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Dunque non si può condividere il principio gerarchico fra i criteri di interpretazione,secondo
il quale prima si dovrebbe applicare l’art 1362 cc partendo dalla lettera delle parole senza
limitarsi ad essa per ricercare la comune intenzione delle parti,anche valutando il
comportamento di esse,per poi passare all’applicazione dell’art 1363 cc solamente nel
caso in cui il significato rimanga dubbio;questa giurisprudenza basandosi sulla regola ‘’in
claris non fit interpretatio’’ considera prioritaria l’interpretazione letterale e relega in
posizione secondaria l’interpretazione sistematica,da utilizzare solo nel caso in cui non
risultasse chiaro il significato del contratto e delle espressioni usate dalle parti tale da non
consentire una ricostruzione univoca della loro volontà,con la conseguenza che,ove le
espressioni usate nel contratto siano chiare ,e superata la necessità del ricorso agli
ulteriori criteri contenuti negli articoli successivi ed in particolare di quello
dell’interpretazione sistematica di cui all’art 1363 cc ,giurisprudenza che ha resistito anche
in tempi recenti (Cassazione 5747/99; Cassazione 884/95, ed anzi taluni avvertivano che
questo orientamento giurisprudenziale fosse ancora prevalente,almeno fino al 2008
(Rescigno). Secondo questa giurisprudenza l’indagine interpretativa diretta
all’accertamento della volontà dei contraenti deve essere condotta in via prioritaria sul
significato letterale delle parole e, solo se tale esame lascia sussistere dubbi
sull’individuazione della volontà delle parti,il giudice dovrà avvalersi degli altri criteri
ermeneutici indicati dalla legge,tra cui quello dell’interpretazione sistematica (Cassazione
130/83).
Deve invece essere preferito l’orientamento opposto secondo cui non c’è gerarchia tra
l’applicazione dell’art 1362 e 1363,che vanno invece applicati in maniera
congiunta,orientamento largamente prevalente in dottrina e ormai spesso affermato dai
nostri giudici. Infatti,anche in giurisprudenza si afferma che,nell’interpretare il contratto non
ci si può fermare alle singole clausole,neppure quando il loro senso possa ritenersi chiaro
e compiuto,perché comunque devono essere raccordate al complesso dell’atto
(Cassazione ex plurimis 7083/2006; Cassazione 28479/2005) o ancora nel senso che,
anche quando l’interpretazione di ciascuna delle clausole compiuta sulla base del senso
letterale conduca a risultati di certezza, il giudice è cmq tenuto ad applicare il criterio
dell’interpretazione sistematica posto dall’art 1363 cc,poiché, solo raccordando le singole
clausole all’intero testo, si può ricavare il significato complessivo (fra le altre Cassazione
5447/99; Cassazione 1877/95). L’art 1363 cc può considerarsi già implicito (ricompreso)
rispetto all’art 1362 cc. L’art 1362 prescrive il percorso interpretativo che muove dalla
singola parola,dalla singola clausola dal comportamento complessivo delle parti. A sua
volta l’art 1363 cc prescrive una interpretazione unitaria e complessiva,nel senso di
valutare il contratto nel suo complesso. Per questo motivo i due criteri posti dall’art 1362 e
1363 vanno applicati congiuntamente.
Tornando alla circolarità del procedimento interpretativo,l’interprete,nel ricercare la
comune intenzione delle parti non deve limitarsi al senso letterale delle parole (comma 1)
ed aggiunge al comma 2 ulteriore materiale interpretativo: il comportamento complessivo
delle parti. Vi è dunque un significato provvisorio offerto dalla lettera del contratto,che in
quanto provvisorio non esaurisce l’indagine ermeneutica. Ottenuto un senso provvisorio
l’interprete deve mettere a confronto ciascuna clausola con tutte le altre e raccordarle per
ricercare chiarezza e coerenza o scoprire antinomie e oscurità (Irti).
L’esigenza dell’interpretazione sistematica è essenziale non solo se si operi attraverso
l’interpretazione letterale perché è fondamentale anche se si utilizzano criteri
diversi,poiché la considerazione dell’intero testo è essenziale anche ai fini
dell’applicazione della buona fede interpretativa,del principio di conservazione del
contratto e dell’interpretazione contro l’autore della clausola,nonché se si utilizza la regola
finale di cui all’art 1371 cc. In questo senso è la dottrina prevalente: per Bianca
l’interpretazione è diretta a cercare il significato del contratto,in coerenza con la causa
concreta di esso,e la causa concreta non è identificabile se non si procede all’esame
dell’operazione economica nella sua interezza. Su questa linea anche altra dottrina
(Bigliazzi Geri): le clausole debbono essere esaminate non atomisticamente,ma nel loro
complesso per trarne,al di là dell’indagine letterale,la ratio e la logica del contratto.
Secondo Scognamiglio l’interpretazione complessiva del contratto è essenziale per
individuare la causa del contratto e chiarirne il significato.
Ai fini dell’interpretazione sistematica occorre precisare il significato del termine ‘’clausola’’
e del termine ‘’contratto’’,perchè l’art 1363 cc fa ad essi riferimento, ed in quanto sia il
termine clausola che il termine contratto possono avere un significato più ampio oppure
uno più ristretto. Dal punto di vista letterale col termine ‘’clausola’’ si indica la
presentazione esteriore di un precetto dell’autonomia privata che, come l’articolo per la
legge, è contenuta in un articolo in qualsiasi formula graficamente separata rispetto alle
altre contenute in uno stesso contratto. Quindi le ‘’clausole’’ sono le singole proposizioni in
cui si articola il contratto.
Per quanto riguarda il termine ‘’contratto’, sempre nell’ambito dell’art 1363,questo non
sempre si identifica con un unico documento (ad esempio può ricomprendere anche i
negozi preparatori e la documentazione precontrattuale), perché potrebbe essere
contenuto in documenti diversi oppure risultare da un insieme di singoli contratti autonomi
ma interdipendenti fra di loro sul piano causale, cosi da realizzare un operazione
economica unitaria come ad esempio avviene nel collegamento negoziale. Sia riguardo al
termine ‘’clausole’’ che al termine ‘’contratto’’ la dottrina prevalente è favorevole a ritenere
che l’interpretazione sistematica debba essere effettuata avuto riguardo del significato più
generale di clausola e riguardo al termine ‘’contratto’’ l’interpretazione sistematica debba
essere operata considerando tutti i contratti attraverso i quali l’operazione economica
viene realizzata. Riguardo al termine ‘’clausole’’ possiamo avere un significato più rigoroso
corrispondente alle sole dichiarazioni con effetto dispositivo o alle sole clausole che
realizzano l’operazione economica voluta dalle parti determinandone oggetto e profilo
causale,oppure un significato più generale corrispondente a qualsiasi enunciato linguistico
del contratto: premesse (anche quando sono puramente descrittive),clausole invalide o
inefficaci e forse anche le clausole di stile (ossia le clausole prive di significato negoziale)
sulle quali però sussistono riserve in dottrina in quanto, essendo clausole che non hanno
significato negoziale per volontà delle parti, da queste l’interprete non potrebbe ricavare
alcun significato. Per la dottrina prevalente il termine ‘’clausola’’ non va inteso in senso
rigorosamente tecnico ma in senso lato,corrispondente a qualsiasi parte del contratto: per
Scognamiglio ad esempio il termine clausole nell’ambito dell’art 136 ha un significato
generale poiché indica semplicemente le singole preposizioni in cui si articola il contratto,e
quindi anche le clausole aventi valore meramente enunciativo, e non solo quelle che
hanno una vera e propria efficacia dispositiva (che dispongono di un diritto), e quindi tutte
le dichiarazioni in cui si articola il contratto possono essere valutate dall’interprete in
applicazione di cui all’art 1363 al fine di ricostruire il significato complessivo del contratto.
Nello stesso senso altra dottrina: ad esempio Bigliazzi Geri ritiene necessario considerare
anche le premesse e gli allegati ,mentre esclude dalla valutazione dell’interprete le sole
clausole di stile in quanto prive di significato negoziale; Bianca sottolinea la rilevanza degli
allegati e considera rilevanti anche le clausole invalide. Anche Sacco considera le clausole
invalide e le parti non alfabetiche del contratto. Nello stesso senso Capobianco, che
propone un elenco particolarmente ampio di materiale,rincomprendendovi le clausole
riproduttive di precetti di diritto positivo, le clausole invalide e ,in generale, tutti quegli atti e
dichiarazioni che concorrono a formare il testo contrattuale,come le premesse,le
valutazioni fatte dalle parti e gli allegati. L’aspetto di maggiore incertezza,come detto,
riguarda le clausole di stile che,secondo alcuni, non rientrano nel materiale interpretativo:
in questo senso Bianca e Carresi,ad avviso del quale le clausole di stile, in quanto prive di
significato negoziale per volontà delle parti, non possono avere alcun significato per
l’interprete,poiché l’apporto di queste clausole è marginale se non addirittura nullo rispetto
alla ricostruzione del significato del contratto. La giurisprudenza evita posizioni di principio,
e si limita a pronunciarsi sulle singole fattispecie sottoposte al suo giudizio: ad esempio
sulla rilevanza degli allegati, che devono ritenersi parte della dichiarazione a tutti gli effetti,
si esprime la Cassazione (sentenza 6704/2004) o con riguardo alle piantine planimetriche
altra sentenza (2518/78) sempre della Cassazione. Nel senso della rilevanza delle
clausole invalide in relazione al criterio di interpretazione sistematica di cui all’art 1363 la
Cassazione con sentenza 9790/98,mentre riguardo alle clausole di stile (che parte della
dottrina tende a relegare ai margini del procedimento interpretativo) la Cassazione
(sentenza 1950/2009) precisa che il giudice di merito,anche a fronte di una clausola
estremamente generica ed indeterminata, deve presumere che sia stata oggetto di volontà
negoziale delle parti e perciò interpretarla in relazione al contesto come prescritto dall’art
1363 cc e consentirgli di avere qualche effetto (art 1367 cc), e solo se la sua vaghezza e
genericità siano tali da rendere impossibile di attribuire ad essa un qualsivoglia
rilievo,allora potrà negare a questa clausola qualsiasi efficacia qualificandola come
clausola di