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Gluck avrebbe messo in scena il poema molto presto, quindi prima di lui, così
Piccinni si reca dal direttore per chiedergli spiegazione e questo gli risponde
che era molto desolato e che era un ordine della regina. Piccinni ne rimase
molto deluso e diede a Ginguené il compito di modificare gli atti che aveva
scritto che lo stesso Ginguené riputava mal scritti. Alla fine anche l’Ifigenia di
Piccinni venne messa in scena ma fu accompagnata da una serie di disgrazie,
infatti nel corso di una rappresentazione Madame Laguerre che interpretava il
ruolo di Ifigenia entra in scena barcollando, ubriaca e balbettando ma
nonostante ciò riesce a portare a termine il suo lavoro. Malgrado questo fiasco,
fu replicata venti volte di seguito e molte altre repliche avrebbe avuto se non
fosse stata tolta improvvisamente senza ragione a causa dell’incasso calato.
Così amaramente deluso, Piccinni decise di dedicarsi ad una nuova opera:
“Adèle de Ponthieu”, la più debole delle sue opere francesi anche se in molti
brani si ritrova la verve, l’originalità stilistica e le grazie delle sue arie. Intanto
Ifigenia e Narcisse furono le ultime opere francesi di Gluck andando a Vienna
dove si godette la sua fama: nessun musicista ricevette in Francia più onori di
lui. Le sue opere furono tutte acclamate in quanto conformi alla lingua francese
e seducenti del gusto nazionale. Esse furono il frutto di una eccellente
preparazione e di uno stile compositivo migliore di quello cui solitamente il
pubblico francese era abituato. La musica di Gluck, le arie e le scene fanno
grande effetto in teatro, anche se risultano fredde e ineleganti in concerto.
In Francia Piccinni incontrò di nuovo Sacchini che aveva avuto sempre il
desiderio di suonare per i teatri francesi e si tennero stretti l’un l’altro per
parecchio tempo entrambi nostalgici della loro patria. Sacchini per il suo
debutto scelse “Renaud” e dopo una serie di ostacoli riuscì a metterla in scena
introdotto all’orchestra dallo stesso Piccinni, presentandolo come il suo miglior
e più vecchio dei suoi amici. Queste parole colpirono positivamente l’orchestra,
poi la bellezza della sua musica fecero il resto. Ma anche in questo caso le
critiche delle persone più malvagie non mancarono tant’è vero che si vennero a
creare due fazioni che mettevano contro Piccinni con Sacchini, anzi alcuni
affermavano anche che le opere di Sacchini erano molto più vicine a quelle di
Gluck. Nel 1783 Piccinni ripropose la replica di “Atys” modificandone la
conclusione e i balletti, già di per sé deliziosi furono composti con più cura a
Madame Saint-Huberty fu affidato il ruolo di Sangaride: è grazie a Piccinni e
Gluck che si deve la nascita di questa famosa interprete nella storia dell’opera,
infatti il modo davvero superbo in cui lei rese non soltanto ma anche i recitativi
che portarono alle stelle il favore del pubblico. La contesa tra Sacchini e
Piccinni sfociò nella rappresentazione delle due opere: Didon per Piccinni e
Chimène per Sacchini. Quest’ultima fu preparata e musicata per prima e andò
in scena avendo grandissimo successo, invece Piccinni prese tempo per la
scrittura di Didon anche perché nel contempo era impegnato con le lezioni che
stava impartendo a sua figlia, la quale aveva una voce strepitosa. Le prove di
Didon non andarono benissimo anzi Didon sembrava un’opera noiosa, debole e
priva d’interesse ma la situazione cambiò radicalmente quando Didon fu
interpretata da Madame Saint-Huberty: fu così che l’opera apparve tutt’altra
cosa. Amici, nemici, amministratore furono tutti emotivamente scossi e cos’
mentre Chèmin ottenne un tiepido successo, Didon ne ebbe uno maestoso.
Infatti della prima si ebbe una sola rappresentazione invece di Didon ben tre
che furono eseguite di seguito per ordine del re. In questo periodo Piccinni
produsse un alto successo: “Le Dormiuer éveillé”, opera comica in tre atti e
messa in scena da una compagnia di buffi italiani. Lo stile vivo, pungente,
ingegnoso, delicato e sensibili, comico e buffo di questa musica era in
contrasto con quello di Didon, testimonianza dell’inesauribile varietà delle idee
musicali di Piccinni.
Il 1783 può essere considerato l’anno più felice della carriera di Piccinni perché
vi furono quattro successivi successi, tra cui ricordiamo “Diane et Endymion”.
Nel 1785 rappresenta “Pénélope” che riscosse più successo dell’ultima citata.
Sin dal 1782 Piccinni decise di occuparsi anche della direzione dell’Ecole de
chant.
Nel frattempo a Sacchini, con cui si era riusciti ad inimicare Piccini, era stata
commissionata un’opera per il Fontainebleau ed egli scelse Evelina, ma il
troppo poco tempo che aveva a disposizione lo fecero ammalare gravemente.
Nonostante ciò la voglia e la volontà di riportarsi al successo gli diedero la forza
di comporre ma alla notizia che la Regina aveva cambiato idea, cioè di dare la
possibilità ad operisti francesi la possibilità di comporre, gli fu fatale e morì nel
1786, morendo così lontano dalla sua patria, dalla sua Napoli. Piccinni pianse
alla notizia della morte del suo amico e decise di omaggiarlo pubblicamente.
Nel 1787 moriva a Vienna anche Gluck. In questo caso Piccinni propose di
organizzare un concerto annuale che doveva aver luogo il giorno
dell’anniversario della sua morte e durante il quale si doveva eseguire solo la
sua musica. Questa idea ebbe critiche varie e non ebbe più seguito.
Dopo molto tempo decise di musicare un genero molto austero “Clytemnestre”,
tragedia in cinque atti senza balletti. Però si cercò di denigrare quest’opera con
motivazioni davvero futili affermando che il soggetto era troppo triste ecc. Alla
fine l’opera non fu più messa in scena, situazione che portò Piccinni a lasciare
definitivamente la Francia, spinto anche dalla negatività della situazione
politica francese (Rivoluzione francese) che ad esempio gli aveva ridotto di
parecchio il suo stipendio. Inoltre l’entrata delle sue opere era nulla poiché
l’amministrazione dell’Opera si era impegnata ad utilizzare quelle di Gluck e
Sacchini.
Quindi nel 1791 tornò a Napoli. Nel corso del viaggio di ritorno visitò vari teatri
dove stavano rappresentando la sua Didon. Anche il viaggio del ritorno fu un
successo. Arrivato a Napoli fu accolto allo stesso modo. Il Re lo ricevette in
modo lusingato e gli ordinò subito di comporre molte opere e volle che si
rappresentasse nel teatro San Carlo “Alessandro nelle Indie” che ebbe molto
successo per le novità introdottevi. Fin qui tutto bene ma incominciarono una
serie di sfortune causate dalla Francia perché sua figlia sposò un
commercialista francese e alla corte napoletano furono invitati molti ufficiali
francesi che nel corso della festa non si potettero contenere con parecchi slanci
di libertà che risultavano assai disdicevoli alla corte napoletana. Il Re e i nobili
dichiararono il loro malcontento x il genero di Piccinni includendo anche il
musicista stesso. Così si riuscì a far fischiare l’opera che aveva appena finito di
comporre, “Ercole al Termodonte”. Inoltre successe un spiacevole avvenimento
che segnò profondamente Piccinni: due suoi allievi che molto probabilmente
corrispondono al nome di Paisiello e Cimarosa, che durante l’assenza di Piccinni
erano diventati due grandi compositori fecero togliere dal cartellone teatrale
del loro maestro, lo calunniarono con l’accusa di giacobinismo presso il Re e
chiesero a quest’ultimo che venisse divisa tra loro due la pensione di 6000
ducati che spettava a Piccinni. Ma il Re rifiutò. Cimarosa ricevette la giusta
ricompensa per la sua bassezza perché dopo aver chiesto addirittura al Ministro
la pensione di Piccinni, il Ministro stesso lo mise fuori porta.
Regina Maria Carolina, influenzata dai giudizi negativi della sua corte su
Piccinni, decise di interrogare personalmente il musicista ponendogli delle
domande precise sul giacobinismo con dettagli sulla situazione francese.
Sebbene Piccinni rispondeva con molta prudenza, fu ugualmente accusato di
giacobinismo e la notizia si sparse per tutta la città di Napoli. Così decise di
assentarsi da Napoli per nove mesi lavorando a Venezia ma al suo ritorno fu
ricevuto duramente dal Ministro Acton che gli vietò di mostrarsi pubblicamente
in città e di restare agli arresti domiciliari. Restò rinchiuso per ben 4 anni,
periodo in cui musicò un gran numero di salmi religiosi latini per conventi. La
sua infelice posizione durò fino a quando la Repubblica vittoriosa volle
accordare la pace al regno di Napoli. Qui Piccinni previa permesso del ministro
Acton compose una marcia per Bonaparte. Intanto Piccinni venne a sapere che
un suo amico a cui aveva lasciato il suo conto francese aveva fatto bancarotta
rendendolo debitore. Piccinni cominciò a sentire un forte malumore vero l’Italia
che non gli stava facendo passare un bel periodo. Questo malumore provocò
che i successi parigini oscuravano quelli napoletano e romani, preferiva le
orchestre francesi a quelle italiane, e preferiva l’attento pubblico francese a
quello rumoroso italiano e il popolo francese a tutti gli altri.
Per questo motivo decise di accettare un secondo contratto per Venezia e
accettò come occasione per poter andar via da Napoli. Successivamente
Piccinni si recò a Roma presso il nuovo Comitato francese che lo accolse e lo
festeggiò a nome della Repubblica e diede disposizione perché lo si
accompagnasse con onore a Parigi. In Francia, in particolare nel conservatorio
parigino, Piccinni ricevette dagli artisti francesi la prova non equivoca della loro
stima verso di lui. A Parigi viveva da solo in una casa curato solo da una donna
di servizio e un piccolo tremolio alla mano era l’unico segno della sua
vecchiaia. Gli fu dedicato anche un concerto eseguito dagli allievi del
Conservatorio alla gloria di Piccinni. In quel periodo, gli avvenimenti della vita
di Piccinni presero una piega senz’altro migliore, dato che ottenne una somma
pari a 5000 franchi e 2400 di contributo annuale. Gli mancava solo di ricevere
la pensione dall’Opera in base al numero delle opere che si erano salvate ed
erano restate li. Ma i giudici ritennero che le opere ivi rimaste non potevano
essere considerate degne di concorrere alla determinazione della sua pensione:
l’amministrazione continuava a nutrire nei confronti di Piccinni la medesima
malevolenza di un tempo. Nel frattempo egli riuscì a comporre un brano,
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