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Con lo scetticismo la filosofia arriva in un certo senso ad autosopprimersi e lascia il
posto semplicemente a un modo di vita che peraltro gli scettici stessi volevano non
filosofico. La filosofia scettica è il modo di vita scettico, quello della pace e della
tranquillità dell’anima. Un modo di vita non filosofico nel senso che gli scettici
facevano la vita che fanno tutti gli uomini (a differenza delle altre scuole filosofiche),
salvo non dare nessun giudizio di valore sulle cose e sulla vita stessa; lo scettico si
limitava a descrivere tutto quello che provava, tutto quello che gli appariva e gli
capitava, senza nulla aggiungere: insomma, con indifferenza; una cosa vale l’altra,
tutto sfugge alla comprensione, ad ogni argomento se ne può contrapporre un altro,
dicevano fra sé (e anche agli altri) gli scettici. Ma anche per arrivare a questo livello
bisognava fare degli esercizi continui, cosa che gli scettici facevano anch’essi.
Il cinismo (dal greco kun, che significava cane; cinismo non voleva dire
l’atteggiamento sprezzante ed egoistico come oggi; cinico era quello che intendeva
vivere appunto come un cane, come un animale, cioè senza rispettare le convenzioni
sociali, senza nessuno di tutti quei bisogni e lussi che tutti rincorrono nella società).
Suo fondatore pare sia stato Antistene, un allievo di Socrate. Il modo di vita cinico si
opponeva non soltanto a quello dei non filosofi ma anche a quello degli altri filosofi;
ciò che il cinico rifiutava è tutto quello che gli uomini in generale considerano ovvio,
elementare: la pulizia, il comportamento, l’educazione; il cinico praticava una
impudenza deliberata, per es. masturbandosi o facendo l’amore in pubblico, non si
preoccupava assolutamente delle convenzioni sociali e delle opinioni altrui,
disprezzava il denaro, non esitava a mendicare, non cercava nessuna posizione stabile
nella vita, era senza città, senza patria, misero, errabondo, viveva alla giornata; aveva
solo una bisaccia con lo stretto necessario alla sopravvivenza, non temeva i potenti e
si esprimeva ovunque con una provocante libertà di parola.
Si è considerato il cinismo una filosofia, ma una filosofia il cui discorso era ridotto
al minimo. Quando uno disse a Diogene (il più famoso cinico dell’antichità, quello
della famosa storia di Alessandro Magno che lo incontra e gli chiede: cosa posso
darti, cosa posso fare per te? E lui, semplicemente: spostati, mi fai ombra) che il
movimento cinico non esisteva, egli si alzò e si mise a camminare (in altri termini,
non rispose facendo un lungo discorso filosofico!). La filosofia cinica era perciò
unicamente una scelta di vita, la scelta della libertà e della totale indipendenza dai
bisogni inutili, il rifiuto del lusso e della vanità. Il cinico sceglieva il suo genere di
vita perché considerava che lo stato di natura così come lo si può conoscere
dall’animale o dal bambino è superiore alla convenzioni della civiltà. E così Diogene
butta via anche la scodella e il bicchiere perché i bambini fanno a meno di queste
cose. Insomma i cinici sottolineano l’opposizione tra natura e convenzione o legge,
un tema, questo, che era stato al centro di molte discussioni soprattutto da parte dei
sofisti. La filosofia dei cinici era solo un esercizio, uno sforzo, una specie di
allenamento, ma ragionato, a sopportare la fame, la sete, le intemperie, ciò al fine di
raggiungere la libertà, l’indipendenza, la forza interiore, l’assenza di preoccupazioni,
la tranquillità di un’anima capace di adattarsi ad ogni circostanza. Platone disse di
Diogene: “E’ Socrate impazzito”.
Altra scuola famosissima nell’antichità l’epicureismo, da Epicuro (342-271 a.C.).
Anche Epicuro voleva liberare la “carne”, cioè l’uomo, dalla sofferenza e di
permettergli di raggiungere il piacere. Per Epicuro la scelta socratica e platonica
dell’amore e del Bene è un’illusione; in realtà, l’uomo si muove solo per ricercare il
piacere e il proprio interesse. Tuttavia il ruolo della filosofia deve essere quello di
ricercare in modo ragionevole il piacere, vale a dire nel ricercare il solo vero piacere,
che per lui era il semplice piacere di esistere. Tutta l’infelicità, tutto il dolore degli
uomini derivano infatti dalla loro ignoranza del vero piacere. Nella loro ricerca del
piacere gli uomini sono incapaci di raggiungerlo perché non si sentono soddisfatti di
ciò che hanno o perché cercano cose che sono fuori della loro portata o perché
rovinano il piacere con il timore di perderlo. La missione della filosofia, di Epicuro,
sarà allora in primo luogo di tipo terapeutico: curare le malattie dell’anima e
insegnare all’uomo di vivere il piacere.
Secondo Epicuro, ci sono due tipi di piaceri: quelli “in movimento” e quelli
“stabili”; i piaceri in movimento provocano un’eccitazione forte ma effimera, di
breve durata: se cerchiamo solo questi piaceri andiamo incontro a insoddisfazioni e a
sofferenze. I piaceri stabili invece sono quelli che appagano il corpo e non provocano
sofferenze e sono in sostanza questi: non aver fame, non aver freddo, non aver sete.
Oltre all’infelicità derivante dalla ricerca dei piaceri “in movimento” o “mobili”,
un’altra grave minaccia grava sugli uomini ed è il timore della morte. Alla base di
tutte le passioni che rendono infelice l’uomo sta la paura della morte. Come liberare
l’uomo da questa paura? Ma c’è un’altra domanda, ancora più fondamentale, ed è
questa: da dove ci viene questa paura, perché questa paura della morte?
Questa paura ci viene in sostanza dalla religione. E’ il timore degli dèi che ci fa
spaventare di fronte alla morte perché si ritiene che dopo la morte gli dèi possano
punirci. E’ giustificato questo timore? No. Gli dèi esistono, sì, ma non si interessano
minimamente degli uomini né del mondo. Il mondo, infatti, è eterno e non ha bisogno
di essere creato da una potenza divina. D’altra parte tutto ciò che esiste nel mondo è
composto di infiniti corpi indivisibili e immutabili: gli atomi; gli atomi, cadendo nel
vuoto infinito e a velocità uguale e in linea retta non appena deviano (quest’idea della
deviazione degli atomi è una novità introdotta da Epicuro; l’idea delle cose composte
da atomi è invece più antica e risale a Democrito) dalla loro traiettoria si incontrano
tra loro e formano le cose, i mondi che vediamo e noi stessi. I corpi e i mondi
nascono e muoiono e nell’universo infinito ci sono infiniti mondo che compaiono e
scompaiono: il nostro mondo è uno di questi.
In un mondo così fatto l’uomo non deve temere la morte perché l’anima, composta
anch’essa di atomi, dopo la morte si disgrega proprio come il corpo e perde ogni
sensibilità. Da qui la famosissima frase di Epicuro: “La morte non è nulla per noi,
perché quando ci siamo noi non c’è la morte, e quando c’è la morte non ci siamo
noi”. D’altra parte, gli dèi se ne stanno beati per conto loro e non abbiamo nulla da
temere da parte loro.
La “fisica” di Epicuro ha uno scopo non solo teoretico ma soprattutto etico-pratico:
mira a liberare l’uomo dal timore degli dèi e dalla paura della morte; gli dèi stessi,
egli li concepisce secondo l’deale che propone all’uomo. I suoi dèi infatti godono del
solo piacere di esistere, sono senza bisogni, senza turbamenti e vivono nella più dolce
delle società.
Per conseguire la guarigione dell’anima non sono sufficienti i discorsi filosofici.
Bisogna esercitarsi quotidianamente, meditare su questi temi:
Non aver paura degli dèi
Non temere la morte
Il bene è facile da acquisire
Il male è facile da sopportare.
L’epicureo si esercitava, si allenava alla distensione e alla serenità, si esercitava a
godere dei piaceri dell’anima e dei piaceri stabili del corpo; altro piacere che si
raccomandava di sviluppare era quello dell’amicizia e quindi il piacere di una vita in
comune, che accettava la partecipazione anche degli schiavi e delle donne, e questa
era una vera rivoluzione per i costumi dell’epoca. Le donne, infatti, che erano state
ammesse, in via eccezionale, nella scuola di Platone, vengono accolte normalmente
in quella epicurea, anche non sposate e perfino delle cortigiane.
Lo stoicismo. Fondato da Zenone, il suo discorso filosofico si concentrava su 3
argomenti: la fisica, la lorica e l’etica. La fisica è indispensabile all’etica perché
insegna all’uomo a riconoscere che ci sono cose che non sono in suo potere e che
dipendono dal Destino, che procede secondo una Ragione che è la stessa di quella che
c’è nell’uomo. E allora bisogna vivere secondo questa ragione, cioè conformemente
alla Legge universale che muove il mondo e anche l’uomo. Nel mondo tutto succede
secondo una necessità razionale e tutto si ripete in maniera eternamente identica; la
ragione, infatti, non può produrre un mondo migliore o peggiore di quello che c’è.
Ma se tutto procede per necessità come possiamo parlare di libertà a proposito
dell’uomo? Come possiamo ammettere che ci sono cose che dipendono da noi e solo
da noi? Questo è il punto più difficile della filosofia stoica. Comunque, l’ambito delle
cose che non dipendono da noi è l’ambito dell’”indifferente”, e l’indifferenza stoica
è diversa da quella pirroniana (o scettica) perché per Pirrone tutto è indifferente, e
una cosa sola non è indifferente: l’indifferenza stessa;l’ambito delle cose che
dipendono da noi è quello della “morale”.
Se per lo stoico tutto è indifferente tranne le cose che dipendono da noi e cioè
l’intenzione morale, come ci si deve orientare nella vita, dove le cose che non
dipendono da noi sono così tante? Lo stoico si sposerà, eserciterà un’attività politica,
un mestiere, servirà la patria?. Lo stoico risponde a questa domanda con la teoria dei
“doveri” o delle “azioni appropriate”, che dice che alla base delle nostre azioni ci
dev’essere comunque l’intenzione di far bene, sia pure con “riserva”. E allora, si
sposerà, farà attività politica, un mestiere, ma sempre con l’intenzione di far bene e
con questa “riserva”: “se il destino me lo permette”.
Quanto alla logi