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LE CELLULE
Le cellule procariotiche ed eucariotiche costituiscono i nostri punti di riferimento.
Per quanto riguarda le cellule procariotiche sono quelle più approfondite nelle
materie attinenti alla microbiologia, perché sono cellule batteriche. Comunque
molte differenze le si possono riscontrare dal punto di vista fisiologico, parliamo di
aspetti piuttosto generici, ad esempio di strategie di fisiologia collegata a come gli
organismi si riescano a procurare l’energia: l’ATP (adenosintrifosfato) ovvero la
cosiddetta “batteria energetica” degli organismi. Le fonti di energia sono di primaria
importanza per tutte le cellule. Quindi la produzione dell’energia avviene, nel caso
degli organismi, attraverso due strategie
CHEMIOTROFIA
FOTOTROFIA
La prima è quella che di fatto contraddistingue gli organismi come noi umani,
animali… cioè la necessità di utilizzare le sostanze organiche e nella quantità che la
mole dello stesso organismo richiede, organismi questi definiti
CHEMIORGANOTROFI. Le sostanze organiche una volta ingerite vengono demolite e
riutilizzate. L’energia è quindi ottenuta per ossidazione dei composti e viene
conservata all’interno della cellula sotto forma di ATP.
Nel mondo microbico, e in particolar modo nei procarioti (nei batteri), si possono
trovare quegli organismi che sono detti CHEMIOLITOTROFI –l’etimologia della parola
significa “mangiatore di roccia”- cioè quegli organismi che al contrario nostro sono
in grado di utilizzare sostanze inorganiche (H, H solforato, ioni ammonio…) per
ricavare energia; chiaramente se ne ricava molta di meno rispetto a quanto se ne
possa ricavare, invece, dal glucosio. Inoltre molti dei composti inorganici ossidati
sono i prodotti di scarto del metabolismo chemiorganotrofo.
Arriviamo dunque a parlare dell’altro gruppo composto dai cosiddetti FOTOTROFI
che fanno la fotosintesi, le piante in primis ma senza dimenticarsi delle alghe
procariotiche che appartengono al mondo batterico.
I microrganismi sono in grado di vivere in qualsiasi tipo di ambiente, anche quelli
impensabili o estremi (ESTREMOFILI), possono perciò vivere in condizioni di vita
ostile: sorgenti calde, all’interno dei ghiacci che ricoprono i laghi, nei ghiacciai, nei
mari artici, negli specchi d’acqua ad alta concentrazione salina e in suoli e acque con
valori di pH inferiori a 0 o alti fino a 12 (BASOFILI o ACIDOFILI o ALCALOFILI).
Dal punto di vista evolutivo esistono delle variazioni abbastanza evidenti, ci sono
due gruppi più grandi degli altri, tra questi i Proteobactiria, in cui sono compresi una
serie di microrganismi anche patogeni. L’altro gruppo molto consistente fa
riferimento ai batteri Gram-positivi che include alcuni generi tra i quali abbiamo il
Bacillus e il Clostridium caratterizzati, da un punto di vista morfologico, dalla
possibilità di differenziare le spore (l’endospora batterica). In un gruppo di minore
evoluzione si trovano i batteri verdi non solfurei e piano piano andando verso la
base si ritrovano organismi che hanno degli elementi di affinità con l’altro phylum
che è quello degli Archea. Gli organismi riconducibili al gruppo intermedio sono i
Deinococcus molto importante perché a questo afferiscono dei gruppi piuttosto
problematici come ad esempio il Nicobacterium caratterizzati da una struttura molto
rigida nonché consistente e resistente ad alti livelli di radiazione. È un parassita
intracellulare obbligato, vive nell’uomo.
Gli Archea fanno parte del dominio ritenuto più arcaico (anche se molto vicino agli
eucarioti) che presenta il maggior numero di organismi estremofili, molti di questi
sono anaerobici stretti, difficilmente coltivabili.
Il dominio degli Eucarioti evidenzia come all’estremità abbiamo forme più
antecedenti gli animali: alghe verdi, piante, alghe rosse, funghi e ciliati (protozoi); su
un gradino evolutivo leggermente inferiore abbiamo le alghe brune, le muffe
mucillaginose (funghi acquatici), flagellati.
Ad ogni modo il distinguo netto tra la cellula procariotica e quella eucariotica risiede
in ciò che c’è oltre al nucleo, come i mitocondri e altri vari organelli. Ebbene ci sono
degli organismi evolutivamente vicini ai batteri che pur avendo una struttura
cellulare tipica degli eucarioti mancano di mitocondri. Da qui si può parlare di un
concetto affine, l’endosimbiosi: l’evoluzione delle cellule eucariotiche.
C’è tutta una letteratura che parla dei passaggi dalle cellule procariotiche alle cellule
eucariotiche secondo cui i batteri sarebbero stati in qualche modo gli elementi
fagocitati dalla cellula eucariotica in quanto potevano fornirle delle funzioni che
diversamente non avrebbero avuto; da ciò si può dedurre che la cellula eucariotica
abbia fagocitato dei batteri in grado di “respirare”, quindi di utilizzare l’ossigeno per
un metabolismo respirativo e che questa cellula batterica poi non sia altro che il
mitocondrio, cioè il luogo dove di fatto avviene la respirazione. Allo stesso modo la
teoria della endosimbiosi si spinge a dire che i cloroplasti non siano stati altro che
dei batteri fotosintetizzanti ( batteri rossi o batteri verdi) che essendo stati inglobati
nella cellula eucariote le hanno conferito questo carattere e cosi poi di fatto siano
entrati in qualche modo in una forma di simbiosi talmente stretta da trasformare gli
stessi batteri in organelli.
La composizione chimica di una cellula presenta maggiormente l’acqua tra i
componenti (oltre il 90%), però se togliamo l’acqua cellulare troviamo una gran
quantità di macromolecole pressoché organiche (con il 96%), spartite in diverse
frazioni tra cui le proteine che hanno sia un ruolo strutturante che fisiologico; ad
esempio gli enzimi catalizzano le reazioni biologiche e senza di esse la cellula non
potrebbe svolgere nessun altro ruolo. Poi si possono trovare i polisaccaridi, i lipidi, il
DNA, l’RNA… tra le micromolecole ci sono gli ioni e i monomeri.
A questo punto bisogna introdurre i legami chimici di cui distinguiamo tre tipologie:
covalente che è il più difficile da rompere, da’ una struttura e può essere singooi,
doppio, ad anelli ecc; un legame meno rigido è quello idrogeno che si basa sulla
polarità, tra cariche positive e negative, grazie a questi legami si possono creare
macromolecole anche consistenti come le proteine o strutture polipeptidiche o
interazioni che costituiscono il DNA. Le proteine le ritroviamo a livello della
membrana e della parete cellulare che sono anche caratterizzate dalla presenza di
elementi proteici ed è come se costituissero una sorta di discontinuità rispetto a
quello che è la struttura stratificata. I polissaccaridi vanno a inserirsi nella struttura
di rivestimento della parete cellulare e poi li si distinguono endocellularmente a
costituire una sorta di grani di riserva. Anche i lipidi e gli zuccheri assolvono ad un
ruolo simile.
Come si uniscono i monomeri? Attraverso i legami covalenti che vedono la
formazione di ponti, a seconda del tipo di carbonio che viene coinvolto: ad esempio
tra due zuccheri verrà definito glicosidico.
Altre strutture principali per la vita cellulare sono i lipidi che sono costituiti
essenzialmente da catene idrocarburiche (quindi carbonio e idrogeno), catene lineari
che costituiscono gli acidi grassi; questi ultimi sono catene di diversa lunghezza che
possono essere sature (che non presenta doppi legami) oppure insature,
monoinsature se c’è un doppio legame…
Gli idrocarburi (catene di idrogeno e carbonio) hanno alle estremità un gruppo
carbossilico, questo è il COOH, che conferisce acidità alla struttura. Ebbene questi
acidi grassi si possono unire a formare la molecola del grasso vera e propria che è un
lipide detto appunto trigliceride dove in realtà abbiamo un alcool (il glicerolo) che si
unisce attraverso legami covalenti -detti estere- ai gruppi acidi e quindi al gruppo
carbossilico a formare appunto il trigliceride. Quando si sente parlare di olii vegetali
si fa riferimento essenzialmente a questa struttura, grassi insaturi, quindi meno solidi
al contrario dei grassi saturi. La parte interessante dei lipidi è questa proprietà
anfipatica e cioè il fatto che questi acidi grassi abbiano una base idrofobica mentre
l’altra estremità è idrofilica.
È importante considerare che mentre nel mondo vegetale o animale noi siamo
abituati a trovare il classico lipide trigliceride, nell’ambito dei microrganismi
ritroviamo dei lipidi complessi, strutture che sono un pochino più variegate; c’è il
glicerolo che per esempio si lega solo a due acidi grassi lasciando modo di legare
insieme anche altre strutture che possono essere dei fosfati oppure strutture
glicosidiche.
Nel mondo microbico, ma non solo, possiamo trovare molti lipidi complessi che
hanno questa prerogativa cioè di poter associare gli acidi grassi anche a gruppi
diversi.
Per quanto riguarda gli acidi nucleici abbiamo le strutture cosiddette pirimidiniche e
puriniche: le prime comprendono citosina, timina e uracile basi azotate che si
possono trovare sia nell’RNA che nel DNA (in particolare la citosina e la timina nel
DNA) mentre citosina e uracile nel RNA; per le seconde ci sono strutture che
troviamo in entrambi gli acidi nucleici. Quando queste strutture si associano al
ribosio -come nel caso della adenina- noi otteniamo un nucleoside, quindi base
azotata più uno zucchero… se a questo si associa anche il gruppo fosfato otteniamo
un nucleotide. Quindi quando si legge “acidi nucleici”, “nucleotidi”, si viene
ricondotti alla base azotata, allo zucchero (il ribosio o deossiribosio) e il gruppo
fosfato. Chiaramente si parla sempre di legami covalenti.
Un nucleotide molto particolare è quello che abbiamo citato prima, l’ATP,
l’adenosintrifosfato, questa struttura è appunto costituita da adenina più ribosio -
che formano l’adenosina- a questa poi si lega il gruppo fosfato a formare un
nucleotide. Il nucleotide è quello che noi in questo caso specifico consideriamo
l’adenosinmonofosfato, tuttavia ha la particolarità di poter legare altri gruppi fosfato
a formare dunque l’adenosindifosfato o trifosfato.