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Prova di durezza Rockwell

“HRA” - che utilizza un carico di 60kg ed un cono in diamante;

“HRC” che utilizza un carico di 150kg ed un cono in diamante;

“HRB” che utilizza un carico di 100kg ed una sfera d’acciaio da un 1/16”

La prova Rockwell non è possibile correlarla dal punto di vista analitico mediante una formula, alle altre due prove di durezza, quella Brinell e Vickers. Nel senso che ad un certo dato della durezza Rockwell non corrisponderà nessun dato uguale rispetto ad esempio alla durezza Brinell e viceversa.

La prova Rockwell dal punto di vista pratico si andrà a sviluppare in tre steps:

  1. Si andrà ad applicare sull’indentatore un “precarico” indicato con “F ”;
  2. 1°Step  0“F ”
  3. 2°Step Oltre al precarico applicato nel primo, si andrà a sommare il carico 0 chiamato “carico di prova” indicato con “F” (60Kg,100Kg ecc..);
  4. Si toglie il carico di prova “F”

ma si lascia il precarico “F ”,- 3°Step e in definitiva0si andrà a misurare la profondità tra il 3°step ed il 1°step (attenzione la profondità,non l’impronta come per le altre due prove di durezza).I tempi che intercorrono tra uno step ed un altro sono stabiliti da normative vigenti.

La Prova si Durezza Rockwell rispetto alle altre due, ovvero quella Brinell e Vickerse diversa anche dal punto di vista deformativo sul materiale, perché comepossiamo vedere dal grafico a sinistra, mentrenelle altre due prove quando viene rimossol’indentatore si avrà il ritorno elastico dovutodalla deformazione, nel caso della provaRockwell , nel 1°step viene applicato ilprecarico “F ” provocando al materiale una0deformazione elastica e oltrepassando il limitedi snervamento “Rs” una piccola porzione dideformazione plastica. Nel 2°step vieneprecarico “F ”, il carico diapplicato oltre al

prova “F” permettendo la prosecuzione nella“F +F” checurva Tensione-deformazione fino ad un punto indicato con provocherà0oltre alla precedente deformazione elastica+plastica dovuta dal precarico, unaaggiuntiva deformazione plastica dovuta da carico di prova. Quando si andrà infinea rimuove il carico di prova “F” ci troveremo all’altezza di “F ”nel 3°step, con una0deformazione elastica+plastica dovuta dal precarico che rimane nel 3°step più ladi prova “F”deformazione plastica del carico dovuto dal ritorno elastico alla cadutadel carico “F”.

I Criteri di Accettabilità di tutte e tre le prove di durezza appena elencare sarannofondamentali per la validità della prova e sono appunto le seguenti:

E’ possibile eseguire una prova di durezza su un materiale con spessore > di 8volte la profondità dell’impronta lasciata dall’indentatore. Questo

perché se così non fosse, non si andrà a misurare la durezza del materiale in prova, ma la durezza della superficie sulla quale è appoggiato il materiale.

La distanza che intercorre tra un'impronta ed un'altra in due prove separate, dovrà essere di circa 6 volte il diametro dell'impronta.

Questo perché deformando plasticamente il materiale durante la prova di durezza, intorno all'impronta il materiale sarà incrudito e quindi se andasse a eseguire una seconda prova di durezza molto vicina alla prima, sicuramente avremo un valore di durezza maggiore dell'impronta.

La distanza che intercorre tra la prova di durezza e il bordo del materiale sottoposto alla prova, dovrà essere significativamente distante.

Questo perché se si andasse ad eseguire la prova vicino al bordo, il materiale in quella zona cederà in maniera diversa risultando un valore di durezza errato.

Non ci dovrà essere

risalita del materiale ai lati dell'impronta
  • Non ci dovranno essere cricche (lesioni) o cedimenti intorno all'impronta.
  • Per eseguire una prova di durezza si andrà a svolgerla per un minimo di 5 volte sul materiale, e poi si farà una media dei valori trovati.

PROVE DI IMPATTO

Con le prove di impatto si andrà a studiare come risponde il materiale ad un carico impulsivo, ovvero un carico applicato in un intervallo di tempo molto piccolo che si riassume con il termine di "URTO".

Le Prove di impatto sono due e sono:

  1. Prova di CHARPHY
  2. Prova di IZOD

Le due prove sono simili concettualmente, ma differiscono nella posizione in cui viene posizionato il provino rispetto al pendolo durante l'esecuzione della prova.

Queste prove vengono eseguite mediante una macchina costituita da un "PENDOLO", concettualmente visto come una massa che viene alzata ad una certa altezza così da far guadagnare alla massa (pendolo) una certa energia cinetica.

energia potenziale.Questo pendolo con alla sua estremità unpunzone, verrà lasciato cadere ed andrà acolpire il provino rompendolo, proseguirà lafino ad un'altra altezzasua corsa risalendoinversa a quella data di partenza come sipuò vedere dal disegno riportatotratteggiato. A seconda di quanto il pendolorisale dalla parte opposta formando unangolo 'α', si potrà calcolare la "RESILIENZA" del provino sottoposto alla prova. La Resilienza che non è altro che la capacità del materiale a resistere ad un urto.I provini utilizzati nelle prove di impatto sono caratterizzati da unascanalatura al centro, per facilitare la rottura come nel disegnoriportato a destra.Come detto in precedenza le due prove Charphy e Izoddifferiscono l'una dall'altra in base a come viene posizionato ilprovino rispetto al pendolo.Nel Caso della prova Charphy il provino vieneposizionato orizzontalmente (come nel disegno

Izod è posizionato verticalmente, mentre nel caso della prova Charpy è posizionato orizzontalmente. Nel caso della prova Charpy, il provino è bloccato alle sue estremità e il punzone del pendolo colpisce il provino in mezzeria. Nel caso della prova Izod, il provino è bloccato solo dalla base e il punzone del pendolo colpisce la parte alta del provino. Prendendo in esame le due prove di impatto, si può notare che nel caso della prova Izod il pendolo risale più in alto rispetto alla prova Charpy. Questo indica una maggiore resilienza del materiale del provino utilizzato nella prova Izod rispetto alla prova Charpy.

“A” essendo di un materiale più resiliente, ha la capacità di dissipare più energia potenziale del pendolo in fase di impatto, quindi il pendolo sfruttando più energia precedentemente acquisita, la fase di risalita sarà minore rispetto al provino “B”. L’energia che viene dissipata per rompere il materiale.

La Resilienza indica appunto dissipata per rompere il materiale. (Ps. Non si confonda la RESILIENZA con il modulo di Resilienza che si calcola nella prova di trazione ed indica l’energia elastica immagazzinata fino allo snervamento. La resilienza viene calcolata rispetto l’area della sezione più stretta all’intaglio del provino e non rispetto al volume).

Anche questa prova per avere una certa credibilità dal punto di vista scientifico, è normata appunto da normative (es. UNI EN ISO….) che delineano come dovrà essere il provino, come dovrà essere il pendolo, il punzone e l’altezza dalla quale il pendolo

dovrà partire prima della caduta libera d'urto. La Resilienza però, oltre all'energia, è strettamente collegata alla temperatura d'esercizio del materiale stesso. La stragrande maggior parte dei materiali avrà una grandissima resilienza a temperatura ambiente e temperature superiori, mentre nel caso di temperature più fredde, ad esempio -10°C o -20°C, i materiali sottoposti a queste temperature saranno sicuramente meno resilienti e potrebbero rompersi. Come si può vedere dal grafico sulla destra, il materiale avrà una zona (Tratteggio verticale) che viene definita come "TEMPERATURA DI TRANSIZIONE DUTTILE-FRAGILE", dove il materiale cambia il comportamento nel sopportare un urto (Resilienza), e questo è di fondamentale importanza nel caso in cui si volesse progettare un qualsiasi sistema in un certo materiale, che dovrà operare a temperature molto basse. Con questo, un bravo

progettista dovrà tenere conto di questo aspetto.

PROVA DI CREEP (SCORRIMENTO VISCOSO)

Nella prova di creep o scorrimento viscoso, si andrà a studiare il comportamento di un provino costruito in un certo materiale, sottoposto ad una certo carico o una certa deformazione che si manterrà costante per tutta la durata della prova.

Nel prove di creep possono essere classificate in due modi:

  • A Tensione costante
  • A Deformazione costante

Nella prova di creep viene sottoposto un provino in un determinato materiale, ad esempio a trazione (Ps.ma non solo) nel caso di e si andrà a tensione costante, studiare la deformazione di quest'ultimo in funzione del tempo ovvero al passare del tempo nella prova (Come si può vedere dal grafico sottostante).

In questo caso si parte da una deformazione ε al tempo t, e col passare del tempo, si avrà un aumento dell'andamento della curva riguardante la deformazione, dove si andranno a delineare diverse zone:

I) Zona

di creep primario in cui si avrà un veloce aumento delle deformazioni senza una correlazione tra il tempo e la deformazione del provino sottoposto a tensione costante; in questa zona si avrà un legame lineare tra l'aumento della deformazione ed il tempo.

II) Zona di creep secondario, in questa zona la deformazione aumenta in maniera esponenziale ed il provino andrà ad un certo punto a rompersi. Dal punto di vista progettuale, è possibile vedere appunto quale sarà l'aumento della deformazione costante al passare del tempo;

III) Zona di creep terziario, in questa zona la deformazione aumenta in maniera esponenziale ed il provino andrà ad un certo punto a rompersi.

In generale nei componenti metallici a temperatura ambiente questo fenomeno di creep non accade, tranne n

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A.A. 2020-2021
151 pagine
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SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/14 Progettazione meccanica e costruzione di macchine

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Serafix46 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tecnologia meccanica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Denti Lucia.