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REGOLAZIONE E RIPARAZIONE DELL'APPARATO FOTOSINTETICO

I sistemi fotosintetici devono affrontare una situazione di sfida speciale. Essi sono costruiti in modo tale da assorbire quantità notevoli di energia luminosa e trasformarla in energia chimica. A livello molecolare l'energia di un fotone può essere dannosa, specialmente in condizioni sfavorevoli.

Se non viene dissipato in modo sicuro, l'eccesso di energia può portare alla produzione di specie tossiche, come il superossido, il singoletto di ossigeno e il perossido, che danneggiano il sistema. Gli organismi fotosintetici, per questo motivo, possiedono una serie completa di meccanismi di regolazione e riparazione.

Alcuni di questi meccanismi regolano il flusso di energia nel sistema antenna, al fine di evitare l'eccesso di eccitazione dei centri di reazione e allo stesso tempo assicurare che i due fotosistemi funzionino equamente. Sebbene molto efficaci, questi processi non lo sono al

cento per cento e talvolta vengono prodotte delle specietossiche.- Sono così necessari dei meccanismi suppletivi al fine di dissipare questi composti, in particolare le specietossiche di ossigeno. Anche in presenza di tutti questi meccanismi protettivi e di salvataggio avviene ildanneggiamento e allora entrano in gioco meccanismi aggiuntivi per riparare il sistema.- Schema generale della regolazione della cattura difotoni e della protezione e riparazione del dannodovuto ai fotoni. La protezione da questo danno è unprocesso a più livelli.- La protezione e la riparazione delfotodanneggiamento sono composte da: estinzione edissipazione del calore, neutralizzazione difotoprodotti tossici, sintesi e riparazione di PSII.- La prima linea di difesa (estinzione non fotochimica)è la soppressione del danno tramite l’estinzione delprocesso di eccitazione con produzione di calore.- Se questa difesa non è sufficiente e si formanofotoprodotti tossici, questi

sono eliminati da una varietà di sistemi di salvataggio.

Se anche questa seconda linea di difesa fallisce, i fotoprodotti possono danneggiare certe molecole target suscettibili al fotodanneggiamento, come avviene per la proteina D1 del fotosistema II.

Questo danno porta alla fotoinibizione e in tal caso la proteina D1 viene staccata dal centro di reazione del PSII e successivamente degradata.

Una nuova proteina D1 appositamente sintetizzata è reinserita nel centro di reazione del PSII per riformare un'unità funzionante.

Le xantofille (carotenoidi) prendono parte all'estinzione non fotochimica. Alla luce, la violaxantina è convertita in zeaxantina, passando dall'intermedio anteraxantina, dall'enzima violaxantina de-epossidasi. Quando l'intensità della luce diminuisce, il processo è inverso. Si ritiene che il legame di protoni e della zeaxantina alle proteine dell'antenna per la raccolta della luce causi

cambiamenti conformazionali che portano all'estinzione e alla dissipazione del calore 59 - La fosforilazione delle LHCII mediata dalla chinasi causa la migrazione di LHCII verso tilacoidi impilati e la liberazione di energia al PSI (stato 2).- Dopo defosforilazione, LHCII migra verso i tilacoidi non impilati e fornisce più energia al PSII (stato 1).[9] GENETICA, ASSEMBLAGGIO ED EVOLUZIONE DEI SISTEMI FOTOSINTETICI- I cloroplasti possiedono i loro DNA, mRNA e sistemi per la sintesi proteica, ma la maggior parte delle proteine del cloroplasto sono codificate da geni nucleari e importate nel cloroplasto.- I cloroplasti mostrano un modello non-Mendeliano di ereditarietà. Si riproducono più per divisione che per sintesi ex novo. Durante la divisione cellulare, si dividono nelle due cellule figlie. Nella maggior parte delle piante sessuali, comunque, è solo il genitore femminile che contribuisce alla parte cloroplastica dello zigote.60- Il cloroplasto è

Discendente da una relazione simbiotica tra un cianobatterio e una semplice cellula eucariotica non fotosintetica.

LA FOTOSINTESI CLOROFILLIANA: LE REAZIONI DEL CARBONIO

IL CICLO DI CALVIN- Nei cloroplasti, l'energia della luce è utilizzata dai fotosistemi costituiti da tilacoidi per ossidare l'acqua, produrre O e generare ferredossina ridotta, NADPH e ATP. Nello stroma, ATP e NADPH guidano la fissazione della CO atmosferica e la produzione di strutture di carbonio necessarie per la crescita e lo sviluppo.

Gli organismi autotrofi hanno la capacità di utilizzare l'energia da fonti fisiche e chimiche per incorporare il carbonio della CO atmosferica in scheletri di composti organici compatibili con le esigenze della cellula.

La via più importante di fissazione della CO autotrofa è il ciclo di Calvin-Benson (o ciclo C3 o ciclo riduttivo dei pentosi fosfati) che riduce lo stato di ossidazione del carbonio dal valore più elevato.

che si trova nella CO+4, 2 ai livelli presenti in zuccheri (per esempio, +2 nei gruppi cheto —CO—; 0 negli alcoli secondari —CHOH—).- Il ciclo di Calvin-Benson procede attraverso tre tappe:
  1. Carbossilazione (delle molecole accettore della CO) che lega covalentemente il carbonio 2 inorganico (CO) ad uno scheletro carbonioso;
  2. Nella prima fase, la rubisco catalizza la carbossilazione del ribulosio 1,5-bisfosfato con CO2, ottenendo 3-fosfoglicerato.
  3. Riduzione del prodotto della carbossilazione, che forma un carboidrato (trioso fosfato) a spese dell'ATP generata fotochimicamente e di equivalenti di riduzione sotto forma di NADPH;
  4. Rigenerazione della molecola accettore della CO2, il ribulosio-1,5-bisfosfato, usando i cinque sestidei trioso fosfati. Il restante sesto dei trioso fosfati viene utilizzato per la fornitura di strutture di carbonio per la biosintesi, il trasporto e lo stoccaggio.
Nello stato stazionario, l'ingresso di CO2 equivaleall'uscita di trioso fosfati. Questi ultimi servono sia come precursori della biosintesi di amido nei cloroplasti o, verso il citosol, per la biosintesi di saccarosio. Il saccarosio viene caricato nella linfa floematica e utilizzato per la crescita o la biosintesi dei polisaccaridi in altre parti della pianta. [2] REGOLAZIONE DEL CICLO DI CALVIN- L'uso efficiente dell'energia nel ciclo di Calvin-Benson presuppone l'esistenza di specifici meccanismi di regolazione che garantiscano non solo che tutti i prodotti intermedi del ciclo siano presenti in concentrazioni adeguate alla luce, ma anche che il ciclo sia spento quando non è necessaria la sua funzione al buio. - La CO2 funziona sia da attivatore che da substrato per la rubisco. La rubisco si attiva mediante l'attivazione CO2-dipendente della rubisco abbassando l'inibizione causata dagli zuccheri fosfati: - Modulazione (pannello verde): La reazione di CO2 attivatore con la rubisco (E) provoca laE-carbammato (E-NH-CO-), la cui stabilizzazione tramite Mg2+ porta al complesso E-carbammato (E-NH-CO- • Mg2+). Nello stroma dei cloroplasti illuminati, l’aumento sia del pH che della concentrazione di Mg2+ agevolano la formazione della forma cataliticamente attiva della rubisco, il complesso E-NH-CO- • Mg2+. La rubisco attivasi (pannello beige): Il legame stretto di zuccheri fosfati (SugP) impedisce la produzione dell’addotto E-carbammato. Nel ciclo mediato dalla rubisco attivasi, l’idrolisi di ATP dovuto alla rubisco attivasi provoca un cambiamento conformazionale della rubisco che riduce la sua affinità per gli zuccheri fosfati. La catalisi (pannello blu): Dopo la formazione del complesso E-NH-CO2- • Mg2+ nel sito attivo dell’enzima, la rubisco si combina con il ribulosio 1,5-bisfosfato (RuBP) e successivamente con l’altro substrato, CO2 o O2, avviando rispettivamente le

attività di carbossilasi o ossigenasi (vedi Figura 8.4). I prodotti della catalisi sono o due molecole di 3-fosfoglicerato (attività carbossilasica) o una molecola di 3-fosfoglicerato e una di 2-fosfoglicolato (attività ossigenasica).

- La luce controlla l'attività della rubisco attivasi e di quattro enzimi del ciclo di Calvin-Benson attraverso il sistema ferredossina-tioredoxina e i cambiamenti nella concentrazione di Mg2+ e valori di Ph:

  • Questo sistema lega il segnale luminoso percepito dalle membrane tilacoidali all'attività degli enzimi dello stroma del cloroplasto.
  • L'attivazione di enzimi del ciclo riduttivo dei pentoso fosfati (ciclo di Calvin-Benson) inizia alla luce con la riduzione della ferredossina tramite la catena di trasporto di elettroni della fotosintesi (PSII + PSI).
  • La ferredossina ridotta e due protoni sono utilizzati per ridurre un legame disolfuro cataliticamente attivo (—S—S—) del ferro-zolfo enzima
ferredossina-tioredossina reduttasi, che a sua volta riduce il legame disolfuro altamente specifico (—S—S—) della proteina regolatrice tioredossina. La forma ridotta (—SH HS—) della tioredossina riduce quindi un legame disolfuro critico (regolatore) dell'enzima bersaglio, scatenando la conversione nello stato cataliticamente attivo. In questo stato l'enzima bersaglio catalizza la trasformazione di substrati in prodotti. Al buio, la formazione del legame disolfuro della tioredossina porta la forma ridotta (—SH HS—) dell'enzima alla forma ossidata (—S—S—) con la perdita contemporanea dell'attività. Un enzima del ciclo ossidativo dei pentosi fosfati, la glucosio-6-fosfato deidrogenasi, che è attiva nello stato ossidato (al buio), viene disattivato dopo la riduzione tramite tioredossina. I cambiamenti dell'intensità della luce regolano la formazione di complessi supramolecolari di65enzimi per il controllo dell'attività della fosforibulochinasi e gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (Figura 8.7):3 IL CICLO C PER L'OSSIDAZIONE FOTOSINTETICA DEL CARBONIO2- CO e O competono per reazione con ribulosio 1,5-bisfosfato perché la carbossilazione e l'ossigenazione si2 verificano all'interno dello stesso sito attivo della rubisco. L'assorbimento di O nell'ossigenazione del ribulosio21,5-bisfosfato provoca la perdita parziale di CO2- fissata.2 Il ciclo ossidativo fotosintetico C del carbonio limita le perdite di CO causate dalla fotorespirazione (Tabella2 28.2). 66- Il funzionamento del ciclo ossidativo fotosintetico C2 coinvolge cloroplasti, perossisomi e mitocondri:o Nei cloroplasti, l'attività ossigenasica della rubisco forma due molecole di 2-fosfoglicolato, che la fosfoglicolato fosfat
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SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/13 Chimica agraria

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher simone.raspagni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biochimica e Fisiologia della Pianta coltivata e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Sacchi Gian Attilo.