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PET.L'ALTRA APPLICAZIONE: L'IPERTERMIA DEI TUMORI
L'ipertermia dei tumori è un'applicazione molto utilizzata. Utilizziamo nanoparticelle di dimensioni nanometriche che si accumulano passivamente nei tumori, sfruttando l'effetto EPR per direzionare le particelle nel tumore. I vasi sanguigni del tumore sono disordinati e non sviluppano un sistema linfatico efficiente, presentando diverse tortuosità. Questa architettura nella vascolatura tumorale è meno capace di dissipare il calore, quindi se riusciamo a mandare le particelle dentro il tumore e le scaldiamo, il tumore sarà meno capace di dissipare il calore generato. Il calore verrà trattenuto all'interno della massa, consentendo una diversa distribuzione della temperatura nel tumore o nel tessuto sano. Aumentando la temperatura si attivano i meccanismi di apoptosi nel tumore.
quindi si ha la riduzione della massa tumorale, gli ossidi di ferr sono in grado di generare calore localizzato siccome ogni particella è come se fosse un singolo magnete che si allinea con il campo esterno. Quando rimuovo il campo esterno, la magnetizzazione torna a zero. Applicando un campo alternato che fa ruotare il magnete continuamente, si genera calore localizzato e questo calore lo posso sfruttare per indurre apoptosi o necrosi delle cellule tumorali. Il problema è che le cellule tumorali non sono passive e quindi, così come si adattano ai farmaci, si possono adattare all'aumento di temperatura e attivare un meccanismo di difesa. Inoltre, dobbiamo iniettare elevate dosi di particelle per avere un accumulo sostanziale nel tumore e quindi un effetto ipertermico. Le alte dosi possono portare a problemi di tossicità localizzata perché gli ossidi di ferro sono biocompatibili ma non biodegradabili e si accumulano nel fegato o nel cervello. Cisono diversi gruppi di animali trattati con le particelle di ossidi di ferro per ipertermia. La Nanoprobes® sta attualmente validando queste particelle a livello preclinico, utilizzando piccoli animali. Durante gli esperimenti, le particelle vengono iniettate per via endovenosa e sfruttano l'effetto EPR77 per accumularsi nel tumore. Si è osservato che nel tumore viene indotta una temperatura superiore ai 60°C, mentre nei tessuti circostanti la temperatura rimane accettabile. Durante il trattamento, gli animali vengono sottoposti a un campo magnetico alternato, che provoca il riscaldamento delle particelle. Dall'analisi della curva di sopravvivenza, si è notato che gli animali trattati con le particelle sopravvivono fino alla fine del trattamento. Al giorno zero, il 100% degli animali è vivo. Man mano che la curva scende, si osserva che un certo numero di soggetti abbandona lo studio. Nei gruppi di controllo, in cui gli animali vengono trattati solo con le particelle o non vengono trattati affatto, si osserva che tutti gli animali muoiono dopo circa 10 giorni. Questi risultati preliminari sono molto promettenti e indicano che l'uso delle particelle di ossidi di ferro per ipertermia potrebbe essere una strategia efficace nel trattamento dei tumori. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per confermare questi risultati e valutare l'efficacia e la sicurezza di questa terapia.Animali trattati con le nanoparticelle magnetiche e il campo magnetico sopravvivono molto bene fino alla fine dello studio (quasi tutti). In un primo gruppo sopravvivono 9 animali su 10 mentre nel secondo studio ne sopravvivono 7 su 9. Su questi modelli preclinici questo tipo di nanoparticelle funziona. Iniettare per via sistemica sembra più favorevole che iniettare localmente perché con le iniezioni intratumorali si perdono margini del tumore mentre sfruttando l'effetto EPR si ha una distribuzione migliore. L'altro esempio è quello commercializzato di magforce® in cui invece si fa direttamente l'iniezione nel tumore, le nanoparticelle di ossidi di ferro vengono iniettate direttamente nel tumore. Queste particelle sono di dimensioni molto piccole, 20 nm, rivestite con un coating polimerico e sono attualmente in trial clinici, nel trattamento del glioblastoma multiforme questa sospensione viene iniettata direttamente nel tumore e ci si aspetta che vada.
A coprire interamente l'area occupata dal tumore. Con questa terapia in studi di efficacia è stata testata su pazienti che hanno questo tumore al cervello ricorrente. Questo tipo di tumore si presenta per la prima volta nel cervello, il suo sito di comparsa è il cervello, viene rimosso chirurgicamente ma tende a ritornare e in questo trial sono stati trattati pazienti in cui il tumore si era ripresentato. Lo studio clinico è di tipo non randomizzato, tutti i pazienti hanno ricevuto la terapia nanoterm, non c'è il controllo e alcuni pazienti hanno ricevuto la terapia nanoterm con la radioterapia. Nel caso del tumore cerebrale l'iniezione intracranica è la via migliore per portare il trattamento perché il cervello è protetto dalla BBB quindi le particelle iniettate per via sistemica difficilmente sono in grado di superarla quindi in questo caso l'iniezione locale è la migliore mentre nell'altro esempio
Affermano che quando si inietta nel tumore si tende a perdere la parte dei margini, si inietta molto nella massa tumorale ma non ai margini perché nei tumori si ha una pressione di fluidi più elevata e quindi c'è il rischio che quello che si inietta venga espulso e quindi si abbia poca copertura, c'è il rischio che vada poco della sostanza che ho iniettato perché la maggior parte viene o trattenuta dalla massa tumorale oppure espulsa fuori. Il coating rende le particelle più biocompatibili e riduce l'effetto di aggregazione delle particelle. In questo studio si riesce ad avere un innalzamento locale della temperatura e rispetto ai risultati clinici disponibili la sopravvivenza viene estesa da 6.2 mesi a 13 mesi, gli approcci sembrano promettenti anche se sono necessarie ulteriori analisi anche circa la loro tossicità a lungo termine. Un'altra possibilità è sfruttare le nanoparticelle per migliorare il targeting.
ferro sono legate insieme da molecole di paclitaxel, formando un complesso stabile. Questo complesso può essere iniettato nel corpo e, grazie al campo magnetico localizzato, può essere guidato verso il tumore. Una volta raggiunto il tumore, il campo magnetico può essere rimosso e le particelle di ossidi di ferro possono rilasciare il paclitaxel, che può agire direttamente sulle cellule tumorali. Questo approccio offre diversi vantaggi rispetto alle tradizionali terapie antitumorali. Innanzitutto, consente di concentrare il farmaco direttamente nel tumore, riducendo al minimo gli effetti collaterali sul resto del corpo. Inoltre, l'utilizzo delle nanoparticelle di ossidi di ferro modificate consente di aumentare la solubilità del paclitaxel, rendendolo più facilmente somministrabile. Infine, l'utilizzo del campo magnetico permette di controllare in modo preciso il rilascio del farmaco, ottimizzando l'efficacia del trattamento. Questo tipo di approccio terapeutico rappresenta una promettente strategia per il trattamento dei tumori e potrebbe aprire la strada a nuove terapie più efficaci e mirate.ferro78contribuiscono a formare un complesso tramite l'azione delle ciclodestrine e del polipaclitaxel. Vediamo che queste strutture sono visibili con la microscopia SEM. quando iniettati in vivo, in animali che presentano il modello di tumore al fianco, vediamo che comportano una notevole riduzione del volume tumorale. Semplicemente trascinando il farmaco viene notevolmente ridotta la dimensione del tumore. Nell'altro esempio si vede ancora meglio l'effetto, si creano delle nanoparticelle di ossido di ferro che formano complessi con la doxorubicina, si applica un magnete localmente che spinge le particelle ad accumularsi nel tumore e vediamo un minore volume tumorale e una sopravvivenza degli animali quasi del 100% Col trascinamento la quantità di ferro nel tumore è molto più elevata rispetto al solo effetto EPR. Anche in questo caso c'è una proprietà fondamentale che deriva dalla nanoscala, le nanodimensioni ci permettono di avere ilcomportamento superparamagnetico quindi posso sfruttarle applicando un campo magnetico alternato per fare ruotare le particelle e quindi generare un calore localizzato, posso usarli come agenti di contrasto in risonanza magnetica dove accelerano il rilassamento spin-spin quindi contrasto negativo e poi possiamo sfruttare l'applicazione di un campo magnetico esterno per trascinarle nel tessuto target.
Le nanoparticelle d'oro sono sospensioni colloidali di nanoparticelle in un solvente acquoso, queste nanoparticelle si trovano in diverse forme e dimensioni ed è proprio grazie a questi parametri che possiamo modulare l'effetto terapeutico delle nanoparticelle, hanno il vantaggio di essere altamente monodisperse, la sospensione sarà costituita da particelle tutte circa della stessa dimensione o forma, siamo in grado di sintetizzarle in maniera molto riproducibile e quindi riusciamo ad avere dei campioni che si comportano molto bene dal punto di vista biologico.
altro vantaggio dell'oro è che può essere rilevato con diversi metodi, per questo motivo possiamo avere svariate applicazioni. La più comune è la nanoparticella sferica d'oro, vedremo dove è più semplice applicare questo tipo di forma ma abbiamo migliori prestazioni quando le nanoparticelle sono in forma di rod in cui il rapporto fra il diametro e la lunghezza del rod è un parametro importante che ne determina le proprietà finali. Possiamo avere altre forme come le nanostelle, anche chiamate nanourchins, sono delle strutture sferiche con una serie di punte e questo migliora alcune prestazioni. Un altro parametro importante è la dimensione, a parità di forma possiamo avere nanoparticelle da 100-150 nm fino a particelle molto piccole. L'oro ha il grande vantaggio che può essere facilmente modificato in superficie per tutta una serie di applicazioni, targeting, drug delivery, aggiunta di agenti di.imaging o di contrasto. L'oro stesso può essere usato come agente di contrasto ma può anche essere combinato con altri agenti di contrasto per fare imaging in più modalità di acquisizione. Quindi può essere facilmente modificato seguendo due strategie:
- una modifica sulle particelle di tipo passivo, andiamo a legare la molecola direttamente sulla superficie dell'oro per esempio sfruttando l'interazione elettrostatica. Questa modifica è semplice da realizzare e poco costosa però è poco stabile per due motivi: innanzitutto perché durante la ricopertura della superficie sfruttando l'effetto elettrostatico posso generare fenomeni indesiderati di aggregazione fra particelle oppure posso fare bene il rivestimento che però è sensibile alle condizioni dell'ambiente esterno, in particolare alle condizioni di pH, alla concentrazione dei Sali e alla temperatura. a seconda di come variano le