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MSX.Espressione del gene eterologo nel vettore di espressioneff fi fi fi ff

Appunti di Marco Morosetti Appunti di Marco Morosetti Appunti di Marco Morosetti

L'espressione del prodotto genico eterologo è migliorato inserendo un siti di introne tra il promotore e il gene clonato. Se non sono presenti giuntura intronici (indicati con nella figura) una parte della regione codificatrice del gene clonato può subire un'eliminazione. È molto importante la presenza di questi siti, i quali favoriscono l'espressione del gene. Probabilmente quando si mette un cDNA dove gli introni sono stati eliminati, si possono creare delle frammentazioni dell'espressione, cioè l'espressione non avviene in maniera adeguata (l'mRNA può essere troncato). Probabilmente il gene clonato può contenere dei siti di splicing criptici e la presenza dell'introne, mettendo all'interno del vettore di espressione delle piccole porzioni che

corrispondono ai siti di giunzione degli introni, fa in modo di concentrare l'attenzione su quei punti e quindi i siti criptici intronici vengono meno considerati dal punto di vista statistico. In questo modo il risultato di ottenere un trascritto intero aumenta. Quindi è importante aggiungerli. Nell'immagine vediamo che sono stati messi sotto un unico promotore due geni (quello della DHFR, che sarebbe il gene marcatore selezionabile e il gene α, ovvero quello di cui si vuole ottenere l'espressione), e a valle di essi è presente il sito di poliadenilazione (pa). Tra il promotore e la DHFR e tra questa e il gene α sono stati messi due siti di giunzione intronica (:). Si avrà così un trascritto primario e poi in splicing, seguito, mediante uno si avrà la traduzione sia della DHFR, ma anche dell'RNA che porta l'informazione per la proteina eterologa. Proteine costituite da più subunità Molte proteine attive da un

Da un punto di vista funzionale, le proteine sono costituite da più subunità. In genere, poterle far associare in vitro è abbastanza difficile. Si è pensato di creare dei sistemi di vettori di espressione che possano far avvenire dentro la cellula l'assemblaggio delle subunità. Una delle tante proteine costituita da più subunità è l'emoglobina: dette α e β subunità. Per far avvenire l'espressione in vitro, bisogna inserire nella cellula di mammifero due vettori di espressione, ognuno recante il gene per una subunità, entrambi con il promotore e con il segnale di poliadenilazione, come si può vedere nell'immagine. Nella cellula avviene l'espressione dell'mRNA per il gene α e l'espressione dell'mRNA per il gene β + la successiva associazione a formare la proteina completa. Il fatto che i vettori di espressione siano 2 per una stessa proteina.

può provocare die problemi in quanto potrebbe esserci uno squilibrio stechiometrico che porta alla produzione di solo una subunità o più di una rispetto all'altra. La soluzione creata è quella di inserire all'interno del vettore direttamente tutti e due gli mRNA dell'affi fi fi proteina, con uno stessa tipologia di promotore (ma ognuno il suo) e il sistema a cassetta segnale di poliadenilazione -> Vettore di espressione dicistronico

Per migliorare ulteriormente la resa delle proteine eterologhe si è escogitato un altro sistema, ovvero il vettore di espressione dicistronico. Vediamo che entrambi i geni corrispondenti alle due subunità proteiche sono sotto un unico promotore e sotto un unico IRES di segnale di poliadenilazione. In mezzo c'è un sito detto (sito accesso ribosomiale interno), in modo da poter ottenere un unico trascritto.

Dei due geni, che poi verranno tradotti in maniera ancor più bilanciata, mediante una traduzione simultanea, per poi ottenere la proteina assemblata.

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Mutagenesi: mirata e casuale

Quando parliamo di mutagenesi dobbiamo fare una distinzione, in in vivo e in vitro:

Se una certa popolazione, della quale si seleziona un tipo di fenotipo, viene trattata con tecniche di genetica molecolare, che prevedono l'utilizzo di agenti mutageni, si isola il gene di interesse.

In questo caso si tratta di mutagenesi in vivo, la quale è legata al tipo di cellule e in genere viene fatta su organismi semplici, che si riproducono in modo controllato e di cui si conosce bene la genetica, la biochimica, ecc. (es. lievito, E.Coli, Drosophila).

Se facciamo riferimento alla mutagenesi in vitro, ci riferiamo a quelle particolari tecniche di biologia molecolare grazie alle quali

È possibile effettuare delle mutazioni in vitro a livello di alcuni geni, e successivamente il gene viene reintrodotto nell'ospite e si va così a valutare il suo fenotipo. La mutagenesi in vitro permette di cambiare la sequenza nucleotidica di un frammento di DNA, e inoltre le mutazioni possono essere localizzate o generali, casuali o mirate. Si conoscono due metodi con i quali è possibile fare mutanti in vitro, senza avere una selezione fenotipica: Analisi di regioni regolative (metodi meno specifici) oppure Ingegneria proteica: analisi del contributo di singoli aminoacidi (o gruppi di aminoacidi), alla struttura e funzione della proteina target. Questi però sono i metodi meno specifici. Mutagenesi mirata e manipolazione delle proteine Le proteine che possono essere ottenute mediante i sistemi di cui abbiamo parlato nell'argomento "Proteine eterologhe", oltre che essere proteine farmacologicamente attive, possono essere utilizzate anche in campo.

industriale (in genere sono enzimi), ma potrebbero essere modificate dai processi industriali stessi. Esempio: nei detersivi viene aggiunto un enzima chiamato subtilisina, che è attivo quando è presente il calcio. Nel processo della produzione dei detersivi, c'è una fase in cui viene utilizzato l'EDTA (è un chelante di vari ioni metallici). Se nel processo esso è presente, nel mezzo in cui viene effettuata la produzione dei detersivi, la subtilisina non può agire perché non sarà più presente il calcio. Per risolvere questo problema, si potrebbe creare una subtilisina che sia attiva anche in assenza di calcio: bisognerebbe modificare la conformazione proteica!

Applicando un insieme di tecniche che cambiano in modo specifico gli aminoacidi codificati da un gene clonato è possibile creare proteine, le cui proprietà

siano meglio adatte alle applicazioni industriali e terapeutiche, di quanto non siano quelle delle sostanze omologhe naturali:
  • Alterando la Km per migliorare il rendimento catalitico complessivo.
  • Cambiando la resistenza al calore o la stabilità al pH.
  • Modificando la reattività di un enzima in solventi non acquosi.
  • Cambiando un enzima in modo tale che non occorra più il co-fattore.
  • Modificando il sito di legame del substrato di un enzima per aumentarne la specificità.
  • Aumentare la resistenza di una proteina nei confronti delle proteasi cellulari per semplificare la purificazione.
  • Alterando la regolazione allosterica di un enzima per diminuire l'effetto dell'inibizione da feedback del metabolita, aumentando così la resa del prodotto.
Modificare le proteine a livello degli aminoacidi è molto complicato: occorrerebbe bypassare queste difficoltà attraverso una modifica a livello del DNA! Talvolta per modificare le proteine, si utilizzano tecniche di ingegneria genetica.

Care le proprietà di una proteina occorre modicare due o più aminoacidi che nella sequenza lineare sono distanti, ma che il ripiegamento della proteina colloca l'uno accanto all'altro. Per stabilire quali aminoacidi debbano essere cambiati è necessario conoscere la struttura tridimensionale della proteina.

Qui riportiamo una serie di enzimi che possono essere utilizzati nei processi industriali:

ff fififi fi fi fi fi ffi fi fi

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Mutagenesi mirata basata sul batteriofago M13 mutazione sito-specifica

Questo è un tipo di per produrre, in un gene clonato in un vettore a base di un batteriofago M13, mutazioni puntiformi definite.

Come viene effettuata questa mutagenesi?

Si prende il batteriofago e si inserisce il gene clonato che si trova nella forma a doppio lamento. Successivamente si isola la forma a singolo lamento (lamento M13+) e la si mette a contatto con un oligonucleotide che abbiamo

ottenuto sinteticamente e che possiede la sequenza complementare ad un singolo frammento, tranne che per un primo nucleotide. Questo (oligonucleotide) porterà una sostituzione di una base, che farà mutare una tripletta (es. quella che porta l'informazione per l'isoleucina si trasformerà nella tripletta che codifica il frammento di Klenowprimer per la leucina). A questo viene aggiunto il dNTP di una polimerasi e a partire dal 3' verrà ad essere sintetizzato un lamento complementare a quello iniziale. Per poter chiudere questo pezzo si aggiunge una DNA ligasi e il DNA virale (contenente il gene mutato) verrà utilizzato per la mutagenesi mirata agli isoleucinae ettuare una trasformazione in oligonucleotidi con DNA M13 è un E.Coli. A questo punto si metodo sito-specifico per produrre leucina in un gene clonato in un vettore a andranno ad osservare delle base di batteriofago M13 mutazioni placche, sulle quali si isolano i puntiformi definite.

M13 che portano laIl gene clonato viene inserito nellemutazione. I fagi mutati propagatiforma (replicativa) a doppioin E. coli si identi cano mediantefilamento del vettore basato sulbatteriofago M13.ibridazione del DNA con sondeSi isola la forma ad un solocostituite dall’oligo iniziale. Isolatafilamento (filamento M13+) e la sila forma di M13 a doppiomescola con un oligonucleotidelamento, si estrae il gene mutatoche possiede, tranne che per unnucleotide, la sequenzamediante digestione con enzimi dicomplementare ad un segmentorestrizione e lo si inserisce in undel gene.vettore di espressione plasmidico.Con questo sistema si recuperasolo 1-5% delle pla

Dettagli
A.A. 2021-2022
193 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/13 Biologia applicata

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MarcoMorosetti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biotecnologie cellulari e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Politecnica delle Marche - Ancona o del prof Canapa Adriana.