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ACIDI NUCLEICI
DNA, cromosomi e nucleo cellulare.
L’interpretazione dell’informazione contenuta nel DNA culmina con la sintesi proteica.
DNA: Depositario dell’info genetica.
Processo di Trascrizione: mRNA
RNA
Processo di Traduzione: tRNA
Poteina
1. mRNA – Messaggero
Legge l’informazione del DNA e la porta fuori dal nucleo. E’ una molecola lunga e
a filamento singolo. Contiene il codice per definire la sequenza degli amminoacidi
della proteina da sintetizzare.
1. tRNA – Transfer
Acido nucleico che nel citoplasma si occupa di trasportare gli amminoacidi
specifici ai polipeptidi in formazione sul ribosoma durante la sintesi proteica.
2. rRNA – Ribosomale
Acido nucleico a soingolo filamento che forma, con diverse proteine, i ribosomi
(Organuli cellulari coinvolti nella sintesi proteica)
L’informazione passa dal DNA all’mRNA e viene reinterpretata in una precisa sequenza di
amminoacidi legati a formare le proteine. Alla base del processo c’è la traduzione di un
codice in un altro. Il ribosoma è la SEDE FISICA di questo processo nella cellula.
Gene: Segmento di DNA che codifica per una proteina.
Il DNA è formato da 4 unità
chiamate nucleotidi:
1. Adenina – Timina
2. Citosina – Guanina
Le eliche sono tenute insieme da
questi nucleotidi.
Ogni nucleotide è formato da
zucchero + fosfato + base azotata.
Esistono 2 classi di basi azotate:
Purine e Primidine.
Adenina e Timina sono entrambe Purina
(Doppio anello).
Citosina e Guanina sono entrambe
Primidina (Singolo anello).
I legami di idrogeno tra fosfati causano la torsione del filamento di DNA.
L’aspetto ricorda una scala a pioli, ai lati vi sono gli
zuccheri-fosfato legati ai nucleotidi adiacenti.
Il gruppo fosfato è legato allo zucchero del nucleotide
successivo.
Le basi azotate sono rivolte all’interno dell’elica a formare
coppie con le basi sul lato opposto.
Ogni coppia di basi è formata da 2 nucleotidi
complementari tenuti insieme da legami di idrogeno.
LA DOPPIA ELICA DEL DNA
MISCOSCOPIA
1655 – L’inglese Robert Hooke fu il primo a capire che i viventi erano costituiti da unità
fondamentali. Analizzando il sughero descrisse i pori al suo interno come “cellule”
Fine ‘600 – Antoine van Leeuwnhoek descrisse molto bene la struttura microscopica di
molte cellule (protozoi, spermatozoi e cellule del sangue).
…fino all’800 i limiti imposti dalla limitata tecnologia delle lenti ottiche rallentò i progressi
scientifici nella biologia cellulare.
1839 – Theodor Schwann (biologo tedesco) descrisse le cellule della cartilagine, osservò
e descrisse il nucleo ed infine enunciò la TEORIA CELLULARE.
“Le cellule rappresentano la più piccola unità funzionale dei viventi”.
“Tutti gli organismi sono costituiti da una o più cellule nucleate”.
1855 – Le teoria completata dagli studi del patologo tedesco Rudolph Virchow che
osservò le divisioni cellulari e concluse che:
“Tutte le cellule hanno origine da una cellula preesistente”
1865 – Il monaco austriaco Gregor Mendel pubblicò i “dati sull’ereditarietà dei caratteri
somatici” ma per mezzo secolo nessuno considerò il suo lavoro.
1884 – Strasburger e Flemming osservarono i cromosomi durante la divisione cellulare ed
enunciarono che: “Le basi fisiche dell’eredità risiedono nel nucleo”.
Inizio ‘900 – Hugo de Vries e altri botanici tedeschi arrivarono alle stesse conclusioni di
Mendel che li aveva anticipati di 40 anni.
La trasmissione dei caratteri e la loro correlazione a geni e cromosomi fu definitivamente
affermata dagli studi di Thomas H. Morgan sul “Drosophila Melanogaster” (moscerino
della frutta) nelle prime decadi del ‘900.
Emil Fischer studi sulla sintesi di molecole organiche, sugli zuccheri e sul legame peptidico
posero le basi per l’integrazione tra studi chimici e morfologici.
1940/1950 – Oswald Avery, con mezzi ormai più sofisticati, dimostrò, con sperimentazione
su procarioti, che: “Il DNA è il reale depositario dell’informazione genetica”.
1953 – James Watson e Francis Crick definirono la struttura del DNA.
PRINCIPALI TECNICHE DI MICROSCOPIA
Microscopia ottica convenzionale
Si colora il tessuto e lo si osserva illuminando con una luce bianca.
1. Microscopia in campo chiaro:
Poco contrasto e dettagli scarsamente definiti.
2. Microscopia in campo chiaro con colorazioni:
Si basa su coloranti elettivi per i componenti della cellula.
Microscopia ottica avanzata
Per osservare cellule vive NON colorate.
1. Microscopia contrasto di fase:
Si esaltano le differenze negli indici di rifrazione.Contrasto aumentato.
2. Microscopia contrasto interferenziale:
Usa un doppio raggio di luce polarizzata.
La cellula assume un aspetto in bassorilievo.
Microscopia ottica in epifluorescenza
Serve per localizzare le macromolecole.
1. Microscopia a fluorescenza:
Una sostanza fluorescente viene eccitata da una luce apposita.
2. Microscopia confocale laser:
Simile a fluorescenza ma usa una luce laser che identifica piani diversi
di messa a fuoco.
Microscopia elettronica
1. Microscopia elettronica a trasmissione (TEM):
Sfrutta fasce di elettroni che attraversano il campione.
2. Microscopia elettronica a scansione (SEM):
Fasci di elettroni riflessi dalla superficie del campione.
Le moderne tecniche di microscopia ottica associate all’uso di molecole visualizzabili
(sonde fluorescenti) hanno rivoluzionato gli studi di localizzazione di molecole intra ed
extracellulari.
Alla base delle tecniche di microscopia c’è lo stereomicroscopio, che permette
l’ingrandimento (ca. 20-40x) e la manipolazione di organismi e campioni organici.
Vantaggio: Possibilità di operare manualmente sul campione.
Regole per un corretto uso del microscopio
1. Posizionarsi correttamente nella zona di lavoro
2. Regolare la distanza interpupillare
3. Regolare la correzione diottrica
4. Focheggiare in modo preciso
5. Cambiare l’ingrandimento
6. Aggiustare la messa a fuoco
MICROSCOPIO A LUCE TRASMESSA
Una lente o un sistema di lenti, detto obiettivo, ingrandisce l’oggetto, la cui immagine
viene ulteriormente ingrandita da una seconda lente (o sistema di più lenti) detta
oculare.
Oculare: semplice sistema di lenti che “vede” e ingrandisce l’immagine del campione
già ingrandita dall’obiettivo. Può essere unico oppure doppio per un osservazione più
comoda.
L’oculare porta inciso un numero che indica il suo potere d’ingrandimento.
Questo valore, moltiplicato per quello dell’obiettivo, dà
l’ingrandimento totale del microscopio.
Obiettivo: Complessi sistemi di lenti che forniscono il PRIMO
ingrandimento del campione da osservare. Sono avvitati su
una torretta girevole (revolver) che ne può portare fino a 6
con diverso ingrandimento (20x, 40x, 60x..).
Condensatore: sistema di lenti che invia all’obiettivo la
quantità di luce adatta alle sue caratteristiche ottiche.
Diaframma a iride: Regola l’ampiezza del cono di luce che entra nell’obiettivo.
Calcolo dell’ingrandimento fineale
Ingrandimento dell’oculare X Ingrandimento obiettivo = Ingrandimento TOTALE
10x X 40x = 400x
1. La perfetta regolazione del diaframma e del condensatore è indispensabile per
una buona qualità dell’immagine.
2. Il campione deve essere sottile e sufficentemente trasparente per poter essere
attraversato dal fascio di luce.
MICROSCOPIO IN CONTRASTO DI FASE
La luce rifratta dal campione è sfasata di mezza lunghezza d’onda:
in questo modo il contrasto aumenta e i campioni non colorati divengon ben visibili. Il
percorso ottico prevede un anello di fase e un diaframma di fase (sfasano entrambi la
luce di ¼ di lunghezza d’onda) capaci di sfasare le onde dirette e quindi aumentare il
contrasto del campione.
MICROSCOPIO IN CONTRASTO INTERFERENZIALE
O DI NOMARSKY (DIC)
Si basa sull’interferenza di 2 raggi polarizzati con piani perpendicolari tra loro. Anch’esso
permette di aumentare il contrasto degli oggetti rendendoli visibili. Poiché le 2 immagini
portate dalle onde sono leggermente sfasate, l’immagine finale avrà un caratteristico e
suggestivo aspetto plastico a bassorilievo. E’ molto utile e usato per
la fecondazione in vitro,
per altri tipi di utilizzo è
più scenografico che
altro.
IMMUNOCITOCHIMICA 4BG 1
L’immunocitochimica si basa sulla combinazione di tecniche immunologiche e cito -
istologiche (cellule e tessuti) che permettono di identificarne molecole specifiche in
cellule e tessuti. Queste tecniche sfruttano la reazione specifica di complessi
Anticorpo(Antibody - Ab) - Antigene(Antigen - Ag).
Esse permettono di identificare il complesso Ab-Ag grazie a una molecola chiamata
“sonda” legata all’anticorpo.
L’immunocitochimica permette di studiare localizzazione e
distribuzione di molecole intracellulari e tissutali.
Gli Antigeni Ag sono sostanze che, se penetrate in un organismo, inducono una risposta
da parte del sistema immunitario dell’ospite.
Sono molecole riconosciute come NON-SELF cioè estranee all’organismo ospite.
Come conseguenza della presenza del NON-SELF, l’organismo reagisce con una
complessa serie di reazioni immunitarie tra cui:
La produzione di anticorpi specifici diretti contro il non-self.
1. Il macrofago fagocita (porta dentro di se) nel suo citoplasma i batteri,
li degrada/distrugge e li espone sulla sua stessa membrana per mostrarli alle
altre cellule.
2. I linfociti reagiscono a questa intrusione, si attivano, maturano e producono gli
anticorpi contro l’antigene.
PRINCIPIO BASE DI UN VACCINO
Stimolare il sistema immunitario contro qualcosa in modo che, se dovesse ripresentarsi lo
stesso tipo di intrusione, l’organismo è molto più preparato per sconfiggerlo.
GLI ANTICORPI
LINFOCITI: responsabili della produzione di anticorpi.
ESOCITOSI: la cellula produce gli anticorpi e li secerne nell’ambiente extracellulare.
Gli anticorpi sono glicoproteine, la loro conformazione spaziale
risulta dal folding (conformazione secondaria, terziaria ecc.)
della molecola e nel suo caso, una immunoglobulina di tipo G
(lgG), ricorda una Y.
La capacità di riconoscere e legare un antigene risiede nella
conformazione della zona teminale delle braccia.
Una molecola anticorpale (lgG) ha la struttura di un tetramero,
formato da più catene proteiche.
Due