
RR
AA AA
TT
OO
M
I
C A O LL
U ZZ
II
O N
II
S - S
M
I
C A O U O N
T R U T T U R A A T O M
I
C A O L
U Z I
O N
I
quindi propensi ad accettare elettroni, questi dovranno essere, all’interno della molecola, molto polarizzati.
Si deduce che si debbano legare agli atomi più elettronegativi presenti, cioè a due tra i 4 atomi di O. Dato che
S deve avere 6 legami, allora due dei 4 con O saranno doppi (ovviamente con quegli atomi di O a cui non è
legato alcun H). Lo zolfo ha dunque quattro direzioni di legame ed ibridizzato sp . Questo ragionamento
3
risulta corretto anche per altre molecole, come H SO , la cui struttura è quasi analoga a quella precedente,
2 3 sp sp sp 3d ).
tranne per il fatto che S ha un doppietto elettronico isolato (S sp 3(2) 3(1) 3(1) 3(1) 1
Per una sostanza si definisce Ν il valore: N = /l , con numero di equivalenti. Per un acido
normalità n° n
eq sol eq
=g/PE, con g grammi di sostanza, e PE peso equivalente, definito da: PE=PM/n°(H ). Le reazioni acido-
+
n
eq
base avvengono sempre tra egual numero di equivalenti.
S
o l
u
z i
o n
i t
a m p
o n
e (
6 . 5 )
S
o l
u
z i
o n
i t
a m p
o n
e (
6 . 5 )
Vengono chiamate soluzioni tampone tutte quelle soluzioni che permettono di mantenere il pH
praticamente costante quando vengono aggiunte piccole quantità di acido o di base forte, oppure quando si
diluisce/concentra una soluzione. Sono utili quando è necessario che una determinata reazione avvenga in
un range ben preciso del pH. Un esempio di soluzione tampone è una soluzione formata da un acido debole
e da un suo sale, come CH COOH e CH COONa in acqua, con concentrazioni iniziali rispettive C e C . Le
3 3 a s
tre reazioni che avvengono sono: CH COOH+H O=CH COO +H O ; CH COONa=CH COO +Na ;
- + - +
3 2 3 3 3 3
COO-+H O=CH COOH+OH (Na non reagisce in acqua). L'ultima reazione è spostata verso sinistra, per
CH - +
3 2 3
la presenza in soluzione di [CH COOH]=C . Se si considera che CH COO è una base debole, e che la
-
3 a 3
quantità di esso dissociata dalla terza reazione viene in parte compensata dalla sua produzione nella prima,
si può assumere che [CH COO ]=C . Per simili considerazioni anche [CH COOH] può considerarsi invariata.
-
3 s 3
κ κ κ
Allora: =([CH COO ][H O ])/[CH COOH]= (C [H O ])/C [H O ]= (C /C ) pH = -log( ) -log(C /C )
- + + +
a 3 3 3 s 3 a 3 a a s a a s
κ κ κ κ
pH=p +log(C /C ), avendo posto –log = p . Dunque se C ≅C , log(C /C ) tende ad 1 e pH≅p . Come si
a s a a a s a s s a
può verificare, aggiungendo 1 ml di HCl 1M in 1l di H O, porta il pH da 7 a 3. Aggiungendo le stessa
2
quantità di HCl (10 moli) in 1l di soluzione tampone come la precedente, 10 moli di CH COO presenti
-3 -3 -
3
κ
reagiscono con HCl formando 10 moli di CH COOH e Cl . Allora [H O ]= (C +10 )/(C -10 ); è evidente
-3 - + -3 -3
3 3 a a s
che il pH sia variato di poco, nonostante l’aggiunzione di un acido forte.
C
o m p
o r t
a m e n
t
o a c
i
d
o / b
a s
e d
i u
n
a m o l
e c
o l
a , a n
a l
i
s
i s
t
r u
t t
u
r a l
e (
6 . 6 )
C
o m p
o r t
a m e n
t
o a c
i
d
o / b
a s
e d
i u
n
a m o l
e c
o l
a , a n
a l
i
s
i s
t
r u
t t
u
r a l
e (
6 . 6 )
Analizziamo le molecole HClO, HClO , HClO , HClO . Queste sono, in ordine, sempre più acide. Questo
2 3 4 è il più
perché l’atomo di idrogeno risulta via via sempre più polarizzato. Si può altresì dire che HClO
4
acido perché la sua base coniugata è la più stabile. La stabilità di ClO è dovuta alla delocalizzazione della
4-
carica negativa rispetto ai 4 atomi di ossigeno, e presenta pertanto quattro formule di risonanza. Riducendo
gli O legati all’atomo centrale si riduce il numero di formule di risonanza e di conseguenza la stabilità del
coniugato ( diminuzione potenza acido). Discorso simile può farsi per spiegare come mai NH sia più
3
basico di H O. La struttura della molecola di NH è infatti meno polarizzata, essendo N meno
2 3
elettronegativo di O. Ovviamente l’elettronegatività non è l’unico fattore che influenza l’acidità di una
sostanza. Ad esempio la fosfina (PH ) presenta la stessa formula di struttura di NH , ma nonostante P sia
3 3
meno elettronegativo la fosfina risulta meno basica, poiché P non si ibridizza, ed il doppietto elettronico
isolato sta su un orbitale 3s molto vicino al nucleo.
C
o s
t
a n
t
e d
i s
o l
u
b
i
l i
t
à (
6 . 7 )
C
o s
t
a n
t
e d
i s
o l
u
b
i
l i
t
à (
6 . 7 )
Se mettiamo AgCl in un recipiente, si dissocia in Ag e Cl . Se si aggiunge troppo sale , si formerà un corpo di
+ -
fondo costituito da sale non dissociato. Questo avviene quando si supera la saturazione del solvente.
Supponiamo che la soluzione in cui si sciolga il sale sia molto diluita (in modo da poterla trattare come
soluzione ideale). In questa condizione, a T=cost, esiste un equilibrio AgCl = Ag + Cl . La
+soluzione -soluzione
(s)
κ κ κ
costante di equilibrio relativa sarà: = ([Ag ][Cl ])/[AgCl] [AgCl ]=[Ag ][Cl ]. Definiamo prodotto
+ - + -
eq eq eq (s)
κ κ κ κ
di solubilità la costante = [AgCl ]. A 25°C, = 2.8x10 . La permette di determinare il valore
-10
sp eq (s) sp(AgCl) sp
oltre la quale il sale che si aggiunge non si dissocia più, e dunque precipita. Si definisce dunque costante di
la costante di equilibrio che, a temperatura e pressione costante, indica l'equilibrio fra una sostanza
solubilità
solida poco solubile, che in soluzione acquosa ha dato luogo a cationi ed anioni in quantità sufficiente ad
R S – C S 19
II
CC
CC
AA
RR
DD
OO CC
II
M
EE
CC
AA LL
AA
UU
DD
II
OO CC
II
M
EE
CC
AA
R S – C S
M M
I
C C A R D
O C I
M
E C A L
A U D I
O C I M
E C A
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher RiccardoScimeca di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Chimica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Palermo - Unipa o del prof Alessi Sabina.
Acquista con carta o conto PayPal
Scarica il file tutte le volte che vuoi
Paga con un conto PayPal per usufruire della garanzia Soddisfatto o rimborsato