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PROGETTUALITA’ COME MODALITA’ OPERATIVA
L’autonomia presuppone anche una nuova dimensione dell’organizzazione e della pianificazione
del lavoro scolastico. Prima della riforma il corpo docente lavorava per programma. Questa
modalità operativa deve lasciare spazio a una mentalità che predispone il lavoro per progetti,
elaborati in considerazione delle caratteristiche di ciascuna situazione oggetto di esame. Si tratta
di una nuova dimensione della scuola, che comporta la definizione precisa degli obiettivi che si
intendono raggiungere, in relazione alla varietà della realtà culturali e sociali presenti
nell’ambiente. La progettualità deve essere realizzata con il coinvolgimento di tutto il corpo
docente, che deve collaborare nella stesura dei piani.
I professori che sono realmente in grado di presentare progetti con un impianto procedurale
corretto, senno ancora pochi. E’ importante stimolare un cambiamento di mentalità, coinvolgendo e
incoraggiando opportunamente il corpo docente alla progettualità e alla libera iniziativa, mettendo
in disparte concezioni antiquate basate sulla burocrazia e sulla repressione di tutto ciò che si
discosta dalla norma. Per educare alla progettualità bisogna creare le condizioni, poiché è difficile
ottenere cambiamenti radicali in poco tempo. Il ministero ha portato avanti già da diversi anni
un’attività di sperimentazione per incentivare iniziative volte a favorire il processo di diffusione della
cultura dell’autonomia, sollecitando le istituzioni scolastiche a farsene soggetto protagonista, così
come riportato nella lettera di accompagnamento del Decreto ministeriale del 27 novembre 1997 nr
765.
RISCHI DELL’AUTONOMIA
Per la piena attuazione dell’autonomia occorre il contributo sincretico di più fattori e forze del
mondo scolastico e politico. Per ottenere questi scopi, occorre che le figure nominate come gestori
e promulgatori dell’autonomia evidenziano un atteggiamento di responsabilità e di partecipazione,
in grado di attivare le potenzialità presenti nelle istituzioni scolastiche. Il problema è di individuare
persone capaci al di fuori di interessi di parte, che gestiscano la cosa pubblica in maniera
trasparente e disinteressata.
Il rischio è che l’autonomia sia vissuta come un’imposizione, come un disegno preordinato che
cala sulla realtà delle scuole, piuttosto che un’espressione del fermento culturale con il contributo
delle varie forze sociali. Il passaggio da una struttura verticale a una orizzontale, deve avvenire
valorizzando elementi come la collegialità e la condivisione, piuttosto che basarsi sull’individualità
e sull’isolamento. Per attuare l’autonomia occorre il sostegno preciso e univoco di una struttura,
centrale o periferica, che fornisca indicazioni con autorevolezza e responsabilità, stimoli il
cambiamento, e sappia guidare la delicata fase di transizione. Un pericolo a livello di applicazione
generale della normativa riguarda le pressioni alle quali il governo può essere soggetto da parte
delle autonomie locali, per la rivendicazione di un’indipendenza totale della gestione degli istituti
scolastici.
L’amministrazione scolastica sarebbe così assoggettata a forme di dipendenza rispetto alle varie
entità politiche, mettendo in discussione i principi fondamentali della democrazia delle istituzioni
educative. Lo Stato sa riorganizzando anche la sua intera struttura, poiché l’autonomia scolastica
viene attuata congiuntamente con il decentramento generalizzato delle competenze alle regioni.
L’istruzione ha la necessità di avere forme di attuazione studiate appositamente per le sue
caratteristiche. Con la scomparsa dei provveditorati agli studi, acquistano un crescente potere le
direzioni regionali, che diventerebbero gli assegnatari del potere al posto del ministero. Ciò limita
gli sviluppi dell’autonomia, ponendo in primo piano la necessità di attenersi strettamente alle
indicazioni della centralità.
La legge Bassanini ribadisce che le strutture regionali devono svolgere funzioni di supporto
all’autonomia scolastica, ma sembra che la parola supporto debba essere intesa solamente come
forma di controllo e di riferimento che trasmette le indicazioni del centro, piuttosto che come
organismo che elabora e propone strade innovative.
IL RIASSETTO DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Riforma dell’organizzazione del governo, questo documento prevede l’accorpamento del ministero
della pubblica istruzione con quello dell’università e della ricerca scientifica, attribuendo al nuovo
organo compiti in materia di istruzione scolastica e istruzione superiore, di istruzione universitaria,
di ricerca scientifica e tecnologica.
Per quanto riguarda l’istruzione non universitaria, il ministero cambia le sue funzioni, assumendo
compiti di indirizzo, di programmazione, di coordinamento, di valutazione e di perequazione. Per
svolgere queste mansioni il ministero modifica radicalmente la sua struttura, passando da 8
direzioni generali, tre ispettorati e il servizio della scuola materna a due grandi dipartimenti, che si
ripartiscono le funzioni secondo criteri di omogeneità, coerenza e completezza.
Il primo dipartimento ha mansioni di programmazione e di governo dell’offerta formativa, il secondo
ha incarichi in materia di attuazione delle politiche scolastiche e dell’organizzazione delle risorse.
Sono previsti anche tre servizi autonomi di supporto per l’esercizio di funzioni strumentali di
interesse comune ai dipartimenti, per quanto concerne le informazione, l’innovazione tecnologica e
gli affari economici.
A livello periferico acquistano un’importanza considerevole le direzioni regionali. Il ministero ha
organizzazione periferica, articolata in uffici scolastici regionali di livello dirigenziale. Essi sono a
tutti gli effetti dei centri autonomi di responsabilità amministrativa, che esercitano funzioni inerenti
all’attività di supporto alle istituzioni scolastiche autonome, ai rapporti con le amministrazioni
regionali e con gli enti locali, ai rapporti con le università e le agenzie formative, al reclutamento e
alla mobilità del personale scolastico, all’assegnazione delle risorse finanziarie e di personale alle
istituzioni scolastiche. I provveditorati saranno sostituiti con servizi prevalentemente tecnici, in
pratica le funzioni necessarie a livello provinciale.
Il comma 4 dell’articolo 70 prevede che il riordino dell’area non universitaria sia attuato in maniera
definitiva entro l’anno 2000.
Lo schema del decreto legislativo del 29 luglio 1999 all’articolo 71 prende in esame anche il
riordino degli Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativo (IRRSAE),
che sono trasformati in Istituti regionali di ricerca educativa (IRRE). Il decreto legislativo nr, 258 del
20 luglio 1999 prevede la ristrutturazione di due importanti organismi educativi come il Centro
europeo dell’educazione (CEDE), che viene trasformato in Istituto nazionale per la valutazione del
sistema dell’istruzione e la Biblioteca di documentazione pedagogica (BDP), che viene trasformata
in Istituto nazionale di documentazione per l’innovazione e la ricerca educativa.
A livello gestionale è rilevante decidere i criteri da utilizzare per riciclare il personale, poiché siano
a oggi nell’amministrazione pubblica nessuno è stato licenziato o accantonato. Il legislatore
assegna delle funzioni definite agli organi regionali, con lo scopo di attuare senza incertezze il
passaggio da Stato come centralità burocratica a Stato erogatore di servizi. Le strutture regionali
hanno il compito di supportare l’autonomia, fornendo consulenza amministrativa, gestionale,
cantabile, legale e informativa e di pianificare e programmare la dislocazione dei servizi sul
territorio in relazione alle caratteristiche della rete scolastica.
COSA OFFRE L’AUTONOMIA
L’autonomia organizzativa e didattica offrono la possibilità di elaborare progetti per migliorare
qualitativamente e rendere più flessibile la gestione della scuola. Seguendo le indicazioni della
Lettera circolare del 19 maggio 1998 con riferimento a obiettivi da specificare nel progetto
didattico-organizzativo:
• Adattamento del calendario scolastico: le scuole determinano autonomamente il proprio
calendario scolastico, rispettando la regola di avere almeno 200 giorni di lezione nell’arco di un
anno per la realizzazione del curricolo di base. Nell’articolazione dell’orario esiste una notevole
flessibilità, poiché possono essere stabilite iniziative come: sospensione delle attività e le lezioni
frontali per proporre incontri culturali con esperti, con autori, colloqui per l’orientamento, per la
prevenzione alle dipendenze, rassegne di film, manifestazioni come la giornata della musica,
dello sport, gite, visite d’istruzione ad aziende.
• Flessibilità dell’orario scolastico e diversa articolazione delle lezioni: L’orario scolastico
diventerà più flessibile, superando la regola che il numero delle ore di insegnamento di ogni
disciplina venisse stabilito settimanalmente dal decreto istitutivo, con una distribuzione oraria
settimanale di tutte le materie del curricolo. Possono essere previsti studi intensivi di alcune
discipline. Gli istituti possono adottare la settimana corta, concentrando le lezioni in maniera
intensiva durante la settimana. E’ possibile anche sospendere le lezioni per due o tre settimane
nell’arco dell’anno scolastico per svolgere attività di approfondimento o di recupero. Vincoli:
rispetto del monte ore complessivo del ciclo scolastico biennale o triennale.
• Articolazione flessibile del gruppo classe: il gruppo classe è sciolto per consentire lo studio
di materie scelte dallo studente, di frequentare discipline opzionali, laboratori espressivi, attività
sportive o artistiche. Lo studente si unirà con allievi provenienti da altre classi, ma accomunati
dagli stessi interessi. I gruppi possono essere interclasse, raggruppando per fasce di livello gli
studenti di classi diverse. Alla fine delle fasi di recupero/approfondimento ogni allievo torna a far
parte della sua classe per svolgere i moduli previsti. Il lavorare per gruppi non presuppone di per
sé un insegnamento migliore, poiché la sola riduzione del numero di studenti non garantisce
l’ottenimento di risultati significativi. Contestualizzare le strategie didattiche per promuovere la
qualità dell’ambiente formativo, con metodologie che rendono l’insegnamento proficuo per quel
gruppo di allievi. E’ necessario che i docenti siano sensibilizzati e formati all’uso di varie tecniche
e didattiche.
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