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A.A.
collagene preserva la rigida struttura di apatite dalla possibilità di rottura fragile
intervenendo con la sua parziale cedevolezza a distribuire gli sforzi applicati in
modo ottimale. D’altra parte la rigida struttura fornita dall’apatite impedisce all’osso
di deformarsi e cedere sotto carico, come esso farebbe se dovesse fare conto solo
sul tessuto collagene come elemento di resistenza. In tabella si osserva l’influenza
del contenuto di sostanza minerale sulle proprietà meccaniche dell’osso. E’
interessante notare come l’aumento di sostanza minerale aumenti la densità,
diminuisca il lavoro necessario a rompere l’osso e la sua resistenza a flessione e
aumenti il modulo di Young.
- Velocità di deformazione
L’osso, come tutti i tessuti biologici, esprime un comportamento tipico di un
materiale viscoelastico in quanto le sue proprietà dipendono anche dalla velocità di
deformazione come mostrato in figura. Questa figura illustra il fatto che un osso,
sollecitato ad elevate velocità di
deformazione, è caratterizzato da
un’ampia zona di elasticità lineare,
con una ridotta tendenza allo
snervamento e carico di rottura
superiore ai 30 MPa; quando invece
è sottoposto alla sollecitazione in
tempi molto più lunghi, l’osso riesce
a raggiungere allungamenti più che
doppi, dopo aver subito
un’importante deformazione plastica
e aver ridotto lo sforzo di rottura ad
un terzo.
- Comportamento in funzione dell’idratazione
Le caratteristiche di resistenza delle ossa dipendono fortemente dalla presenza di
acqua all’interno delle stesse. In condizioni biologiche l’osso è imbibito di acqua
A.A.
ricca di sali la quale facilita gli adattamenti della struttura di collagene e permette
pertanto di realizzare una ottimale distribuzione degli sforzi. L’osso in condizioni
disseccate presenta un modulo elastico più elevato (più rigido) e non mostra
scostamento dal comportamento elastico lineare. L’osso in condizioni fisiologiche
invece presenta un modulo elastico più basso
in quanto la maggiore adattabilità delle
strutture interne lo rende più cedevole nei
confronti degli sforzi applicati.
Più interessante ancora è il comportamento a
sforzi elevati. L’osso idrato può cedere nei
confronti dello sforzo in modo assai più
marcato dell’osso secco; è in grado inoltre di
sostenere urti senza giungere a rottura in
quanto l’energia assorbitile è almeno pari a 5
volte quella assorbibile dall’osso secco.
2) Elencare le differenze istologiche e meccaniche che intercorrono tra un
osso timpanico di balena e un osso di corno di cervo e spiegarne i motivi
Il corno di cervo è quello con il minor contenuto minerale, è quello meno rigido e
con maggiore capacità di assorbimento di energia prima di rompersi. Infatti deve
sopportare carico e urti durante la lotta tra cervi. L’osso timpanico di balena invece
è più rigido ed il meno resistente ai carichi ed infatti la sua funzione è quella di
trasmettere le onde elastiche sonore minimizzandone l’assorbimento.
3) Descrivere sinteticamente la struttura dell’osteone
L’osteone o sistema Haversiano è l’unità funzionale del tessuto osseo compatto. Ha
una forma cilindrica con un diametro di circa 0,2 mm e una lunghezza di alcuni
millimetri. Al centro dell’osteone passa un canale detto canale di Havers, che
contiene uno o più vasi sanguigni responsabili della vascolarizzazione della
struttura. Gli osteoni, generalmente, si dispongono parallelamente l’uno all’altro.
Attorno ai canali centrali si dispongono le lamelle concentriche, di diametri diversi
che creano quindi la struttura cilindrica. Un osteone è composto in media da 30
lamelle. Le lamelle sono circondate da spirali di collagene le cui variazioni
rinforzano l’osteone.
4) Descrivere le caratteristiche dei canalicoli dell’osso
Dalle lacune dell’osteone partono canalicoli orientati in varie direzioni: sono lunghi,
A.A.
ramificati ed anastomizzati con quelli che provengono da altre lacune. I canalicoli
che partono dalle lamelle più profonde si aprono frequentemente ad imbuto nel
canale di Havers. Il sistema delle lacune a canalicoli è ampiamente
intercomunicante ed in stretto rapporto anche con i vasi che decorrono nel canale
di Havers (scambio metabolico per tutti gli osteociti).
5) Descrivere le caratteristiche principali del comportamento anisotropico del
tessuto osseo
L’anisotropia è quel fenomeno secondo cui il la risposta di una struttura,
caratterizzata da direzioni preferenziali, a seguito di una sollecitazione risulta
essere dipendente dalla direzione di applicazione del carico. L’osso è un materiale
con comportamento meccanico anisotropo, sia che si tratti dell’osso spongioso che
del corticale, con un grado di complessità descrittiva che lo distingue da quei
materiali microscopicamente o macroscopicamente omogenei per i quali il
comportamento è tipicamente isotropo o indipendente dalla direzione di
sollecitazione applicata.
6) Descrivere il possibile ruolo degli osteciti nel processo di rimodellamento
Il rimodellamento osseo è il processo continuo di adattamento strutturale
dell'osso alle sollecitazioni provenienti dall'esterno, in modo da avere sempre una
struttura adatta alle reali necessità biomeccaniche di quello specifico soggetto.
Osteociti ed osteoblasti
fanno così parte di una
complessa catena di
rilevazione del carico
ed attuazione di
modifiche ove
necessario, per cui un
osso sottoposto ad un
carico che eccede i
parametri biomeccanici
sopportabili dalla sua
struttura attuale indurrà
in quell'osso un
processo di rimodellamento delle trabecole funzionale ad una maggiore
sopportabilità del carico e quindi osteoaddensamento. Al contrario un osso
sottoposto a pochi sforzi percepirà una minor tensione sulle "strutture-
sensori" (osteociti, collagene peri-osteone) ed avvierà così un rimodellamento volto
A.A.
ad un maggior "riassorbimento osseo", dato che l'attuale struttura è percepita come
uno "spreco" di matrice ossea, visti i lievi carichi cui è sottoposto.
Meccanotrasduzione
La meccanostrasduzione è quel meccanismo con
cui un segnale di tipo meccanico viene tradotto in
un segnale di attivazione per le cellule. La
meccanotrasduzione è articolata in una sequenza
di passi che includono la trasformazione del
segnale meccanico in un segnale elettrico a sua
volta in grado di generare un segnale biochimico.
SEGNALE MECCANICO —> SEGNALE ELETTRICO —> SEGNALE BIOCHIMICO
Negli anni sono state proposte differenti teorie di meccanotrasduzione.
1) Il primo modello fu proposto negli anni 60 ed era basato sul fenomeno
piezoelettrico. L’ipotesi fu sviluppata a partire dall’osservazione delle correnti
elettriche rilevabili in ossa di cadavere nelle vicinanze dei canali di Havers in
risposta a stimoli meccanici.
2) Un secondo modello fu successivamente
proposto sulla base di considerazioni
metaboliche. Secondo questo modello, i
momenti flettenti agenti sull’osso, causando
sforzi di compressione e di trazione nelle
diverse regioni dell’osso, generano gradienti di
pressione che guidano il flusso del fluido
extracellulare. Questo flusso è responsabile
dell’aumento di apporto di nutrienti agli osteiti
e della eliminazione di rifiuti metabolici,
rendendo cosi l’ambiente favorevole alla
produzione di nuova matrice. A.A.
3) Un terzo modello è il modello meccanostatico proposto da Frost nel 1983. Egli
ipotizzò che le deformazioni a compressione e a trazione di tipo statico agissero
sulle cellule e fossero direttamente i responsabili della meccanotrasduzione.
Frost fornì anche dei valori quantitativi del fenomeno, identificando una finestra di
deformazione media considerata fisiologica (200-250 µstrain), all’interno della quale
i meccanismi di
deposizione e
riassorbimento dell’osso
si equilibrano. Se la
deformazione locale è
minore o maggiore di
queste soglie, si ha
rispettivamente
riassorbimento o
formazione di osso.
Successivamente Duncan
e Turner nel 1995
identificarono una soglia
superiore della
deformazione pari a 5000
µstrain oltre alla quale si
entra in una zona di sovraccarico patologico con il rischio di frattura.
Benché i valori forniti da Frost siano ancora oggi un valido riferimento, l’ipotesi che
la deformazione meccanica stimoli direttamente le cellule è stata abbandonata.
Infatti, le deformazioni delle ossa sono molto piccole, solo 1000 µstrain durante il
cammino. Queste deformazioni sono molto inferiori ai 10000 - 24000 µstrain, valori
di deformazione per cui si ha una risposta biochimica da parte delle cellule negli
esperimenti in vitro in cui si deformano direttamente le cellule.
4) Venne proposto allora un quarto modello, da Salzstein e Pollack (1987), sia
sperimentale che matematico per spiegare la generazione di potenziale elettrico
nelle ossa in vivo. Gli esperimenti consistevano nel
sottoporre un sottile campione di osso corticale ad una
prova ciclica di flessione al fine di determinare il
potenziale elettrico generato dalla deformazione
dell’osso sotto carico (stress-generated potential,
SGP). Secondo il modello da loro proposto, tale
potenziale è generato dal movimenti di elettroliti ionici
(trasportati dal fluido nelle cavità dell’osso) rispetto a
ioni di sogni opposti vincolati sulla superficie di queste
cavità (meccanismo elettrocinetico).
Salzstein ipotizzò che questo fenomeno si realizzasse
nelle microporosità in quando occupano la maggior parte dell’area delle ossa.
Questo modello, tuttavia, presenta due limiti. In primo luogo, il modello non spiega
A.A.
come gli SGP possano attivare le cellule e, in secondo luogo, la dimensione della
microporosità è più piccola di 2nm, in contrasto con le prove sperimentali.
E quindi si introdusse un’ipotesi alternativa, avanzata
da Zeng nel 1994, secondo la quale i risultati ottenuti
da Salzstein e Pollack sono congruenti con il flusso
all’interno dei canalicoli. Venne ipotizzato che lo
spazio nel quale scorre il fluido fosse pervaso da una
maglia tridimensionale di proteoglicani (di circa 7nm
di dimensione). Il fenomeno elettrocinetico trarrebbe
la sua origine dal moto di ioni negatici rispetto alla
superficie carica positivamen