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STORIA DELLA TETIDE E BIODIVERSITA’ DEL MEDITERRANEO
• All’inizio, la porzione mediterranea della Tetide si divideva in due bacini: a N-E la Paratetide e a S-O
il Mediterraneo Ancestrale; la Paratetide comunicava ancora con la Tetide vera e propria, finchè il
collegamento non si chiuse, intorno ai 14 Ma fa. In seguito, la Paratetide chiuse il collegamento con
l’Oceano Indiano e diede origine al mar Sarmatico, un mare interno poco salato.
La porzione S-O della Tetide diede a quel punto origine al Mediterraneo: si isolò dal bacino Indiano per
divenire un grande golfo dell’Atlantico.
• Circa 8 Ma fa una frattura longitudinale separò la penisola italiana dai blocchi che oggi formano
Corsica e Sardegna: questa frattura continuò ad allargarsi fino a diventare un nuovo mare, il Tirreno, e
spingere la penisola italiana verso Est. La rotazione antioraria della penisola (in atto ancora oggi)
contribuisce alla compressione sulla catena degli Appennini.
• Crisi del Messiniano (6-7 Ma fa) – lo stretto di Gibilterra si chiuse ed il Mediterraneo diventò
rapidamente un immenso lago salato; la comunicazione con l’Atlantico si riaprì solo dopo 2 Ma. La
Paratetide risultava a questo punto frammentata in più bacini senza alcuna comunicazione con i bacini
mediterranei. A levante, l’istmo di Suez separava il Mediterraneo dall’odierno Mar Rosso, che allora era un
grande lago-mare chiuso rispetto all’Oceano Indiano.
Nel bacino Mediterraneo si formaro vasti depositi di evaporiti, che ancora oggi si trovano sotto i sedimenti
marini più recenti – e parte delle quali affiora in Sicilia, nelle Marche e in Romagna. Probabilmente il
Mediterraneo non si prosciugò completamente, visto che nei bacini più profondi sono stati trovati fossili di
organismi alofili.
Prima di allora, nel Mediterraneo le acque erano ben ossigenate, con una salinità simile a quella attuale ma
temperature molto più alte: queste condizioni avevano favorito lo sviluppo di una fauna tipica degli odierni
ambienti tropicali (madrepore ermatipiche, nautili…). L’estinzione di massa, comunque, non fu
probabilmente totale. Le specie di origine indopacifica attualmente presenti nel Mediterraneo sarebbero
sopravvissute in aree di rifugio, dove la salinità non risultava un fattore limitante; alcuni suggeriscono che
queste specie abbiano trovato rifugio in Atlantico e siano poi rientrate successivamente nel Mediterraneo.
• Pliocene (5 Ma) – lo Stretto si riaprì e l’ingresso delle acque atlantiche nel Mediterraneo
occidentale durò qualche centinaio di anni e riempì nuovamente il bacino. La fauna atlantica potè
ricolonizzare il bacino, che perdette le sue caratteristiche di mare tropicale. Il Mediterraneo orientale, in
questo periodo, rimase isolato rispetto a quello occidentale: non avvalendosi delle immigrazioni atlantiche,
risulta molto più povero dal punto di vista faunistico (si ipotizza che questa bassa diversità possa essere
solo apparente e dovuta soprattutto al basso numero di studi effettuati nell’area).
• Pleistocene – la temperatura calò, portando alla quasi totale scomparsa delle specie tropicali e
subtropicali. Da 2 Ma fa a 10 mila anni fa, ebbero luogo le glaciazioni, di cui le 4 più importanti sono Gunz,
Mindel, Riss e Wurm. La requisizione dell’acqua sopra le terre emerse comportò un abbassamento degli
Oceani ad un livello inferiore a quello attuale di circa 200 m. Bacini un tempo comunicanti furono isolati e
terre emerse altrimenti separate si ritrovarono unite. L’alto Adriatico era praticamente inesistente, così
come altre aree ad esempio nel canale di Sicilia.
Le acque del Mediterraneo e dell’Atlantico centro-orientale si scaldarono, portando ad una estinzione
oppure ad una migrazione di specie termofile in queste aree, con successiva ricolonizzazione. Si osservano –
anche nel bacino orientale del Mediterraneo – relitti di fauna termofila, probabilmente di origine africana,
che durante le glaciazioni ha trovato rifugio in queste acque più calde.
La teoria dell’inversione delle correnti di Gibilterra, Mars
In periodi glaciali ed interglaciali, i flussi di acque uscenti ed entranti dallo stretto di Gibilterra si
scambierebbero. Attualmente viviamo un periodo
interglaciale: Gibilterra è
attraversato da un flusso uscente
di acqua densa e salata al fondo,
e da un flusso entrante di acqua
meno salata e meno densa in
superficie. Ciò è probabilmente
dovuto alla stratificazione delle
acque provocata dagli scambi
con il mar Egeo ed il Nilo: al
fondo si formano strati di acque
salate che impediscono il
rimescolamento della colonna.
Nei periodi interglaciali si osserva l’ingresso di fauna superficiale senegalese, ad esempio Conus testudinaris
e Strombus bubonius.
Nei periodi glaciali, al contrario, si osserva l’uscita in superficie di acque calde e poco dense e salate,
mentre al fondo entra dall’Atlantico acqua fredda e densa.
Questa dinamica coincide, invece, con l’ingresso di specie settentrionali profonde (lusitaniche), provenienti
dal N Europa: ad esempio, Arctica islandica e Mya truncata.
Affinità delle popolazioni mediterranee
Le nuove immissioni si spostano da Ovest verso Est e da Sud verso Nord; il risultato è l’attuale distribuzione
della biodiversità. Si distinguono:
• il bacino occidentale, costituito dal Mare di Alboran – presenta una popolazione settentrionale ed
una meridionale
• il bacino orientale, costituito dall’Egeo, l’Adriatico ed il Mar di Levante.
Nei settori più settentrionali:
⎯ specie ad affinità boreale
Platichthys flesus, passera di mare; Sagartia elegans, anemone.
⎯ Specie ad affinità africana/tropicale
Thalassoma pavo, donzella pavonina; Sparisoma cretense, pesce pappagallo.
Il Mar Mediterraneo è considerato una sottoprovincia della provincia Atlanto-mediterranea, tuttavia la
fauna è più ricca e presenta la maggioranza degli endemismi (circa il 20%). Il bacino Occientale ha il tasso di
endemismi maggiore, seguito dall’Adriatico; il Mar di Levante è più povero di specie, a causa della ridotta
circolazione dovut alla soglia del canale di Sicilia, unitamente a fattori storici.
Le specie endemiche del Mediterraneo possono avere 3 origini:
• paleoendemismi tetidiani, specie che sono sopravvissute nel Mediterraneo dopo il frazionamento
della Tetide
• endemismi relitto, specie che sono sopravvissute esclusivamente in Mediterraneo e si sono estinte
nelle altre aree a causa dei cambiamenti climatici
• neoendemismi, casi di speciazione a partire da elementi atlantici.
L’APERTURA DEL CANALE DI SUEZ
È un esempio lampante di
come l’uomo modifichi il corso
della storia della biodiversità.
Il canale venne aperto nel
1869, sancendo l’inizio di una
migrazione pressochè
unilaterale dal Mar Rosso al
Mediterraneo orientale, detta
migrazione lessepsiana.
Questo a causa dell’elevata
salinità e temperatura del
bacino e della bassa quantità
di specie presenti.
Ogni anno, da 5 a 10 nuove
specie sono scoperte nel Mar
Mediterraneo; circa il 10%
della fauna presente nel
bacino orientale è di
provenienza Indo-Pacifica. Il
70% delle specie immigrate appartiene alla regione Indo-Pacifica (N Australia, S Giappone, E Africa e Mar
Rosso), il 17% arriva dall’Indiano occidentale e il 4% è circumtropicale. Nessuna specie è endemica del Mar
Rosso.
Più di 600 specie di metazoi alieni sono presenti in Mediterraneo, di cui il 53% circa è entrato dal Canale di
Suez; un altro 11% è entrato tramite il canale per essere poi disperso da imbarcazioni.
Questo flusso unilaterale verso Nord può essere spiegato da diversi fattori:
1. il Mar Rosso contiene più specie del Mediterraneo orientale ed anche la densità delle popolazioni è
maggiore
2. la grande ricchezza di specie di pesci del Mar Rosso indica la loro capacità di adattarsi a diverse
nicchie, quindi possono competere con successo con le specie mediterranee
3. venti prevalenti e correnti facilitano il passaggio verso Nord, soprattutto di uova e giovanili; 10 mesi
l’anno la corrente si muove in quella direzione.
Invece, i fattori che limitano la migrazione sono:
1. organismi tropicali di barriera non possono colonizzare il bacino levantino prima degli organismi
costruttori di barriera
2. i coralli e i pesci di barriera sono termofili e non possono sopravvivere alle basse temperature
invernali del Mediterraneo
3. i pesci di barriera generalmente non producono stadi larvali planctonici, quindi non hanno molte
possibilità di essere trasportati verso Nord dalle correnti
4. i fondali del Golfo di Suez sono molto bassi (max 50 m) e i colonizzatori sono principalmente
organismi demersali.
La migrazione anti-lessepsiana, invece, è alquanto limitata: interessa 10-20 specie in totale (es.
Sphaerodiscus placenta). Anche in profondità, infatti, dove le correnti potrebbero risultare favorevoli, la
concentrazione salina risulta limitante per la sopravvivenza degli organismi marini.
Lungo il Canale di Suez sono presenti dei laghi amari; essi dapprima erano valli piuttosto estese,
caratterizzate da grandi spessori di sale (oltre 13 m secondo De Lesseps). In circa 60 anni, dall’apertura del
Canale, questo fondale salato si sciolse dando vita ai cosiddetti laghi amari ipersalini (S = 68 ppm). Questi
laghi, unitamente alle alte temperature del canale, rendono problematico il passaggio per la maggior parte
degli organismi. La salinità di questi fondali, comunque, sta gradualmente diminuendo: oggi è compresa tra
i 44 e i 49 ppm.
Si definiscono 3 aree zoo-ecologiche colonizzate dalle specie lessepsiane:
• il Mar Rosso settentrionale
• il Mar Mediterraneo orientale
• il Canale di Suez, che per molte specie è diventato un rifugio permanente.
Il rapporto con le forme indigene
nessuna specie indigena è mai stata eliminata da un migrante lessepsiano, a parte la stella marina Asterina.
Le specie locali tendono a spostarsi in acque più profonde e fredde; molto probabilmente l’arrivo delle
specie aliene porta a restringere la nicchia trofica delle specie indigene e, al contempo, le specie aliene
tendono ad utilizzare le risorse meno sfruttate da altri.
Le specie lessepsiane
Fino ad ora nel Mediterraneo sono state registrate 65 specie di pesci lessepsiani. Di queste, 9 sono state
registrate dal 2002. Queste specie rappresentano oltre il 13% della ittiofauna del Mediterraneo orientale,
con 18 specie particolarmente importanti per la pesca locale. I primi organismi che attraversarono il canale
furono pesci litorali, alcuni crostacei (Cary