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CONTROLLO DEL CICLO CELLULARE
Negli organismi pluricellulari le divisioni cellulari servono per il turn-over cellulare, cioè per mantenere
costante il numero di cellule, oppure per lo sviluppo embrionale. Il ciclo cellulare inizia con la fine della fase
M e termina con l’arrivo alla fase M successiva. Nonostante la lunghezza possa variare a seconda del tipo di
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cellula che si prende in considerazione, in media un ciclo cellulare dura 24 ore. La fase S ha una durata
media di sei ore, la fase M è estremamente rapida, circa 30-40 minuti, mentre la fase G2 dura dalle quattro
alle sei ore. A differenza delle fasi S e M, la cui lunghezza tende a essere simile nelle diverse cellule di
mammifero, la lunghezza di G1 è molto variabile in relazione al tipo cellulare. Durante questa fase la cellula
prende una decisione cruciale: se e quando dividersi. Le cellule che si arrestano in G1, in attesa di un
segnale che ne induca di nuovo l’ingresso nel ciclo cellulare e ne ordini la divisione sono dette essere in G0.
Questa possibilità di scelta induce a pensare che sia presente un sistema di controllo in grado di regolare la
progressione del ciclo cellulare. In effetti nella cellula sono presenti diversi punti di controllo, detti check
point, che hanno diversi compiti: devono garantire che tutti i processi associati alle diverse fasi della
divisione siano portati a termine al tempo dovuto e nel modo corretto; devono assicurare che ogni fase del
ciclo sia stata completata correttamente prima che inizi la successiva; inoltre devono far sì che la cellula
risponda alle condizioni ambientali in modo opportuno, controllando la presenza di nutrienti e dei fattori di
crescita che stimolano la proliferazione.
Esistono due tipi di controlli: i controlli endogeni sono interni alla cellula (per esempio nei check point la
cellula si chiede se ha le dimensioni giuste per dividersi o se il DNA è stato replicato in maniera corretta); i
controlli esogeni provengono dall’esterno (come la presenza di nutrienti che diano l’energia necessaria alla
cellula per accrescersi e per dividersi, ma anche la presenza di segnali esterni come gli oncogeni, ossia
fattori di crescita che stimolano l’entrata nella divisione cellulare). Tutte le volte che vengono meno questi
controlli si va incontro a proliferazione incontrollata.
Alcuni studi riguardo i punti di controllo del ciclo cellulare furono fatti fondendo due cellule di mammifero
in coltura in diverse fasi del ciclo cellulare, ottenendo un’unica cellula con due nuclei, un eterocarion. Se
una delle due cellule originali è in fase S e l’altra in G1, nell’eterocarion il nucleo in G1 inizia subito a
sintetizzare DNA, da ciò si deduce che una cellula in fase S contiene una o più molecole che stimolano la
progressione del ciclo oltre il punto di controllo di G1 e l’entrata in S. Fondendo invece una cellula in M e
una in G1 si nota che la cellula in G1 va in M, ma se al contrario unisco una cellula in fase S con una in fase
G2 non succede nulla, perché il nucleo in G2 non torna in S, dunque deve essere presente anche una
molecola capace di garantire che per ogni ciclo cellulare avvenga una sola replicazione di DNA.
L’identificazione di queste molecole è stata facilitata da alcuni studi genetici sul lievito, lavorando su
mutanti temperatura sensibili. Si è potuto vedere che in condizioni di alte temperature, quando le proteine
mutanti non sono in grado di funzionare perché denaturate, il lievito blocca il proprio ciclo cellulare, ciò
significa che quelle precise proteine svolgevano una determinata funzione. Per esempio quando la proteina
che si denatura blocca l’arresto in G1 significa che la proteina denaturata svolgeva una funzione
fondamentale nel passaggio da G1 a S: in questo modo è stato possibile rintracciare le varie proteine
mutate e assegnare a ognuna una funzione. Poiché molte proteine rimangono conservate durante
l’evoluzione, sulla sequenza amminoacidica della proteina mutata posso trovare l’omologo di organismi
superiori, tra cui l’uomo. A quel punto posso effettuare esperimenti mirati in vitro per verificare se la
funzione di quella proteina è effettivamente conservata oppure no. Le prime prove dell’esistenza di una
molecola di controllo che induce l’entrata in mitosi sono venute da esperimenti con le uova di rana nei
quali si è prelevato un po’ di citoplasma di una cellula in fase M e lo si è iniettato in un oocita immaturo:
succede che il nucleo dell’oocita entra in M perciò il fattore che induce la fase M è sul lume del citoplasma.
Questo fattore che provoca l’entrata nella fase M si chiama MPF.
Studi biochimici effettuati su queste molecole hanno rivelato che i complessi che regolano i check point
sono formati da due molecole: una ciclina e una chinasi ciclina dipendente. La ciclina è una proteina che
cicla, cioè è presente nella cellula in concentrazioni oscillanti. In questo modo può regolare l’attività della
chinasi ciclina dipendente, o Cdk, che, una volta attivata, fosforila delle proteine target che innescano
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meccanismi di trasduzione del segnale a cascata. Esistono delle cicline G1, che aumentano la propria
concentrazione all’inizio della G1 e attivano Cdk-G1; cicline S che attivano Cdk-S e cicline G2 che attivano
Cdk-G2; infine cicline M che attivano Cdk-M e in questo caso il complesso Cdk-ciclina M è chiamato MPF.
Per esempio la ciclina S è presente sempre nella cellula, ma attiva la Cdk solo quando la sua concentrazione
è massima, ossia all’inizio della fase S e così via. Ci vogliono più complessi per attraversare la fase G1. Il
complesso viene spento degradando la ciclina, ossia legandola a segnali di degradazione, che sono
ubiquitine, e mandandola nel proteasoma. In questo modo il complesso Cdk non è più attivo, non può più
fosforilare le proteine target e il meccanismo si spegne. Il complesso Cdk-ciclina può essere attivato anche
mediante la fosforilazione delle Cdk stesse, oppure inibito da CkI, che è in grado di legarsi al complesso Cdk-
ciclina e spegnerlo; per poi riattivarlo è sufficiente degradare l’inibitore mediante l’aggiunta di meditina.
Check point G1-S
Il punto di controllo in G1 è chiamato punto di restrizione; se non ci sono i requisiti giusti la cellula non si
divide ed entra nello stato di quiescenza chiamato G0. In questo stato le cellule hanno un metabolismo
rallentato e si attivano geni specifici chiamati GAS (arresto specifico della crescita). Questa fase può durare
per sempre o essere temporanea. Dato che il superamento del punto di restrizione è il passaggio
fondamentale che destina la cellula alla divisione, esso è sotto il controllo di vari fattori, come la
dimensione cellulare, la disponibilità di nutrienti, la presenza di fattori di crescita, che segnalano alla cellula
che è arrivato il momento di dividersi. Questi diversi segnali funzionano attivando il complesso Cdk-ciclina
G1, la cui attività chinasica induce la progressione attraverso il punto di restrizione, fosforilando diverse
proteine bersaglio, tra cui quella principale è la proteina Rb, una molecola che controlla l’espressione di
geni i cui prodotti proteici sono necessari per l’entrata nella fase S. Prima di essere fosforilata Rb lega e
inibisce il fattore trascrizionale E2F, una proteina che quando è libera attiva la trascrizione di geni che
codificano prodotti necessari per iniziare la replicazione del DNA.
Quando un fattore di crescita esterno, chiamato mitogeno, viene riconosciuto da un recettore di superficie
specifico viene innescata una trasduzione del segnale. In seguito al legame con il mitogeno il recettore, che
è un recettore tirosin-chinasico, subisce un cambiamento conformazionale: si dimerizza, le sub unità
catalitiche si attivano e auto fosforilano l’altra parte del dimero. A questo punto il recettore diventa sito di
legame per una serie di proteine adattatrici che a loro volta attivano una proteina G associata alla
membrana, al proteina Ras, favorendo il legame di Ras con GTP e il rilascio di GDP, in questo modo si passa
da Ras-GDP a Ras-GTP. La forma attiva di Ras stimola una cascata di reazioni di fosforilazione: per prima
cosa attiva la proteina chinasi Raf, che così può fosforilare altre chinasi, come MEK, che a sua volta attiva un
gruppo di proteine chiamate MAPK. Quest’ultime entrano nel nucleo e fosforilano diversi fattori di
trascrizione regolatori, che si vanno a legare a livello di sequenze di DNA regolatori e permettono la
trascrizione di geni precoci che codificano per altri fattori trascrizionali, tra cui Myc, Fos e Jun (risposta
precoce). Myc, Fos e Jun a loro volta attivano la trascrizione di una famiglia di geni tardivi che codificano
per la trascrizione di Cdk e cicline della fase G1. La ciclina prodotta porta alla formazione di complessi Cdk-
ciclina attivi, i quali fosforilano un altro fattore di trascrizione, la proteina Rb (se questa proteina è mutata
insorge il retino blastoma).Rb, se attiva, inibisce un fattore di trascrizione regolatore; quando invece il
complesso attivo Cdk-ciclina G1 fosforila Rb, questa si stacca e la proteina regolatoria si può attaccare al
DNA, dando inizio alla trascrizione dei geni necessari per l’ingresso in fase S. L’attivazione di Rb è lo sblocco
del check point G1-S. Oltre alla via di Ras, l’attacco del fattore di crescita al recettore attiva altre vie
parallele, che inibiscono i processi di morte, come la via di Akt. Si tratta di una via di vita, perché Akt è una
chinasi che sopprime l’apoptosi e inibisce l’arresto del ciclo cellulare. Quando il fattore di crescita si lega al
recettore specifico tirosin-chinasico, questo si auto fosforila e fosforila la chinasi PI3K, che catalizza
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l’aggiunta di un gruppo fosfato a un lipide di membrana, PIP-2, che diventa PIP-3. Questo lipide fosforilato
porta alla fosforilazione e all’attivazione di Akt.
Check point S
Al passaggio della cellula dalla fase G1 alla fase S è presente un controllo molto potente che garantisce che
la replicazione del DNA avvenga solo una volta per ciclo cellulare. La replicazione inizia a livello di particolari
sequenze nucleotidiche chiamate origini di replicazione; si tratta di zone ricche in AT, perché Adenina e
Timina sono legate da due legami a idrogeno, quindi sono facilmente separabili. Queste zone vengono
riconosciute da un insieme di proteine specifiche che controllano l’inizio e il completamento del processo
replicativo: uno di questi complessi proteici è il complesso di riconoscimento dell’origine (ORC), che funge
da piattaforma di attracco per altre proteine regolatrici che vi approdano prima che inizi la fase S. In
particolare, quando la cellula decide di entrare in G1, proteine regolatrici come Cdc6, Cdt1 e mcm si legano
a ORC nell’origin