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Siquis me sinat usque basiare,
Usque ad milia basiem trecenta,
Nec numquam videar satur futurus,
Non si densior aridis aristis
Sit nostrae seges osculationis
O Giovenzio, se qualcuno mi permettesse di baciare
continuamente i tuoi occhi dolci come il miele fino a trecentomila
baci, non mi sembrerebbe di essere sazio in futuro, neanche se
più fitta delle messi mature fosse la messe dei miei baci.
Caratteristiche Carme 48
Mellitos tuos oculos: omoteleuto e metonimia. Oculos, gli occhi
●
indicano il volto di Giovenzio
Allitterazione della -s-: ha la funzione di evocare una scena
●
sensuale.
Aridis e Aristis: paronomasia. Questa figura retorica consiste
●
nell'accostare parole che hanno suono simile. Queste sono anche
metafora dei baci e iperbole.
Usque: antanaclasi. Usque ha in entrambi i casi funzione
●
avverbiale, ma viene tradotta in modo diverso: al verso 2 con
“continuamente”, al verso 3 con “fino a”. Per quanto riguarda usque si
verifica anche una sorta di anadiplosi, ovvero la ripetizione di una
parola usata al termine di un verso, all'inzio del successivo.
Il linguaggio: l'uso dell'aggettivo mellitos, la ripetizione di parole che
●
esprimono l'atto nel baciare, caratterizzano il carme di una particolare
dolcezza e tradiscono anche un certo trasporto erotico. La scelta di
una metafora di tipo campestre, richiede l'uso di un linguaggio più
umile e quotidiano e questo è sintomo della natura semplice e genuina
del rapporto tra i due amanti.
Carme 5
Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,
Rumoresque senum severiorum
Omnes unius aestimemus assis.
Soles occidere et redire possunt;
Nobis cum semel occidit brevis lux,
Nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
Dein mille altera, dein secunda cento,
Deinde usque altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
Conturbabimus illa, ne sciamus,
Aut ne quis malus invidere possit,
Cum tantum sciat esse basiorum
Viviamo e amiamo, mia Lesbia. Le chiacchiere dei vecchi troppo severi, tutte
non consideriamole neanche un po'. Il sole può tramontare e risorgere; per
noi, una volta che la breve luce tramonta, dovremo dormire di una notte
eterna. Dammi mille baci, poi cento, e poi altri mille poi ancora altri cento, e
poi quando ne conteremo molte migliaia le confonderemo insieme per non
conoscerle, cosicché nessun maligno possa invidiarci sapendo quanti sono i
nostri baci. Carme 7
Quaeris quo mihi basiationes
Tuae, Lesbia, sint satis superque.
Quam magnus numerus Libyssae harenae
Lasarpiciferis iacet Cyrenis,
Oraclum Iovis inter aestuosi
Et Battu veteris sacrum sepulcrum.
Aut quam sidera multa, cum tacet nox,
Furtivos hominum vident amores,
Tam te basia multa basiare
Vesano satis et super Catullo est,
Quae nec pernumerare curiosi
Possint nec mala fascinare lingua.
Mi chiedi Lesbia quanti dei tuoi baci mi saranno sufficienti e in avanzo
– quanto grande è il numero delle sabbie libiche distese a Cirene
fertile di silfio tra l'oracolo infuocato di Giove e il santo sepolcro di
Batto, o tanti quante le stelle che, nel silenzio della notte, spiano i
furtivi amori degli uomini. Tante volte baciarti basterà e sarà troppo a
Catullo folle, che i curiosi non possano contare e né la lingua maligna
maledire. Caratteristiche Carme 5
Allitterazione della -s- e della -u-: essa serve a creare un contrasto tra
●
il suono sensuale della -s- che richiama il rumore del chiacchiericcio e il
suono cupo delle -u- che si richiama la gravosità dei rimproveri.
Senum severiorum: omoteleuto che rafforza il senso di gravosità.
● Omnes/unius: antitesi volta a sottolineare la poca importanza delle
●
chiacchiere dei vecchi moralisti.
Brevis Lux/Perpetua Nox: antitesi volta ad enfatizzare la metafora
●
della vita vista come un breve giorno di sole a cui si contrappone la
morte vista come un'eterna notte
Deinde e Centum: rispettivamente in anafora e epifora per ricreare la
●
sensazione il numero incalzante dei baci
Facerimus e Contubabimus: legge dell'anteriorità che sottolinea la
●
volontà di proteggere i baci
Caratteristiche carme 7
Vv. 3,8: metafore iperboliche che enfatizzano l'impossibilità di contare
●
il numero dei baci
vr.4 e vr.8: iperbati per sottolineare la distanza. Al vr. 8 ricorre il topos
●
delle stelle testimoni degli amori
Vr.5: anastrofe di iter e ipallage di aestuosi che concorda con Iovis,
●
anziché con oraclum
Analogia: essa consiste nel tema: in tutti e tre i carmi viene sviluppato il
tema del bacio, infatti essi appartengono ad un ciclo appunto detto “dei
baci”. Catullo tenta di enumerarli, ma senza darne una quantità precisa.
Anche il linguaggio, naturalmente, li accomuna poiché il poeta tenta in
tutti e tre i carmi di stabilire un'atmosfera sensuale e romantica.
Differenze: tra il carme 48 e gli altri due carmi dedicati a Lesbia
insistono molte differenze. Il primo più evidente consiste nel modus con
enumerare
cui Catullo cerca di i baci. Nel carme 48, dà un numero
definito, nel carme 5 pur utilizzando delle cifre numeriche, esse hanno
comunque valenza indefinita, proprio per creare un senso di confusione,
nel 7, vengono utilizzate esclusivamente delle metafore iperboliche. Altra
metafore,
differenza è nella qualità delle agli ambiti a cui Catullo fa
riferimento: nel 48, si rifà al tema campestre, nei carmi 5 e 7 le metafore
sono molto più raffinate e arricchite anche dall'uso di numerosi artifici
retorici; nel 7, si presuppone anche una conoscenza della geografia e
della storia greca; non solo, egli fa anche riferimento agli astri e a luoghi
sacri elevando il concetto espresso, ponendo dunque Lesbia in una
condizione di superiorità. La terza differenza riguarda il tentativo di
proteggere il suo amore
Catullo di dalle malelingue, ricorrendo a delle
formule magiche come quella di confondere il numero dei baci, presente
nei carmi 5 e 7 e assente nel 48, probabilmente questo deriva dalla
diversa natura delle due relazioni.
Carme 24
O qui flosculus es Ioventiorum,
Non horum modo; sed quot aut fuerunt
Aut posthac aliis erunt in annis,
Mallem divitias Midae dedisses
Isti, quoi neque servus ab illo amari.
<<Qui? Non est homo bellus?>> inquies. Est;
Sed bello huic neque servus est neque arca.
Hoc tu quam lubet abice elevaque; .
Nec servum tamen ille habet neque arcam
O tu che sei il fiore dei Giovenzi, non solo di questi, ma di quanti furono
e in seguito saranno negli altri anni, avrei preferito che avessi dato le
ricchezze di Mida a costui, che non possiede né uno schiavo né una
cassa, che permettessi d'essere così amato da lui. <<Come? Non è un
uomo brillante?>> dirai. Sì, lo è, ma quest'uomo brillante non possiede
né uno schiavo né una cassa. Tu questo disprezzalo e trascuralo quanto
vuoi; tuttavia costui non possiede né uno schiavo né una cassa
Carme 81
Nemone in tanto potuit populo esse, Iuventi,
Bellus homo, quem tu diligere inciperes,
Praetererquam iste tuus moribunda a sede Pisauri
Hospes inaurata pallidior statua,
Qui tibi nunc cordi est, quem tu praeponere nobis
Audes? Ei! Nescis quod facinus facias.
Nessun uomo brillante poté esserci in tanta gente, o Giovenzio, che tu
cominciassi ad amare eccetto questo ospite dalla moribonda sede di
Pesaro, più pallido di una statua dorata, che ora ti stia a cuore che tu
osi anteporre a noi, e non sai quale gesto commetti?
Caratteristiche carme 24
Flosculus: il diminutivo è utilizzato per dare un carezzevole avvio al
● carme. (cfr 99,1; 48, 1)
Vv.2,3 : questa formula che si trova tre volte in Catullo, qui esprime
● l'esuberante affetto per Giovenzio
Divitias Midae : allegoria che vuole mostare quanto Giovenzio abbia
● da offrire
Bellus : diminutivo di bonus, soppiantando formosus. Ricorre 14 volte
● in Catullo Caratteristiche Carme 81
Moribunda : cioè “mortifera”, riferito a Pesaro, a causa della grave
● decadenza ai tempi di Catullo
Iste tuus moribuda ab sede Pisauri: è un blocco sintatticamente
● unitario, ma stilisticamente discontinuo. Iste tuus: familiare e
sprezzante; hospes di lega bene a moribunda ab sede Pisauri
poiché ne continua la funzione parodica.
Carme 58
Caeli, Lesbia nostra, Lesbia, illa,
Illa Lesbia, quam Catullus unam
Plus quam se atque suos amavit omnes,
Nunc in quadriviis et angiportis
Glubit magnanimos Remi nepotes.
Celio, la nostra Lesbia, quella Lesbia, Lei, Lesbia, la sola che
Catullo ha amato più di se stesso e di tutti i suoi, ora negli incroci e
nei vicoli scortica i nipoti del magnanimo Remo.
Analogie: in tutti e tre i carmi traspare chiaramente il motivo della
gelosia che attanaglia Catullo, il quale si pone ancora una volta come
vittima, come soggetto passivo che subisce le azioni e le scelte dei
suoi amanti
Differenze: tuttavia anche in questo caso Catullo si rivolge in modo
differente ai suoi amanti, ammondendoli di non riservagli la giusta
attenzione. Nei cami 24 e 81, il poeta vuole “aprire gli occhi” del
giovanetto sventato e volubile che subisce il fascino dello “homo
bellus” e cerca di fargli capire di che la sua scelta, in realtà, è ricaduta
su due poveracci. Pone così al centro del discorso di due
rivali,accusando il primo di essere brillante ma di non possedere nulla,
mentre contro il secondo inveisce definendolo malsano, proprio come
la città di provenienza. Colloca così in “mellitus puer” in un'atmosfera
bonaria ironia.
di Nel carme 58, il tema della gelosia è affrontato in
modo diretto, il poeta reagisce duramente al tradimento, riversando
rabbia e risentimento nei versi, è importante la metafora con
valenza oscena che vede la donna tanto amata, il cui nome viene
enfaticamente ripetuto tre volte all'inizio del carme, si limiti, ormai ad
intrattenere numerose relazioni erotiche prive di coinvolgimento
emotivo. Carme 16
Pedicabo ego vos et irrumabo,
Aureli Furi,
pathice et cinaede
Qui me ex versiculis meis putastis,
Quod sunt molliculi, parum pudicum.
Nam castum esse decet pium poetam
Ipsum, versiculos nihil necesse est,
Qui tum denique habent salem ac leporem,
Si sunt molliculi ac parum pudici
Et quod pruriat incitare possunt,
Non dico pueris, sed his pilosis
Qui duros nequeunt movere lumbos.
Vos, quei milia multa basiorum
Legistis male me marem putatis?
Pedicabo ego vos et irrumabo
Caratteristiche carme 1