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IL SISTEMA CONTABILE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Il primo chiarimento che bisogna fare è che non vi è un bilancio pubblico unico valido per tutti gli enti
pubblici, ma esistono diversi bilanci pubblici a seconda se parliamo del bilancio dello Stato, del bilancio
degli Enti locali (con ulteriore distinzione tra bilancio della Regione e bilancio del Comune), del bilancio
delle aziende sanitarie, del bilancio delle istituzioni scolastiche, ecc.
In sostanza, abbiamo una varietà di aziende pubbliche, ognuna delle quali ha un bilancio, il quale ha una
struttura particolare, che ha poco a che vedere con il bilancio civilistico.
Vedremo subito che esistono delle differenze salienti anche a livello di sistema contabile, cioè a livello di
metodica di rilevazione, che quindi necessariamente portano a delle scritture differenti e a documenti di
sintesi altrettanto differenti.
C’è da dire che, ancorché il bilancio pubblico e il bilancio privatistico siano stati molto lontani tra di loro sia
per forma che per contenuti, ultimamente si sta assistendo ad un progressivo avvicinarsi delle due forme di
bilancio.
Noi sappiamo benissimo che nella contabilità generale l’obiettivo del sistema contabile, sostanzialmente, è
quello di andare a rilevare il risultato di esercizio e il connesso capitale di funzionamento; quindi, la
contabilità generale altro non fa che rilevare quelle che sono le grandezze economico-patrimoniali proprio
per arrivare alla determinazione dei due risultati di sintesi che abbiamo appena detto. Infatti, l’obiettivo
dell’azienda privata, fondamentalmente, è quello di essere “economica”, quindi di essere orientata, in
qualche modo, al profitto o, comunque, essere orientata ad una produzione che sia rispettosa dei principi di
efficacia, efficienza ed economicità. Questi tre principi, in passato non erano completamente noti alla
contabilità pubblica, per cui l’azienda pubblica non si interessava di questi contenuti aziendalistici, e
abbiamo visto adesso che i risultati che abbiamo avuto non sono particolarmente buoni, tant’è che molti Stati
e molti Comuni sono in default, proprio perché, malgrado il fatto che c’è stato uno spreco di risorse, la
gestione non è stata mai orientata ai canoni aziendalistici (efficacia, efficienza ed economicità). Tutto questo
avveniva perché, fondamentalmente, il sistema contabile pubblico era orientato a monitorare quello che era
l’andamento “finanziario”.
È noto che esistono grandezze economiche, finanziarie e patrimoniali. Le grandezze finanziarie sono quelle
legate al movimento dell’entrata e dell’uscita, ossia al movimento della cassa e a strumenti ad essa assimilati.
Nel sistema pubblico, fino ad oggi, è stato monitorato esclusivamente l’aspetto finanziario, nel senso che il
ragionamento era fatto non in termini di costi e di ricavi (altrimenti avrei detto che la mia gestione era
orientata ai canoni dell’economicità), ma si parla essenzialmente di entrate ed uscite.
Le entrate, in campo pubblico, derivano sostanzialmente dai tributi, e quindi la ricchezza proviene dagli
stessi cittadini. Gli amministratori poi, in qualche modo, vanno ad allocare questa ricchezza in funzione di
quelli che sono i bisogni che vanno soddisfatti, e quindi in funzione di quelle che erano le spese da attivare.
Abbiamo detto che, in base ai criteri di redazione, sono diversi i risultati a cui perveniamo, infatti: mentre
nell’azienda privatistica quello che si vuole vedere il risultato d’esercizio e il capitale di funzionamento;
nell’azienda pubblica, invece, ciò che va visto è il risultato finanziario in termini di differenza tra entrate e
uscite (avanzo o disavanzo). In particolare, ci troviamo in una situazione di avanzo nel momento in cui le
entrate sono maggiori delle uscite, mentre abbiamo un disavanzo nel caso in cui sono le uscite ad essere
maggiori delle entrate.
Allora, nel sistema pubblico, anziché di contabilità generale o contabilità economico-patrimoniale, noi
parliamo di contabilità finanziaria, proprio perché andiamo a monitorare esclusivamente grandezze
finanziarie, perciò parleremo di entrate e di spese. 1
Abbiamo già anticipato il concetto di avanzo e disavanzo, che ovviamente fa pensare subito ad una
valutazione ex-post, perché solo alla fine del periodo io posso avere un risultato di avanzo/disavanzo, poiché
avrò l’entità dell’entrate conseguite e l’entità delle spese sostenuto, e per differenza troverò il risultato.
Quando si parla di contabilità finanziaria, e quindi di entrate e di uscite, è vero che l’enfasi è posta sul
momento dell’ex-post, ma prevalentemente sul momento dell’ex ante.
Dunque, la contabilità finanziaria ripone la maggiore attenzione sulle cosiddette scritture preventive, ossia
quelle che in termini privatistici noi chiameremmo budget, il quale non viene utilizzato da tutte le aziende; al
contrario, le scritture preventive, nel sistema pubblico, hanno una rilevanza imponente, cioè sono più
importanti delle scritture ex-post, perciò è come se l’avanzo e il disavanzo fossero soltanto una conseguenza
del momento preventivo, ed è per questo motivo che si parla del cosiddetto pareggio di bilancio.
Il pareggio si riferisce al fatto che, al momento in cui si fanno le previsioni, in qualche modo, occorre che le
spese siano uguali alle entrate. In tal senso, si parte da un concetto basilare, che è quello del cosiddetto
equilibrio dinamico, secondo il quale, partendo dall’assunto che i bisogni sono infiniti e le risorse sono
limitate, ne deriva che individuate le risorse dovrò calibrare i bisogni da soddisfare in funzione di quelle che
sono le risorse. Quindi, se le mie risorse in entrata sono 1000, allora potrò soddisfare bisogni soltanto per un
valore pari a 1000, e se dovessi avere nuove entrate ovviamente attiverò nuove spese (questa è la nozione di
equilibrio dinamico). Naturalmente le spese non possono essere superiori alle entrate, perché ciò vorrebbe
dire che sono in una situazione di disavanzo già in partenza, quindi devo fare in modo che le spese non siano
superiori alle entrate, almeno nella fase delle previsioni. Dunque, quando io mi accingo a fare le cosiddette
“previsioni di bilancio”, cioè vado a preventivare quelle che saranno le entrate e le spese, sicuramente non
posso preventivare delle spese che siano eccedenti rispetto alle entrate. Questo è il famoso “principio del
pareggio”, anche se ciò non vuol dire poi che io, a consuntivo, non possa avere un avanzo o un disavanzo,
ma vuol dire che quanto meno, a livello previsionale, mi devo porre questo obiettivo di uguaglianza tra
entrate e uscite.
Da questo concetto di pareggio deriva la cosiddetta funzione autorizzativa. Come abbiamo già detto, le
entrate di un’azienda pubblica provengono dalla collettività di riferimento, quindi è come se quelle entrate
fossero di tutti e, allo stesso tempo, di nessuno fondamentalmente, dunque non è come un’azienda privata
che ha la sua identità per cui, sostanzialmente, distinguiamo il capitale proprio dal capitale di terzi. Infatti,
qui nell’azienda pubblica il conetto di capitale non c’è, ma c’è soltanto il concetto di entrate, prelevate dalla
collettività, che dovrebbero essere destinate ai bisogni della collettività. Allora, in qualche modo, attraverso
l’esercizio della funzione autorizzativa, i cittadini autorizzano gli amministratori ad utilizzare le risorse che
sono state prelevate presso la stessa collettività di riferimento; in sostanza, le risorse vengono sì prelevate, e
poi gli amministratori vengono autorizzati a poterle utilizzare, attraverso uno strumento che prende il nome
di bilancio di previsione. Quindi, il bilancio di previsione non fa altro che individuare tutte le entrate e tutte
le uscite che possono verificarsi durante l’esercizio finanziario; tutto ciò con la conseguenza che, se un’uscita
non è stata prevista nel bilancio di previsione allora vuol dire che non è stata autorizzata, per cui un’uscita
non inserita all’interno del bilancio di previsione non può essere implementata; allora, è come se gli
amministratori venissero imprigionati dentro lo stesso strumento del bilancio di previsione, perché potranno
fare solo e soltanto quello che è stato previsto in seno al bilancio di previsione. Ovviamente, la maggior parte
della discrezionalità viene esercitata dal lato delle uscite, poiché le entrate, il più delle volte, sono stabilite da
norme di legge (ad esempio, quelle che mi dicono quanto può essere il gettito dei tributi per diverse tipologie
di imposte, oppure quali sono i trasferimenti dello Stato, ecc.); mentre, dal lato delle spese, gli amministratori
hanno la discrezionalità di decidere come distribuire le risorse, cioè di decidere quali spese fare e quali spese
non fare. È pur vero che, ultimamente, i bilanci pubblici sono diventati molto rigidi, nel senso che queste
risorse sono venute sempre più a ridimensionarsi nel tempo, perciò anche le spese attivabili hanno subito una
restrizione, per cui la stessa discrezionalità degli enti è stata circoscritta alle sole spese quasi obbligatorie.
Adesso la maggior parte degli enti pubblici ha un bilancio che prevede le entrate e le uscite, con queste
ultime relative a “spese per il personale” non che tutta una serie di servizi indispensabili che l’ente deve
erogare a servizio della collettività (es. la difesa, ecc.); mentre una volta gli enti avevano a disposizione più
risorse, per cui potevano, in qualche modo, sbizzarrire la propria fantasia e quindi muoversi anche in
iniziative nel campo del sociale, della cultura, ecc. 2
Detto questo, quindi, è chiaro quale sia l’importanza della funzione autorizzativa, la quale trova la sua
massima espressione nel bilancio di previsione che rileva entrate e uscite. È bene non dimenticare che, la
funzione autorizzativa è “perentoria” soprattutto per le spese, poiché nessun amministratore può attivare una
spesa se la stessa non è stata prevista in seno al bilancio di previsione; mentre, le entrate, in teoria, possono
anche essere riscosse per un ammontare superiore a quello che era stato previsto, e questo sarà ciò che mi
porterà, successivamente, alla determinazione dell’avanzo, poiché, a consuntivo, mi ritroverò con entrate
superiori alle spese.
Adesso verranno rappresentate le differenze che esistono tra la contabilità finanziaria e la contabilità
economico-patrimoniale. Come già detto, la contabilità economico-patrimoniale va a rile