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COMUNICAZIONE TRA CELLULE
Le cellule sono delimitate da una membrana plasmatica, contengono citosol e una serie di organelli, anch’essi
delimitati da una membrana: nucleo, lisosoma, mitocondri, reticolo endoplasmatico, apparato di Golgi,
vescicole… Le membrane biologiche sono composte da un doppio strato lipidico (fosfolipidi = esteri di
acidi grassi con gruppi fosfato. Presentano una testa carica volta verso la superficie e catene grasse che
si fronteggiano verso l’interno), con spessore di 5 nm, al cui interno si trovano delle molecole proteiche
e altre sostanze, come il colesterolo, che “nuotano” all’interno del doppio strato. Il colesterolo
conferisce le caratteristiche di plasticità e fluidità alla membrana, ed è per questo indispensabile.
La membrana plasmatica è deputata alla regolazione dei passaggi di molecole, percepite come segnali, tra l’interno e
l’esterno della cellula. Il meccanismo tramite il quale la membrana opera questo filtro è di tipo chimico: le molecole
che dal punto di vista chimico-fisico riescono a passare attraverso lo strato lipofilo dei fosfolipidi possono entrare nella
cellula, mentre le molecole molto cariche e/o polari “preferiscono” rimanere nello spazio acquoso dell’ambiente
extracellulare (o intracellulare) e non attraversano la membrana.
Le molecole che generalmente entrano o escono dalla cellula sono:
- Molecole nutritive entrano facilmente nella cellula
- Prodotti metabolici di scarto escono dalla cellula
I componenti intracellulare (organelli, citosol) non devono fuoriuscire dalla cellula e le molecole indesiderabili,
compresi i microrganismi, non vi devono entrare. Siccome i farmaci vengono generalmente riconosciute come
molecole ignote dalla cellula, il problema di far attraversare dal farmaco la membrana cellulare è un problema di
grande rilevanza.
I motivi per cui la cellula deve regolare lo scambio di sostanze con l’esterno sono essenzialmente due:
1. Favorire l’entrata di zuccheri, amminoacidi, grassi e altri nutrienti
2. Favorire l’entrata di molecole segnale/ormoni per ricevere segnali che raggiungono il nucleo attivazione o
inattivazione della trascrizione genica, modifica di proteine di trasporto… risposta allo stimolo da parte della
cellula. 11
Molecole segnale: antigeni, molecole del sistema immunitario,
neurotrasmettitori, fattori di crescita, ormoni steroidei, ormoni sessuali,
glucocorticoidi, stimoli meccanici, stimoli luminosi, stimoli termici…
Il segnale arriva dall’esterno della cellula (generalmente) riconosce una
proteina trasmembranale (GPCR, recettore ionotropico…) eventi
intracellulari (attivazione di enzimi, passaggio di ioni…) attivazione/inibizione
di fattori di trascrizione o di proteine del citoscheletro… ecc.
I farmaci possono interagire a ciascuno di questi livelli: primo step di
riconoscimento della molecola segnale con il recettore, bloccare downstream il
segnale a livello delle proteine intracellulari o delle proteine bersaglio.
Forme di comunicazione intercellulare
1. Endocrina un ormone viene secreto da un organo/ghiandola, entra nel circolo sanguigno e raggiunge un organo
bersaglio lontano della ghiandola/organo che l’ha secreto.
Es. I derivati del cortisone sono dei potentissimi anti-infiammatori; l’uso di derivati cortisonici in acuto non ha
praticamente nessun effetto (soprattutto nei bambini), mentre l’utilizzo in cronico (trattamento prolungato nel
tempo) è particolarmente pericoloso e ricco di effetti collaterali perché il rilascio endogeno di cortisolo è regolato
da un meccanismo di feedback negativo (ogni mattina viene rilasciato cortisolo, poi cala). Se viene somministrato
cortisone dall’esterno, allora i livelli di cortisone sono sempre alti, quindi l’organismo smette di produrre cortisolo
(in cronico) il meccanismo di sintesi e rilascio dell’ormone “si atrofizza”, provocando effetti gravi, soprattutto
nei bambini.
Es. l’ormone sessuale maschile, se somministrato a dosi superiori rispetto a quelli fisiologici in cronico, ha effetti
femminilizzanti sull’organismo, proprio perché blocca la sintesi di testosterone (stesso meccanismo che si osserva
per il cortisone) e il testosterone in circolo viene convertito in estradiolo.
2. Paracrina la molecola segnale viene secreta da una certa tipologia cellulare e agisce su una cellula fisicamente
vicina a quella che l’ha secreta.
Es. l’effetto della cocaina (droga da abuso): interferisce con i meccanismi di ri-captazione del neurotrasmettitore
dopamina a livello pre-sinaptico (blocca il feedback negativo) la dopamina continua ad essere secreta e
determina l’over-stimolazione del neurone post-sinaptico.
3. Neuronale avviene a livello del SNC: il neurone pre-sinaptico interagisce con il neurone post-sinaptico. È una
tipologia di comunicazione paracrina.
4. Autocrina la cellula secerne una molecola segnale che agisce su un recettore posto sulla cellula stessa che l’ha
secreto. Questo meccanismo fornisce la regolazione a feedback negativo dell’attività cellulare = sistema
modulatore, ad esempio per impedire la over-stimolazione di una cellula.
Es. quando la molecola segnale raggiunge una cerca concentrazione (livello-soglia), va ad inibire la secrezione della
molecola stessa da parte della cellula che la secerne.
Modelli operazionali per lo studio dell’attivazione recettoriale
Il modello che si utilizza per studiare l’attività di un farmaco su un recettore è un la curva dose-risposta in cui si studia
un effetto (fisiologico o artificiale) indotto da un farmaco/ligando al variare della sua concentrazione. L’effetto deve
essere percepibile e misurabile. 12
Sviluppando questo modello si ottengono due informazioni importanti:
Efficacia (intrinseca) abilità inerente di un farmaco di indurre una risposta fisiologia. Quanto quella piccola
molecola è in grado di produrre l’effetto finale sulla cellula bersaglio? Se, ad esempio, l’effetto fisiologico voluto
è la trascrizione di un gene, si misura l’espressione genica.
L’efficacia è l’effetto massimo, valore che si raggiunge aumentando la
concentrazione di ligando fino a plateau. Il numero che lo descrive è
generalmente irrilevante, ma è importante il valore relativo: si confronta
l’effetto massimo del farmaco con quello raggiunto dalla molecola fisiologia
(es. istamina) che è il 100%. Si può ottenere quindi un effetto massimo ≥
100% (l’agonista è molto efficacie) o < 100% (l’agonista è parziale o
addirittura antagonista).
Potenza espressione dell’attività di un farmaco in termini di
concentrazione o di quantità necessaria a produrre un effetto definito. Data
l’efficienza, a quale dosaggio o a quale concentrazione (in vitro) il ligando è in
grado di produrre quell’effetto finale?
La potenza viene definita dalla curva prendendo il valore sull’asse delle x (logaritmo della concentrazione di
farmaco/ligando) corrispondente al 50% dell’effetto massimale. Quindi la potenza di un farmaco è una misura di
concentrazione: farmaci poco potenti hanno una concentrazione al 50% alta (es. 100 μM), mentre farmaci molto
potenti hanno una concentrazione al 50% bassa (es. 10 nM). Maggiore è la potenza, minore è il dosaggio/la
concentrazione a cui agisce il farmaco.
Da un punto di vista matematico il 50% dell’effetto massimo rappresenta il punto di flesso della curva.
Tanto più la sigmoide è stretta tanto più la concentrazione corrispondente al 25% dell’effetto è vicina a quella del
75% (sono vicine sull’asse x). Questo significa che usare l’EC come misura di potenza è una convenzione, una
50
misura operazionale, ha solo un valore di modello, perché a questo livello la variabilità non è molto ampia
(impatta poco sulla risposta del farmaco in vivo). In vitro gli studi si fanno usando la concentrazione
corrispondente almeno al 90%.
Per ottenere la curva dose-risposta una volta si operava in questo modo: si sacrificava l’animale da laboratorio, si
prendevano le cellule dello stomaco e si aggiungevano concentrazioni crescenti di istamina (o un altro ligando per il
recettore dell’istamina) e si misurava la concentrazione HCl rilasciato dalle cellule dello stomaco in risposta alla
+
stimolazione con istamina, utilizzando un pHametro (la riduzione di pH è proporzionale all’aumento di H e quindi di
HCl). La concentrazione di HCl aumenta fino ad un valore massimo (plateau).
Oggi non si usano più cellule ex vivo (non si sacrifica l’animale) ma si utilizzano tecniche di biologia molecolare per
legare al promotore del gene per il recettore dell’istamina un gene reporter come la luciferasi si misura
l’espressione genica del recettore tramite la misurazione della luce prodotta.
Se l’effetto misurato è in funzione con la concentrazione del farmaco significa che il farmaco ha un’azione
specifica per il bersaglio e la curva che descrive l’interazione è una sigmoide: da questa si possono dedurre
l’efficacia e la potenza.
Un farmaco molto potente presenta una curva che è molto vicina all’asse delle ordinate (a sinistra), ma se la sua
efficacia è bassa, non è un buon farmaco perché non raggiunge gli effetti desiderati. Un farmaco molto efficacie invece
presenta una curva molto alta, ma se la raggiunge solo a dosi elevate (poco potente), produrrà anche effetti tossici e
quindi non sarebbe un buon farmaco. La situazione ottimale è quella di un farmaco che raggiunge un effetto massimo
che permette di avere l’effetto terapeutico ma a concentrazioni basse, in modo da essere più selettivo.
Agonisti ed antagonisti
Attività basale: proprietà estremamente diffusa nei recettori di membrana per cui si ha un certo effetto anche in
assenza di stimolazione. In presenza di un’attività recettoriale di base la curva dose-risposta non dovrebbe partire da 0
ma da un valore più alto.
Un agonista inverso è un farmaco in grado di abbassare l’attività basale di un recettore (la curva non va verso l’alto
ma verso il basso, verso lo 0).
Un agonista è un farmaco o ligando che si lega ad un recettore e ne induce l’attivazione. Un agonista “pieno” ha
un’elevata efficacia, mentre un agonista “parziale” ha una bassa efficacia. 13
Un antagonista è un farmaco o un ligando che occupa il recettore ma non è in grado di esercitare alcun effetto. Ma
se l’effetto di un farmaco antagonista è la mancanza di effetto, come si può misurare la s