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CS IF
funzione della temperatura del campione congelato: in questo caso, la determinazione delle T e
CS
T è possibile grazie alla conduttanza (e quindi alla resistenza) che, in soluzione, dipende dalla
IF
mobilità delle specie ioniche. Quando la soluzione è congelata, si ha un aumento della resistenza
elettrica a causa della bassa mobilità degli ioni.
In genere, il congelamento viene fatto rapidamente, in modo da ottenere dei cristalli piccoli,
uniformemente distribuiti e facili da ridisciogliere. Se volessimo aumentare la velocità di
sublimazione, basta aumentare la superficie del prodotto congelato per inclinazione o rotazione o
rotazione inclinata del contenitore nella fase di precongelamento.
3. L’essiccamento primario consiste nella rimozione del ghiaccio, mediante sublimazione, dal
prodotto congelato, sottoforma di vapore. Il tutto deve essere effettuato sottovuoto spinto, per
mantenere la pressione della camera di liofilizzazione più bassa rispetto alla tensione di vapore del
ghiaccio alla temperatura a cui si opera. Per impedire che la camera di liofilizzazione si saturi di
vapore acqueo, è necessario rimuovere il vapore per condensazione a bassa temperatura: il
vapore passa quindi dalla camera di liofilizzazione al condensatore, dove si deposita e ricondensa
come ghiaccio sulla superficie refrigerata. Il condensatore è posto tra la camera di liofilizzazione e
le pompe a vuoto e presenta una temperatura di circa 20°C più bassa rispetto a quella della
camera di liofilizzazione, così da permettere il passaggio del vapore in base alla differenza di
tensione di vapore del ghiaccio esistente nelle due zone (mantenute alle stesse condizioni di
vuoto). L’essiccamento primario termina quando tutto il ghiaccio è stato rimosso e, di
conseguenza, si ha un aumento della temperatura del prodotto perché il calore fornito non è più
necessario per il passaggio dallo stato solido a quello gassoso.
4. Con l’essiccamento secondario si va ad allontanare l’acqua adsorbita e a ridurre l’umidità residua
presente nel liofilizzato (max 2-3%), in modo da aumentarne la stabilità nel tempo. L’umidità
residua viene rimossa aumentando la temperatura delle piastre, con conseguente aumento della
temperatura del prodotto fino a 30-40°C, ed eventuale ulteriore riduzione della pressione. In
questo caso, per stabilire la fine dell’essiccamento secondario esistono tre metodologie:
Metodo empirico o indiretto, secondo cui per ottenere un prodotto secco, si deve
§ aspettare che il prodotto in esame raggiunga la temperatura delle piastre e poi lo si
mantiene a tale temperatura per circa 3-4 ore
Misurazione dell’umidità residua condotta sul liofilo, già campionato, attraverso l’utilizzo di
§ Karl Fisher o altre tecniche analitiche. Una volta raggiunto il valore desiderato, si interrompe
il ciclo.
Test che permette di determinare il parametro che definisce il rialzo pressorio o la perdita
§ di vuoto. Tale parametro è direttamente proporzionale all’umidità residua del prodotto che
sta evaporando e lo si misura isolando la camera di liofilizzazione, cioè chiudendo la valvola
che connette la camera al condensatore e quindi alle pompe di vuoto
Terminato l’essiccamento secondario, i flaconcini contenenti il liofilo vengono trasferiti nella
camera di liofilizzazione per poter essere chiusi mediante stoppering: le piastre pressano
meccanicamente i tappi e li spingono all’interno dei flaconcini, chiudendoli sottovuoto. Essendo
però la camera di liofilizzazione isolata sia dal condensatore che dalle pompe a vuoto, è necessario
rompere il vuoto introducendo gas inerte, così da riportare la pressione ai valori ambientali.
I liofilizzatori possono essere classificati in base alla presenza di una o due camere di liofilizzazione.
• Nei liofilizzatori a singola camera, la fase di precongelamento del campione avviene nello stesso
liofilizzatore, cioè nella camera di condensazione del ghiaccio
• Nei liofilizzatori a doppia camera con raffreddamento ad aria, il precongelmento del campione
avviene fuori dal liofilizzatore, mentre il processo di liofilizzazione (=essiccamento) avviene fuori
dalla camera di condensazione del ghiaccio, cioè in un’altra camera montata sulla camera del
ghiaccio
• Nei liofilizzatori a doppia camera con ripiani a circolazione del liquido, il precongelamento e
l’essiccamento del campione avvengono fuori dalla camera di condensazione del ghiaccio, ma in
un’altra camera posta all’interno del liofilizzatore. Questa camera è separata e montata sopra alla
camera di condensazione, su ripiani a temperatura controllata, refrigerati e riscaldati con liquido
di termostatazione.
La temperatura minima, a cui può arrivare il condensatore del ghiaccio di un liofilizzatore, varia in base al
numero di gruppi compressori presenti: -60°C con un solo gruppo compressore, -90°C con due e si può
arrivare anche a -105°C nei liofilizzatori speciali. Ogni condensatore è in grado di bloccare solo una certa
quantità di ghiaccio. Il volume della camera in cui è posto il condensatore viene espresso in litri e
permette, insieme alle misure della camera, di definire la grandezza in base alla quale si determina il
numero di ripiani che possono stare all’interno della camera del condensatore del ghiaccio, quando il
processo di congelamento avviene direttamente nella camera di liofilizzazione.
Le polveri possono essere usate come forma farmaceutica finale (per uso orale, per somministrazione
nasale/ bronchiale/polmonare) o intermedia per la preparazione di altre forme farmaceutiche solide e
non (come capsule, compresse, sospensioni e soluzioni). Partendo da polveri grossolane si ottengono,
per macinazione, delle polveri con consistenza più fine che, a loro volta, vengono passate a vagliatura per
poter essere calibrate. Queste polveri vengono infine miscelate in modo da poterle utilizzare come tali o
come intermedi per la preparazione di altre forme farmaceutiche.
Macinazione
La macinazione è un processo che permette di ridurre le dimensioni delle particelle di un materiale solido,
aumentandone la velocità di solubilizzazione nei suoi solventi e favorendo quindi l’uniformità del
contenuto. Il tutto avviene attraverso procedimenti non meccanici (Precipitazione/cristallizzazione
controllata o Spray-drying = nebulizzazione ed essicamento) o procedimenti meccanici (frantumazione,
polverizzazione e micronizzazione - eseguiti in serie, uno dopo l’altro, impiegando apparecchiature
diverse perché, se presi singolarmente, non riescono a trasformare un prodotto grossolano in una polvere
finissima)
La macinazione può essere condotta a secco o a umido. La macinazione a secco è quella che viene
utilizzata più frequentemente anche se, in alcuni casi, è difficile da realizzarsi perché vengono impiegati
materiali ricchi di umidità e/o materiali organici che si caricano di energia statica e portano alla formazione
di agglomerati e sviluppo di calore. Nella macinazione ad umido, la percentuale di solido non deve essere
mai inferiore al 30% e la sostanza necessita poi di un essiccamento finale; si possono inoltre manifestare
alterazioni chimiche e fenomeni di idrolisi, accentuati dall’aumento di temperatura.
Il meccanismo di riduzione delle dimensioni delle polveri si sviluppa attraverso una serie di step che
sfruttano le piccole fratture inizialmente presenti nel materiale:
1. Taglio - rottura per taglio netto di materiali fibrosi utilizzando un molino a lame
2. Compressione - rottura per compressione delle particelle di materiali cristallini utilizzando un
molino a cilindri
3. Impatto/urto - rottura per urto violento tra le particelle che portano alla deformazione del materiale
friabile utilizzando un molino a martelli
4. Attrito/sfregamento - sfregamento tra il materiale e il componente fisso del molino. Molte
particelle ricevono però un impatto che non è sufficiente per romperle: infatti, meno dell’1%
dell’energia usata negli apparecchi per la macinazione è effettivamente usata per la riduzione
dimensionale delle particelle, il resto viene completamente dissipato in calore, attrito,
deformazioni elastiche e vibrazioni.
Tutte le apparecchiature per la macinazione comprendono tre elementi di base: una struttura per
alimentare il materiale da macinare, la camera di macinazione ed un contenitore per la raccolta del
materiale macinato. Per la scelta di quale apparecchiatura sia più adatta, si deve tener conto di una serie
di fattori importanti come la tipologia del materiale da macinare, il tipo di operazione e gli aspetti sia
economici che di sicurezza.
Frantumazione
La frantumazione è un processo che riduce il materiale da blocchi di grandi dimensioni in frammenti
grossolani. I frantumatori trovano poco impiego nell’industria farmaceutica, poiché le materie prime sono
in genere disponibili già allo stato di polvere o granuli.
• Il frantumatore conico viene utilizzato principalmente per i materiali molto duri ed è costituito da
un albero centrale che può solo oscillare o ruotare attorno al proprio asse. Sopra l’albero è
montato l’elemento macinante, a forma di tronco di cono e con superficie liscia o scanalata
• Il frantumatore a lame è formato da una camera di macinazione in cui ruota un albero orizzontale,
a cui sono fissate delle lame, e sotto la camera c’è una griglia forata. Quando l’albero ruota, le lame
forzano il materiale contro la griglia, frantumandolo in pezzi più piccoli che passano poi ad un
raccoglitore sottostante
• Il frantumatore a cilindri viene utilizzato principalmente per i materiali soffici e secchi ed è costituito
da una tramoggia di carico, una coppia di cilindri in acciaio e un recipiente di raccolta. I cilindri
ruotano in senso opposto ad una certa velocità regolabile e possono avere una superficie sia liscia
che solcata da righe parallele o elicoidali. Il grado di finezza dipende dalla distanza tra i due cilindri,
riducibile fino a 2mm
Polverizzazione
La polverizzazione è un processo che riduce i frammenti grossolani, ottenuti dalla frantumazione, in
particelle ancora più piccole. Non può essere usata per le sostanze termolabili e a basso punto di fusione,
perché tende a sviluppare un’elevata quantità di calore generato dall’attrito: per questo motivo, si ricorre
ad apparecchiature ad azione lenta o al raffreddamento degli apparecchi.
Per eseguire la polverizzazione vengono impiegati dei molini, diversi l’uno dall’altro per caratteristiche
strutturali ma similari su alcuni elementi che tutti possiedono: una parte dell’apparecchio è destinata
all’alimentazione, una camera di macinazione