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URUK
NINIVE
BABILONIA
Nella Mesopotamia vera è propria non era infrequente che le città più importanti si espandessero
per centinaia di miglia, tanto che nella Bibbia vengono additate come esempio della superbia
dell’uomo, e per questo distrutte da Dio.
Ninive è un centro molto antico, che parte da un solo tell e poi ne ingloba un altro (II millennio) con
un’area d’insediamento più sparso. Sotto Sennacherib vengono costruite le grandi mura che
contengono non solo gli abitati, ma anche zone che facevano da punti di raccolta per esercito/pastori
o in caso di necessità belliche. Il fenomeno delle mega-città è caratteristico del Vicino Oriente, ma
ci sono comunque una moltitudine di insediamenti minori di vario tipo, alcuni dei quali si
presentano come piccoli tell (alti pochi metri) e che sono andati spianandosi per le necessità
moderne, sebbene siano identificabili tramite le foto satellitari.
Ci sono poi del tell sommersi o semi-sommersi; sono antichi tell che sono stati coperti dagli
accumuli alluvionali o di origine eolica, e risultano quasi piatti. Talvolta sono stati rinevenuti
durante scavi a scopo industriale.
I più difficili da individuare sono i piccoli insediamenti che non hanno avuto vita lunga, e quindi
non sono divenuti tell; sono rinvenibile solo da un rilevamento via terra.
Le piccole concentrazioni di materiali sono altresì difficili da identificare: fattorie, aree di
lavorazione della selce, accampamenti nomadi/semi-nomadi, focolari per la cottura della ceramica.
Un altro tipo particolare di sito sono ovviamente le necropoli. Nel vicino oriente prevale, in linea di
massima, l’inumazione e le tombe si possono trovare anche all’interno dell’insediamento, ma nelle
epoche storiche le sepolture sono normalmente al di fuori del centro cittadino e concentrate nello
stesso punto. Sono poco conosciute perché difficilmente individuabili, e quando vengono trovate è
in genere per puro caso e da persone del luogo, le quali quasi sempre depredano le tombe dagli
oggetti più preziosi che poi vengono rinvenuti. In certe aree del Tigri e dell’Eufrate, dove le tombe
sono scavate nella roccia, le tombe erano più visibili ma anche esposte maggiormente ai
saccheggiatori. Ovviamente ci sono delle eccezioni, come la necropoli di Ur e le tombe delle regine
assire.
Gli strati archeologici si conservano in modo differenziato. Generalizzando, visto lo stato di
abbandono dei siti e del clima secco, si può dire che la conservazione sia di tipo ottimale, ma negli
ultimi decenni, con lo sviluppo economico delle regioni, che hanno ovviamente innescato progetti
di sviluppo agricolo/industriale i quali a loro volta anno creato nuovi abitati, e visto le molte guerre
che tutt’ora si svolgono, i siti hanno subito anche gravissimi dati.
In queste aree c’è una forte erosione eolica, piogge rare ma molto forti e alluvioni. Con lo
spostamento dei corsi d’acqua poi alcune città, o parti di esse, sono state completamente asportate.
In rari casi una devastante alluvione o una forte erosione eolica, cui consegue lo spostamento delle
dune, hanno anche salvato alcuni siti, preservandoli.
Però se un livello viene abbandonato i reperti che lo caratterizzano spariscono in qualche decina
d’anni, con l’eccezione di qualche frammento ceramico. Se un livello è rapidamente coperto da un
altro livello antropico o causato da un fenomeno naturale ha una maggiore possibilità di salvarsi.
Non mancano i casi in cui i muri vengono salvati anche per qualche metro.
Approccio standard allo scavo del tell
Considerata la sovrappostone degli strati archeologici in un tell lo scavo stratigrafico ha sempre
avuto successo. La ricognizione di superficie è assai utile, specie nelle zone circondanti il tell, dove
si possono riconoscere le aeree di lavorazione specifica dei materiali.
Nelle fasi successive si ha generalmente uno scavo che forma, partendo dall’alto una specie di
scalinata. Di solito accanto allo step trench si inizia a scavare un’area che sembra promettente
oppure si prova ad allargarsi creando un’estensione sufficiente che permetta di comprendere le
piante di edifici. Se si parte invece da siti già promettenti è meglio fare uno scavo di superfice
(Habuba Kabira, colonia Uruk).
La metodologia di scavo è influenzata dalle tecniche costruttive della zona. L’argilla non si
conserva bene e finisce per sciogliersi, fino a quando non si decide di spianare e ricostruire sopra.
Gli edifici pubblici, palazzi e soprattutto templi, vengono generalmente ricostruiti
continuativamente nello stesso luogo, avvolte per secoli o millenni, con una cura dedicata ai livelli
più antichi. Le fasi più antiche venivano ricopre ritualmente, e si costruiva al di sopra del
riempimento, con uno spostamento minimo dei muri. I palazzi raramente venivano restaurati
continuativamente, ma venivano distrutti e ricostruiti daccapo. Gli edifici abbandonati venivano
adibiti ad usi secondari e l’abitazione si trasferiva vicino fino a quando la zona non si spianava
naturalmente e poi poteva venir essere recuperata. I depositi in questo caso sono ovviamente molto
disturbati.
Materiali da costruzione e tecniche architettoniche
Molti di questi problemi sono caratteristici di tutta l’archeologia urbana, ma nel Vicino Oriente il
materiale principe per le architetture è l’argilla, facilmente deperibile poiché si tratta dello stesso
terreno lasciato seccare e poi legato con calce. Il terreno è di per se stesso argilloso, e quindi non c’è
bisogno di cercare fonti per questo materiale.
Inizialmente si pressava l’argilla tramite una tecnica chiamata pisè (FR), o tauf (AR). Una tecnica
più sofisticata è la creazione di mattoni tramite “forme” di legno in cui si pressava l’argilla (è più
indicato definire questa la tecnica pisè, ancora utilizzata per certi tipi di architettonici, come le basse
mura che circondano le proprietà private.
Dal neolitico si usa il mattone crudo, tecnica che prevede una commistione di argilla e paglia o
altro materiale di rafforzo, pressato a mano o tramite forme specifiche. Si fa in estate, quando c’è
una pausa nel ciclo agricolo e si fa più presto a far seccare i mattoni. I mattoni possono avere diversi
formati: il più caratteristico è quello di forma parallelepipeda, in cui c’è una certa tendenza ad una
proporzione 3x2x1. Nelle fasi neolitiche più antiche i mattoni, fatti a mano, sono molto irregolari
(mattoni a sigaro). In alcuni periodi si è utilizzato un singolare tipo di mattoni, che potrebbero
permettere di datare il sito: nella Mesopotamia protodinastica era in uso il mattone a forma
convessa, con un lato convesso e uno dritto; ci sono dei mattoni dai lati circolari (utili per la
costruzione di colonne); nel II millennio è presente anche un tipo di mattone con modanatura, che
imita la palma. Spesso è usato il mattone quadrato, spesso nelle pavimentazioni o, in periodi
specifici, anche nei muri.
Per evitare che il muro crolli i mattoni si mettono in opera sfalsati in verticale oppure in orizzontale
da un filare all’altro. Sono messi in opera con una malta che di solito è la stessa argilla ma più
diluita, e a volte è invece calce. I mattoni vengono ricoperti da intonaco, quello più standard e
sempre fatto di argilla misto paglia, e in casi particolari si usano intonaci in gesso più pregiati.
L’intonaco è particolarmente importante per impedire fessurazioni dovute all’acqua. L’intonaco
tendenzialmente viene rifatto una volta all’anno o più spesso. Negli edifici sacri l’intonacatura
aveva a volte significato rituale e avveniva spesso.
I pavimenti erano in genere in argilla battuta, spesso intonacata, così come così venivano prodotti
anche le installazioni. In questi edifici è raro il mobilio (anche nelle case tradizionali attuali). I
mobili erano limitati, data anche la scarsità di legno, ai templi e alle abitazioni dei ricchi; erano
inoltre intarsiati con metalli. Il mattone cotto, anche a causa del costo del combustibile, è raro e si
diffonde negli edifici privato solo primo millennio (prima era limitato agli edifici pubblici). Era
usato però per usi specifici che richiedevano l’isolamento dall’acqua: canali, muri di contenimento
etc… Altro materiale scarsamente usato nella Bassa Mesopotamia è la pietra, utilizzata solo per
fondazioni o zoccoli, e in particolar modo nei tempi. La si usava anche solo per rafforzare gli angoli
e, a volte, per lastricati o decorazioni dei muri (palazzi assiri I mill. AC). Fuori dalla Mesopotamia,
in Anatolia e Iran, l’uso della pietra è più frequente (l’architettura ittita fa uso massiccio della pietra,
vedi Boaskei), ma comunque limitato allo zoccolo generalmente, mentre l’alzato è in mattone crudo
o con una tecnica mista che prevede l’inserimento di rafforzamenti lignei.
Il legname è assai scarso il Mesopotamia, ma è comunque fondamentale almeno per la copertura dei
tetti, che prevede coperture con travi di legno su cui viene posta una stuoia, tradizionalmente di
canapa, poi coperta da argilla che può o meno assumere una forma spiovente. Tutte queste tecniche
sono ancora in uso, sebbene continuino sempre più a scomparire. Il tetto rimane un’area di lavoro,
dove si possono lasciar essiccare peperoncini o altro; a volte era l’ì che venivano macinati i cerali.
Nella aeree periferiche, più ricchè di legno, le tecniche architettoniche prevedono tecniche miste o
diverse: spesso si usavano pali di legno e zoccoli in argilla.
In alcuni edifici rinvenuti si riscontra la presenza di un secondi piano, poi crollato che ha protetto
dal deperimento i muri sottostanti.
Neolitizzazione del Vicino Oriente
Lex. 24 Febbraio 2015, Venezia
Çatal Höyük (Turchia) Scavi di Mellaart e Hodder. 12 ettari.
La base economica del sito è agro-pastorale, sono stati ritrovati reperti ceramici e litici (soprattutto
ossidiana), non ché reperti lignei. Si suppone che il sito avesse un ruolo principe nella rete
commerciale che diffondeva l’ossidiana.
Come in molti altri siti neolitici della zona la circolazione avveniva tramite i tetti, e non strade. Le
suppellettili consistono in nicchie e banchette, sotto di cui spesso vengono sepolti i defunti, a
sottolineare la casa come centro della continuità della famiglia. 1/3 delle stanze del sito presentano
decorazioni, che sono di tipo particolare: spesso sono decorazioni plastiche di teste taurine, o figure
femminili; altre immaginino ricorrenti sono i grossi felini, sempre associati alla figura femminile.
Non si tratta in realtà di templi, quanto di sacelli religiosi in casa tipici del