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Il ruolo dei batteri nel settore caseario

Nel caso del settore caseario si selezionano diversi batteri lattici che portano a trasformazioni diverse; si usano starter LAB che sono microrganismi che svolgono la loro funzione abbassando il pH e contribuiscono alla fase iniziale di maturazione. Poi si hanno i non starter che intervengono nella fase di maturazione che conferiscono pull di enzimi e danno al prodotto caratteristiche sensoriali particolari.

I starter LAB sono un insieme di batteri che acidificano nella fase iniziale e l'arrivo di un batteriofago porta a uno stop di questa fase iniziale portando alla fermentation failure dove il prodotto viene rigettato; le strategie che possono essere messe in atto riguardano l'azienda utilizzatrice delle specie per tenere sotto controllo i fagi e anche a livello di produzione di colture fago-resistenti.

I batteriofagi possono arrivare all'azienda utilizzatrice in diversi modi: i fagi sono ubiquitari e possono essere già presenti nell'atte e quindi si può...

Scegliere un latte di qualità con contaminazioni batteriche basse; nel caso in cui un'azienda permette trattamento termico, la pastorizzazione consente di ridurre la concentrazione batterica. Nei casi in cui il processo tecnologico non permette il trattamento termico per garantire che la concentrazione batterica rimanga sotto 10^4-5 si deve avere un sistema di approcci come la pulizia delle cisterne, in quanto se la pulizia non viene fatta in maniera corretta e si utilizza in maniera scorretta il latte risulta già essere contaminato. Un'altra modalità è selezionare i ceppi di batteri impiegati come colture starter: questo deve essere fatto dall'azienda che produce colture starter che verifica che non si abbiano fagi temperati che si attivano nelle fasi di produzione. Un fago temperato è importante nelle fasi finali di lavorazione e maturazione a lungo termine perché se è in grado di attivarsi, la cellula muore ma la lisi porta.

All'uscita del pull enzimatico che riversa un ruolo importante nella maturazione. L'azienda che produce starter deve considerare questi fattori. Un'altra modalità è la corretta divisione degli ambienti: il latte in arrivo presenta una carica fagica bassa ma il siero finale di lavorazione dopo la precipitazione proteica ha una concentrazione fagica più alta e questi due liquidi devono stare in due zone diverse dell'azienda produttrice e quindi si devono avere percorsi e processi nella stessa direzione. L'aerosol è un agente infettante e per limitare i problemi collegati bisogna avere un sistema di filtri per l'aria con raggi UV per diminuire la carica dei batteriofagi. Un altro meccanismo che porta all'aumento dei fagi è l'impiego di whey protein concentrate in quanto il siero viene trattato termicamente e concentrato che è destinato per mangimistica o viene utilizzato come ingrediente in quanto

conferisce caratteristiche tecnologiche migliori al prodotto latte; sottoporre fagi a trattamenti termici per concentrare il siero porta a uno sviluppo veloce della resistenza e il fago accumula mutazioni. Il fago sviluppa resistenza allo stress termico e quindi nel lungo tempo sopravvive e ritrovandosi nel latte si sviluppa portando avanti la variante resistente alla temperatura. Si hanno mutazioni puntiformi con modifiche di diversi geni che conferiscono una maggiore resistenza termica e viene creata in maniera veloce sottoponendo la coltura a diverse temperature e a livello genetico si modificano amminoacidi singoli a livello del capside. Le aziende utilizzatrici possono utilizzare colture dirette inoculando il latte direttamente quando si avvia la lavorazione bypassando la crescita della coltura batterica; con la fase di crescita batterica si ha più probabilità di sviluppo di batteriofagi. Nel caso dell'azienda produttrice, importante è il concetto di rotazione:

sihanno ceppi con la stessa caratteristica tecnologica ma che presentano una diversa sensibilità fagica; da diversi batteri si ottengono curve con una crescita uguale ma nel contempo in cui si sviluppano i batteri si sviluppano anche batteriofagi. Alla fine della prima rotazione, la curva dei batteriofagi raggiunge il massimo e il giorno dopo è consigliato cambiare rotazione con gli stessi batteri con stessa velocità di crescita ma a livello dei batteriofagi si ha una diminuzione e si assiste alla crescita dei batteriofagi nuovi. La stessa cosa succede con le rotazioni successive e di conseguenza si ha la diminuzione dei fagi precedenti e un aumento di quelli dopo. I batteriofagi sono ceppo-specifici e quindi si usa lo stesso ceppo con le stesse caratteristiche tecnologiche ma con diversa sensibilità ai fagi. Il secondo approccio più usato è mettere a punto ceppi batterici che vengono resi resistenti contro uno o più batteriofagi di interesse e letecniche messe in atto non sono OGM. Una cellula può modificare una sua caratteristica per rendere un batteriofago non in grado di infettarla; la cellula può modificare i recettori a livello di parete impedendo al batteriofago di riconoscere la cellula come proprio ospite. Il secondo meccanismo riguarda il blocco del DNA e quando il batteriofago introduce il DNA viene bloccato e non riesce a entrare regolarmente nel citoplasma e la sintesi non può iniziare. Un altro meccanismo è avere la presenza di enzimi che tagliano il DNA esterno. Sullo stesso principio funzionano anche i sistemi CRISPR cas che sono sistemi che riguardano il meccanismo di memoria di immunità delle cellule batteriche; quando le cellule incontrano un agente patogeno possono memorizzare l'attacco e poi nelle fasi successive di incontro riconoscono e agiscono. Poi si hanno meccanismi abortivi in cui le cellule batteriche vanno incontro a una morte programmata nel momento in cui il

Il DNAfago entra perché si attiva una serie di proteine in cui le cellule infettate vanno incontro a una morte programmata, ma quelle vive non infettate continuano a vivere. Si possono creare BIMs a partire dall'identificazione del problema tramite un costante monitoraggio; si raccolgono sieri in laboratorio e si verifica se i ceppi in produzione sono attaccati o no. Quando un ceppo risulta essere attaccato da molti sieri si capisce che è diventato debole perché in natura un fago o più fagi sono in grado di attaccarli. Da qui si isolano BIMs mettendo a contatto il ceppo che si vuole irrobustire con fagi e in piastra appaiono colonie che sono state in grado di crescere e quindi resistenti ai fagi; isolando la colonia si fanno degli studi ulteriori verificando che la colonia mantiene la resistenza anche nelle replicazioni successive ma si verificano anche le proprietà tecnologiche. Spesso quando si lavora con ceppi produttori di EPS quando si crea una

variante resistente si ha un ceppo che perde la capacità di produrre EPS perché vuoldire che il batterio modifica un recettore che porta alla non produzione di EPS e quindi al non riconoscimento dal batteriofago. Una volta fatto questo, si passa all'impianto pilota e si fa lo scale up per vedere se da scala laboratorio si può passare a volumi più grandi mantenendo le caratteristiche. Dopo di che si valuta la performance del ceppo in miscela con altri batteri e in ultimo si ritorna alla fase di monitoraggio in commercio e si testa regolarmente con tutti sieri di lavorazione per verificare per quanto mantenere resistenza. La resistenza di un ceppo contro diversi sieri è molto variabile in quanto può durare anni oppure dopo pochi mesi; questo perché la creazione avviene in maniera casuale senza tecniche OGM. La phage therapy si ha quando i batteriofagi diventano un fattore positivo in quanto con la loro capacità di infettare in manieraspecifica le cellule possono essere impiegati per usarli contro batteri pericolosi e indesiderati. L'applicazione dei fagi contro batteri patogeni ha due principali settori di applicazione: la riduzione dell'utilizzo antibiotici con un vantaggio nell'utilizzo perché sono ceppo-specifici a differenza degli antibiotici che sono ad ampio raggio. I batteriofagi mantengono in vita la popolazione batterica positiva e uccidono solo quelli problematici. L'altra applicazione si ha in ambito alimentare per la difesa da Listeria, Salmonella, E. coli e Shigella; utilizzando questi batteriofagi si ha un'applicazione green ed efficiente per il trattamento degli alimenti. In Europa non è ancora possibile utilizzare batteriofagi rispetto a Usa e Oceania dove vengono utilizzati durante il processo di lavorazione; essendo una green solution possono essere impiegati nel processo industriale e non devono essere indicati in etichetta in quanto non hanno più

Azionenel prodotto finito. In Europa si hanno diversi dibattiti per capire l'importanza dell'utilizzo in sostituzione allesostanze già impiegate.

Sistema proteolitico dei batteri lattici

Il primo componente che interviene nel sistema proteolitico è quello esterno, ovvero le proteasi di pareteche agiscono ancorate alla parete della superficie delle cellule (PrtP); si tratta di serin-proteasi che non hannoconnessione con la membrana cellulare ma in alcuni ceppi sono legate al peptido-glicano. Una volta svoltaquesta azione, i peptidi vengono trasportati all'interno con un sistema di trasporto dedicato ATP al recuperodi peptidi. Non tutti i microrgansimi hanno la capacità di recuperare la stessa dimensione dei peptidi; sipossono recuperare peptidi fino a 30-40 amminoacidi, mentre per dimensioni superiori è difficile. Le proteasidi parete sono siglate in funzione del tipo di microrgansimo in cui sono state descritte: PrtP I e III sono

diLactococcus lactis, PrtB di Lactobacillus delbruckeii subsp. bulgaricus ecc. Queste proteasi sono caratterizzate dalla capacità di tagliare in maniera specifica le caseine, ovvero tendono ad avere dei siti di taglio prioritari rispetto ad altri e possono essere caratterizzate in funzione di dove avviene il taglio; il frammento che viene utilizzato è il frammento 1-23 della caseina alfa-s1 e sottoponendo il peptide all'azione delle proteasi di parete e vedendo i frammenti generati in funzione delle diverse proteasi di parete si hanno diversi tagli e la posizione è con alta frequenza quando la freccia è nera, altrimenti è con minor frequenza. Non si tratta di proteasi ad ampio spettro, non hanno un'azione proteolitica spinta sulle caseine, servono per generare ciò che serve ai microrganismi per recuperare la fonte di azoto; nel latte la fonte di azoto è la condizione più limitante per la crescita dei microrganismi in quanto si deve

avere una spesa energetica per la creazione di proteasi. Nel latte si hanno anche amminoacidi liberi che sono in un range di concentrazione da pochi microMol fino a 100-200 microM e consumata questa fonte si devono avere le proteasi. Le pro
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A.A. 2021-2022
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SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/15 Scienze e tecnologie alimentari

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessia.perego di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biotecnologie delle fermentazioni industriali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Mora Diego.