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Appunti sul compositore italiano Niccolò Piccinni per l'esame di storia della musica moderna e contemporanea del prof. Moliterni Pierfranco Pag. 1 Appunti sul compositore italiano Niccolò Piccinni per l'esame di storia della musica moderna e contemporanea del prof. Moliterni Pierfranco Pag. 2
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Gluck avrebbe messo in scena il poema molto presto, quindi prima di lui, così

Piccinni si reca dal direttore per chiedergli spiegazione e questo gli risponde

che era molto desolato e che era un ordine della regina. Piccinni ne rimase

molto deluso e diede a Ginguené il compito di modificare gli atti che aveva

scritto che lo stesso Ginguené riputava mal scritti. Alla fine anche l’Ifigenia di

Piccinni venne messa in scena ma fu accompagnata da una serie di disgrazie,

infatti nel corso di una rappresentazione Madame Laguerre che interpretava il

ruolo di Ifigenia entra in scena barcollando, ubriaca e balbettando ma

nonostante ciò riesce a portare a termine il suo lavoro. Malgrado questo fiasco,

fu replicata venti volte di seguito e molte altre repliche avrebbe avuto se non

fosse stata tolta improvvisamente senza ragione a causa dell’incasso calato.

Così amaramente deluso, Piccinni decise di dedicarsi ad una nuova opera:

“Adèle de Ponthieu”, la più debole delle sue opere francesi anche se in molti

brani si ritrova la verve, l’originalità stilistica e le grazie delle sue arie. Intanto

Ifigenia e Narcisse furono le ultime opere francesi di Gluck andando a Vienna

dove si godette la sua fama: nessun musicista ricevette in Francia più onori di

lui. Le sue opere furono tutte acclamate in quanto conformi alla lingua francese

e seducenti del gusto nazionale. Esse furono il frutto di una eccellente

preparazione e di uno stile compositivo migliore di quello cui solitamente il

pubblico francese era abituato. La musica di Gluck, le arie e le scene fanno

grande effetto in teatro, anche se risultano fredde e ineleganti in concerto.

In Francia Piccinni incontrò di nuovo Sacchini che aveva avuto sempre il

desiderio di suonare per i teatri francesi e si tennero stretti l’un l’altro per

parecchio tempo entrambi nostalgici della loro patria. Sacchini per il suo

debutto scelse “Renaud” e dopo una serie di ostacoli riuscì a metterla in scena

introdotto all’orchestra dallo stesso Piccinni, presentandolo come il suo miglior

e più vecchio dei suoi amici. Queste parole colpirono positivamente l’orchestra,

poi la bellezza della sua musica fecero il resto. Ma anche in questo caso le

critiche delle persone più malvagie non mancarono tant’è vero che si vennero a

creare due fazioni che mettevano contro Piccinni con Sacchini, anzi alcuni

affermavano anche che le opere di Sacchini erano molto più vicine a quelle di

Gluck. Nel 1783 Piccinni ripropose la replica di “Atys” modificandone la

conclusione e i balletti, già di per sé deliziosi furono composti con più cura a

Madame Saint-Huberty fu affidato il ruolo di Sangaride: è grazie a Piccinni e

Gluck che si deve la nascita di questa famosa interprete nella storia dell’opera,

infatti il modo davvero superbo in cui lei rese non soltanto ma anche i recitativi

che portarono alle stelle il favore del pubblico. La contesa tra Sacchini e

Piccinni sfociò nella rappresentazione delle due opere: Didon per Piccinni e

Chimène per Sacchini. Quest’ultima fu preparata e musicata per prima e andò

in scena avendo grandissimo successo, invece Piccinni prese tempo per la

scrittura di Didon anche perché nel contempo era impegnato con le lezioni che

stava impartendo a sua figlia, la quale aveva una voce strepitosa. Le prove di

Didon non andarono benissimo anzi Didon sembrava un’opera noiosa, debole e

priva d’interesse ma la situazione cambiò radicalmente quando Didon fu

interpretata da Madame Saint-Huberty: fu così che l’opera apparve tutt’altra

cosa. Amici, nemici, amministratore furono tutti emotivamente scossi e cos’

mentre Chèmin ottenne un tiepido successo, Didon ne ebbe uno maestoso.

Infatti della prima si ebbe una sola rappresentazione invece di Didon ben tre

che furono eseguite di seguito per ordine del re. In questo periodo Piccinni

produsse un alto successo: “Le Dormiuer éveillé”, opera comica in tre atti e

messa in scena da una compagnia di buffi italiani. Lo stile vivo, pungente,

ingegnoso, delicato e sensibili, comico e buffo di questa musica era in

contrasto con quello di Didon, testimonianza dell’inesauribile varietà delle idee

musicali di Piccinni.

Il 1783 può essere considerato l’anno più felice della carriera di Piccinni perché

vi furono quattro successivi successi, tra cui ricordiamo “Diane et Endymion”.

Nel 1785 rappresenta “Pénélope” che riscosse più successo dell’ultima citata.

Sin dal 1782 Piccinni decise di occuparsi anche della direzione dell’Ecole de

chant.

Nel frattempo a Sacchini, con cui si era riusciti ad inimicare Piccini, era stata

commissionata un’opera per il Fontainebleau ed egli scelse Evelina, ma il

troppo poco tempo che aveva a disposizione lo fecero ammalare gravemente.

Nonostante ciò la voglia e la volontà di riportarsi al successo gli diedero la forza

di comporre ma alla notizia che la Regina aveva cambiato idea, cioè di dare la

possibilità ad operisti francesi la possibilità di comporre, gli fu fatale e morì nel

1786, morendo così lontano dalla sua patria, dalla sua Napoli. Piccinni pianse

alla notizia della morte del suo amico e decise di omaggiarlo pubblicamente.

Nel 1787 moriva a Vienna anche Gluck. In questo caso Piccinni propose di

organizzare un concerto annuale che doveva aver luogo il giorno

dell’anniversario della sua morte e durante il quale si doveva eseguire solo la

sua musica. Questa idea ebbe critiche varie e non ebbe più seguito.

Dopo molto tempo decise di musicare un genero molto austero “Clytemnestre”,

tragedia in cinque atti senza balletti. Però si cercò di denigrare quest’opera con

motivazioni davvero futili affermando che il soggetto era troppo triste ecc. Alla

fine l’opera non fu più messa in scena, situazione che portò Piccinni a lasciare

definitivamente la Francia, spinto anche dalla negatività della situazione

politica francese (Rivoluzione francese) che ad esempio gli aveva ridotto di

parecchio il suo stipendio. Inoltre l’entrata delle sue opere era nulla poiché

l’amministrazione dell’Opera si era impegnata ad utilizzare quelle di Gluck e

Sacchini.

Quindi nel 1791 tornò a Napoli. Nel corso del viaggio di ritorno visitò vari teatri

dove stavano rappresentando la sua Didon. Anche il viaggio del ritorno fu un

successo. Arrivato a Napoli fu accolto allo stesso modo. Il Re lo ricevette in

modo lusingato e gli ordinò subito di comporre molte opere e volle che si

rappresentasse nel teatro San Carlo “Alessandro nelle Indie” che ebbe molto

successo per le novità introdottevi. Fin qui tutto bene ma incominciarono una

serie di sfortune causate dalla Francia perché sua figlia sposò un

commercialista francese e alla corte napoletano furono invitati molti ufficiali

francesi che nel corso della festa non si potettero contenere con parecchi slanci

di libertà che risultavano assai disdicevoli alla corte napoletana. Il Re e i nobili

dichiararono il loro malcontento x il genero di Piccinni includendo anche il

musicista stesso. Così si riuscì a far fischiare l’opera che aveva appena finito di

comporre, “Ercole al Termodonte”. Inoltre successe un spiacevole avvenimento

che segnò profondamente Piccinni: due suoi allievi che molto probabilmente

corrispondono al nome di Paisiello e Cimarosa, che durante l’assenza di Piccinni

erano diventati due grandi compositori fecero togliere dal cartellone teatrale

del loro maestro, lo calunniarono con l’accusa di giacobinismo presso il Re e

chiesero a quest’ultimo che venisse divisa tra loro due la pensione di 6000

ducati che spettava a Piccinni. Ma il Re rifiutò. Cimarosa ricevette la giusta

ricompensa per la sua bassezza perché dopo aver chiesto addirittura al Ministro

la pensione di Piccinni, il Ministro stesso lo mise fuori porta.

Regina Maria Carolina, influenzata dai giudizi negativi della sua corte su

Piccinni, decise di interrogare personalmente il musicista ponendogli delle

domande precise sul giacobinismo con dettagli sulla situazione francese.

Sebbene Piccinni rispondeva con molta prudenza, fu ugualmente accusato di

giacobinismo e la notizia si sparse per tutta la città di Napoli. Così decise di

assentarsi da Napoli per nove mesi lavorando a Venezia ma al suo ritorno fu

ricevuto duramente dal Ministro Acton che gli vietò di mostrarsi pubblicamente

in città e di restare agli arresti domiciliari. Restò rinchiuso per ben 4 anni,

periodo in cui musicò un gran numero di salmi religiosi latini per conventi. La

sua infelice posizione durò fino a quando la Repubblica vittoriosa volle

accordare la pace al regno di Napoli. Qui Piccinni previa permesso del ministro

Acton compose una marcia per Bonaparte. Intanto Piccinni venne a sapere che

un suo amico a cui aveva lasciato il suo conto francese aveva fatto bancarotta

rendendolo debitore. Piccinni cominciò a sentire un forte malumore vero l’Italia

che non gli stava facendo passare un bel periodo. Questo malumore provocò

che i successi parigini oscuravano quelli napoletano e romani, preferiva le

orchestre francesi a quelle italiane, e preferiva l’attento pubblico francese a

quello rumoroso italiano e il popolo francese a tutti gli altri.

Per questo motivo decise di accettare un secondo contratto per Venezia e

accettò come occasione per poter andar via da Napoli. Successivamente

Piccinni si recò a Roma presso il nuovo Comitato francese che lo accolse e lo

festeggiò a nome della Repubblica e diede disposizione perché lo si

accompagnasse con onore a Parigi. In Francia, in particolare nel conservatorio

parigino, Piccinni ricevette dagli artisti francesi la prova non equivoca della loro

stima verso di lui. A Parigi viveva da solo in una casa curato solo da una donna

di servizio e un piccolo tremolio alla mano era l’unico segno della sua

vecchiaia. Gli fu dedicato anche un concerto eseguito dagli allievi del

Conservatorio alla gloria di Piccinni. In quel periodo, gli avvenimenti della vita

di Piccinni presero una piega senz’altro migliore, dato che ottenne una somma

pari a 5000 franchi e 2400 di contributo annuale. Gli mancava solo di ricevere

la pensione dall’Opera in base al numero delle opere che si erano salvate ed

erano restate li. Ma i giudici ritennero che le opere ivi rimaste non potevano

essere considerate degne di concorrere alla determinazione della sua pensione:

l’amministrazione continuava a nutrire nei confronti di Piccinni la medesima

malevolenza di un tempo. Nel frattempo egli riuscì a comporre un brano,

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Publisher
A.A. 2014-2015
7 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/07 Musicologia e storia della musica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ste9110 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della musica moderna e contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Moliterni Pierfranco.