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La scoperta della struttura del dna in seguito chiarì la natura geni e le modalità di trasmissione
dell’informazione genetica.
Le prime tappe fondamentali che portarono all’identificazione del dna furono:
- Esistenza di un principio trasformante. Nel 1928 frederick griffith, condusse degli esperimenti
in due ceppi di batteri pneumococchi: un ceppo detto liscio (s) che causava la polmonite se
iniettato in un animale da esperimento ed un altro ceppo detto rugoso (r) che era invece
innocuo. Vide che se il ceppo s di batteri veniva ucciso con il calore prima di essere iniettato,
gli animali non si infettavano, la stessa cosa succedeva se veniva iniettato il ceppo r innocuo.
Se invece negli animali si iniettava una miscela ottenuta da batteri s, trattati con il calore e
batteri r vivi, l’animale da esperimento si ammalava di polmonite. Questo significava che nei
batteri s c’era qualche sostanza, da lui chiamata fattore trasformante, resistente al calore,
che era capace di trasformare le cellule vive del ceppo r.
- Nel 1944 avery, macleod e mccarty identificarono chimicamente il fattore trasformante di
griffith, lisando (rompendo) le cellule del ceppo s e separando il materiale in diverse frazioni di
proteine, lipidi, polisaccaridi e acidi nucleici (dna e rna). Provarono quindi a trasformare le
cellule r con le diverse frazioni e capirono che il fattore trasformante era il dna.
- Nel 1949 erwin chargaff ed i suoi collaboratori determinarono la composizione delle basi di
dna estratte dai tessuti di diversi organismi e videro che i rapporti tra le purine adenina a e
guanina g e le pirimidine rispettivamente timina t e citosina c erano sempre circa 1. Ciò
significava che nel dna il numero di a era uguale al numero di t ed il numero di c era uguale a
quello delle g.
- Tra il 1951 e il 1953 la ricercatrice rosalind franklin studiò, con la tecnica di diffrazione a raggi
x, la struttura tridimensionale dei cristalli di dna. I suoi risultati rivelarono che il dna aveva
una struttura elicoidale (a scala a chiocciola).
- Nel 1953 poi i ricercatori james watson e francis crick ebbero il merito di chiarire
definitivamente la struttura del dna, integrando tutte le informazioni disponibili fino a quel
punto, in un modello che spiegava come faceva questa molecola a portare l’informazione
genetica e come poteva servire da stampo per potersi duplicare.
nel loro modello, la struttura del dna è a doppia elica: due catene di zucchero-
fosfato fanno da scheletro alla molecola, mentre le coppie delle basi azotate purina
(doppio anello) - pirimidina (singolo anello), unite da legami ad idrogeno, formano i
gradini della cosiddetta “ scala a chiocciola”.
Il singolo filamento di dna ha un verso e va dall’estremità 5’ (il primo fosfato
dell’estremità libera è legato al carbonio 5’ del desossiribosio) fino all’estremità 3’
(l’ultimo fosfato è legato al c in 3’ dello zucchero). Il verso dei due filamenti che
compongono la struttura della doppia elica è opposto, se uno è disposto in direzione
5’ →3’ l’altro è 3’→5’ per questo motivo sono detti antiparalleli.
Nella molecola del dna l’adenina si unisce con due legami ad idrogeno alla timina (a-t) mentre la
guanina si lega con 3 legami ad idrogeno alla citosina (c-g). (the apple is on the tree. The cat is in the
.
garage)
Perché si formi la struttura della doppia elica, le basi in un filamento del dna devono essere appaiate
a quelle disposte sull’altro filamento. Quindi una sequenza su di un filamento richiede la sequenza
complementare sull’altro (es. 5’ gaattc 3’; 3’ cttaag 5’).
Il dna è un linguaggio, che usa delle specifiche parole composte da 3 basi azotate, i codoni, che
servono per codificare la sequenza degli amminoacidi quando la cellula deve produrre le proteine.
la specificità dell’appaiamento delle basi del dna del modello a doppia elica ha subito suggerito ai
ricercatori quale poteva essere il possibile meccanismo per la replicazione dell’informazione genetica.
Si è capito velocemente infatti che uno dei due filamenti poteva servire «da stampo» per la sintesi del
filamento complementare.
questo meccanismo di replicazione semiconservativa del
dna venne dimostrato sperimentalmente nel 1958, dai
ricercatori matthew meselson a franklin stahl, utilizzando delle
colture di batteri escherichia coli fatte crescere con l’isotopo
15n dell’azoto. Rompendo i legami ad idrogeno tra le purine e
le pirimidine si ottengono due filamenti di dna che possono
entrambi servire da stampi per la sintesi del filamento
complementare.
Questo meccanismo di replicazione semiconservativa
spiegava anche come potevano insorgere nei geni delle
modificazioni nella sequenza (mutazioni) che poi potevano
essere trasmesse alle generazioni successive. Se la copia del
filamento non avviene in maniera corretta possono crearsi
degli appaiamenti «sbagliati».
Nella cellula sono presenti anche molti meccanismi enzimatici
per la correzione degli errori di replicazione ma non tutti
vengono corretti. Circa 1 nucleotide mutato per miliardo infatti
sfugge a questi sistemi di controllo. Gli errori di replica, le
mutazioni (o polimorfismi) possono causare dei danni alle
cellule ed essere causa di malattie, in altri casi invece
possono dimostrarsi utili dal punto di vista evolutivo e
generare degli individui che meglio si adattano alle condizioni
ambientali.
Es. Di mutazioni positive:
La tolleranza al lattosio, che permette la digeribilità del latte e degli alimenti che lo contengono anche
dopo lo svezzamento.
Delezione di 32 coppie di basi nel gene umano ccr5 (ccr5-32) che codifica per un recettore presente
sui globuli bianchi e che conferisce all'uomo la resistenza all'aids negli omozigoti, mentre ritarda i suoi
effetti negli eterozigoti
Mutazione dell'apolipoproteina apo a-1, chiamata apo a-1 milano, conferisce ad alcuni abitanti di
limone sul garda (portatori di questa mutazione) un’innata resistenza agli effetti dannosi del
«colesterolo cattivo» sulle patologie cardiovascolari. Questa proteina mutata ha conferito, inoltre, agli
abitanti del paese un'estrema longevità, una dozzina di residenti ha infatti superato i 100 anni.
La replicazione del dna richiede l’azione congiunta di molti enzimi e proteine ed è un meccanismo
molto complesso. I passaggi principali sono:
la replicazione inizia in punti specifici della molecola del dna chiamati origini di replicazione dove la
doppia elica si svolge. Le dna elicasi sono gli enzimi che «aprono» la doppia elica. Sappiamo che i
filamenti di dna sono tenuti insieme da legami ad idrogeno tra le basi
azotate che presi singolarmente sono legami
deboli, ma son complessivamente forti
quando sono moltissimi come nella
molecola del dna, perciò è necessario un
enzima per romperli e separare i 2
filamenti.
I due filamenti si replicano
contemporaneamente e si forma una
struttura a y chiamata forca di
replicazione.
Una volta che l’elicasi ha aperto la doppia elica, si legano ai due singoli
filamenti le proteine ssb (single strand binding proteins) che li stabilizzano
in posizione aperta. Quando una parte di dna si svolge, il resto della molecola rischia di
superavvolgersi, si possono formare nodi che potrebbero bloccare la replicazione.
Per evitare il superavvolgimento ci sono le topoisomerasi che tagliano il dna a monte della forca di
replicazione e lo risaldano in una posizione più rilassata.
Gli enzimi che sintetizzano il dna sono le dna
polimerasi che aggiungono nucleotidi solo
all’estremità libera in 3’ della molecola. Quindi i
filamenti nuovi di dna crescono sempre in direzione 5’
→ 3’
Le dna polimerasi possono aggiungere nucleotidi solo
ad estremità già esistenti di acidi nucleici (non
possono partire da zero). Per questo motivo sono
necessari dei primer, delle piccole molecole (di 5-14
nucleotidi) che funzionano da innesco fatte di rna (rna
primer).
La sintesi è contemporanea sui due filamenti del dna
che sono:
Uno orientato «giusto» 3’ →5’ che quindi
viene copiato facilmente dalla dna polimerasi
(filamento guida)
uno orientato 5’ → 3’ e quindi deve essere
letto al contrario dalla dna polimerasi (filamento
in ritardo).
Per questo motivo un’altra molecola di dna polimerasi sintetizza solo dei piccoli frammenti di dna dal
filamento in ritardo (i frammenti di okazaki) che vengono poi uniti da una dna ligasi.
Nella duplicazione del dna degli eucarioti, che hanno cromosomi molto lunghi, la sintesi avviene
contemporaneamente da più origini e poi i filamenti sintetizzati vengono legati insieme.
La dna polimerasi commette degli errori mentre replica il dna, per questo motivo si sono sviluppati dei
meccanismi di correzione dei nucleotidi sbagliati che quando non funzionano bene possono
causare malattie come per esempio un tipo di cancro al colon.
Telomeri
Quando la replicazione di un intero cromosoma arriva alla fine il filamento in ritardo (quello che viene
sintetizzato in frammenti) non riesce a replicarlo completamente fino all’ultimo nucleotide (perché sugli
ultimi nucleotidi si lega il primer) e quindi ad ogni ciclo cellulare si perdono delle piccole porzioni di dna
che non vengono replicate. Per questo motivo i cromosomi hanno delle specie di cappucci terminali,
chiamati telomeri, che contengono delle sequenze di nucleotidi ripetute molte volte e che non
codificano per nessuna proteina.
Questi cappucci durante la vita di un individuo si «consumano» e fanno sì che le cellule adulte
abbiano un numero limitato di possibili replicazioni.
Es. Le cellule di un uomo di 70 anni hanno ancora la possibilità di dividersi, senza perdere
informazioni genetiche, per 20-30 volte, mentre quelle di un bambino possono dividersi 80-90 volte.
Alcune cellule adulte che devono continuamente replicarsi, per esempio le cellule del sangue
possiedono un enzima, la telomerasi, che allunga i telomeri.
Il controllo dell’attività della telomerasi può essere un punto chiave per sviluppare nuovi farmaci per
l’uomo. Il suo potenziamento potrebbe contribuire a rallentare l’invecchiamento, «ringiovanendo» le
cellule degli anziani, dall’altra parte però potrebbe causare dei tumori permettendo la replicazione
incontrollata delle cellule cancerose.
Espressione
Le informazioni contenute nel dna sono in grado di determinare la sequenza delle proteine.
L’informazione contenuta nel dna delle cellule ha bisogno di un altro intermediario per poter essere
trasferita alla sintesi proteica . Questo intermediario è l’rna, che è l’acido ribon