vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
II-LO SVILUPPO DELL’EMPATIA
Corrispondenza tra sviluppo ontogenetico e filogenetico dell’empatia e suo significato (Darwin)
Circa 10 anni fa un gruppo di ricerca dell’Università di Parma ha intrapreso una serie di
sperimentazioni da cui è emersa la scoperta dei cosiddetti “mirror neurons”. Il nucleo centrale di
questa scoperta starebbe nel fatto che, nel momento in cui si è testimoni di un’azione, si mette in
moto quello stesso meccanismo neurale che si attiva mentre la si esegue.
Differenze tra sistema dei neuroni specchio degli umani e quello dei primati (macachi)
Una volta appurato che i neuroni specchio sono coinvolti nella comprensione delle azioni sociali, i
ricercatori hanno iniziato a chiedersi se fossero implicati anche nelle relazioni sociali, in particolare
nella capacità di condivisione e comprensione degli stati emotivi altrui. I risultati non solo
ribadiscono l’esistenza di neuroni specchio che si attivano quando siamo spettatori o attori di
un’azione, ma suggeriscono che, al crescere dell’empatia provata, i neuroni specchio mostrano
livelli di attivazione maggiore.
La descrizione dell’empatia più articolata e complessa è quella di Hoffman. Questi con empatia non
intende l’esatta corrispondenza tra i propri sentimenti e quelli dell’ altro, ma piuttosto una risposta
affettiva più appropriata alla situazione in cui si trova l’altro che alla propria. Comunque anche
questa capacità subisce uno sviluppo mediante il quale viene acquistando sempre più peso la
componente cognitiva rispetto a quelle affettiva che nelle primissime manifestazioni empatiche ha il
ruolo di maggior rilevanza. In questo modo si raggiunge una forma più evoluta di empatia. In realtà
Hoffman accanto alle componenti tradizionali ne aggiunge una terza: quella motivazionale;
l’esperienza di empatizzare con una persona che sta soffrendo, infatti, rappresenterebbe una
motivazione a mettere in atto comportamenti d’aiuto. L’effetto motivante è innescato dallo stato di
benessere che procura.
Durante lo sviluppo i processi di mediazione della risposta empatica diventano più maturi e
procedono verso una maggiore differenziazione tra sé e l’altro e una più raffinata comprensione del
suo punto di vista. Le modalità di attivazione vicaria si combinano con quello che Hoffman
definisce lo sviluppo del senso cognitivo degli altri che, partendo dalla con-fusione tra sé e l’altro
(primi mesi di vita) raggiunge la consapevolezza dell’oggetto (a circa 2 anni), assume la prospettiva
psicologica dell’altro (seconda infanzia) fino al formarsi del senso d’identità dell’altro.
L’empatia nella sua forma più matura si caratterizza quindi come una risposta ad una serie di
stimoli comprendenti il comportamento, l’espressività e tutto quello che si conosce dell’ altro.
L’acquisizione di questa funzione, dato l’alto livello di complessità dei meccanismi cognitivi
coinvolti, ha un’evoluzione graduale che trova, in buona parte delle persone, pieno compimento
intorno ai 13 anni. Dall’adolescenza in poi l’acquisizione del pensiero formale consente di astrarre
dalla situazione osservata e di rappresentarsi quella dell’altro come stabile.
Un modello altrettanto significativo è quello elaborato da Davis negli anni 80’ e 90. Egli distingue i
processi empatici in non cognitivi, cognitivi semplici e cognitivi avanzati.
Nelle prime fasi dello sviluppo l’empatia è mediata da processi che Davis definisce non cognitivi
perché involontari ed automatici: la reazione circolare primaria e l’imitazione motoria. I processi
cognitivi semplici compaiono a partire dal primo anno di vita e si sviluppano progressivamente
nell’età prescolare. Davis ne individua 3 tipi:
-condizionamento classico
-etichettamento
-associazione diretta
I processi cognitivi avanzati si sviluppano compiutamente nell’arco di tempo che va dall’età scolare
alla preadolescenza. Questi sono:
-associazione mediata dal linguaggio
-il role taking (cognitivo)
Differenza tra etichettamento e associazione mediata dal linguaggio
2
Quindi l’empatia, che si attiva in risposta a stimoli espressivi o situazionali, evolve parallelamente
al sistema cognitivo.
Osservando le aree dello sviluppo più compromesso nelle patologie di autismo e sindrome di down,
si nota come siano quasi speculari rispetto alle dimensioni rilevanti dell’empatia. La principale area
di difficoltà dei bambini con sindrome di down riguarda infatti lo sviluppo cognitivo, mentre la
sfera più problematica dei bambini con autismo riguarda l’incapacità di gestire l’affettività; per
questo è importante studiare la loro capacità di risposta empatica.
I bambini con sindrome di Down si distinguono da quelli con sviluppo tipico, sia per le funzioni
comunicative di cui si servono per cercare d’intervenire sul disagio altrui, sia per le abilità cognitive
di base il cui sviluppo è fortemente discontinuo (il che rende difficile prevedere i cambiamenti della
risposta empatica in funzione dell’età).
Tuttavia questi bambini mostrano un forte interesse alla relazione con l’altro, sono attenti al suo
vissuto emotivo e cercano di confortarlo se lo vedono in difficoltà.
I bambini con autismo hanno grosse difficoltà ad entrare in relazione con l’altro: possono essere
incuranti degli altri bambini, non avere idea dei bisogni degli altri o non accorgersi del malessere di
un’altra persona. Questa compromissione delle capacità relazionali si riflette nella difficoltà di
questi bambini nel riconoscere le espressioni degli altri e di utilizzare lo sguardo di social
referencing per orientarsi di fronte a stimoli inconsueti. Il disagio che i bambini con autismo
provano quando devono interagire con altri si ripercuote nella loro prestazione quando si chiede
loro di empatizzare in situazioni vicine all’esperienza reale. Tuttavia se si richiede di riflettere sul
vissuto di una persona con cui non stanno interagendo (come avviene quando vedono dei filmati), i
bambini mostrano di essere in grado di empatizzare il vissuto dell’altro.
III- E’ POSSIBILE MISURARE L’EMPATIA?
Lo sforzo di misurare l’empatia ha avuto un notevole incremento grazie agli studi condotti
nell’ambito della psicologia dello sviluppo. Infatti nei modelli recenti le 2 componenti dell’empatia
(cognitiva ed affettiva) sono considerate strettamente interrelate e la misura disgiunta di ognuna di
esse risulta essere un processo artificioso e poco informativa ai fini della comprensione del suo
sviluppo e funzionamento. Più fondata sembra essere la distinzione (proposta da Hoffmann)che si
articola prendendo in considerazione le procedure attraverso cui essa viene rilevata. Tale
tassonomia distingue tra misurazioni dell’empatia condotte attraverso la rilevazione di indici
verbali, somatici e psicofisiologici.
L’insieme degli indici che si basano sui resoconti verbali prevedono l’impiego di strumenti quali le
storie figurate (pictures-stories), le interviste ed i questionari di auto ed eterovalutazione.
Differenze tra questionari e storie figurate
Nella seconda tipologia di procedure e di strumenti, quella basata su indici somatici, l’empatia viene
misurata osservando la frequenza e la comparsa di alcuni indici o indicatori somatici. L’empatia
viene così indagata ricorrendo a studi osservativi, in condizioni che vanno dalle osservazioni
naturalistiche a quelle in laboratorio. Gli indici somatici non sono comunque influenzati dal modo
in cui l’individuo pensa di essere o vuole presentarsi agli altri (desiderabilità sociale), come avviene
per gli indici verbali, ma riflettono il modo in cui egli si comporta realmente nel corso delle sue
interazioni. Questo è particolarmente vero nella prima e seconda infanzia.
L’ultima classe di strumenti e procedure è quella degli indici psicofisiologici, basati sulla
rilevazione dei cambiamenti nelle risposte del sistema nervoso autonomo (sudorazione
vasocostrizione, battito cardiaco..etc.). L’utilizzo di questi indicatori è legittimato dal fatto mentre
una persona dichiara distar provando un’emozione per via vicaria, il suo sistema nervoso autonomo
dovrà evidenziare un’attivazione che ne permetta la rilevazione diretta a livello di cambiamenti
elettrofisiologici. 3
IV-EMPATIA, PERSONALITA’, CONDOTTE SOCIALI E ANTISOCIALI
In conseguenza dell’intreccio complesso tra individuo e contesto, la capacità di risposta empatica
può differire notevolmente da soggetto a soggetto e si individua come una disposizione soggettiva a
condividere le emozioni altrui nelle varie situazioni di ogni giorno (“empatia di tratto”). Tuttavia
nei comportamenti empatici di ogni persona ci sono delle variazioni che dipendono strettamente
dalle caratteristiche di una specifica situazione (“empatia di stato”).Risultati di diverse ricerche
hanno evidenziato che le persone più emotive e ansiose mostrano una reattività empatica superiore a
quelle dotate di una maggiore stabilità emotiva, mentre le persone tendenzialmente egocentriche e
incuranti mostrano bassi livelli di empatia.
Come una persona empatica percepisce se stessa- il concetto di sé
Da molti studi emerge inoltre che se un bambino cresce in un contesto in cui le persone sono
responsive ai suoi vissuti emotivi, in cui si sente capito ed accolto, ha buone possibilità di
sviluppare un concetto di sé positivo. Tuttavia c’è anche il rovescio della medaglia; se da un lato
essere empatici vuol dire avere una vita relazionale ricca e soddisfacente, dall’altro significa essere
continuamente esposti a vissuti emotivi intensi (spesso con tono edenico negativo) e questo
continuo coinvolgimento emozionale si può tradurre, a lungo andare, in una sorta d’instabilità
emotiva, d’ansietà e insicurezza che rendono difficoltoso affrontare altre situazioni e rimandano
un’immagine di sé non positiva. Bjorkqvist, Lagerspetz e Kaukiainen (1992) individuano tre
fondamentali forme di aggressività:
-aggressività fisica diretta
-aggressività verbale diretta
-aggressività indiretta
Le manifestazioni aggressive così distinte mutano nell’arco dello sviluppo, ma anche il genere
risulta essere un variabile importante dei comportamenti aggressivi.
Differenze tra aggressività dei maschi e delle femmine nel periodo compreso tra i 10 e 15 anni
Comunque gli studiosi condividono un sostanziale accordo nel ritenere che l’empatia, a partire dalla
fanciullezza, sia in grado d’inibire le condotte aggressive (fisiche e verbali), i comp