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utilizzare un terreno solido devo aggiungere dell’agar, agarosio, gelrite , phytagel
-> sostanze che danno consistenza gelatinosa alla soluzione. Le aggiungo prima di
mettere tutto in autoclave. Se uso un terreno solido quando tiro fuori la bottiglia
dall’autoclave, la faccio raffreddare, ma non troppo perché se no si gelifica nella
bottiglia. Vantaggio di usare terreni solidi: ad esempio con piastre Petri posso impilarle
ed occupano poco spazio. Si forma una situazione disomogenea, le cellule sotto
risultano a contatto col terreno di coltura mentre quelle sopra no. Quelle sopra sono
più facilitate negli scambi gassosi. Ad esempio nelle cellule del callo si può creare una
certa polarità di struttura. Mentre per quanto riguarda il terreno liquido non bisogna
aggiungere una sostanza gelificante. Quali sono i vantaggi di questo terreno? In una
beuta c’è l’espianto e più o meno tutte le cellule dell’espianto sperimentano la stessa
condizione. Lo svantaggio è che queste colture per permettere la crescita delle cellule
devono essere areate perché se no le cellule vanno in anossia. Quindi devono essere
messe su degli agitatori orbitanti che ruotano e permettono l’agitazione del liquido
(30-150 rpm). Cosa succede? Occupano molto posto al contrario delle piastre Petri. Le
colture su terreno solido presentano anche notevoli inconvenienti soprattutto a livello
di callo. Si determina infatti pressochè in tutti i calli una certa differenziazione cellulare
che giunge, in alcuni casi, anche alla formazione di vasi conduttori. Ciò è dovuto al
fatto che non tutte le cellule del callo si trovano nelle stesse condizioni ambientali: le
cellule degli strati più esterni sono, infatti, più direttamente a contatto delle sostanze
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nutritive e dei gas rispetto alle cellule degli strati più
interni. La coltura di cellule vegetali in sospensione in
terreni liquidi permette di evitare alcuni dei problemi
legati alle condizioni di crescita su terreni solidi, il terreno
liquido infatti: facilita gli scambi nutritivi e gassosi e
permette di evitare fenomeni di polarizzazione.
Fase di lag: le cellule si preparano alla divisione
Fase esponenziale: la velocità di divisione cellulare
è massima
Fase di decelerazione: la velocità di divisione cellulare cala
Fase stazionaria: il numero di cellule resta costa
Fattori fisici che influenzano la crescita in coltura
Esigenze di luce: non necessaria solo per la fotosintesi, ma induce una serie di
fenomeni morfogenetici. Le piante rispondono al rapporto ore di luce/buio mettendo in
atto dei processi di morfogenesi. La quantità di luce necessaria è molto inferiore a
quella in campo ed essenzialmente necessaria per la fotomorfogenesi. Importante
anche il fotoperiodo in quanto attiva programmi morfogenetici. Normalmente si usa un
fotoperiodo di 16/8. Talvolta le prime fasi si devono svolgere al buio. Le risposte alla
luce sono dipendenti dal genotipo e dalla natura dell’espianto. La temperatura è
importante perché anche in questo caso cambia la morfologia. La temperatura di una
camera di crescita è di solito 24-28°C. Talvolta, sulla base delle esigenze dell’espianto
sono necessarie temperature più basse (18°C) o più elevate (28°C) soprattutto nel
caso di specie tropicali.
Organizzazione laboratorio di colture in vitro
Stanza per la preparazione di tutto il materiale, con autoclavi, lava-vetrerie, necessario
per la sterilizzazione. Poi c’è una parte più operativa con cappe sterili. Poi c’è una
camera di crescita con luce e temperatura controllate per lo sviluppo degli espianti.
Inquinamenti
Virus
Batteri, identificabili come aloni lattiginosi o colonie mucillaginose che crescono
sulla superficie del terreno di coltura. A volte possono essere colorati (giallo,
rosa, etc.). Cefotaxime 50 mg/L può essere aggiunto al terreno di coltura per
limitare le infezioni batteriche.
Funghi, crescita di masserelle lanose di micelio spesso bianche o grigiastre. Se
Penicillium, Rhizopus
verdi -> se con piccoli granuli neri ->
Micoplasmi
Micro artropodi e tripidi
A volte succede che l’espianto diventi molto scuro perché molte specie vegetali sono
ricche di sostanze chiamate polifenoli che sono prodotte in situazioni di stress,
presenza di patogeni/insetti, questi provocano delle lacerazioni e attraverso queste
lacerazioni possono entrare batteri che danneggiano la vitalità della pianta. La pianta
produce una serie di composti che hanno proprietà antibatteriche o comunque di
chiusura della ferita. I polifenoli entrano nella composizione della parete della cellula
vegetale. Quando si taglia con i bisturi si va a mimare la presenza di un insetto o una
lesione, quindi l’espianto reagisce con produzione di sostanze come queste. Però se
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raggiungono una situazione, concentrazione molto elevata di polifenoli è dannoso per
la cellula perché inibiscono l’attività enzimatica e possono danneggiare
irreversibilmente l’espianto. Dopo la dissezione i polifenoli sono ossidati dalla
polifenolo ossidasi e i tessuti diventano bruni. I polifenoli ossidati inibiscono l’attività
enzimatica e possono danneggiare irreversibilmente l’espianto. Si può cercare di
evitare il fenomeno aggiungendo antiossidanti (acido ascorbico, acido citrico, PVP) al
terreno di coltura. C’è anche la formazione di una “cintura di sicurezza” intorno alla
parte lesa, perché ad esempio molto virus si propagano in presenza di cellule vegetali.
Quindi se inducono una morte programmata impedisce l’ulteriore progressione
dell’infezione virali. Si ottiene aumentando la concentrazione di sostanze tossiche
nelle cellule vicine all’infezione virale. I polifenoli quindi svolgono due funzioni: a basse
[] servono per formare la parete, ad alte [] induce danni.
In coltura, come anche in natura, i tessuti lesionati portano alla produzione di molecole
che possono inibire la vitalità delle cellule vegetali. In coltura non voglio ciò e limito il
fenomeno aggiungendo degli antiossidanti (acido ascorbico, acido citrico, PVP) che
contrastano la formazione di queste sostanze. La formazione di queste sostanza è
molto specie-specifica. Alcuni problemi con la coltura in vitro posso risolvere stando
attenta altri problemi sono intrinseci al genoma con cui sto lavorando.
APPLICAZIONI DELLE COLTURE IN VITRO
Micropropagazione
Applicazione delle tecniche di coltura in vitro per la moltiplicazione massiva di piante
con un determinato fenotipo e background (genotipo) di grande importanza. La
variabilità genetica dovuta all’unione di patrimoni genetici diversi è un bene prezioso
per ottenere nuove combinazioni di geni, ma se l’obiettivo è quello di ottenere dei
cloni, cioè discendenze con le stesse caratteristiche genotipiche (e quindi con le stesse
caratteristiche organolettiche e produttive) della pianta madre, si deve ricorrere
necessariamente alla propagazione vegetativa. La riproduzione vegetativa di massa
non è meno costosa di quella per seme, ma è giustificata dalla superiorità ed
uniformità degli specifici cloni. Inoltre consente di realizzare, nel corso dell’anno,
un’attività continua (indipendente dalla stagione vegetativa) con un programma di
produzione più vicino alle esigenze di mercato. Prima di essere commercializzate viene
fatta una certa crescita in serra, perché comunque la pianta che si preleva dal vitro è
molto delicata. Perché non ha mai conosciuto un ambiente non sterile inoltre è sempre
vissuta in un ambiente con un’elevatissima umidità quindi la sua tendenza sarà quella
di avere sempre gli stomi aperti. Quindi bisogna far ambientare la pianta da una
situazione di sterilità ad una situazione naturale, fondamentale la fase di
acclimatazione in serra.
orchidee
Esempio:
Il mercato di orchidee raggiunge i 200 milioni di dollari! La germinazione dei semi di
orchidee è di estrema difficoltà essendo basata sulla simbiosi con specifici funghi.
Propagazione generativa: se il fiore viene impolverato, si genera una capsula si
demi con innumerevoli semi che però generano piante non identiche una all’altra. Ed è
per questo motivo che la propagazione generativa non è adatta ad una coltivazione
precisa, di varietà distinte detta propagazione viene però usata per l’ibridazione di
nuove varietà. Si prende il polline e si inseminano le singole piante, inoltre questa
operazione è piuttosto laboriosa (perché c’è la possibilità che si danneggi il polline).
Oggi invece si utilizza la propagazione in vitro, si parte da due tipi di espianti: gemme
apicali o coltura internodale. Le piante giovani vengono tolte dal contenitore, avendo
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cura di togliere i residui del terreno di coltura.
È importante lavorare con cura per non
danneggiare le radici e le foglie, affinché le
piantine rimangano sane e possano subito
iniziare a crescere con forza. Già in questa
fase di trapianto è importante selezionare le
piante in diverse grandezze e per numero di
radici. Si può avere una quantità enorme di
piante tutte identiche tra loro pronte per il
mercato. Si possono utilizzare le colture in
vitro anche per le piante forestali che sono
fondamentali per la riforestazione. Si
producono anche piante di interesse agronomico.
Conservazione
Preso atto dell’erosione genetica o rischio di estinzione di un certo taxon si
in situ
programmano le strategie di conservazione più idonee al caso: conservazione e
ex situ.
conservazione Conservazione in situ: protezione delle specie nel loro ambiente
naturale. Conservazione ex situ: protezione del germoplasma rimosso dall’ambiente
naturale e conservato in collezioni.
Conservazione ex situ
Criteri che giustificano la coltivazione ex situ di una specie selvatica minacciata:
La specie è minacciata su grandi areali
Determinate popolazioni di queste specie sono compromesse in modo
irrimediabile
Esistono siti naturali o di sostituzione idonei alla reintroduzione delle specie
coltivate
Oltre a mantenere le risorse genetiche esistenti, la conservazione ex situ è funzionale
anche ad altri importanti obiettivi:
Fornire popolazioni di riserva o stock da utilizzare per consentire la
sopravvivenza delle specie durante le fasi di reintroduzione e ripopolamento o
per favorire il recupero e la riabilitazione degli habitat
Assicurare, attraverso lo stoccaggio a lunga scadenza, materiale per bisogni
futuri
Sviluppare nuove