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STENOSI MITRALICA
È un restringimento della valvola mitralica che ostacola lo svuotamento dell’atrio sinistro con
conseguente aumento della pressione atriale sinistra. Un sintomo sarà la dispnea per la quale il pz
si reca dal medico.
EZIOLOGIA:
- Molti casi sono conseguenza di una malattia reumatica
- Causa sempre più frequenti di stenosi mitralica è la degenerazione calcifica della valvola
- Forme congenite
SINTOMATOLOGIA: c’è quando la malattia è severa dispnea, emoftoe, affaticamento, edema
polmonare.
DIAGNOSI:
Esame obiettivo
Ecocardiografia, valutazione del gradiente pressorio trans mitralico
Cateterismo cardiaco
TRATTAMENTO
Profilassi antibiotica per la prevenzione di endocardite)
Trattamento medico (non risolutivo):
ACE-inibitori
Diuretici
Digitale – Beta-bloccanti
Indicazioni a trattamento percutaneo (valvuloplastica) o sostituzione valvolare chirurgica
sono la classe funzionale NYHA III-IV (Dispnea per sforzi lievi o a riposo)
INSUFFICIENZA MITRALICA
Reflusso di sangue dal ventricolo all’atrio sinistro, dovuto ad un anomalia della valvola mitralica.
Tale anomalia comporta per l’organismo una diminuzione del flusso sanguigno in uscita e quindi
il cuore si sottopone ad uno sforzo maggiore, l’organo cerca in qualche modo di compensare
l’insufficienza, pompando con maggiore intensità.
EZIOLOGIA
Malattie reumatiche, infarti…
L’insufficienza può essere primaria o secondaria. Nell’insufficienza primaria c’è un’alterazione dei
lembi valvolari. Nelle forme secondarie c’è una dilatazione del ventricolo sinistro. pag. 24
SINTOMI: segni e sintomi di scompenso cardiaco retrogrado (dispnea, edema polmonare, ridotta
tolleranza all’esercizio). Nei casi in cui c’è un’insufficienza acuta abbiamo uno shock cardiogeno
perché il cuore spinge il cuore indietro in atrio e quindi si riduce la portata cardiaca.
ESAMI: radiografia del torace, cateterismo cardiaco, angiografia coronarica, ECG, ecocardiografia,
esami di laboratorio.
TRATTAMENTO
Profilassi antibiotica per la prevenzione di endocardite
Trattamento medico (non risolutivo):
ACE-inibitori
Diuretici
Digitale – Beta-bloccanti
Nitroprussiati (in caso di IM acute e Edema polmonare acuto)
Contropulsatore aortico (in caso di IM acuta e shock)
Indicazioni a trattamento percutaneo (valvuloplastica) o sostituzione valvolare chirurgica
sono la classe funzionale NYHA III-IV (Dispnea per sforzi lievi o a riposo)
Cardiologia
a
7 lezione
ATEROSCLEROSI
Rappresenta la prima causa di morte nel mondo occidentale. Può interessare le arterie del corpo:
carotidi, renali, arti inferiori ecc. Colpisce sia le arterie elastiche che sono i vasi di conduttanza =
grossi condotti arteriosi che devono trasportare grandi quantità di sangue e che sono quindi le
arterie più vicine al cuore. Possiedono proprietà elastiche per fare in modo di ammortizzare il
rialzo pressorio: quando arriva il sangue nell’aorta la sua elasticità fa in modo che si minimizza il
rialzo pressorio che si avrebbe in caso di un vaso rigido. Le altre arterie colpite sono le arterie
muscolari che sono di medio calibro (poplitee).
Non sono mai affette le piccolissime arterie, le arteriole.
L’aterosclerosi è una malattia che colpisce la tonaca intima, lo strato più interno delle arterie.
Inizialmente è uno strato molto sottile, ma in esso col passare degli anni, si possono verificare
degli accumuli di sostanze quali lipidi e cellule infiammatorie che in qualche modo portano ad un
ispessimento della parete.
La placca aterosclerotica è data a lipidi, collagene, cellule infiammatorie ecc. esso è un processo
infiammatorio. pag. 25
È una malattia che non ha una data di inizio, ma è un processo continuo che prosegue per tutta la
vita. Ci sono alcuni soggetti più fortunati che non hanno dei fattori di rischio e ci sono dei soggetti
che hanno evoluzioni più rapide della malattia e sviluppano un processo più aggressivo.
Tutto parte dal danno epiteliale. L’endotelio rappresenta una struttura importante perché produce
una miriade di sostanze coinvolte nella regolazione del tono dei vasi (producono sostanze
vasodilatatrici) ma al tempo stesso producono sostanze vasocostrittrici. Le celle endoteliali
producono sostanze anti-aggreganti che agiscono inibendo le piastrine e al tempo stesso
producono sostanze pro-aggreganti. Producono sostanze anti-infiammatorie e infiammatorie.
I fattori di rischio danneggiano la funzionalità dell’endotelio ed esso modifica le sostanze che
produce assumendo un profilo pro-trombotico. L’endotelio rappresenta una barriera meccanica di
protezione con l’intima. Comincia l’accumulo di lipidi. Successivamente, migrazione di cellule
infiammatorie e di macrofagi. Poi le cellule infiammatorie cominciano a produrre sostanze che
richiamano le cellule muscolari dalla tonaca media. Una volta entrati nell’intima, le cellule
muscolari si trasformano diventando fibroblasti e cominciano a produrre tessuto
connettivo/cicatriziale e man mano la placca comincia ad ingrandirsi. Per cui la tonaca intima si
ingrandisce. I macrofagi cercano di inglobare le lipoproteine che contengono colesterolo che sono
passate all’interno della parete. Si comincia a creare un “cuore” della placca e in superficie si
formerà una sorta di cappuccio fibroso. Man mano il processo aumenta sempre più.
L’evoluzione è varia: ci possono essere delle situazioni in cui la placca nel tempo si accresce e si
arriverà in un punto in cui la coronaria comincerà a restringersi e quando raggiunge un valore
preciso, il soggetto quando farà sforzo avrà angina da sforzo. Ci sono anche delle evoluzioni in cui
il processo può essere completamente diverso: quella capsula fibrosa che separa la placca dal
sangue, può andare in contro ad assottigliamento fin quando la placca si rompe tutto ciò che è
all’interno della placca viene esposto a contatto col sangue attivazione dell’aggregazione
piastrinica perché le sostanze contenute nella placca sono delle sostanze trombotiche. Quindi
quando la placca si danneggia, si attiva in maniera improvvisa e “catastrofica” la coagulazione.
Questo può portare alla chiusura completa della coronaria.
È importante valutare la composizione della placca perché si sono alcune placche più gravi e lo
spessore della capsula fibrosa che separa la placca dal sangue. Inizialmente si pesava che l’infarto
era conseguenza di una coronaria che si chiudeva perché si formava un coagulo/trombo. Quello
che emerse dagli studi era che le placche che si formavano dove c’era il coagulo, non davano dei
restringimenti importanti. Quindi il rischio che una placca possa dare infarto non dipende dal
restringimento dell’arteria. La situazione più pericolosa è quando ci sono delle placche che
sdanno un restringimento del vaso di grado minore che non danno sintomatologia. Queste
causano IMA. L’obiettivo del futuro è quello di andare ad individuare le zone dove la placca avrà
un cappuccio fibrotico più sottile.
-Placca: ad un certo punto si rompe, tutto quello che c’è dentro fuoriesce e si forma un coagulo. In
realtà concettualmente il coagulo ha la funzione di riparare la zona dove c’è stato un danno. Ma
successivamente quello che era un meccanismo di difesa diventa un’arma a doppio taglio perché il
processo di coagulazione viene attivato in maniera esagerata fino ad ostruire il vaso. pag. 26
Nel momento in cui si rompe una placca c’è una sindrome coronarica acuta che può avere dei
sintomi diversa a seconda del grado di formazione del trombo. Se il trombo comporta la completa
chiusura della coronaria si avrà l’infarto peggiore. In altre situazione il coagulo può “limitarsi”, il
pz può avere un po’ di dolore ma non c’è una chiusura completa della coronaria.
Quando si fa l’angioplastica si è in grado di aspirare il trombo. Si è visto che questi trombi erano
già organizzati, come se l’evento fosse successo qualche giorno prima.
Quando ci si trova di fronte ad un’IMA il danno può essere iniziato qualche giorno prima.
-Quando si fa uno sforzo, nei casi di una riduzione del lume della coronaria, essa non riesce più a
garantire un’aumentata quantità di sangue perché quando il cuore fa uno sforzo esso ha bisogno
di più cataboliti. Compare un dolore da sforzo angina da sforzo conseguente ad una carenza di
ossigeno al muscolo cardiaco.
POSIZIONAMENTO STENT: durante l’angioplastica, all’interno della coronaria si fa passare un
filo di metallo sul quale si fanno scorrere le protesi. Si gonfia il palloncino spiaccicando la placca.
Dopo di ché si gonfia il palloncino e lo stent rimane all’interno della coronaria impendendo il
restringimento della coronaria.
Ovviamente c’è il rischio che il trombo o la placca possano provocare un’embolizzazione distale,
ma con le nuove tecniche questo rischio è ridotto. Si utilizzano infatti dei tromboaspiratori o dei
filtri che vengono messi subito dopo il restringimento e servono a bloccare i coaguli che altrimenti
tenderebbero a migrare distalmente nelle arteriole e tappare il microcircolo.
Quali sono i fattori di rischio cardiovascolari?
Non modificabili
a. Sesso maschile (le donne tendono ad andare peggio dopo la menopausa)
b. Genetica (storia familiare)
Modificabili
a. Fumo (soprattutto di sigaretta)
b. Ipertensione arteriosa
c. Ipercolesterolemia (bassi livelli di colesterolo buono e alti livelli di colesterolo cattivo
d. Diabete mellito
e. Sindrome metabolica associazione di più fattori (ipertensione, obesità,
iperglicemia, HDL basse) e solitamente colpisce i pz obesi perché l’addome produce
delle sostanze che hanno degli effetti deleteri su pressione, glicemia… gli adipociti
del bambino hanno memoria e successivamente si svilupperanno delle patologie
quali diabete, ipertensione ecc…
f. Infiammazione soggetti che hanno alterazioni del sistema immunitario
Nuovi
a. Lipoproteina a
b. Omocisteina: prodotto del catabolismo delle proteine
c. Fattori della coagulazione
d. Vitamina D: agisce sulla placca aterosclerotica pag. 27
IPERTENSIONE ARTERIOSA
È una situazione in cui la pressione arteriosa è alta. Esistono vari valori soglia:
Ottimale < 120 e <80
Normale < 130 e <85
Normale al