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Notificazione a soggetto di residenza, domicilio e dimora sconosciuti, se del soggetto che deve riconoscere la

notificazione non si riconosce la residenza, domicilio o dimora e la parte che chiede la notificazione non ne può venire a

conoscenza con la normale diligenza: si può ricorrere alla forma di notificazione ex articolo 143, in base a questo art è

difficile che il destinatario verrà a conoscenza dell’atto poiché si attua con l’affissione di una copia dell’atto nel comune di

ultima residenza o di nascita del destinatario e un’altra copia nell’albo dell’ufficio di fronte al quale si procede. Dopo 20

giorni la notificazione si considera effettuata per il notificato e per il notificante come sempre si perfeziona con la richiesta

all’ufficiale giudiziario. Se successivamente la controparte dimostra che invece chi ha chiesto la notificazione sapeva

dove si trovava il notificato alla la notificazione è invalida, ecco che si verifica il contemperamento tra diritto d’azione e di

difesa.

Articolo 160: disciplina la nullità della notificazione dando importante solo a alcuni suoi elementi: alle disposizioni circa la

persona a cui deve essere consegnata la copia, all’incertezza assoluta sulla persona cui è fatta e alla data. Quindi sono

rilevanti solo le violazioni di questi elementi per la nullità. Se si tratta di vizio sanabile il giudice che lo riscontra non deve

chiudere subito il processo in rito ma deve dare la disposizioni necessarie per la sanatoria del vizio, quindi ordinare

all’attore la rinnovazione della notifica ovviamente senza il vizio. In questo modo il vizio si sana e il processo può

giungere ad una sentenza di merito. Gli atti compiuti prima della sanatoria non sono per questo solo automaticamente

sanati perché altrimenti il convenuto dovrebbe partecipare ad un processo quando sono state acquisite prove decisive in

sua assenza, per questo ha diritto di ricominciare il processo. Egli ha cm anche il diritto di ratificare gli atti compiuti.

Quindi gli atti compiuti prima della sanatoria si devono rifare a meno che la parte costituendosi in giudizio decide di

ratificare quanto è già stato compiuto.

Articolo 291: la rinnovazione impedisce ogni decadenza, e quindi per gli effetti della domanda la sanatoria ha effetto

retroattivo operando ex tunc dal momento i cui pende il processo. La sanatoria del vizio attinente alla notificazione

rispetto agli effetti della domanda avviene sempre ex tunc dal momento della notificazione della citazione a meno che

questa sia invalida. DIFESE DEL CONVENUTO.

Opzioni per il convenuto: sono tre:

1. Può essere che per arrivare ad una sentenza di merito sia necessario il consenso del convenuto, infatti

l’accettazione del processo da parte del convenuto è un presupposto processuale. Sistema tipico del processo

formulare romano.

2. Opposto c’è il sistema che vige attualmente in Germania e in Austria e consiste nel fatto che l’inerzia del

convenuto lo pregiudica agli effetti del merito, cioè in mancanza di un’attiva partecipazione del convenuto i fatti

allegati dall’attore si considerano provati. A richiesta dell’attore si ha la sentenza contumaciale con cui il giudice

emette un provvedimento che accoglie allo stato la domanda proposta, questo è portato a conoscenza del

convenuto e se questi si oppone entro un certo termine si riapre il processo altrimenti se non si oppone la

sentenza diventa definitiva e chiude il processo.

3. Da noi vige un sistema intermedio: l’inerzia del convenuto non impedisce l’emanazione della pronuncia di

merito ma niente dice sul contenuto di questa, cioè se sarà di accoglimento della domanda o di rigetto. Nel

nostro sistema l’attiva partecipazione del convenuto al processo non è né un presupposto processuale né un

elemento che incide sul merito. Quindi i poteri devono essere in astratto previsti ma non è necessario che siano

in concreto usati, l’importante che il convenuto sia messo in grado di esercitarli. Il giudice anche se il convenuto

non si difende deve scegliere fra accogliere o rigettare la domanda, per questo il giudice deve accertare che i

fatti storici allegati dall’attore siano effettivamente venuti ad esistenza, accertare che questi fatti integrino la

fattispecie astratta da cui nasce il diritto fatto valere dall’attore, accertare l’illecito e trarre da tutto questo le

conseguenze in ordine alla tutela giurisdizionale richiesta. Se il giudice riscontra che non si verificano tale

condizioni deve rigettare la domanda. Invece il convenuto che non rimane inerte ma decide di prendere parte

attiva al processo usando i poteri difensivi che in astratto l’ordinamento gli riconosce può svolgere una delle

seguenti attività:

o Semplice o mera difese: attività più elementare che il convenuto può tenere. Consiste nella contestazione

della fondatezza della domanda in fatto o in diritto in relazioni ai tre punti sopra visti che il giudice deve

esaminare d’ufficio anche se il convenuto non si è costituito in giudizio. Il valore delle semplici difese è

diverso a seconda che le contestazioni siano di fatto o di diritto. La contestazione in fatto consiste nella

negazione dei fatti allegati dall’attore. Di per sé la semplice negazione dell’esistenza dei fatti allegati

dall’attore ha importanza relativa dato che non aggiunge niente a ciò che il giudice avrebbe comunque

dovuto fare. Ma mancata proposizione di mere difese può determinare la pacificità del fatto non contestato,

quindi il non bisogno che esso sia oggetto di prova. Anche in questo caso la mancata proposizione di una

mera difesa incide non sull’oggetto della cognizione del giudice ma sulla necessità di provare il fatto.

L’utilità della mera difesa in fatto è evitare che il fatto allegato dalla controparte diventi pacifico ma anche

che il convenuto quando pone in essere la contestazione non si limita a negare ma cerca di provare il

contrario di quanto affermato dall’attore. La contestazione in diritto consiste nell’intervento del convenuto

per convincere il giudice che l’esatta soluzione della quaestio iuris non è quella che afferma l’attore e anche

le conseguenze giuridiche non sono quelle che l’attore ha affermato. Anche qui si tratta di un’attività che il

giudice deve compiere anche nell’inerzia del convenuto. La difesa in diritto è compatibile con la difesa in

fatto, infatti non è necessario che il convenuto per difendersi in diritto confermi la verità di quanto detto

dall’attorce.

o Eccezioni: con queste il convenuto aggiunge nuovi fatti alla cognizione del giudice. l’articolo 2696 del

codice civile riguarda la regola sull’onere della prova. Tale art stabilisce che chi vuole far valere un diritto in

giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, cioè i fatti costitutivi. Chi dichiara

l’inefficacia di questi fatti o dichiara che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti impeditivi -

modificativi - estintivi su cui l’eccezione si fonda. Questo art non parla di “attore” o “convenuto” perché di

regola è colui che prende l’iniziativa di instaurare il processo (attore) ad affermare l’esistenza di un suo

diritto ma ci sono anche casi di inversione dove l’iniziativa processuale spetta a colui che nega l’esistenza

del diritto altrui, per questo l’art prescinde dalla nozione formale e utilizza la nozione sostanziale di

“soggetto che afferma” e “soggetto che nega” l’esistenza di un diritto. Inoltre l’articolo 2697 del codice civile

prevede che ogni parte deve procurare le prove dei fatti da essa allegati, cioè ogni parte ha l’onere

dell’iniziativa probatoria per arrivare a dimostrare l’esistenza dei fatti a lei favorevole: l’attore i fatti costitutivi

e il convenuto le eccezioni. Quindi la prova dei fatto costitutivi dovrebbe derivare solo dai mezzi di prova

acquisiti al processo su iniziativa di chi afferma l’esistenza del diritto e la prova dei fatti impeditivi -

modificativi - estintivi dovrebbe derivare solo dai mezzi di prova acquisiti al processo su iniziativa di chi

nega l’esistenza del diritto. Ma nel nostro sistema non è vero che l’onere della prova comporta anche

l’onere dell’iniziativa probatoria. Nel nostro ordinamento vige il principio di acquisizione, secondo il quale

quando una prova è legittimamente acquisita al processo il giudice può trarre da essa ciò che serve per

provare indifferentemente tutti i fatti allegati qualunque sia il soggetto che ha preso l’iniziativa per acquisire

al processo la prova in questione. Grazie all’esistenza di questo principio la regola sull’onere della prova

deve definirsi una regola di giudizio che si applica quando i fatti allegati non risultano provati attraverso una

qualunque delle prove acquisite, essa evita il rischio della mancata prova. Tale art si applica in presenza di

un fatto affermato e non provato e non si applica invece quando il fatto è stato provato in causa qualunque

soggetto abbia preso l’iniziativa. Le eccezioni sono divise in due categorie: non essendoci eccezioni

rilevabili solo d'ufficio la distinzione vale solo per il giudice. Il problema è di sapere se un'eccezione rientra

nell'una o l'altra categoria, questo per poter stabilire se quando il convenuto è inerte il giudice può o meno

rigettare la domanda per un'eccezione che si fonda su un fatto provato. A volte il legislatore prende

posizione stabilendo che l'eccezione è rilevabile anche d'ufficio o solo dalla parte:

Eccezioni rilevabili anche d'ufficio o in senso lato o exceptiones facti.

o

o Eccezioni rilevabili solo dalla parte o in senso stretto o exceptiones iuris: il legislatore crea questo

tipo di eccezioni quando vuole che l'interessato valuti l'opportunità di far valere quel certo fatto,

cioè quando ritiene inopportuna l'operatività automatica di quel fatto. Quindi il legislatore vuole

lasciare l'effetto alla disponibilità dell'interessato. Dal punto di vista funzionale questa eccezione è

vicina al diritto potestativo perché anch'essa prevede una manifestazione di volontà e quindi una

valutazione di opportunità dell'interessato.

Se il legislatore non qualifica in modo espresso l'eccezione come riservata alla parte o rilevabile anche d'ufficio bisogna

trovare un criterio che permette di ascrivere l'eccezione all'una o all'altra categoria. Il giudice può pronunciare d’ufficio su

tutte le eccezioni tranne che su quelle riservate alle parti da espressa disposizione del legislatore. La funzione

dell’eccezione in senso stretto è di lascia

Dettagli
A.A. 2015-2016
6 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francesca ghione di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Ronco Alberto.