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Da questo momento il serpente sarà uno dei protagonisti della scena, agendo in modo
terribile (stritolando ed avvelenando i compagni che non possono fare niente).
VERSO 46-54: il serpente, velocissimo, riesce ad ucciderli con il morso e lo
stritolamento. Non lascia nemmeno loro il tempo di preparare né le armi né la fuga.
Ovidio ora introduce il tempo, ovvero mezzogiorno, e il punto di vista ritorna quello
di Cadmo si chiede perché i compagni sono in ritardo, mentre lui li aspetta nel luogo
in cui fare i sacrifici. Allora si mette alla loro ricerca.
Ovidio ci dice che Cadmo indossa una copertura di pelle di leone, come arma ha una
lancia di ferro splendente e un giavellotto, e un coraggio più forte di ogni arma. Il suo
animo è più valente di qualsiasi arma.
Questo è un tratto che fino a questo momento non era stato evidenziato, fino a ora era
stato detto solo che era pio.
VERSO 55-71: Cadmo entra nel bosco, e subito vede i corpi morti dei compagni e il
serpente sta sopra di loro. Il serpente viene definito hostem, solitamente riferito agli
uomini ma con ciò non si vuole rendere minore la sua mostruosità. È un duello in cui
lui è pari ad un uomo.
Cadmo dice che vendicherà i corpi dei compagni, che qui li definisce corpi
fedelissimi, ovvero sia fedeli seguaci durante la vita, sia perché , in caso di morte, li
avrebbe seguiti nella morte.
Detto ciò, prende un masso, che sarà la sua prima arma.
Anche Euripide riporta la tradizione di Cadmo che uccide il serpente con un masso, e
Ovidio lo segue.
Con un gusto un po’ favolistico, Cadmo lancia il masso ma il serpente rimane salvo,
difeso dalle sue squame come se fossero un’armatura. Allora Cadmo usa il
giavellotto, che la durezza delle squame non riescono a vincere. Il giavellotto rimane
conficcato nella spina dorsale del serpente, che ora inizia ad agitarsi. Il serpente si
inferocisce per il dolore e gira la testa verso le spalle, dove c’è lsa ferita, e morde il
giavellotto nel tentativo di strapparlo. Non ci riesce perché il ferro era conficcato
nelle ossa.
VERSI 72-80: il serpente, con un ghigno quasi umano, reagisce con il veleno, capace
di uccidere non solo gli esseri umani ma anche il terreno. È una situazione di
apparente vittoria per Cadmo, che invece ha spinto il serpente a mostrare tutte le sue
armi.
Vi è la descrizione del mostro: le azioni sono più di una, fatte in rapida successione,
compiute dal serpente. Le azioni sono cingitur, adstat, fertur, proturbat. Queste
azioni sono intervallate da avverbi di tempo: modo, interdum, nunc. E sono usati per
descrivere il carattere continuato del movimento, fatto da una figura molto vivace.
VERSO 81-89: qui si entra nel vivo dello scontro corpo a corpo. Cadmo riesce a
resistere agli assalti, sia perché protetto dalla pelle di leone, sia perché tende la punta
della lancia in avanti per tenerlo a distanza.
Al verso 83 c’è che è un verbo epico usato per indicare l’eroe
furit che agisce da solo
in battaglia. Qui è usato per il serpente, per cui vengono usate delle parole che lo
umanizzano, rendedolo un altro guerriero (era già stato usato hostem al verso 56).
Il serpente tenta di contrastare la lancia con i denti, ma inizia a farsi male ai denti.
C’è molto realismo animale nel serpente, perché anche se è un mostro è pur sempre
un animale.
Ciò fa sanguinare il serpente. Comunque, la ferita è lieve e riesce ad evitare i colpi di
Cadmo indietreggiando.
VERSO 90-99: il serpente viene ostacolato da una quercia e Cadmo riesce a
conficcare la sua cervice al tronco,usando la lancia.
Ovidio prima di descrivere la reazione di Cadmo, descrive quella dell’albero che
prova dolore, curvandosi sotto il peso del serpente, e gemendo del fatto che il suo
legno sia flagellato dalla coda del serpente.
Cadmo adesso viene definito victor (prima era stato usato per il serpente).
voce all’improvviso. Non si sa
Mentre Cadmo sta osservando il serpente, sente una
da dove provenga questa voce, ma è chiaro che non appartiene al mondo umano. La
voce si rivolge a Cadmo, chiamandolo figlio di Agenore, e chiedendogli perché
contempla il serpente morto. Aggiunge poi che anche lui sarà osservato in quanto
serpente (cioè quando prenderà la forma di serpente).
VERSO 99-103: Cadmo è impaurito ma ciò non è in contraddizione con il suo
eroismo perché sa che questa voce è di un essere superiore.
dall’aria Pallade che gli ordina cosa fare,
Scende ovvero sotterrare i denti del serpente
sotto la terra smossa. I denti sono detti semi del popolo futuro.
Cadmo sta per fondare una nuova città, ma è da solo perché i suoi compagni sono
stati uccisi tutti.
Questo richiama la storia di Eucalione e Pirra che, dopo il diluvio che uccide
l’umanità, la devono rifondare seminando dei sassi.
Ricorda anche il mito degli Argonauti di Apollonio Rodio, in cui Giasone giunto
nella Colchide, per ottenere il vello d’oro deve superare varie prove. Tra queste prove
c’è anche quella di dover seminare la terra con i denti del drago. Da questi denti
usciranno dei guerrieri.
Quindi, quello dei denti che seminati danno origine a qualcosa, è tradizione mitica-
archaicizzante.
L’apparizione di Pallide è funzionale, assomiglia un po’ ad un’epifania a cui
mancano i caratteri sacrali.
La dea gli da subito un ordine, ovvero di sotterrare i denti.
E’ un precetto che viene da una divinità a cui bisogna credere, anche perché fino ad
ora non lo hanno mai ingannato.
VERSO 105-123: Dopo che i denti sono stati seminati iniziano a spuntare gli uomini.
Prima escono cose che fanno parte di un’armatura, di cui sembra siano vestiti.
Emergono, quindi, dei guerrieri già armati.
Queste creature nascendo dai denti del drago sono aggressivi. Inoltre, essendo il
serpente devoto a Marte, tutto ciò che nasce da lui è bellicoso, non è pacifico.
Infatti, la prima cosa che fanno è uccidersi tra di loro scoppia una specie di guerra
civile, resa più grave dal fatto che, essendo nati dalla terra, è come se fossero fratelli.
Questo è un presagio della guerra fratricida che avrà luogo a Tebe tra Eteocle e
Polinice, figli di Edipo.
Vi è una sorta di maledizione sulla linea maschile, perché in quella femminile,
nonostante eventi terribili, nascerà comunque un dio, Dioniso.
VERSI 124-136: Da questa lotta rimangono solo 5 superstiti, uno dei quali è Echione
(Ovidio si sofferma solo su di lui), colui che propone di fare un patto di pace.
verso 125 c’è
Al plangebat, ovvero toccarono con il loro petto la madre insanguinata.
Questo verbo indica il battersi il petto delle donne durante il lutto. Vi è
un’umanizzazione della madre terra, che soffre per la morte dei suoi figli.
Ovidio non racconta tutta la creazione di Tebe, ma passa direttamente a Tebe che già
esiste.
L’esilio di Cadmo viene definito felix exilio, ovvero che il suo è un esilio ben riuscito
Ovidio riassume in pochi versi il futuro di Cadmo e della sua famigli (ovviamente il
noto quindi non c’era bisogno di raccontarlo).Sua moglie è Armonia, figlia
mito era
di Marte e Venere.
L’apostrofe a Cadmo finisce con una sententia di tipo gnomico. Questo serve ad
Ovidio per anticipare ciò che andrà a narrare dopo, ovvero il nipote Cadmo, Atteone.
Dice che Cadmo nella sua vita poteva godersi la felicità, ma ha avuto molte tragedie
nella sua famiglia. Una di queste è appunto il nipote Atteone.
Questo da unitarietà al III libro perché l’episodio successivo riguarda un nipote di
Cadmo, e lo introduce in modo molto chiaro.
Dopo di Atteone (nipote di Cadmo perché figlio della figlia), racconta di Semele
(figlia di Cadmo e madre di Dionisio), poi Tiresia (che non fa parte della famiglia di
Cadmo ma profetizza il futuro di Tebe), poi Narciso (racconta la sua storia perché
l’ambiente è tebano, e la madre ebbe una profezia da Tiresia), e infine Penteo (nipote
di Cadmo da parte della figlia che sposò Echione).
Nelle Fenicie di Euripide viene narrata la storia dei figli di Edipo, ovvero Eteocle e
Polinice. Nel primo coro viene ripreso il mito di Cadmo.
Ovidio riprende i primi 4 versi: è presente la provenienza da Tiro, la giovenca, il fatto
e la profezia dell’oracolo per quanto riguarda il fatto che la
che si stende a terra
pianura sia fertile Ovidio non lo specifica, ma dice che ci sono acque, quindi si
potrebbe dire che sia fertile.
E poi ripreso lo scontro con il drago. Ma se Euripide dice che lo uccide con il sasso,
Ovidio dice che lo uccide con la lancia e il giavellotto.
Anche qui c’è Pallante che gli dice di seminare i denti da cui poi nascono i guerrieri.
SAGGIO DI PHILIP HARDIE: “OVID’S THEBAN HISTORY: THE FIRST
ANTI AENEID?”
nota che sia nel III libro dell’Eneide che nel III libro delle Metamorfosi vi è
Hardie
un episodio di fondazione. Ma se Enea fa dei tentativi sbagliati di fondazione (perché
non riesce ad interpretare i vari oracoli), mentre Cadmo fonda subito Tebe.
Vi è quindi un echeggiamento da un lato antitetico, perché Cadmo fonda una città che
ha già nell’origine una guerra fratricida che poi la porterà alla distruzione. Quindi lui
fonda una grande città ma che è segnata sin dalla nascita dalla violenza, e che poi
finirà.
Mentre Enea fonderà una città che poi diventerà la grande Roma.
Hardie pensa che questo mito di Cadmo possa essere visto come anti Eneide, in
quanto è un mito di fondazione non riuscito.
ULRICH SCHIMITZER: “ZEITGESCHICHTE IN OVIDS
METAMORPHOSEN”
Schmitzer pensa che Cadmo allude ad Enea, ma anche ad Augusto, in quanto
fondatore pius. Inoltre Cadmo come Augusto vedeva in Apollo il suo dio protettore.
IV LIBRO (V.563-603)
In questi versi Ovidio racconta la trasformazione di Cadmo in serpente.
ripresa da Dante nell’Inferno, in cui un serpente si trasforma in
Questa scena viene
uomo.
Questa scena è collocata nella seconda metà del IV libro, non all’inizio, e segna la
fine della storia di Cadmo, che termina con la parola dragones. Mentre il IV libro
finisce con la parola anguis (serpenti), molto suggestivo anche se è riferito a Medea.
VERSI 563-575: Cadmo esce dalla sua città perché capisce che tutte le disgrazie
capita alle sua famiglia forse sono dovute al fatto che il serpente che aveva ucciso era
divino. Fugge con la moglie che non lo abbandona mai, e i due sono definiti profughi,
dell’Illiria.