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GNOM,

Esiste in particolare una proteina che media il traffico dal Golgi alle membrane, si chiama

ricopre le vescicole ed è necessaria per indirizzarle verso una destinazione piuttosto che verso

un’altra. La proteina è stata isolata e caratterizzata studiando lo sviluppo embrionale, attraverso

forward genetics.

un approccio di

Nei mutanti che non hanno gnom longitudinalmente il polo radicale non è organizzato, le divisioni

cellulari sono casuali, anche nella porzione apicale che dovrebbe formare i cotiledoni non

abbiamo i cotiledoni. I difetti di questo mutante sono dovuti dal fatto che non è in grado di

distribuire l’auxina, non si creano i massimi di accumulo auxinico caratteristici degli apici. La

forma tipica a cuore non si vede. Essendo disturbato il traffico vescicolare le proteine pin

rimangono anche nel citosol, nei mutanti si vede immuofluorescenza interna.

Evidenze sperimentali a favore del modello di distribuzione dell’auxina per lo sviluppo

dell’embrione:

1. Embrione stadio a cuore: se lo trattiamo con auxina sintetica, se preleviamo un embrione

immaturo e lo immergiamo in una soluzione di auxina sintetica vediamo che la forma si perde,

non si vede più la forma a cuore. La forma si perde totalmente se lo trattiamo con la brefeldina

A. Questo tessuto trattato con brefeldina non ha istruzioni, quindi assume la forma

geometricamente più semplice: una pallina.

2. Mutazioni del gene GNOM portano allo stesso effetto del trattamento con brefeldina A: così

disturbiamo geneticamente il flusso auxinico.

3. Mutanti delle proteine pin, una o più. Nel mutante pin7 vediamo che l’auxina non si

distribuisce bene, persiste nelle cellule del sospensore, non viene pompata verso la parte

aerea.

Possiamo perturbare la formazione e il mantenimento del gradiente auxinico geneticamente o

farmacologicamente: in ciascun caso abbiamo alterazione dello sviluppo embrionale.

Qual è l’effetto dell’auxina sulle cellula? curvatura fototropica,

Storicamente già ai tempi di Darwin ci si è interessati alla il processo

secondo il cui una pianta è in grado di guidare la propria crescita per essere ridotta al meglio

verso la luce. Se la pianta è ombreggiata, tende a crescere di più verso la fonte di luce. Se

mettiamo a crescere delle piantine in una scatola buia con solo un foro, si vede che le piante

germinano e si piegano pesantemente verso la luce. Fecero questi esperimenti coi coleottili, i

germogli delle monocotiledoni. I coleottili sono lineari e si piegano, sono sensibili alla presenza di

luce e anche in presenza di una fonte unidirezionale si piegano e portano la piantina fuori dal

terreno.

La parte del coleottile che percepisce la presenza di luce è la punta del coleottile: se viene recisa

o incappucciata con materiale scuro, il coleottile non fa più curvatura fototropica. Poi non è

l’apice che cresce, ma la parte sottoapicale. Il coleottile si piega perché il lato esposto all’ombra

cresce di più del lato esposto alla luce: il risultato finale è la curvatura verso la sorgente di luce.

Esiste quindi un segnale che va dall’apice alla base, è un segnale basipeto.

A un certo punto si è capito che è l’auxina l’ormone responsabile della crescita differenziale.

Osserviamo che è presente molto più auxina nel alto in ombra rispetto al lato alla luce. Se 16

Arabidopsis

facciamo una quantificazione con DR5:GUS vediamo che nel fusticino primario di

abbiamo accumulo auxinico differenziale, soprattutto verso il lato in ombra rispetto al lato alla

luce. Possiamo utilizzare questo reporter per monitorare le quantità. L’auxina dall’apice del

germoglio viene trasportata verso il basso. Invece germinelli cresciuti in condizione di luce

uniforme tendono ad accumulare auxina omogeneamente sui due lati.

L’auxina infatti promuove divisione e distensione cellulare, questo effetto dipende dalla

concentrazione di auxina in un rapporto non lineare. All’aumentare di concentrazione tende prima

ad essere privilegiata la distensione, se aumenta ancora viene privilegiata la divisione. Oltre una

certa concentrazione di soglia l’auxina diventa inibente.

Teoria dell’accrescimento acido mediato dall’auxina

L’effetto dell’auxina sull’espansione cellulare è mediato da un abbassamento del pH nella parete,

l’apoplasto. Dopo un tempo di latenza di 10-20 minuti di acido indolacetico, si può misurare un

crollo nel pH della parete cellulare, parliamo di 0,7/1 punto di differenza, quindi è una

acidificazione importante. Durante questo processo succede che l’abbassamento di pH provoca il

rilassamento della parete cellulare, si ha un indebolimento fisico causato dall’abbassamento del

pH. Sappiamo che esiste componente fibrillare formata da cellulosa e emicellulosa, le

emicellulose sono catene molto più corte e servono come ponti, giunzioni tra fibrille e microfibrille

adiacenti. Legami di tipo non covalente rafforzano le interazioni, soprattutto legami a idrogeno:

l’abbassamento del pH li rompe e le fibrille possono scorrere le une sulle altre in modo da fare

espandere la parete, la pressione di parete cala, il turgore vince sulla parete incrementando le

dimensioni della cellula.

Questo abbassamento di pH è causato indirettamente da auxina. L’auxina attiva delle H+ATPasi

che pompano protoni verso l’esterno, verso l’apoplasto. Acidificano l’ambiente esterno e le le

emicellulose scivolano le une sulle altre, rilassando il reticolo. Questo scivolamento è aiutato dalle

espansine,

proteine attivate a pH basso. Fanno scorrere i filamenti gli uni sugli altri.

Possiamo mimare l’accrescimento o applicando auxina a un tessuto o somministrando tampone

acido al tessuto. L’auxina stimola l’estrusione di protoni dopo un tempo di latenza di 15 minuti.

Inoltre la crescita indotta dall’auxina può essere annullata da tamponi neutri. La causa

dell’espansione è l’aumento della pressione di turgore, le espansine aiutano la pressione di

turgore perché abbattono la pressione di parete e la cellula si può allungare.

Quando la cellula aumenta il proprio volume può farlo in varie direzioni, dipende dalla forza

relativa della parete cellulare. Se le fibrille di cellulosa avvolgono la cellula come se fosse un

gomitolo, la cellula si gonfia in modo isodiametrico, ma se sono concentrate in un punto

possiamo generare un tessuto espanso o allungato.

È possibile generare un allungamento relativo; se aumenta auxina si ha incremento

nell’allungamento del fusto, ma oltre un certo livello di auxina l’accrescimento non avviene più e

viene inibito. Esistono concentrazioni di auxina alle quali l’accrescimento è lo stesso, troppa

auxina può anche avere effetto inibente.

Oltre determinati livelli di auxina l’effetto è estremamente inibente. Esistono concentrazioni tali

oltre le quali c’è proprio inibizione della crescita cellulare. La concentrazione assoluta che causa la

17

radice

decelerazione nella crescita dipende dall’organo, dal tessuto. La ad esempio è molto più

fusto,

sensibile di un alla radice bastano concentrazioni basse di auxina per crescere, il fusto

risponde a concentrazioni più elevate. Quindi determinate concentrazioni possono promuovere

l’accrescimento in alcuni tessuti e inibirlo in altri.

Il meristema della radice ha nel punto di massimo accumulo un’entità di divisioni mitotiche bassa.

Quindi gli accumuli possono causare crescita o inibizione della crescita: i cotiledoni crescono

rapidamente, sia per divisione sia per distensione. L’accrescimento del meristema è abbastanza

limitato, subisce poche divisioni mitotiche, anzi, troppe mitosi possono portare a errori nella

duplicazione del DNA, quindi per evitare di accumulare mutazioni i meristemi hanno entità di

divisioni mitotiche bassa, i tessuti adiacenti al meristema si dividono più frequentemente.

Come funziona l’auxina dal punto di vista molecolare?

Quando arriva auxina in una cellula per capire cosa succede dobbiamo introdurre tre elementi

fondamentali nel signaling:

1. Recettori e molecole che veicolano il segnale

2. Inibitori di auxina auxin response factors.

3. Fattori trascrizionali, nel caso dell’auxina si chiamano

Recettori

1.

Il complesso SCF ubiquitina ligasi è un complesso multi-proteina che catalizza l’ubiquitinazione di

proteine destinate alla degradazione attraverso il proteasoma.

Un complesso ubiquitina ligasi cerca all’interno della cellula una proteina con la quale l’F-box

abbia una certa affinità, che possa riconoscerla direttamente. Il complesso SCF lega una catenella

di poli-ubiquitine al target stesso: è un marker per inviare la proteina la proteasoma. Il proteasoma

lo digerisce.

Per una serie di processi cellulari, soprattuto regolativi, il complesso SCF è fondamentale.

In Arabidopsis, ma anche in altre specie, il numero di F-box è molto elevato perché ogni F-box è

specifica per un certo gruppo di target. Principalmente colpiscono fattori di trascrizione.

TIR1 è il recettore dell’auxina, è una F-box. Nella slide si vede una molecolina in verde: è l’auxina.

Viene incorporata in TIR1, funziona come un collante, si incastra in una tasca di TIR1 che

determina un modifica conformazionale, con auxina TIR1 si richiude e acquisisce una

conformazione tale per cui espone una superficie coi target adatti. Il cambiamento di

conformazione di TIR1 crea una tasca che può accomodare il target.

A questo punto, quali sono i target?

Inibitori di auxina

2. (Aux/IAA inhibitor proteins) 18

Quando arriva l’auxina, lei sblocca una serie di processi imponendo la degradazione di queste

proteine inibitorie. In presenza di auxina vengono riconosciute dal complesso SCF-TIR1, vengono

inviate al proteasoma e vengono degradate.

Nel caso del riconoscimento da parte del complesso TIR1, il dominio 2 è il più importante, si

degron

chiama anche regione perché è la regione responsabile della degradazione degli inibitori.

Se manca degron, le proteine anziché degradate vengono stabilizzate e accumulate.

Il dominio 3 e 4 poi sono domini di dimerizzazione, interagiscono con fattori di trascrizione.

Se introduciamo mutazioni a livello della regione 2, degron, rendiamo la proteina invisibile a TIR1,

la proteggiamo. Avremo accumuli discreti localizzati soprattutto a livello nucleare.

Riassunto: complesso SCF-TIR1, le proteine inibitrici di auxina degradate sbloccano una via di

signaling.

Ma quali sono le proteine che le Aux/IAA inibiscono?

3. Fattori trascrizionali

Le proteine inibitrici di auxina normalmente inibiscono questi auxin response factor

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
44 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/06 Anatomia comparata e citologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flo.w di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biologia dello sviluppo vegetale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Fornara Fabio.