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La particella SRP è una molecola, composta da RNA e proteine, organizzata in due parti: una parte è
destinata a captare il peptide segnale mentre l’altra parte ha il compito di bloccare la traduzione. In
realtà le proteine che devono entrare nel reticolo endoplasmatico non vengono tradotte da un
singolo ribosoma, ma da un polisoma.
Le proteine associate al reticolo endoplasmatico possono anche essere destinate a diventare proteine
di membrana, come proteine intrinseche. Questo particolare tipo di proteine possiede due sequenze
segnali: la prima serve per segnalare che la proteina è una proteina associata al reticolo
endoplasmatico, la seconda serve per segnalare che la proteina è una proteina di membrana.
In questo caso, dopo che la proteina è stata inserita nel reticolo endoplasmatico, questa viene
spostata fuori dal traslocatore e la sua sintesi finisce nel citosol. Una proteina di questo tipo rivolge il
suo C terminale all’esterno della membrana del reticolo, nel citosol, e il suo N terminale all’interno
della membrana, nel lume. La maggior parte dei recettori viene sintetizzata in questo modo. In base a
come le proteine vengono inserite nella membrana, si possono distinguere:
Proteine di tipo 1: hanno il C terminale all’esterno e il N terminale all’interno.
• Proteine di tipo 2: hanno il C terminale all’interno e il N terminale all’esterno.
• Proteine di tipo 3.
• Proteine di tipo 4: sono inserite nella membrana più volte, formando numerosi ripiegamenti.
• Hanno il C terminale all’esterno e il N terminale all’interno. Le proteine che sono inserite più
volte nella membrana, come in questo caso, vengono definite proteine multipasso. Una
proteina viene inserita all’interno della membrana tante volte quanti sono i suoi peptidi
segnali.
Le funzioni del reticolo endoplasmatico sono:
Controllare che le proteine inserite al suo interno siano ripiegate correttamente.
• Presiedere alla formazione di ponti disolfuro.
• Svolgere la glicosilazione delle proteine.
• Assemblare le proteine multimeriche.
•
Per controllare che le proteine inserite al suo interno siano ripiegate correttamente, il reticolo
endoplasmatico utilizza delle chaperon protein. Queste assistono le proteine affinché si ripieghino
correttamente. Se il folding avviene correttamente la proteina può proseguire il suo percorso verso la
secrezione. Le chaperon protein svolgono inoltre un controllo alla fine del folding per controllare che
le proteine si siano ripiegate correttamente. Questo controllo viene definito controllo della qualità e
ha sede nel reticolo endoplasmatico.
Se, nonostante l’assistenza delle chaperon protein, una proteina non si ripiega correttamente
(missfolded), questa proteina viene portata nel citosol dove viene degradata dal proteasoma. Se c’è
un numero troppo elevato di proteine missfolded, la cellula provvede aumentando la produzione di
chaperon protein. Questo è permesso da un meccanismo presente nella cellula di sentire quando le
proteine mal ripiegate sono molte.
Il ponte disolfuro è un gruppo funzionale, costituito da due atomi di zolfo legati (− S − S −), che riveste
una notevole importanza nella stabilizzazione della struttura terziaria di molte proteine. La
formazione dei ponti disolfuro avviene con la formazione di un legame covalente tra due amminoacidi
cisteina. La formazione dei ponti disolfuro è permessa dall’enzima disolfuro isomerasi (PDI) Questa
proteina ha due compiti:
Ossidare i gruppi tiolici delle cisteine, condizione necessaria per la formazione dei ponti
• disolfuro.
Correggere i ponti disolfuro mal formati. Per fare questo la PDI taglia i legami non corretti tra
• cisteine e forma nuovi legami corretti.
Il malfunzionamento dell’enzima disolfuro isomerasi è causa di stress per la cellula che per questo può
anche morire.
La glicosilazione delle proteine consiste nell’aggiunta di carboidrati alle proteine interessate. La
glicosilazione si divide in:
N −glicosilazione: chiamata così perché gli zuccheri sono legati all’amminoacido asparagina
• (N).
O −glicosilazione: chiamata così perché gli zuccheri sono legati a un gruppo OH. Questo gruppo
• è disponibile negli amminoacidi serina e treonina.
Nella maggior parte dei casi viene fatta la 9 −glicosilazione. Questo tipo di glicosilazione consiste nella
formazione di un legame covalente tra una proteina e gli zuccheri; questo legame non può formarsi in
tutte le asparagine, ma solo in quelle comprese tra una treonina e una serina. Se il reticolo
endoplasmatico rileva un’asparagine disponibile, non appena l’amminoacido entra nel reticolo, un
enzima, chiamato oligosaccaril – transferasi, si lega un gruppo di zuccheri all’asparagina. Il gruppo di
zuccheri destinato alla glicosilazione, fino all’arrivo dell’asparagina, sono legati al reticolo
endoplasmatico mediante un particolare lipide, chiamato dolicolo. La formazione di questo gruppo di
zuccheri ha sede nel reticolo endoplasmatico liscio. Le proteine glicosilate funzionano correttamente
solo se sono associate agli zuccheri corretti. Da notare che le proteine presenti nel citosol sono quasi
sempre non glicosilate in quanto all’interno del citosol non sono presenti gli enzimi necessari per
glicosilazione.
Il reticolo endoplasmatico liscio sintetizza anche le membrane biologiche (membrane fosfolipidiche).
Al suo interno gli acidi grassi che arrivano, vengono legati a una molecola di glicerolo e a un gruppo
fosfato. La sintesi dei fosfolipidi è coordinata da 4 enzimi. La problematica che si sviluppa con questo
tipo di sintesi è che la membrana si accresce solo dal lato interno mentre l’altra resta invariata; inoltre
la distribuzione dei fosfolipidi segue uno schema preciso. È necessario quindi riuscire a formare una
nuova membrana in modo che essa sia omogenea ai due lati e in modo che i componenti al suo
interno siano correttamente distribuiti. Per raggiungere il primo obiettivo viene utilizzato un enzima
chiamato scramblasi. Questo enzima prende un gruppo di fosfolipidi, dal lato della membrana più
accresciuto, e li trasporta dal lato meno accresciuto. In questo modo la crescita della membrana
biologica è omogenea, normalizzando la sua concentrazione. La distribuzione dei componenti della
membrana viene invece corretta dall’enzima flippasi che è in grado di far fare un movimento flip –
flop ai lipidi che si trovano dal lato sbagliato della membrana.
Trasporto vescicolare
Una volta che una proteina entrata nel reticolo endoplasmatico assume la struttura corretta, questa
proteina non entra più in contatto con il citosol. Le proteine sintetizzate nel reticolo endoplasmatico
sono infatti destinate all’uscita mediante vescicole. Questo tipo di trasporto viene definito trasporto
vescicolare.
Una volta sintetizzate, le proteine devono maturare; questo processo viene svolto nell’apparato del
Golgi. Una volta che la proteina è matura, avviene la sua secrezione fuori dalla cellula. Il processo di
secrezione avviene mediante esocitosi, ossia un trasporto verso l’esterno della cellula mediante
l’utilizzo di vescicole formate da una membrana biologica. Esiste anche il processo contrario, chiamato
endocitosi, in cui il trasporto attraverso vescicole avviene verso l’interno. In entrambi i casi le
vescicole contengono quello che deve essere trasportato.
Il processo che permette trasportare le proteine dal reticolo endoplasmatico all’apparato di Golgi si
divide in tre fasi:
Una parte della membrana del reticolo endoplasmatico viene ripiegata in modo da catturare la
• proteina da trasportare. Questo ripiegamento costituirà la vescicola.
Una volta che il ripiegamento è stato creato, questo deve essere staccato fisicamente dal resto
• del reticolo endoplasmatico.
La vescicola appena creata deve dirigersi verso l’apparato di Golgi in modo da porsi in contatto
• con esso e fondersi con la sua membrana, rilasciando all’interno il suo contenuto.
Questo tipo di trasporto ha il vantaggio di isolare il contenuto delle vescicole, caratterizzato dalle
condizioni dell’ambiente endoplasmatico, dall’ambiente del citosol. Infatti se il contenuto delle
vescicole venisse in contatto con il citosol, questo non sarebbe più utilizzabile in quanto sintetizzato
per condizioni diverse da quelle citoplasmatiche. Tuttavia il trasporto vescicolare è caratterizzato da 3
criticità:
Nel momento della formazione della vescicola, è necessario catturare solo le proteine giuste.
• Deve esistere qualcosa in grado tagliare il ripiegamento del reticolo endoplasmatico, in modo
• da trattene le proteine giuste.
Le vescicole devono essere inviate alla giusta destinazione.
•
Affinché le vescicole siano in grado di formarsi dal reticolo endoplasmatico, necessitano di una serie di
proteine in grado di permettere la formazione del ripiegamento sulla membrana endoplasmatica.
Esistono diversi tipi di proteine a seconda che il ripiegamento debba formarsi a livello del reticolo
endoplasmatico (COP II), a livello dell’apparato del Golgi (COP I) o a livello di entrambi (clatrina).
Queste proteine rivestono la membrana endoplasmatica e sono in grado di tirare quest’ultima in
modo da ripiegarla.
In particolare la clatrina è una proteina di rivestimento caratterizzata da una struttura tipica, definita
come trischelio. Questa struttura a tre braccia è fatta in modo che, quando le clatrine si associano,
formino una gabbia in cui proteggere la vescicola.
Una volta che si è formato il ripiegamento, questo deve catturare solamente la proteina da
trasportare. Per questo esistono dei particolari recettori, sulla membrana del reticolo
endoplasmatico, che sono specifici per le proteine all’interno del reticolo. Per ogni proteina di
interesse esistono più recettori uguali che sono riuniti in gruppi. Questo implica che la superficie della
membrana endoplasmatica sia eterogenea.
Quando i recettori rilevano la presenza di proteine bersaglio all’interno del reticolo endoplasmatico,
questi si associano con le proteine di rivestimento. In questo modo le proteine di rivestimento tirano
la membrana al fine di ripiegarla. A questo punto, quando la membrana è ben ripiegata, intervengono
delle proteine adibite a tagliare fisicamente il ripiegamento, originando così le vescicole. Il taglio del
ripiegamento viene effettuato solo dopo che delle proteine specifiche (ad esempio la dinamina)
hanno stretto il sito di taglio della membrana endoplasmatica.
Si ottiene così una vescicola ricoperta dalle proteine che avvolgevano la membrana (coating). A
questo punto la vescicola si dirige verso l’apparato del Golgi; tuttavia, prima di potersi attaccare