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L’AMBITO SOCIALE E QUELLO CULTURALE

Nel Primo capitolo del libro di Marc Augé “Il senso degli altri”, Augé analizza la questione

di chi è l’altro. Questo libro è una raccolta di articoli che lui aveva già pubblicato. Il lavoro

intitolato “Chi è l’altro” analizza la questione di cosa cerca il ricercatore e se cerca d’altro, che

cos’è l’altro. Nella usa riflessione, molto biografica partendo dalle sue ricerche di campo come

antropologo interessato a scoprire l’alterità africana, quando si pone il problema di ciò che si andava

a cercare, arriva a questa prima affermazione: “ciò che scopre l’etnologo al primo sguardo non sono

culture ma società, cioè insiemi organizzati e gerarchizzati dove hanno senso le nozioni di

differenza e alterità. Ben presto si impone la sensazione che colui che vuole fare antropologia debba

innanzitutto fare i conti con l’antropologia degli altri, ma di questa antropologia egli non percepisce

dapprima che la forma istituita, quella di cui si può dare un resoconto in termini giuridici o politici.

L’osservatore percepisce dapprima, e prima di tutto, la differenza sociale”. Quando l’antropologo

parte per il campo e il suo interesse è rispetto all’alterità, in realtà la prima forma di alterità che

incontra è quella della stratificazione sociale, dei rapporti di potere: la differenza sociale.

Qualche pagina prima, riprendendo Lévi-Strauss (in particolare la sua adesione all’idea

lacaniana che è il sano di mente che si aliena, che per vivere e poter essere riconosciuto come sano,

accetta le norme imposte dal sociale: questa è una forma di alienazione, perché se si parte dalle

categorie che dà l’altro per pensare, si è dentro un sistema di alienazione), Augé dice che ciò che

l’antropologo, quando arriva sul campo può osservare, è il grado di differenza sociale istituita, e

dunque il grado di alienazione a cui quella comunità a deciso di dar forma.

Qualche pagina dopo dirà che chi va sul campo percepisce un “nodo di resistenza” di cui

faticheremmo molto a dire se è di ordine sociale o culturale. Nessuno di questi due aggettivi, a dire

il vero, sarebbe pertinente per descrivere dei comportamenti. È come se Marc Augé dicesse che se

le strutture sociali all’interno delle quali viviamo non possono che essere simboliche, il culturale e il

sociale sono già intrecciati insieme.

Per un certo periodo in antropologia sono stati tenuti separati questi registri, e ancora oggi

avviene questa separazione. Augé qui ci invita a dire che per la lettura dei comportamenti umani

faticheremmo molto a dire se la questione è di ordine sociale o culturale. Bisogna fare attenzione a

non creare una dicotomia tra questi due registri.

Marc Augé, in riferimento a schemi quali quello di Enry, dice che nessuna persona membro

del gruppo ha mai elaborato o pronunciato l’insieme dei discorsi che l’etnologo chiama sistemi di

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pensiero, di religione, di concepimento: qualsiasi analisi mette insieme commenti parziali degli

informatori stimolati dalle domande dell’etnologo. Quest’unità, quindi, è un’unità falsa perché fatta

dalla selezione dell’etnologo di quali gli sembrano le risposte più coerenti e congruenti per arrivare

alla formulazione unitaria, lasciando da parte tutto quello che eccede perché non coincide con

quello che hanno detto gli altri. Anche nel migliore dei casi, quando l’etnografia è rigorosa, quello

che l’antropologo costruisce non ha equivalente nelle pratiche osservabili. La ricerca tende quasi a

irrigidire e reificare l’alterità degli altri. Se rimaniamo sull’aspetto del simbolico e del culturale, non

siamo più in grado di leggere il cambiamento sociale, rimanendo solo all’interno del paradigma

dell’alterità.

“Tecniche del corpo” è una conferenza che Marcell Mauss presenta nel 1934 alla Società di

Psicologia di Parigi e che verrà pubblicata due anni dopo, nel 1936. Quando ci parla delle tecniche

del corpo, e ci parla di tecniche di nascita e di ostetricia e tecniche di infanzia, svezzamento,

nutrimento del bambino, ci parla del fatto che come viene portato il bambino è molto importante:

quando il bambino viene portato, ci sono dei rapporti con la madre che non ci sono con tutti gli altri.

Ci sono delle relazioni madre-bambino che vanno sotto la definizione di tecniche del corpo, di

tecniche tradizionali efficaci. La tecnica del corpo, per Mauss, deve quindi essere tradizionale ed

efficace: una tecnica del corpo è tale se produce delle modificazioni fisiologiche, fisico-chimiche

percepite sul fisico da chi le riceve. Queste tecniche del corpo hanno un impatto considerevole nello

psichismo della persone. Mauss sostiene la collaborazione tra discipline.

Quello che Augé dice, ce lo dice facendo un esempio concreto tratto dalla sua esperienza

etnografica e partendo dalla stregoneria come lui l’aveva incontrata in Costa d’Avorio. La

stregoneria è un particolare rapporto di senso che si ha con il mondo dentro un orizzonte simbolico

dove l’incidente o la casualità non hanno una forza esplicativa tale da poter esaurire le domande.

Augé ci dice che quando era in Costa d’Avorio anche nel momento in cui ricostruiva il paradigma

stregonesco il registro sociale non era mai dimenticato, e quindi quando si doveva interpretare chi

poteva avere attaccato, c’era un numero limitato di scelte possibili: se eri di un gruppo patrilieare si

sospettava del padre, se eri di un gruppo matrilineare si sospettava dello zio materno. Il sociale ed il

culturale, quindi, non potevano non essere intrecciati.

Concludendo, quello che Augé dice alla fine del suo lavoro è che nel sapere antropologico

che lui ha osservato e conosciuto in Costa d’Avorio, tutte le alterità e allo stesso tempo tutte le

alienazioni sono pensate come essenzialmente connesse. Conclude dicendo che ha voluto suggerire

è che quando trattiamo un fenomeno umano il rapporto alterità-alienazione è sempre presente, e

quindi deve essere tenuto strettamente connesso. 37 22.04

ETNOPSICHIATRIA E ANTROPOLOGIA

Negli anni Novanta in Francia ci fu un acceso dibattito tra Fassin e la corrente

dell’etnopsichiatria francese, a cui faceva capo Devereux. Devereux cerca di interrogare psichiatria

e antropologia: è il padre dell’etnopsichiatria. Suo allievo è Nathan, che si confronta nel dibattito

con Fassin tra il 1999 e il 2000. In questi due lavori Fassin dice che se si da troppo valore al

contesto culturale d’origine si cade in una spiegazione culturalista: l’etnopsichiatria riduce la

diversità e la malattia dell’altro alla sua alterità, quando la medicina deve tener conto del contesto

sociale del paziente.

Marc Augé pubblica nel 1986 “Il senso del male”, dove sostiene che per decenni il dibattito

sulla medicina si è concentrato su una grande dicotomia: da una parte la medicina occidentale e

dall’altra la medicina tradizionale degli “altri”. Augé fonda le basi su cui gli antropologi si devono

basare per studiare la malattia, settore che appartiene a un’altra disciplina. Augé vuole trovare una

spiegazione di come il sistema di cura varia a seconda delle culture: cerca di fondare un modello

che sia la base per studiare tutti i sistemi di cura e quindi abbattere la dicotomia tra medicina

biomedica moderna e medicina tradizionale. Augé riconosce che la malattia è un’esperienza

individuale e soggettiva, ma quest’esperienza individuale (che è biologica), deve essere riconosciuta

dagli altri e quindi deve essere trasformata in un’esperienza sociale. Per passare dal biologico al

sociale, l’evento della malattia deve essere inserito in un contesto culturale condiviso.

Nascita, malattia e morte sono eventi unici per l’individuo, ma ricorrenti sul piano sociale.

La malattia è l’unica esperienza elementare che è ricorrente anche per l’individuo. L’individuo

riconosce la propria nascita solo grazie alla società. Della morte l’individuo non può sapere nulla, se

non che ci saranno dei riti funebri; e questo l’individuo lo sa solo grazie alla sua esperienza sociale

di altri riti funebri.

Augé ha fatto ricerca in contesti in cui quando una persona si ammala il gruppo riconosce

che l’individuo è stato posseduto da uno spirito. Per essere guarito, il soggetto posseduto vivrà

un’esperienza simile alla nascita, e quindi avrà esperienza della sua malattia grazie al racconto del

gruppo.

Secondo Augé la malattia diventa antropologicamente rilevante nel momento in cui viene

riconosciuta come un fenomeno sociale. Il modello biomedico si è sbarazzato di questo aspetto

sociale.

In molti casi il sistema di cura è un sistema pedagogico. Se la malattia è un fenomeno

biologico che passando attraverso un sistema culturale condiviso diventa un fenomeno sociale,

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questo processo deve essere imparato. Se la malattia è un’esperienza che va socializzata, il bambino

ne deve imparare le norme. Chi partecipa passivamente al sistema di cura apprende come in quel

contesto la malattia va vissuta. La finzione o meno della tarantolata demartiniana è un falso

problema: è evidente che la tarantolata finge, ma questa persona ha appreso da altre come ci si

comporta in quel contesto (è un’esperienza sociale che va appresa).

Sheper Huges parte dal corpo, passando per la dimensione culturale, per arrivare alla sfera

sociale. L’antropologia dovrebbe trovare dei modelli che tengano insieme la dimensione

individuale, quella culturale e quella sociale. In quest’ottica l’antropologia medica critica ha

mostrato come le persone possono resistere a tensioni politiche e sociali del contesto in cui la

persona vive (non sempre un ansiolitico cura un problema in Occidente).

Sayad dedica un capitolo di “La doppia assenza” alla malattia. Per l’immigrato l’esperienza

della malattia può minare alla base il progetto migratorio, e se crolla il progetto migratorio vengono

colpite molte persone oltre all’immigrato. L’immigrato malato ha quindi bisogno di guarire il prima

possibile e quindi non si può riferire alla medicina tradizionale, perché i tempi sarebbero troppo

lunghi. L’immigrato diventa quindi un paziente “fastidioso” perché è sempre alla ricerca di cure

immediate. Il paziente fa violenza sulle istituzioni richiedendo cure immediate, ma anche

l’istituzione fa violenza sul paziente quando, volendosi

Dettagli
A.A. 2016-2017
61 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeria.boller di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie e campi dell'antropologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Beneduce Roberto.