vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
possibilità di mostrare la plausibilità della fede, ad esempio sostenendo la razionalità delle sue
prove storiche: non è la via di affermazione della fede, ma una delle possibili vie di cui si serve la
Grazia per disporre l'uomo alla fede in Dio.
Tuttavia emerge qui un paradosso: vi è un qualche rapporto fra finito ed infinito, rapporto
che non può non essere riconosciuto, ma che non può essere pensato. Da una parte si ha una ragione
che tende costantemente all'infinito, ma dall'altra anche una certa impotenza del cuore: la ragione
infatti non si accontenta dei primi principi della geometria, matematica presentati dal cuore, bensì
cerca di giustificarli razionalmente. In più la ragione tenta di arrivare all'infinito da sola: cerca di
conoscere Dio con le sue proprie forze, fallendo, come nel caso delle prove dell'esistenza di Dio. In
tal senso, Pascal ritiene che ogni prova razionale che sia stata offerta dell'esistenza di Dio sia una
prova complessa ed, in ogni caso, il dio la cui esistenza viene ad essere giustificata da parte della
ragione è ben diverso da Dio delle Scritture: inoltre la medesima dimostrazione può essere oggetto
di dubbio.
La ragione è secondo Pascal una facoltà formale: il che significa che essa può
potenzialmente dimostrare qualunque tesi: ed essa è in un rapporto di scissione con il cuore.
Perché? Il cuore, pur essendo l'organo dei primi principi, della rivelazione dell'infinito, è lontano
dall'adesione tout-court, con l'infinito stesso; il cuore conserva traccia di quella presenza primigenia
della Verità in lui (Dio) che però ha perso a causa del peccato originale. Allontanandosi dalla verità,
il cuore ha perduto la possibilità di mediazione fra finito ed infinito ed a causa del peccato originale
si è venuta a creare una scissione fra cuore e ragione, che solo l'intervento della Grazia può
superare, anche se ciò significa che la scissione fra di essa non possa venire superata. Riorientare il
cuore alla verità è possibile pertanto solo grazie alla riconquista (e non al ritorno) del rapporto con
la Verità, riconquista che si dà solo negativamente: il primo passo da compiere è infatti di spogliarsi
della pretesa di cogliere positivamente l'infinito, ossia dalla pretesa di una conoscenza diretta,
pretesa che è peculiare del razionalismo dogmatico, così come dello scetticismo, che ritiene non
esista verità alcuna (pensando che quest'affermazione sia la verità e quindi ammettendo
implicitamente la possibilità di affermazione positiva dell'infinito stesso).
Nell'uomo vi è un duplice aspetto, che rende la sua condizione così particolare: l'uomo reca
in sé traccia di Dio, ma d'altro canto, egli è scisso dalla verità, in una condizione di misera distanza.
Solo la consapevolezza della sua miseria, testimonia della grandezza dell'uomo; l'uomo può tornare
ad un qualche rapporto con la verità nella misura in cui la sua ragione nega a se stessa la possibilità
di giungere affermativamente a Dio. Solo nell'autonegazione delle pretese razionali è insita la
possibilità del ritorno alla Verità. La ragione può tornare alla Verità (di cui ha qualche residuo ideale
a partire dal cuore) solo negando le proprie pretese di affermazione e giustificazione razionali: solo
se, ergo, la ragione scommette sull'esistenza di Dio e di una vita ultraterrena.