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Pazienti con patologie epatiche

L'emivita della clindamicina può essere prolungata fino a 5 volte nei pazienti con serie patologie epatiche. Infatti, la biotrasformazione è epatica con formazione di metaboliti batteriologicamente attivi (Neuman, 2000).

In pazienti con disfunzioni epatiche moderate o gravi, i livelli sierici erano quasi tre volte maggiori di quelli riscontrati in pazienti con una normale funzionalità epatica. Inoltre, vi è una associazione tra i livelli sierici e il grado di aumento della SGOT, come pure vi è una diretta correlazione tra l'emivita sierica ed il livello della bilirubina indiretta. In generale, nei pazienti con patologie epatiche si rende necessaria una riduzione del dosaggio (Neuman, 2000).

Emivita

L'emivita della lincomicina è di 5.4 ore con una variazione in più o in meno di un'ora (Neuman, 2000). L'emivita della clindamicina, invece, è di circa 3 ore (Neuman, 2000).

Metabolismo

La...

clindamicina viene presumibilmente ma non completamente metabolizzata nel fegato. Metaboliti attivi (N-demetil-clindamicina e lasolfossido-clindamicina) e metaboliti inattivi vengono eliminati con l'urine. La clindamicina viene metabolizzata con una velocità maggiore nei bambini (Neuman, 2000). ESCREZIONE URINE Solo una parte della lincomicina e della clindamicina vengono escrete con le urine per filtrazione glomerulare, circa il 5-10% dopo somministrazione orale e circa il 30% dopo somministrazione parenterale (Goodman e Gilman, 1997). Dopo una singola dose orale a digiuno o a stomaco pieno, è reperibile nelle urine delle 24 ore il 13% della dose somministrata in forma attiva. Al contrario, in patologie renali gravi si può trovare meno dell'1% del farmaco in forma attiva. L'escrezione renale può essere aumentata in pazienti con grave disfunzione epatica; in questo caso i reni acquisiscono capacità escretoria di compensazione. Il farmaco

viene eliminato per via renale sia in forma immodificata che sotto forma di metaboliti ancora attivi (Gatti, 1993). La concentrazione urinaria è scarsa: 20 - 40 µg/ml; la clearance renale è di 45 ml/min. le lincosamidi non sono farmaci dializzabili; in caso d'insufficienza renale severa, l'emivita della clindamicina non si modifica mentre quella della lincomicina si allunga leggermente (Neuman, 2000).

BILE: La clindamicina viene per la maggior parte eliminata attraverso la bile (90%) (Neuman, 2000).

FECI: A seguito di una singola dose orale di clindamicina, meno del 5% del farmaco viene eliminato in forma attiva con le feci (Goodman e Gilman, 1997).

LATTE: La clindamicina viene anche eliminata con il latte (Neuman, 2000).

DISTRIBUZIONE DEL FARMACO NELL'ORGANISMO: La clindamicina è bene distribuita nell'organismo. Le concentrazioni nella saliva sono simili a quelle riscontrate nel siero (Goodman e Gilman, 1997). Livelli soddisfacenti vengono raggiunti.

nell'escrezione della clindamicina nello stomaco. La clindamicina vieneeliminata principalmente attraverso l'emuntorio renale, sotto forma di farmacoimmodificato e dei suoi metaboliti. La clindamicina non viene rimossa inmaniera significativa mediante emodialisi o dialisi peritoneale.

clindamicinaattraversa la placenta (Gatti, 1993). La clindamicina attraversa la barriera placentare e viene anche riscontrata nel latte materno. Il farmaco si diffonde bene anche nell'osso. Nei fumatori si ha un marcato passaggio della clindamicina nei macrofagi alveolari fino a raggiungere concentrazioni dell'antibiotico che sono 50 volte più grandi di quelle raggiunte nei fluidi extracellulari (Goodman e Gilman, 1997; Neuman, 2000). Il volume di distribuzione è pari a 45-75 litri (Goodman e Gilman, 1997). 1516 La clindamicina favorisce in vitro la fagocitosi e la distruzione dell'Escherichia coli operata dai leucociti polimorfonucleati. Inoltre, è stato dimostrato che la clindamicina aumenta la opsonizzazione, la fissazione del complemento e la fagocitosi di altri batteri. Le lincosamidi si legano per circa l'80 - 90% alle proteine sieriche (Neuman, 2000).

TOSSICITÀ EFFETTI COLLATERALI GASTRO-INTESTINALI La somministrazione di clindamicina causa

Trasformazioni nella flora batterica intestinale (Goodman e Gilman, 1997). Aumenta il numero di enterococchi spp. e diminuisce il numero totale degli anaerobi. La somministrazione per via orale o parentale della clindamicina può causare nausea, vomito, crampi addominali e diarrea. A seguito di una somministrazione e.v. di clindamicina si può avvertire un gusto metallico alla bocca. Vengono riportate ulcerazioni esofagee causate da ristagno temporaneo di capsule di clindamicina nell'esofago inferiore (assunzione senza acqua e in posizione supina) (Neuman, 2000). Il meccanismo del danno alla mucosa in questo caso è simile a quello prodotto dalle tetracicline (Tedesco, 1974).

COLITE PSEUDOMEMBRANOSA
La colite pseudomembranosa è causata da Clostridium difficile il quale produce due enterotossine (A e B). La tossina A prodotta dal Clostridium difficile si lega alle cellule epiteliali all'interno dell'intestino causando la loro distruzione. Questa

distruzione è il passo cruciale che porta allo sviluppo della diarrea acquosa e la conseguente disidratazione può determinare l'insorgenza di un megacolon tossico che può condurre all'exitus. A seguito di ciò la potente citotossina B può avere accesso ai tessuti sottostanti causando in questi ulteriori danni. Vari oligosaccaridi sintetici si legano alla tossina A, neutralizzandola. È stato dimostrato che questi neutralizzano la tossina A in campioni di feci, ed essi potrebbero servire come potenziale terapia nella diarrea da Clostridium difficile. La colonscopia conferma la diagnosi, permettendo di visualizzare placche giallastre ricoperte da pseudomembrane. Il trattamento consiste nella sospensione della somministrazione della lincosamide e nell'utilizzo di antibiotici attivi sul Clostridium difficile quali vancomicina o teicoplanina per via orale, metronidazolo, bacitracina, ed eventualmente acido fusidico associati ad una resina a scambio.

ionico (colestiramina) per la fissazione della tossina. Si possono verificare, alcune volte, ricadute dopo la sospensione del trattamento (Tedesco, 1974).

REAZIONI DA IPERSENSIBILITÀ

Esantemi si verificano con una frequenza del 10%. Inoltre, vengono segnalate febbre da farmaco ed eosinofilia. La clindamicina non dà allergia crociata con le penicilline e può essere usata con sicurezza in pazienti allergici alle penicilline (Paquet, 1995).

Reazioni locali possono verificarsi dopo perfusioni endovenose (tromboflebiti) o dopo applicazioni topiche cutanee (eritema, prurito) (Paquet, 1995).

Eritema polimorfo e sindrome di Stevens-Johnson si verificano raramente (Neuman, 2000).

EPATOTOSSICITÀ

Epatite citolitica può eccezionalmente verificarsi dopo una perfusione ripetuta e a dosi elevate, soprattutto in presenza di una pregressa insufficienza epatica (clindamicina fosfato) (Neuman, 2000).

EFFETTI COLLATERALI DELLA CLINDAMICINA IN RELAZIONE ALLE MODALITÀ DI

SOMMINISTRAZIONE- La clindamicina fosfato è disomministrata per via intramuscolare, norma ben tollerata e le iniezioni sono relativamente indolori. Può provocare: diarrea nel 2-20% dei casi; in alcuni pazienti si può registrare grave colite pseudomembranosa antibiotico-dipendente con eventuale esito fatale; reazioni di ipersensibilità quali rossore cutaneo in più del 10% dei casi, orticaria, e più raramente anafilassi; leucopenia transitoria, eccezionalmente agranulocitosi, eosinofilia, trombocitopenia, eritema multiforme o esfoliativo, alterazione dei test di funzionalità epatica (Tedesco, 1974). In qualche caso linfoadenite (Southern, 1997). - Il metodo raccomandato per la somministrazione endovenosa clindamicina è abbastanza sicuro, ma possono insorgere ascessi sterili e tromboflebiti utilizzando alte dosi (Neuman 2000). In una donna di 50 anni è stato osservato arresto cardiaco dopo iniezione di 600 mg di fosfato di.

clindamicina non diluito per via e.v.(Aucoin, 1982). Possono verificarsi effetti curarizzanti dopo perfusioni e.v. a dosi elevate, soprattutto in corso di anestesia (Aucoin, 1982). Può provocare irritazione locale e dermatite da contatto; sono stati riportati casi di irritazione con l'uso intravaginale (Milstone, 1981). La clindamicina è assorbita sufficientemente per produrre effetti sistemici (Milstone, 1981). La sicurezza della clindamicina in gravidanza non è stata stabilita, ma fino ad ora non esiste evidenza che sia dannosa (Milstone, 1981).

USO CLINICO DEL FARMACO

INDICAZIONI CLINICHE

La commercializzazione della clindamicina ha considerevolmente limitato l'uso della lincomicina, che risulta essere meno attiva e più tossica (Neuman, 2000). Le indicazioni principali sono:

  • infezioni sostenute da anaerobi o da flora mista (in seguito a interventi chirurgici di drenaggio);
  • suppurazioni addominali ed infezioni ginecologiche (annessiti, salpingiti, ecc.).
endometriti, pelviperitoniti eventualmente in associazione con una aminoside o un fluorochinolone; - polmoniti ab ingestis ed ascessi polmonari sostenuti da anaerobi soprattutto nei soggetti allergici alle betalattamine; - septicemie determinate dal Bacteroides fragilis. Per il trattamento delle infezioni causate dagli anaerobi, si preferisce tuttavia utilizzare i nitroimidazoli, che sono più attivi (insorgenza di resistenze estremamente rare) e causano raramente coliti; - infezioni stafilococciche, soprattutto a localizzazione ossea (buona diffusione ossea) o cerebrale specie nei soggetti allergici alle beta-lattamine; - infezioni streptococciche e pneumococciche in s
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
27 pagine
SSD Scienze chimiche CHIM/08 Chimica farmaceutica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeria0186 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Chimica farmaceutica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Catanzaro - Magna Grecia o del prof Alcaro Stefano.